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I "territori del Nord" Gilgit e Baltistan si ribellano contro la "potenza coloniale" Pakistan

Balawaristan: il prossimo focolaio in Asia meridionale

Di Thomas Benedikter

Bolzano, 17.12.2005

INDICE

Introduzione | Balawaristan: emerge un nuovo paese | Il Pakistan - Potenza coloniale | Nuove soluzioni? | Intervista con Maj Hussain Shah


Introduzione [ su ]

Cartina del Kashmir.Cartina del Balawaristan.All'ombra del terribile sisma che ha sconvolto la parte pakistana del Kashmir (il cosiddetto Azad Kashmir) qualche centinaio di chilometri più a Nord si consuma un'altra tragedia. Dal 13 ottobre a Gilgit, la capitale dei "Northern Areas", dopo scontri violenti fra sunniti e sciiti vige il coprifuoco. Due giorni prima due noti personaggi sciiti sono stati ammazzati durante un assalto di sunniti estremisti provenienti dalla provincia limitrofa del North Western Frontier Province. Politici sciiti da anni si trovano nel mirino di questi attacchi, nel solo 2005 già in 81 casi. Quasi sempre gli assassini hanno potuto contare sulla connivenza e passività della polizia pakistana. Il 13 ottobre l'escalation: la polizia ha aperto il fuoco su una manifestazione pacifica di protesta a Gilgit-città uccidendo 7 partecipanti. Di seguito, gli odiati "Pakistan Rangers", un'unità paramilitare, hanno fatto irruzione nelle case di attivisti politici sciiti lasciando sul terreno alcuni morti. Lo sgomento e la rabbia fra gli sciiti locali è salita alle stelle. Nei distretti più a Nord, Hunza e Nager, 25.000 persone sono scese in piazza per protesta contro il Pakistan. I servizi segreti pakistani ISI hanno reagito subito: hanno arrestato tutta la leadership del clero sunnita e sciita locale e l'hanno trasportata a Rawalpindi per gli interrogatori. Nel frattempo 41 persone arrestate per motivi politici a Gilgit hanno iniziato uno sciopero della fame. La situazione sta via via peggiorando.

È da alcuni anni che il Gilgit-Baltistan vive questa crisi, ma all'inizio del 2005 la situazione peggiorò bruscamente con un attentato all'Imam sciita di Gilgit città, Agha Ziauddin. Per tutta risposta gruppi sciiti hanno ucciso 14 sunniti in un linciaggio. L'Imam si era fortemente opposto ai nuovi curricula scolastici imposti dal governo di Islamabad. Poco prima per la prima volta erano stati ammazzati anche due membri della comunità Ismailita, attivi per la Aga Khan Foundation. Gli Ismailiti sono la comunità più piccola fra le tre correnti nell'Islam odierno e sono presenti soprattutto fra gli Hunza e i Gilgiti del Nord della regione. Già dal 2003 gli Ismailiti sono stati vittime di una campagna velenosa aizzata dalla maggioranza politica islamista della vicina "North Western Frontier Province". Gli Ismailiti, come gli sciiti, sono tacciati di aver abbandonato "la retta via dell'Islam". Quindi si teme che il conflitto sanguinoso tra maggioranza sunnita e la minoranza sciita in alcune province del Pakistan possa trasbordare anche nel Gilgit-Baltistan. La crescente tensione è dovuta anche al rapido aumento di immigrati sunniti a Gilgit che vi si insediano come funzionari statali, ufficiali, poliziotti o commercianti. Nel 1948 la popolazione indigena, composta da etnie di confessione ismailita e sciita, formava ancora l'85% del totale dei residenti, oggi invece supera di poco la metà. Questo flusso migratorio di popolazioni pashtune e punjabi delle due province limitrofe crea forti timori perché la popolazione non ha nessuna voce in capitolo nella gestione del potere locale.

