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Art.
1.
1.La lingua ufficiale della Repubblica é
l'italiano.
È insensato e assurdo che proprio il primo articolo di una legge per la tutela delle minoranze debba ribadire l'ovvio, cioè che l'italiano sia la lingua ufficiale dell'Italia (fatto che peraltro nella storia ha contribuito a reprimere le minoranze), senza che alle lingue minoritarie vengano date la stessa importanza e gli stessi diritti (e dunque anche l'ufficialità della lingua) nei territori del loro insediamento.
2. La Repubblica, che valorizza il patrimonio linguistico e culturale della lingua italiana, promuove altresì la valorizzazione delle lingue e delle culture tutelate dalla presente legge.
Infatti parla solo della "valorizzazione" delle lingue e delle culture tutelate dalla legge, non di pari dignità e pari diritto. Con questo la legge continua sulla strada della discriminazione delle lingue minoritarie e dei cittadini che fanno parte di una comunità di lingua minoritaria. Con il primo articolo dunque ad un Governo o Parlamento centralista e nazionalista sono dati gli strumenti per annullare quasi tutti i provvedimenti di tutela previsti nelle legge presente.
Art.
2.
1.In attuazione dell'articolo 6 della Costituzione
e in armonia con i principii generali stabiliti dagli organismi
europei e internazionali, la Repubblica tutela la lingua e la
cultura delle popolazioni albanesi, catalane, germaniche, greche,
slovene e croate e di quelle parlanti il francese, il
franco-provenzale, il friulano, il ladino, l'occitano e il
sardo.
Mancano gli "zingari", cioè i Sinti e Rom. Sono minoranze storiche. E invece i diritti umani qui si sono fermati alla politica di partito, ai giochi parlamentari: per non incontrare l'ostruzionismo della destra, gli "zingari" non sono stati inclusi nella presente legge. C'è da augurarsi che per tale popolazioni in futuro venga colmata la lacuna con un' apposita legge, in modo che l'Italia possa contarsi fra i Paesi civili.
Art.
3.
1. La delimitazione dell'ambito territoriale e sub
comunale in cui si applicano le disposizioni di tutela delle
minoranze linguistiche storiche previste dalla presente legge
é adottata dal consiglio provinciale, sentiti i comuni
interessati, su richiesta di almeno il quindici per cento dei
cittadini iscritti nelle liste elettorali e residenti nei comuni
stessi, ovvero di un terzo dei consiglieri comunali dei medesimi
comuni.
2.Nel caso in cui non sussista alcuna delle due
condizioni di cui al comma 1 e qualora sul territorio comunale
insista comunque una minoranza linguistica ricompresa nell'elenco
di cui all'articolo 2, il procedimento inizia qualora si pronunci
favorevolmente la popolazione residente, attraverso apposita
consultazione promossa dai soggetti aventi titolo e con le
modalità previste dai rispettivi statuti e regolamenti
comunali.
La delimitazione del territorio, dove applicare le norme di tutela, viena affidato dunque all'amministrazione pubblica e alla politica, non invece alla linguistica e alla filologia. Inoltre a decidere definitivamente sono membri della maggioranza (i consigli provinciali sono sempre di maggioranza). Esiste un rapporto sulle minoranze linguistiche redatto dal Ministero degli Interni (1994), che dovrebbe essere la direttiva per i territori, nei quali si applicano le norme di tutela. Tuttavia la consultazione tramite una commissione di glottologi e storici (appartenti a minoranze e non alla maggioranza) sarebbe auspicabile.
3. Quando le minoranze linguistiche di cui all'articolo 2 si trovano distribuite su territori provinciali o regionali diversi, esse possono costituire organismi di coordinamento e di proposta, che gli enti locali interessati hanno facoltà di riconoscere.
