|
Dopo un primo attacco il 15 settembre, il 5 e il 13 novembre Kucuk Armutlu è stato nuovamente attaccato dalla polizia e dall'esercito con blindati, lacrimogeni, pistole, fucili e mitragliatori automatici. Risultato dell'operazione: 4 morti (suicidi secondo le autorità, assassinati secondo tutti i testimoni compresa la CNN Turk), 12 feriti in maniera grave, decine di arresti. Per protesta contro l'attacco, quattro detenuti nel carcere di Sincan si sono dati la morte col fuoco.
Le ultime morti portano a 80 vite umane il tragico bilancio dell'ostinato rifiuto dello Stato turco di trattare con i detenuti e le loro famiglie: trenta persone morirono nell'attacco militare del 19 dicembre 2000, altri 41 detenuti e parenti si sono lasciati morire di fame in tredici mesi di digiuno dentro e fuori le carceri, quattro persone arse vive il 5 novembre, altri quattro suicidi per protesta.
Questa selvaggia repressione trova riscontro nelle cifre fornite dal presidente dell'Associazione diritti umani (IHD) Husnu Ondul: raddoppiati rispetto al 2000 i casi di tortura con 435 denunce nei primi dieci mesi del 2001, quadruplicate le condanne per reati di opinione con 3125 anni di carcere, e ben 21.812 arresti. L'assassinio davanti a casa sua del dirigente dell'Hadep di Dogubeyazit, Burhan Kockar, da parte di militari mascherati, segna anche la ripresa del terrorismo di Stato nelle province kurde, in quattro delle quali è stato rinnovato il 30 ottobre lo stato di emergenza, mentre i tribunali chiudevano l'emittente kurda Gun Radio a Diyarbakir e il giornale Batman Dogus a Batman.
Intanto si registra una vittoria delle ONG che si oppongono alla realizzazione del progetto della diga di Ilisu. L'azienda inglese Balfour Beatty e l'italiana Impregilo si sono ritirate dal controverso progetto sul fiume Tigri al confine con Siria e Iraq. Il villaggio di Hasankeyf (altre foto in www.rivernet.org/turquie/ilisu.htm#ERN) rischiava di essere completamente sommerso dalla diga e avrebbe comportato la rilocazione forzata di circa 80.000 Kurdi che vivono nell'area interessata dal progetto. Non il Governo ma le aziende hanno quindi valutato l'impraticabilità sociale e culturale di questo progetto.
Nonostante questa svolta
nella realizzazione della diga della discordia, temiamo che il progetto
non venga abbandonato e che a farne le spese saranno quindi le migliaia
di Kurdi che vivono in quella zona. La già pessima situazione dei
diritti umani in Turchia continua a peggiorare: la repressione nelle carceri
e la durezza nei confronti degli scioperanti della fame, insieme ai tribunali
speciali, alla persistenza della pena di morte, alla negazione di diritti
culturali e alle leggi di emergenza nei confronti dei Kurdi e di tutte
le minoranze, sono le motivazioni con cui la Commissione europea ha bocciato
la candidatura della Turchia all'Unione Europea. Ma che prezzo dovranno
pagare le minoranze aspettando la democrazia che l'Europa chiede alla Turchia?
|
Copyright - Motore di ricerca - URL: www.gfbv.it/2c-stampa/01-3/011116it.html |
WebDesign
& InfoM.
di Vieste
|