Fin dal momento della partizione dello Jammu e del Kashmir nel 1947 il Pakistan ha portato avanti una politica autoritaria per controllare ogni parte dello stato, sia attraverso l'amministrazione diretta dal governo nazionale sia attraverso la promozione dell'insediamento di sunniti provenienti dall'esterno, riducendo le etnie locali a minoranze nel loro stesso paese. Già nel 1988 e nel 1993, dopo massacri con più di 100 morti ad opera dell'attuale presidente Musharraf, migliaia di abitanti del Gilgit e del Baltistan erano stati arrestati, mentre decine di migliaia avevano lasciato la regione per mancanza di lavoro e timore di nuova violenza. I nuovi curricula del Ministero pakistano alla pubblica istruzione dal 2003 hanno riacutizzato la tensione. Stavolta alle proteste sono seguiti attentati ed attacchi mirati di estremisti sunniti provenienti dall'esterno.

Perfino l'India nel novembre 2005 si era mostrata preoccupata della nuova crisi in quella parte dello Jammu e Kashmir storico. Fra le montagne del Karakorum sta per accumularsi il potenziale per un nuovo conflitto armato. Dopo la crisi interreligiosa e politica nel Gilgit-Baltistan si preannuncia anche una crisi dei diritti civili ed umani. In una lettera al segretario generale ONU Kofi Annan del 17 ottobre 2005 il presidente del Fronte Nazionale del Balawaristan (BNF), Abdul Hamid Khan, si descrive amaramente deluso dalla brutalità della polizia pakistana nei confronti della popolazione locale, ma afferma: "Evidentemente un movimento per i diritti politici può contare con più attenzione internazionale solo quando passa alle armi. Gli abitanti del Balawaristan resteranno invece fedeli alla resistenza pacifica." Insieme ad altri 70 personaggi del movimento nazionale del Balawaristan Hamid Khan rischia in ogni momento l'arresto ed il processo per alto tradimento.

Balawaristan: emerge un nuovo paese [ su ]

Due Hunzakut con il tipico berretto Hunza. Foto: Thomas Benedikter.Questo toponimo finora quasi sconosciuto per la regione più a Nord del territorio pakistano fra il Karakorum e lo Hindukusch, fra poco potrebbe far carriera. Nella storia questa regione - con 72.500 km2 grande come l'Irlanda - venne chiamata Gilgit e Baltistan e i principati più a Nord confinanti col Tibet, Hunza e Nager. Fino al 1 novembre 1947 questa regione, quasi inaccessibile, faceva parte del principato dello Jammu e del Kashmir. Nel Balawaristan vivono sei popoli indigeni con lingue e culture distinte che per secoli divisi in piccoli regni indipendenti: i Gilgiti che parlano la lingua Shina, gli Hunzakut con la lingua Burushashki e i Balti, parenti stretti dei Ladakhi. Inoltre ci sono etnie pashtune e punjabi. In alcune vallate si parla anche il Kohistani, il Khowar, lo Wakhi e come lingua di comunicazione l'Urdu. Quasi tutte queste etnie sono musulmane, ma si dividono fra le tre correnti sciita, sunnita ed Ismailita.

Solo verso la metà dell‘800 i britannici invasero la regione ed occuparono i centri maggiori senza mai controllare tutto il territorio. Di seguito cedettero il territorio al Maharaja del Kashmir, per riacquistarlo nel 1935 cercando di controllare direttamente questo territorio di confine attraverso un'apposita truppa, la "Gilgit Agency". Nella guerra di partizione del subcontinente del 1947/48 la resistenza indigena riuscí con le proprie forze a cacciare i soldati del Maharaja, fatto storico di cui Gilgiti vanno fieri ancora oggi. Ma poche settimane dopo erano costretti a chiamare le truppe pakistane in difesa dell'esercito indiano in attacco. I pakistani occuparono tutta la regione senza mai rispettare esigenze politiche locali. Sotto la nuova sigla "Aree del Nord" tutto il Gilgit e Baltistan da ora in poi venne governato direttamente dalla capitale pakistana. A differenza della parte occidentale del Kashmir, trasformato in una specie di "stato libero" all'interno del Pakistan, le aree del Nord vennero tenute in una specie di vacuum giuridico-politico: né territorio fiduciario dell'ONU, né territorio costituzionalmente parte del Pakistan. Ripetuti appelli della leadership locale di essere inquadrati a pieno titolo nello stato pakistano non servivano a nulla. Una popolazione di 1,1 milioni di persone restava esclusa sia dai diritti costituzionali sia da ogni coinvolgimento nella trattativa sul loro futuro, uno status molto simile ad un paese colonizzato.