Quando le minoranze linguistiche si trovano distribuite su territori provinciali o regionali diversi e costituiscono organismi di coordinamento e di proposta, gli enti locali non "hanno la facoltà" di riconoscere - tali organismi devono essere riconosciuti. La maggioranza infatti continuerà a negare il diritto di esistenza agli organismi sovraprovinciali e sovraregionali, come ha fatto finora. Limiti possono essere posti soltanto nel caso di attività anticostutuzionale - non può essere così che la maggioranza non riconosce un organismo perché non è politicamente o ideologicamente simpatico al partito di maggioranza; significherebbe fissare la tutela delle minoranze ad un idea di "feudalismo" moderno.
Art. 4.
L'insegnamento nella e della lingua minoritaria costituisce una delle condizioni sine qua non per la sopravvivenza delle minoranze. E' ben per questo che il Fascismo tolse a tutte le minoranze l'insegnamento della lingua madre. Ed è anche per questo che le maggioranze contiuano ancora oggi con la negazione di tale diritto.
1.Nelle scuole materne dei comuni di cui
all'articolo 3, l'educazione linguistica prevede, accanto all'uso
della lingua italiana, anche l'uso della lingua della minoranza
per lo svolgimento delle attività educative. Nelle scuole
elementari e nelle scuole secondarie di primo grado é
previsto l'uso anche della lingua della minoranza come strumento
di insegnamento.
2.Le istituzioni scolastiche elementari e
secondarie di primo grado, in conformità a quanto previsto
dall'articolo 3, comma 1, della presente legge, nell'esercizio
dell'autonomia organizzativa e didattica di cui all'articolo 21,
commi 8 e 9, della legge 15 marzo 1997, n. 59, nei limiti
dell'orario curriculare complessivo definito a livello nazionale
e nel rispetto dei complessivi obblighi di servizio dei docenti
previsti dai contratti collettivi, al fine di assicurare
l'apprendimento della lingua della minoranza, deliberano, anche
sulla base delle richieste dei genitori degli alunni, le
modalità di svolgimento delle attività di
insegnamento della lingua e delle tradizioni culturali delle
comunità locali, stabilendone i tempi e le metodologie,
nonché stabilendo i criteri di valutazione degli alunni e
le modalità di impiego di docenti
qualificati.
L'insegnamento delle lingua minoritaria deve
essere garantita nelle scuole di tutti i livelli. Nel caso che
nel territorio di una minoranza non ci siano istituzioni
universitarie, le minoranze devono avere il diritto di istituire
istituti universitari per lo studio, l'evoluzione e la
promulgazione della propria lingua e cultura in città
universitarie vicine, anche se queste fanno parte di territorio
della maggioranza.
La richiesta
da parte di membri della minoranza come metodo per arrivare
all'insegnamento nella e della lingua minoritaria (il "modello"
carinziano) si è dimostrato distruttivo. Infatti non
c'è protezione tutela da pressioni di direttori, docenti,
amministrazioni delle maggioranze. In Carinzia infatti con un
sistema simile l'insegnamento delle lingua minoritaria (slovena)
è stata continaumente ridotta fino ad arivvare
all'assimilazione-germanizzazione di una parte cospicua della
parte slovena di una volta.
Una soluzione
molto migliore e più giusta sarebbe stata quella di
prevvedere nelle zone riconosciute come territori di minoranze
(secondo il primo rapporto del Ministero) l'obbligo ad un
insegnamento adeguata nella e della lingua minoritaria, e di
assumere il metodo della richiesta soltanto per zone aggiuntive -
in modo che per esempio anche membri della maggioranza possano
imparare a scuola la lingua dei vicini (come succede in parte nel
Canton dei Grigioni).
3.Le medesime istituzioni scolastiche di cui al
comma 2, ai sensi dell'articolo 21, comma 10, della legge 15
marzo 1997, n. 59, sia singolarmente sia in forma associata,
possono realizzare ampliamenti dell'offerta formativa in favore
degli adulti. Nell'esercizio dell'autonomia di ricerca,
sperimentazione e sviluppo, di cui al citato articolo 21, comma
10, le istituzioni scolastiche adottano, anche attraverso forme
associate, iniziative nel campo dello studio delle lingue e delle
tradizioni culturali degli appartenenti ad una minoranza
linguistica riconosciuta ai sensi degli articoli 2 e 3 della
presente legge e perseguono attività di formazione e
aggiornamento degli insegnanti addetti alle medesime discipline.
