|
|
Grazie all’esercizio sistematico del terrore, fatto di maltrattamenti, torture, stupri di massa e assasinii, le sue truppe sono riuscite a cacciare dal paese i sopravvissuti non-serbi, ed a portare a termine in questo modo la pulizia etnica in Bosnia. Sacchegiando e distruggendo proprietà private, soprattutto dei musulmani bosniaci, Arkan è riuscito ad annientare la base vitale di gran parte della popolazione bosniaca.
Fino ad oggi i profughi scappati da Arkan e dalle sue truppe si vedono negare il diritto di tornare a casa propria. I registri dei decessi delle città bosniache e delle comunità in esilio lungo la Drina mostrano cifre spaventose di morti assassinati. Il Tribunale Internazionale definisce questa “pulizia etnica” come genocidio. Dopo la guerra, migliaia di seguaci di Arkan hanno creato strutture mafiose in Serbia e in Bosnia-Erzegovina. L’APM vuole far notare che in questi paesi non è possibile realizzare una vera democratizzazione fintanto che restano in circolazione uomini colpevoli di rapine, saccheggi e crimini di guerra. Vista l’accusa sollevata contro Arkan dal Tribunale Internazionale dell’Aja, l’APM chiede ora allo stesso Tribunale che indaghi anche contro le migliaia di uomini di Arkan, corresponsabili dei crimini di guerra.
Altre informazioni su Arkan
Il criminale di guerra Zeljko Raznjatovic, detto Arkan (“felino”), è ricercato internazionalmente per rapina a mano armata e omicidio. Nato in Slovenia da genitori serbi, è oggi uno degli uomini più ricchi della Serbia, nonchè proprietario della squadra di calcio Obilic. Arkan deve la sua ricchezza alle rapine a mano armata in Europa occidentale, al contrabbando di armi e benzina e al saccheggio di abitazioni di musulmani bosniaci e di croati durante la guerra in Bosnia. In particolar modo, Arkan si è arricchito grazie al saccheggio sistematico delle case di amici e parenti di lavoratori emigrati ed ex-emigrati, dove trovava i risparmi inviati alla famiglia, la quale, non fidandosi del sistema bancario dell’Ex-Jugoslavia comunista e per paura dell’inflazione galoppante, nascondeva la valuta in casa.
All’inizio degli anni 70 Raznjatovic lavorava per i Servizi Segreti della Jugoslavia comunista. Con il 1. febbraio 1974 si apre, con una rapina in un ristorante milanese, una lunga serie di rapine a mano armata in Svezia, Belgio e Paesi Bassi. Sconta una pena di 4 anni in Belgio, ma riesce a fuggire dal carcere di Bejlmer (Amsterdam) durante un’altra pena carceraria di 7 anni. Durante una rapina a una banca di Stoccolma viene arrestato il suo complice Carlo Fabiani, che oggi si fa chiamare Di Stefano ed è uno dei più stretti collaboratori di Arkan.
Tornato in Jugoslavia all’inizio degli anni ‘80 diventa capo della sicurezza della discoteca “Amadeus” e presidente del Fanclub della squadra “Stella Rossa Belgrado”. Uccide il direttore dell’Azienda Elettrica INA. A fine novembre 1990 è arrestato a Dvor/Una dalla polizia croata per traffico d’armi. Viene rilasciato in marzo del ‘91. A partire da quell’anno Arkan gestisce il Centro per la Formazione Militare del Ministero per gli Affari Interni serbo. Arkan recluta tra i seguaci del “F.C. Stella Rossa Belgrado” un'unità di volontari forte di circa 3000 uomini, che si danno il nome di “Tigri” e che a partire dall’autunno 1991 ha operato come unità paramilitare lungo la frontiera serbo-croata.