Ora gli abitanti del Gilgit-Baltistan rifiutano di essere eternamente ostaggi del conflitto del Kashmir. Insieme ad altri movimenti patriottici la BNF, fondata nel 1992, rivendica l'autodeterminazione e si impegna per una "Repubblica Balawaristan", indipendente e sovrana, composta dalle tre province di Gilgit, Baltistan e Hunza. Per il momento chiede che vengano immediatamente riconosciuti tutti i diritti politici fondamentali dalla piena libertà di opinione a quello di associazione e di voto. Il vice-presidente del BNF, Nawaz Khan Naji, afferma sul sito del BNF: "Noi non siamo né Pakistani né Kashmiri. In un accordo fra l'Azad kashmir ed il Pakistan del 1949 la questione del Gilgit-Baltistan viene rimandata al momento della risoluzione di tutto il conflitto del Kashmir. Ma cosa abbiamo a che fare noi con il Kashmir? Noi abbiamo bisogno di un nostro proprio stato. Se il problema del Kashmir venisse risolto in trattative con l'India potremo anche negoziare col Pakistan in riguardo ad una possibile confederazione. Ma non potremo diventare una semplice provincia del Pakistan. Chiediamo una sostanziale autonomia. L'avremmo dovuto avere già nel 1947, allo stesso modo come è stata garantita all'Azad Kashmir."

Il Pakistan - Potenza coloniale [ su ]

Scontri in Balawaristan durante le operazioni di soccorso dopo il terremoto. Foto: Thomas Benedikter.Oggi il Gilgit- Baltistan è di fatto una parte del Pakistan. Il governo di Islamabad esercita il pieno potere statale, riscuote le tasse, recluta soldati, regola il sistema scolastico, e incentiva l'afflusso di immigrati. De jure però questa grande regione, in qualità di parte dell'ex-principato dello Jammu e del Kashmir, è ancora "territorio conteso". Il Gilgit Baltistan non trova menzione nella costituzione ed i suoi cittadini non sono rappresentati nel parlamento nazionale. Il governatore capo è nominato dal governo di Islamabad, dove risiede e risponde al "Ministero per il Kashmir e le Aree del Nord". Il suo vice è nominato dal "Northern Area Legislative Council" (NALC), una specie di consiglio regionale, eletto direttamente dalla popolazione dal 1994, ma privo di effettive competenze legislative o esecutive. Non esiste uno statuto giuridico, ma solo una "legge quadro per le aree del Nord", in vigore dal 1994, che elenca le esigue competenze del Consiglio locale. Ogni regolamento deve passare il vaglio del Ministro nazionale competente a Islamabad e quindi al NALC non resta altro che prendere atto di decisioni già prese altrove. Dopo le ultime elezioni svolte alla fine del 2004 il NALC è entrato in crisi e non è ancora riuscito a nominare la pur debole figura del vice-governatore (chief secretary).