A tale scopo le istituzioni scolastiche possono stipulare
convenzioni ai sensi dell'articolo 21, comma 12, della citata
legge n. 59 del 1997.
4.Le iniziative previste dai commi 2 e 3 sono
realizzate dalle medesime istituzioni scolastiche avvalendosi
delle risorse umane a disposizione, della dotazione finanziaria
attribuita ai sensi dell'articolo 21, comma 5, della legge 15
marzo 1997, n. 59, nonché delle risorse aggiuntive
reperibili con convenzioni, prevedendo tra le priorità
stabilite dal medesimo comma 5 quelle di cui alla presente legge.
Nella ripartizione delle risorse di cui al citato comma 5
dell'articolo 21 della legge n. 59 del 1997, si tiene conto delle
priorità aggiuntive di cui al presente
comma.
5.Al momento della preiscrizione i genitori
comunicano alla istituzione scolastica interessata se intendono
avvalersi per i propri figli dell'insegnamento della lingua della
minoranza.
Art.
5.
1. Il Ministro della pubblica istruzione, con propri
decreti, indica i criteri generali per l'attuazione delle misure
contenute nell'articolo 4 e puó promuovere e realizzare
progetti nazionali e locali nel campo dello studio delle lingue e
delle tradizioni culturali degli appartenenti ad una minoranza
linguistica riconosciuta ai sensi degli articoli 2 e 3 della
presente legge. Per la realizzazione dei progetti é
autorizzata la spesa di lire 2 miliardi annue a decorrere
dall'anno 1999.
Una spesa di 2 miliardi di lire per l'attuazione dell'articolo 4 è una derisione di tutti i cittadini di lingua minoritaria che pagano le loro tasse come tutti gli altri senza tuttavia ricevere in cambio un servizio scolastico equo. Con 2 milliardi ormai non si possono nemmeno costruire 100 metri di autostrada.
2. Gli schemi di decreto di cui al comma 1 sono
trasmessi al Parlamento per l'acquisizione del parere delle
competenti Commissioni permanenti, che possono esprimersi entro
sessanta giorni.
Art.
6.
1.Ai sensi degli articoli 6 e 8 della legge 19
novembre 1990, n. 341, le università delle regioni
interessate, nell'ambito della loro autonomia e degli ordinari
stanziamenti di bilancio, assumono ogni iniziativa, ivi compresa
l'istituzione di corsi di lingua e cultura delle lingue di cui
all'articolo 2, finalizzata ad agevolare la ricerca scientifica e
le attività culturali e formative a sostegno delle
finalità della presente legge.
E' una
garanzia soltanto parziale di quel che chiediamo nel commento
dell'articolo 4.
E' limitativa
l'indicazione che ciò deve avvenire "nell'ambito ... degli
ordinari stanziamenti di bilancio".
Art.
7.
1. Nei comuni di cui all'articolo 3, i membri dei
consigli comunali e degli altri organi a struttura collegiale
dell'amministrazione possono usare, nell'attività degli
organismi medesimi, la lingua ammessa a tutela.
L'uso della lingua minoritaria nei comuni non deve essere resa possibile, ma deve essere garantita, cioè l'amministrazione comunale deve essere obbligata ad usare la lingua dei suoi cittadini.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica
altresí ai consiglieri delle comunità montane,
delle province e delle regioni, i cui territori ricomprendano
comuni nei quali é riconosciuta la lingua ammessa a
tutela, che complessivamente costituiscano almeno il 15 per cento
della popolazione interessata.
3.Qualora uno o piú componenti degli organi
collegiali di cui ai commi 1 e 2 dichiarino di non conoscere la
lingua ammessa a tutela, deve essere garantita una immediata
traduzione in lingua italiana.