La lista dei crimini commessi dall’unità “Tigre” è, anche riassumendola, spaventosamente lunga: l’unità “Tigre” era solita attaccare con l’artiglieria un paese, di norma musulmano o croato, quindi vi entrava installandovi il terrore, uccidendo arbitrariamente civili, commettendo stupri, saccheggiando e distruggendo propietà private e monumenti, installando campi di concentramento. Secondo un documento interno dell’esercito Popolare Jugoslavo, il motivo principale per la lotta di Arkan non era tanto la lotta al nemico, quanto l’appropriazione di proprietà private e la tortura dei cittadini.
Il 4 aprile 1992 l’unità “Tigre” uccise 17 persone a Bijeljina, lanciando dapprima una bomba nel Caffè Istanbul e poi un’altra nel negozio del macellaio del paese. Nei giorni seguenti le “Tigri” furono responsabili di 400 omicidi. Immediatamente dopo il bagno di sangue, l’attuale presidentessa della zona controllata dalla Serbia (Republica Srbska) Biljana Plavsic si recò a Bijeljina per baciare Arkan davanti alle telecamere. L’unità paramilitare di Arkan operava allora nel quadro della 6. Brigata del Corpo d’Armata (JNA).
Il 2 maggio 1992 a Brcko le truppe di Arkan uccidono 600 persone negli insediamenti bosniaco-musulmani di Kolobara, Mujkici e Merajele. Gli uomini di Arkan mettono in piedi il campo di concentramento “Luka-Brcko” per Bosniaci musulmani e Croati. Il direttore del campo di concentramento è un uomo di Arkan. Davanti alla moschea di Glogova vengono uccisi 40 uomini.
Il 24 maggio 1992 le “Tigri”di Arkan massacrarono a Prijedor e nei vicini paesi Hambarine, Kozarac, Tokovi, Rakovcani, Cele e Rizvanovici più di 20.000 persone.
Il 20 giugno 1992 eseguirono una pulizia etnica a Sanski Most, massacrando nel vicino paese di Krasulja 700 persone (la fossa comune fu aperta nel 1997) e altre 180 persone, in primo luogo donne e bambini (anche questa fossa comune è stata scoperta nel 1997).
In febbraio/marzo 1993 Arkan e le sue truppe parteciparono al massacro a Cerska, in cui morirono 700 persone.
A Visegrad le truppe di Arkan parteciparono ai crimini contro i musulmani. Nella città che forní al premio Nobel Ivo Andric lo sfondo per il suo romanzo “Il ponte sulla Drina”, centinaia di musulmani furono uccisi, buttati dal ponte Drina o, come accadde ad una settantina di uomini, bruciati vivi.
L’11 giugno 1995 e nei giorni seguenti Arkan e le sue truppe aiutarono Ratko Mladic ad eseguire le esecuzioni di massa a Srebrenica.
Nel 1996 Arkan partecipò con il partito dell’Unità Serba, da lui fondato, alle elezioni in Bosnia, ottenendo un finanziamento di 225.000 dollari dall’OSCE.
Nel 1998 la squadra di “Arkan” Zeljko Raznjatovic, il FK Obilic di Belgrado, partecipa alla Champions League. Dopo vari attacchi subiti da Arkan sulla stampa italiana, passa la presidenza della squadra a sua moglie, la cantante folk "Ceca", mantenendone peró la proprietà. Secondo il giornalista Alberto Nerazzini (Diario, edizione del 20-26.05.1998) il manager delle partite del FK Obilic è Carlo Fabiani, ora Di Stefano, ex-complice di Arkan nelle rapine in Svezia. Di Stefano gestisce anche l’ufficio italiano di Zeljko Raznjatovic.
Fonti:
Associazione per i popoli minacciati, Uffici
di Göttingen e Sarajevo
Istituto Ludwig Boltzmann per i diritti umani,
Vienna
Contributi delle riviste Focus, Spiegel, Stern
Bassiouni- Report, Chicago/Ginevra
Diario (articolo di Alberto Nerazzini)
|