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Andreas Selmeci, rappresentante dell'APM, ricordando i peggiori crimini contro l'umanità commessi dai regimi dittatoriali europei (sterminio di popoli o classi sociali, espulsioni in massa), ammonisce: "Senza questi diritti minimi la Carta dei Diritti Fondamentali danneggerà i diritti umani universali". Nei Balcani, infatti, questi crimini sono ancora in corso; ed anche nelle democrazie stabili dell'Europa Occidentale vi sono persone discriminate per il colore della pelle.
Quasi la metà delle 46 lingue minoritarie parlate nell'Unione Europea è minacciata d'estinzione, ad esempio perché in molti Stati non è concesso l'insegnamento di queste lingue nelle scuole.
Già nel 1993, nella dichiarazione finale del Consiglio Europeo di Copenaghen, gli allora membri della Comunità Europea avevano condizionato l'ingresso di nuovi Stati membri all'approvazione di disposizioni di tutela delle minoranze a livello costituzionale.
Come misura minima di tutela degli appartenenti a minoranze etniche, nazionali, linguistiche o religiose l'APM propone una formulazione che si ricollega all'art. 27 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966: "Chi appartiene a minoranze etniche, nazionali, linguistiche o religiose ha il diritto di esercitare la propria religione, di curare la propria cultura e di usare in pubblico ed in privato la propria lingua".
Inoltre il divieto di discriminazione per motivi razziali, di origine, nazionalità, lingua, sesso, orientamento sessuale, religione, filosofia di vita o convinzioni politiche, pur previsto nella Carta dei Diritti Fondamentali, è gravemente insufficiente. Lo stesso divieto deve valere infatti non soltanto per i cittadini degli Stati membri, ma anche per i cittadini extracomunitari.
Per correggere le discriminazioni di fatto almeno per quanto riguarda le minoranze di antico insediamento, il divieto di discriminazione dev'essere completato dalla seguente previsione: "L'UE e gli Stati membri promuovono con apposite misure il conseguimento della parità fattuale tra chi appartiene alle maggioranze nazionali e chi fa parte di minoranze linguistiche, etniche o nazionali. L'UE favorisce la collaborazione transfrontaliera nelle regioni abitate da minoranze".
Per contribuire infine alla
futura prevenzione dei crimini di espulsione in massa, l'APM consiglia
l'adozione di un articolo che garantisca il "diritto al paese d'origine",
insieme col diritto ad un rimpatrio sicuro; all'incirca sul modello della
Convenzione Europea sui Diritti Umani: "1. Ognuno ha il diritto di restare
nel proprio luogo di abitazione, nella propria regione d'origine, nel proprio
Paese. 2. Ognuno ha il diritto di tornare per libera scelta nella terra
d'origine; e, al suo interno, in un luogo di propria scelta".
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