La legge
mostra qui con evidenza la sua mentalità: Mentre per le
minoranze si prevvede la possibilità di usare la propria
lingua e non il diritto ad usare la propria lingua, per la
maggioranza, che non avrebbe bisogno di tutela, prevvede
garanzia.
La garanzia di
traduzione immediata in lingua italiana è superflua:
infatti, la legge già prevvede che tutti gli atti sono
validi soltanto nella versione italiana (come la legge dice
più in basso).
Inoltre con la
dichiarazione sistematica di non-conoscenza alla maggioranza
viene dato in mano lo strumento per frenare l'uso della lingua
minoritaria.
4. Qualora gli atti destinati ad uso pubblico siano redatti nelle due lingue, producono effetti giuridici solo gli atti e le deliberazioni redatti in lingua italiana.
Art.
8.
1. Nei comuni di cui all'articolo 3, il consiglio
comunale puó provvedere, con oneri a carico del bilancio
del comune stesso, in mancanza di altre risorse disponibili a
questo fine, alla pubblicazione nella lingua ammessa a tutela di
atti ufficiali dello Stato, delle regioni e degli enti locali
nonché di enti pubblici non territoriali, fermo restando
il valore legale esclusivo degli atti nel testo redatto in lingua
italiana.
Art.
9.
1. Fatto salvo quanto previsto dall'articolo 7, nei
comuni di cui all'articolo 3 é consentito, negli uffici
delle amministrazioni pubbliche, l'uso orale e scritto della
lingua ammessa a tutela. Dall'applicazione del presente comma
sono escluse le forze armate e le forze di polizia dello
Stato.
L'esclusione delle Forze di polizia significa una forte limitazione dei diritti dei cittadini di lingua minoritaria. Si ricorda l'esempio svizzero, dove Forze Armate e di Polizie sono tenute a usare tutte e quattro le lingue federali. Così tutte le chiamate alle armi vengono pubblicate anche nel ladino grigionese.
2.Per rendere effettivo l'esercizio delle
facoltà di cui al comma 1, le pubbliche amministrazioni
provvedono, anche attraverso convenzioni con altri enti, a
garantire la presenza di personale che sia in grado di rispondere
alle richieste del pubblico usando la lingua ammessa a tutela. A
tal fine é istituito, presso la Presidenza del Consiglio
dei ministri - Dipartimento per gli affari regionali, un Fondo
nazionale per la tutela delle minoranze linguistiche con una
dotazione finanziaria annua di lire 9.800.000.000 a decorrere dal
1999. Tali risorse, da considerare quale limite massimo di spesa,
sono ripartite annualmente con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri, sentite le amministrazioni
interessate.
3.Nei procedimenti davanti al giudice di pace
é consentito l'uso della lingua ammessa a tutela. Restano
ferme le disposizioni di cui all'articolo 109 del codice di
procedura penale.
Deve essere possibile l'uso della lingua minorataria anche in sede giudiziaria.
Art.
10.
1. Nei comuni di cui all'articolo 3, in aggiunta ai
toponimi ufficiali, i consigli comunali possono deliberare
l'adozione di toponimi conformi alle tradizioni e agli usi
locali.
I toponimi in lingua minoritaria devono essere ufficializzati anche a livello nazionale. Inoltre va garantita l'assoluta parità dei toponimi nella lingua locale.
Art. 11.
1. I cittadini che fanno parte di una minoranza
linguistica riconosciuta ai sensi degli articoli 2 e 3 e
residenti nei comuni di cui al medesimo articolo 3, i cognomi o i
nomi dei quali siano stati modificati prima della data di entrata
in vigore della presente legge o ai quali sia stato impedito in
passato di apporre il nome di battesimo nella lingua della
minoranza, hanno diritto di ottenere, sulla base di adeguata
documentazione, il ripristino degli stessi in forma originaria.
Il ripristino del cognome ha effetto anche per i discendenti
degli interessati che non siano maggiorenni o che, se
maggiorenni, abbiano prestato il loro consenso.
Il diritto ai nomi nella propria lingua è essenziale. E' un punto positivo da condividere pienamente.
