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margine alla "Conferenza del millennio".
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L’odierna struttura dell’ONU, in particolare del Consiglio di Sicurezza, non offre nessun presupposto duraturo per la tutela dei diritti umani e la garanzia della pace nel mondo. In un documento di 25 pagine dell’APM, associazione con status consultivo presso il Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC), si raccomandano numerose misure idonee a prevenire i genocidi ed a tutelare le minoranze etniche, religiose e linguistiche; misure che vanno dal rafforzamento della Commissione delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, alla concreta costituzione del Tribunale Internazionale Permanente previsto nella Conferenza di Roma del 1998, fino all’istituzione di un Difensore Civico (Ombudsman) delle Nazioni Unite.
Il rafforzamento dell’ONU deve accompagnarsi alla sua democratizzazione. Ciò significa, non da ultimo, che devono esservi coinvolti anche gli attori finora non rappresentati dello scenario mondiale: i popoli indigeni e le minoranze etniche, ed anche i Palamenti nazionali e le organizzazioni non-governative.
L’APM saluta con favore l’istituzione di un Forum Permanente per i Popoli Indigeni presso l’ECOSOC, avvenuta nello scorso mese di luglio 2000. I prossimi passi potrebbero essere l’istituzione di un’Assemblea Parlamentare e di una Terza Camera, come previsto dal diritto internazionale, con l’articolo 22 della Carta delle Nazioni Unite. L’APM ha accolto positivamente le linee del rapporto stilato da una commissione di esperti sugli interventi di pace dell’ONU, che deve essere trattato nella Conferenza “del millennio”. In esso si critica il fatto che il principio di neutralità, in territori ove la violenza provenga inequivocabilmente da una sola parte, potrebbe rendere le truppe ONU inefficaci, e, nei casi peggiori, complici dei colpevoli.
“Le raccomandazioni della
commissione presieduta da Lakhdar Brahimi vanno nella giusta direzione,
ma non sono sufficientemente chiare. Si deve esaminare con urgenza la possibilità
per l’ONU di munirsi di truppe d’intervento permanentemente pronte all’impiego,
direttamente soggette al Segretario Generale ed alla Commissione di Stato
Maggiore dell’ONU”; questa l’opinione di Andreas Bummel dell’APM Internazionale,
con riferimento al fallimento della comunità internazionale nel
caso del genocidio ruandese del 1994, quando in poche settimane vi furono
almeno 800.000 vittime; ed a quello nella “zona protetta dall’Onu” di Srebrenica,
dove nel luglio 1995 furono assassinati, secondo le stime, tra gli 8.000
ed i 10.000 Musulmani bosniaci.
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