La carenza di autogoverno e di sostanziale autonomia si ripercuote pesantemente sull'economia del Gilgit- Baltistan, che è ormai molto arretrata. Tre quarti dei suoi abitanti vivono in povertà. Il budget annuale delle "Aree del Nord" con una popolazione di 1,1 milioni di abitanti ammonta a circa 1 miliardo di rupie, non più di 13,3 milioni di euro, cioè 12 euro per abitante per anno. I sistemi di irrigazione decadono, la maggior parte delle famiglie non ha corrente elettrica, le scuole sono fatiscenti. Oltre la famosa Karakorum Highway sono state costruite pochissime strade di interesse locale, non esiste industria tranne alcune fabbriche di mattoni, non si investe nell'estrazione delle risorse minerarie. Dopo l'intervento americano nell'Afghanistan anche il turismo in questa spettacolare zona di montagna (5 vette con più di ottomila metri e 50 settemila) è entrato in crisi. Di conseguenza ai giovani Gilgiti e Hunzakut resta solo l'agricoltura e le forze armate come sbocco occupazionale, giacchè i posti di lavoro nei servizi pubblici sono riservati ai pakistani provenienti da altre province. Una situazione di totale dipendenza. Molti indigeni emigrano, soprattutto negli stati arabi, ma anche in Europa.

Il Pakistan è del parere che l'annessione di questa regione equivarrebbe al riconoscimento della divisione del Kashmir ed implicitamente verrebbe accettata l'attuale "Line of Control" come frontiera internazionale a tutti gli effetti, rendendo superflui i referendum rivendicati anche dall'ONU. Il Pakistan ora considera il Gilgit e Baltistan parte del Pakistan, ma intende impiegarlo come asso nel poker che si gioca sulle sorti del Kashmir. La regione resta intrappolata nello status di territorio dipendente e colonizzato, escluso da 58 anni da ogni voce in capitolo sul suo futuro status giuridico. Gli appelli di essere riconosciuti come 5a provincia del Pakistan sono rimasti inevasi. Anche vari ricorsi davanti alla Corte costituzionale del Pakistan sono rimasti senza esito. Ora una possibile trasformazione del Gilgit-Baltistan nella 5a provincia del Pakistan riscuote sempre meno interesse fra gli abitanti della regione. La BNF critica la presenza pakistana come regime di occupazione in contrasto alle norme del diritto internazionale, privo del consenso della popolazione locale. La politica del Pakistan nel Gilgit Baltistan lo pone allo stesso livello di altri stati autoritari con territori occupati: la Cina nel Sinkiang e nel Tibet; l'Indonesia nell'Aceh e nel Papua occidentale, il Marocco nel Sahara occidentale. Il diniego di ogni effettivo diritto politico, la discriminazione degli abitanti indigeni, la mancanza di autogoverno e di partecipazione politica nel Gilgit-Baltistan hanno sortito la formazione di una sentimento nazionale che accomuna i vari gruppi etnici. Cresce il disagio, la paura ed il sentimento di essere traditi e minacciati; ma cresce anche la "resistenza nazionale".

Nuove soluzioni? [ su ]

Il Gilgit-Baltistan oggi è una regione sotto ogni profilo dipendente e dominato dal potere esterno. "Il Pakistan al Balawaristan", scrive la BNF sulla sua homepage, "dal momento dell'occupazione del 16-11-947 non ha dato niente che conflitti religiosi, intolleranza, povertà, perdita della coscienza storica e culturale, campi di addestramento di terroristi, deprivazione e spreco delle risorse del paese. Non ci permette né autogoverno né giustizia impedisce la libertà d'opinione e di movimento ed infine ha anche offeso i nostri eroi e martiri".

È questo lo humus per il crescente disagio della popolazione indigena e per le rivendicazioni di autodeterminazione, aggravate dalle tensioni interislamici. I gruppi politici più importanti, il Gilgit Baltistan National Alliance, il Gilgit Baltistan United Action Forum for Self Rule e il Balawaistan National Front, chiedono l'autonomia oppure un Balawaristan indipendente. Si considerano ormai estranei dal conflitto del Kashmir e cercano di coinvolgere organizzazioni internazionali per porre rimedio a questa situazione precaria e pericolosa. A livello istituzionale queste forze non hanno spazio perché ogni forza politica che si candida per il Parlamento locale ("NALC") deve dichiarare ufficialmente di riconoscere l'appartenenza del Gilgit-Baltistan al Pakistan. Ma questa appartenenza da 56 anni, obiettano i nazionalisti, ha la forma di territorio colonizzato, quindi insostenibile in termini democratici.