2.Nei casi di cui al comma 1 la domanda deve
indicare il nome o il cognome che si intende assumere ed é
presentata al sindaco del comune di residenza del richiedente, il
quale provvede d'ufficio a trasmetterla al prefetto, corredandola
di un estratto dell'atto di nascita. Il prefetto, qualora
ricorrano i presupposti previsti dal comma 1, emana il decreto di
ripristino del nome o del cognome. Per i membri della stessa
famiglia il prefetto puó provvedere con un unico decreto.
Nel caso di reiezione della domanda, il relativo provvedimento
puó essere impugnato, entro trenta giorni dalla
comunicazione, con ricorso al Ministro di grazia e giustizia, che
decide previo parere del Consiglio di Stato. Il procedimento
é esente da spese e deve essere concluso entro novanta
giorni dalla richiesta.
3. Gli uffici dello stato civile dei comuni
interessati provvedono alle annotazioni conseguenti
all'attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo.
Tutti gli altri registri, tutti gli elenchi e ruoli nominativi
sono rettificati d'ufficio dal comune e dalle altre
amministrazioni competenti.
Art.
12.
1. Nella convenzione tra il Ministero delle
comunicazioni e la società concessionaria del servizio
pubblico radiotelevisivo e nel conseguente contratto di servizio
sono assicurate condizioni per la tutela delle minoranze
linguistiche nelle zone di appartenenza.
2. Le regioni interessate possono altresí
stipulare apposite convenzioni con la società
concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo per
trasmissioni giornalistiche o programmi nelle lingue ammesse a
tutela, nell'ambito delle programmazioni radiofoniche e
televisive regionali della medesima società
concessionaria; per le stesse finalità le regioni possono
stipulare appositi accordi con emittenti
locali.
3.La tutela delle minoranze linguistiche
nell'ambito del sistema delle comunicazioni di massa é di
competenza dell'Autorità per le garanzie nelle
comunicazioni di cui alla legge 31 luglio 1997, n. 249, fatte
salve le funzioni di indirizzo della Commissione parlamentare per
l'indirizzo generale e la vigilanza dei servizi
radiotelevisivi.
Art.
13.
1.Le regioni a statuto ordinario, nelle materie di
loro competenza, adeguano la propria legislazione ai
princípi stabiliti dalla presente legge, fatte salve le
disposizioni legislative regionali vigenti che prevedano
condizioni piú favorevoli per le minoranze
linguistiche.
Anche le regioni a statuto speciale devono adeguare la propria legislazione alle garanzie espresse in questa legge; infatti nella regione autonoma Friuli-Venezia Giulia le norme di tutela per i Friulani sono tuttora pochissime. Lo statuto e la legislazione della regione Trentino-Alto Adige prevedono una serie di gravi penalizzazioni della minoranza ladina. Gli statuti non possono godere di "immunità" e restringere la tutela di minoranza: sono giustificabili solo in quanto tutelano le minoranze più della legislazione statale.
Art.
14.
1.Nell'ambito delle proprie disponibilità di
bilancio le regioni e le province in cui siano presenti i gruppi
linguistici di cui all'articolo 2 nonché i comuni
ricompresi nelle suddette province possono determinare, in base a
criteri oggettivi, provvidenze per l'editoria, per gli organi di
stampa e per le emittenti radiotelevisive a carattere privato che
utilizzino una delle lingue ammesse a tutela, nonché per
le associazioni riconosciute e radicate nel territorio che
abbiano come finalità la salvaguardia delle minoranze
linguistiche.
Sostegni per l'editoria, per organi di stampa ecc. sono un diritto, che va garantito espressamente e con termini precisi.
Art.
15.
1.Oltre a quanto previsto dagli articoli 5, comma
1, e 9, comma 2, le spese sostenute dagli enti locali per
l'assolvimento degli obblighi derivanti dalla presente legge sono
poste a carico del bilancio statale entro il limite massimo
complessivo annuo di lire 8.700.000.000 a decorrere dal
1999.
