Lettera al Presidente della Repubblica
Carlo Azeglio Ciampi
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Ci rivolgiamo a Lei per pregarLa di porre la Sua
firma sotto la legge per la tutela delle minoranze linguistiche approvata
al Senato circa due settimane fa. La preghiamo di confermare con il Suo
consenso ciò che la maggioranza parlamentare ha deciso in un iter
lungo che ha contribuito a concedere alle minoranze non troppa tutela,
ma al contrario troppo poca e pochi strumenti per difenderla. Il bilancio
della legge non fa onore all'Italia: Ci sono voluti decenni affinché
venisse varata in Parlamento una legge auspicata più di 50 anni
fa nell'articolo 6 della Costituzione; ci sono stati diversi tentativi
di "legge quadro per la tutela delle minoranze" puntualmente affossati
dalle forze politiche o dall'instabilità politica. Per il testo
di legge attuale, che finalmente offre alle minoranze linguistiche un pacchetto
di misure di tutela, ci sono voluti circa due anni di lavoro in Parlamento.
Negare il consenso alla legge e far ripartire l'intero iter parlamentare
significherebbe - viste le scadenze elettorali, vista la possibilità
del ritorno della destra al Governo - rinviare la legge a un futuro, in
cui la maggior parte delle minoranze linguistiche saranno ormai estinte.
La legge per la tutela delle minoranze, bisogna
sottolinearlo, presenta parecchie mancanze, nate dalla necessità
di trovare un consenso all'interno della maggioranza parlamentare. Ciò
nonostante la legge è il minimo indispensabile per facilitare la
sopravvivenza delle minoranze linguistiche. Negare il consenso alla legge,
signor Presidente, significherebbe negare alle minoranze d'Italia il diritto
alla sopravvivenza.
E' particolarmente deplorevole l'appello rivolto a Lei affinché neghi alla legge il Suo consenso. Non fa parte dei compiti dei giudici o presidenti della Corte Costituzionale spiegarsi sul palco politico su testi di legge approvati dal Parlamento; sono obbligati istituzionalmente - e in difesa della parità di diritto di tutti i cittadini - a giudicare su argomenti meramente giuridici, non devono e non possono passare alla ingerenza politica. Tanto meno dovrebbero farsi guidare da ideologie nazionaliste che negano alle minoranze linguistiche quel diritto di esistenza e di tutela che è loro garantito dalla stessa Costituzione.
Bisogna ancora sottolineare che i membri della Corte Costituzionale sono giudici, non glottologi. Non compete dunque a loro giudicare quale parlata sia lingua e quale invece dialetto. Ricordiamo che tutte le lingue comprese nella legge di tutela delle minoranze sono riconosciute dalla linguistica come lingue e che tutte queste lingue sono comprese nel programma di sostegno del Ufficio Europeo per le Lingue Meno Diffuse (EBLUL). Affermare oggi che il friulano o il sardo siano dialetti e non lingue significa essere servi di ideologie di eredità fascista. Crediamo che per membri della Corte Costituzionale sia di poco onore essere seguaci di queste ideologie.
Anche dal punto di vista giuridico vorremmo avanzare qualche perplessità. Infatti l'appello di non firmare la legge per la tutela delle minoranze in pratica chiede che la tutela delle minoranze sia limitata alle minoranze che già oggi dispongono di misure di tutela - il ché è in netta contraddizione con la Costituzione, che parla semplicemente di "norme di tutela" per le minoranze linguistiche. Che da parte di membri della Corte Costituzionale arrivino contraddizioni così evidenti alla Costituzione la dice lunga sulla neutralità professionale delle persone che a Lei hanno rivolto l'appello di non firmare la legge.
Tanto più confidiamo nel Suo spirito di
tolleranza, sperando che Lei confermi senza indugi la legge per la tutela
delle minoranze. In attesa dei fatti nel pieno rispetto die diritti delle
minoranze e della Costituzione, Le porgiamo i nostri distinti saluti
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