Nella sua ultima proposta per risolvere il problema del Kashmir il presidente pakistano Musharraf ha proposto di dividere l'ex-principato dello Jammu e del Kashmir in 7 regioni distinte, che dovrebbero poter decidere del proprio futuro status politico in forma separata. Tutte queste regioni, previo accordo con l'India, andrebbero smilitarizzate e svolti dei referendum, controllati dall'ONU. La BNF ha appoggiato l'idea, ma Musharraf, sotto pressione delle forze armate e dell'opinione pubblica pakistana, dovette subito ritrattare e lasciar perdere ogni allusione ad un Kashmir demilitarizzato. Quindi le sorti del Gilgit Baltistan sembrano restare legate al groviglio indistricabile dello Jammu e Kashmir. Dato che l'India insiste nel mantenimento dello status quo e che il Pakistan non può sacrificare tutta la parte dello Jammu e Kashmir ora occupato dall'India, il Gilgit Baltistan sembra destinato a rimanere ostaggio di questo conflitto: un semplice pedone senza diritti sulla scacchiera delle due grandi potenze regionali. Intanto perfino la Hurriyat Conference, piattaforma politica dei partiti kashmiri indipendentisti della parte indiana, ha riconosciuto la situazione insostenibile, benché di regola tiene fermo il concetto di unità di tutto il territorio dell'ex-principato dello Jammu e Kashmir. Ma anche a Srinagar matura la consapevolezza che non potrà più esserci una soluzione uniforme per ogni regione del defunto principato. Il Balawaristan è stato nient'altro che un paese colonizzato per un secolo prima dai Britannici, poi dal Maharaja del Kashmir, per passare nel 1947 al Pakistan, dalla padella alla brace.

Maj Hussain Shah, presidente del partito MKOP."Il Pakistan ha sfruttato la mancanza di una élite politica"
Intervista con Maj Hussain Shah
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Ex-ufficiale delle forze armate del Pakistan, presidente del partito MKOP, parte dell'Alleanza dei partiti regionalisti del Gilgit e del Baltistan (intervista dell'autore a Gilgit; lo stambecco è il simbolo nazionale del Balawaristan).

Perchè il Pakistan si rifiuta di accettare la domanda del Gilgit e Baltistan di far parte del Pakistan?
Maj Hussain: Il Pakistan vuole mantenere il diritto di tutta la popolazione dell'ex principato Jammu e Kashmir ad un referendum sull'adesione ad uno dei due stati, come previsto dalla risoluzione dell'ONU del 5 gennaio 1949. Per questo motivo noi ci troviamo in una situazione perennemente provvisoria. Non siamo né la quinta provincia del Pakistan, né un territorio indipendente né una parte dello Jammu e del Kashmir. Fino al 1971 siamo stati governati con una legge quadro chiamata „Frontier Criminality Rule“, una legge di ordine pubblico. Poi ci hanno dato una specie di consiglio di rappresentanza, senza poteri e composto da notabili nominati da Islamabad. È solo dal 1999 che possiamo eleggere un consiglio legislativo che però non esercita le sue funzioni. Cosí il Gilgit ed il Baltistan continua ad essere governato da Islamabad, e la popolazione stessa non ha voce in capitolo.

Quali erano gli errori del Pakistan durante il processo di liberazione?
Maj Hussain: Il Pakistan intervenne sul piano militare e perciò forní all'India e al Mahajraja di intervenire a lor volta. Durante l'imntervento milittare i dirittifondamentali e la libertà della popolazione fu non rispettata. Ed infine il Pakistan sempre insistette in un referednum contemporaneo in tutte le parti dell'ex-principato, perchè temeva il potere di Sheikh Abdullah sulla popolazione della Vallata del Kashmir.