2.L'iscrizione nei bilanci degli enti locali delle
previsioni di spesa per le esigenze di cui al comma 1 é
subordinata alla previa ripartizione delle risorse di cui al
medesimo comma 1 tra gli enti locali interessati, da effettuare
con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri.
3. L'erogazione delle somme ripartite ai sensi del
comma 2 avviene sulla base di una appropriata rendicontazione,
presentata dall'ente locale competente, con indicazione dei
motivi dell'intervento e delle giustificazioni circa la
congruità della spesa.
Art.
16.
1.Le regioni e le province possono provvedere, a
carico delle proprie disponibilità di bilancio, alla
creazione di appositi istituti per la tutela delle tradizioni
linguistiche e culturali delle popolazioni considerate dalla
presente legge, ovvero favoriscono la costituzione di sezioni
autonome delle istituzioni culturali locali già
esistenti.
La creazione di appositi istituti per la tutela delle tradizioni linguistiche e culturali delle minoranze già fa parte delle libertà garantite dalla Costituzione e dalla legislazione delle Repubblica. La creazione di tali istituti invece va facilitata con sostegni finanziari da parte dello Stato, che spende molto per la cultura della maggioranza e vuole sottrarsi all'obbligo di finanziare anche le iniziative culturali delle minoranze. Le minoranze pagano le loro tasse come tutti gli altri cittadini.
Art.
17.
1. Le norme
regolamentari di attuazione della presente legge sono adottate
entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della medesima,
sentite le regioni interessate.
Art.
18.
1.Nelle regioni a statuto speciale l'applicazione
delle disposizioni piú favorevoli previste dalla presente
legge é disciplinata con norme di attuazione dei
rispettivi statuti. Restano ferme le norme di tutela esistenti
nelle medesime regioni a statuto speciale e nelle province
autonome di Trento e di Bolzano.
2.Fino all'entrata in vigore delle norme di
attuazione di cui al comma 1, nelle regioni a statuto speciale il
cui ordinamento non preveda norme di tutela si applicano le
disposizioni di cui alla presente legge.
Art.
19.
1. La Repubblica promuove, nei modi e nelle forme
che saranno di caso in caso previsti in apposite convenzioni e
perseguendo condizioni di reciprocità con gli Stati
esteri, lo sviluppo delle lingue e delle culture di cui
all'articolo 2 diffuse all'estero, nei casi in cui i cittadini
delle relative comunità abbiano mantenuto e sviluppato
l'identità socio-culturale e linguistica
d'origine.
2. Il Ministero degli
affari esteri promuove le opportune intese con altri Stati, al
fine di assicurare condizioni favorevoli per le comunità
di lingua italiana presenti sul loro territorio e di diffondere
all'estero la lingua e la cultura italiane. La Repubblica
favorisce la cooperazione transfrontaliera e interregionale anche
nell'ambito dei programmi dell'Unione
europea.
3. Il Governo presenta annualmente al Parlamento una
relazione in merito allo sta to di attuazione degli adempimenti
previsti dal presente articolo.
Art.
20.
1.All'onere derivante dall'attuazione della
presente legge, valutato in lire 20.500.000.000 a decorrere dal
1999, si provvede mediante corrispondente riduzione delle
proiezioni dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio
triennale 1998-2000, nell'ambito dell'unità previsionale
di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di
previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica per l'anno 1998, allo scopo parzialmente
utilizzando, quanto a lire 18.500.000.000, l'accantonamento
relativo alla Presidenza del Consiglio dei ministri e, quanto a
lire 2.000.000.000, l'accantonamento relativo al Ministero della
pubblica istruzione.
2.Il Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica é autorizzato ad apportare, con
propri decreti, le occorrenti variazioni di
bilancio.
La somma
è a dir poco irrisoria. Non può che essere un
inizio simbolico. I politici sanno benissimo che tutto costa -
scuole, amministrazione, radiotelevisione, editoria - e poi per
tutte le minoranze d'Italia non si stanzia che una somma con la
quale non si potrebbe costruire nemmeno una circonvallazione o un
chilometro di autostrada.
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