Lei ha fondato e guida un partito regionalista. Quali libertà di manovra e di attività ha?
Maj Hussain: È dal 1984 che sono attivo per questo partito, ma vengo tuttora diffamato dal Pakistan come un traditore degli interessi del Pakistan. Comunque possiamo operare in legalità. Ora lentamente fra i politici locali si fa sempre più larga la convinzione che bisogna attivarsi a chiedere autonomia e autogoverno, altrimenti non riusciremo mai a far valere i nostri interessi. Una volta mi emarginavano, oggi invece tutti mi danno ragione. Dal dicembre 2004 siamo presenti nel Consiglio legislativo delle Aree del Nord.

A cosa aspira la alleanza politica?
Maj Hussain: Noi vogliamo democrazia ed autonomia per il Gilgit ed il Baltistan subito, a prescindere da un eventuale referendum che ancora è pendente ed è totalmente aperto se ci sarà mai. La maggioranza della popolazione è a favore di un'autonomia speciale all'interno del Pakistan, non accetta invece la prospettiva di far parte del vecchio stato dello Jammu e del Kashmir. La mia alleanza è indipendente dai partiti pakistani, è legata al territorio ed è interetnica. Come obiettivo immediato rivendichiamo lo stesso livello di autonomia già in vigore nell'Azad Kashmir. Solo la politica estera, la difesa, la politica monetaria e le comunicazioni dovrebbero restare al governo centrale. Io sono convinto che perfino potremmo essere indipendenti. Anche un Gilgit e Baltistan indipendente avrebbe dei vantaggi per il Pakistan come stato cuscinetto fra la Cina, l'India ed il Pakistan. Comunque siamo convinti che sotto il profilo giuridico il Pakistan non ha nessun diritto di tenere il Gilgit ed il Baltistan sospeso in queste condizioni. Ci siamo anche rivolti alla corte costituzionale del Pakistan per accusare lo stato di discriminazione della nostra regione rispetto l'Azad Kashmir e per la negazione dei nostri diritti politici. La causa non è ancora decisa. Ma comunque è un dato di fatto che il Pakistan ha sfruttato la mancanza di un'elite politica nel Gilgit e Baltistan per mantenere il controllo totale di questo territorio. Sotto il profilo democratico è una politica completamente inaccettabile.

Come si può risolvere il conflitto del Kashmir oggi?
Maj Hussain: Ricordo che ad Islamabad si sono riunite tutte le forze politiche dalla Hurriyat Conference, ai partiti dell'Azad Kashmir fino a politici del Gilgit e Baltistan, ma non è stato raggiunto nessun accordo. In linea di massima l'unico accordo è quello che bisogna svolgere un referendum in tutto lo stato dello Jammu e del Kashmir, ma c'è una forte minoranza che rivendica il diritto di decidere non solo sull'adesione ad uno dei stati India o Pakistan, ma anche dell'indipendenza, e che questo venga fatto anche nel quadro di referendum regionali differenziati. Sono state articolate varie proposte che vanno dalla partizione dello Jammu e del Kashmir indiano fino all'istituzione di un condominio indo-pakistano su un Kashmir riunificato. In ogni caso, il solo ripristino dell'autonomia in base allo status quo per i Kashmiri musulmani sembra non essere accettabile.

Thomas Benedikter: Il groviglio del Kashmir.Thomas Benedikter, è collaboratore dell'Accademia Europea di Bolzano per progetti di ricerca su conflitti etnici e sistemi di protezione delle minoranze in Asia meridionale. Autore della prima monografia sulla problematica politica dello Jammu e del Kashmir in lingua italiana, "Il groviglio del Kashmir", Editori Fratelli Frilli, Genova, uscito nell'ottobre 2005.

Da pogrom-bedrohte Völker 239 (5/2006).


Vedi anche:
* gfbv.it: www.gfbv.it/3dossier/asia/kashmir-it.html | www.gfbv.it/2c-stampa/2005/051027ait.html | www.gfbv.it/2c-stampa/02-1/020312it.html | www.gfbv.it/3dossier/asia/nepal/nepal-it.html | www.gfbv.it/3dossier/asia/srilanka/srilanka-it.html

* www: www.warnews.it/index.php/content/category/8/95/35/

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