Arno Teutsch, Nicoletta Arena - ECOLNET
Petrolio e diritti umani
La tutela dell'ecosistema come diritto fondamentale di tutti gli esseri umani

Comunicato del popolo degli U'wa (Colombia)
"(...) Dobbiamo ristabilire i legami spezzati con la Terra: è questo l'unico modo per evitare che ai nostri figli venga consegnato un mondo in rovina. La lotta dei popoli indigeni e dei campesinos, sarà l'avanguardia di un movimento più ampio in cui tutti i popoli indigeni, dovranno unirsi per salvare la vita di ciascuno di noi. É una battaglia a sostegno della madre di tutti noi, la Terra.Chiediamo che lo sfruttamento del petrolio nel cuore della terra venga bloccato e che si scelga consapevolmente di non far sanguinare più la Terra. Non esiste nessuna ragione e nessuna giustificazione per un progresso che va contro la vita.

Non abbiamo mai cercato di chiudere le porte del nostro territorio ad altri popoli. Tutte le comunità del nostro popolo vivono in un unico terriotrio, il Kera Chicara, il cuore del mondo, e la nostra missione è di prenderci cura della nostra terra. A coloro che continuano a considerare la Terra solo come un prodotto da sfruttare diciamo: non potete continuare a perseguitare gli alberi, gli animali, l'acqua e i popoli indigeni - che sono i loro custodi - senza provocare, prima o poi, la totale distruzione della vita.

Stiamo combattendo contro uno spirito grande e forte che vuole costringerci a sottometterci ad una legge che è l'esatto contrario di ciò che Sira (Dio) ha stabilito ed ha scritto nei nostri cuori ancor prima che ci fossero il sole e la luna. Non venderemo mai, in nessun caso, la nostra Madre Terra. Vendere i nostri sacri antenati, come le montagne e il petrolio, non è possibile per noi U'wa, senza provare una vergogna talmente profonda che ci condurrebbe alla morte, e non solo noi, ma anche il danta, il pajuil, il sientaro, lo yopo, il nuezkara e tutti gli animali e le piante nostri fratelli e sorelle, che da sempre ci sostengono con la loro compagnia e il cibo che ci forniscono.

Oggi chiediamo che i nostri fratelli di altre razze e culture si uniscano a noi in una campagna globale per difendere la vita. Oggi abbiamo deciso di unirci nel nostro desiderio di continuare a vivere e di convincere uno spirito antico a proteggere Ruiria (il petrolio), a prendersi cura della nostra Kera Chicara e a salvare tutti noi dalla distruzione finale, quando invece dell'acqua berremo petrolio, quando la terra sarà completamente dissanguinata e il cuore in cui vive il nostro popolo non batterà più. Quando non ci saremo più e non canteremo e non danzeremo più al suono del battito del suo cuore.

Siamo figli della Terra, aiutateci a difenderla.

(Tratto dalla dichiarazione degli U'wa: "Il sangue di nostra Madre", del 10 agosto 1998).

Una storia per iniziare: La vita degli U'wa in Colombia

Sono solo 5.000 e vivono nel nord-est della Colombia: sono gli U'wa, un popolo la cui economia è fondata sull'agricoltura e sulla raccolta, come si direbbe con la nostra forma mentis occidentale. Ma probabilmente già su questo punto gli U'wa troverebbero molto da ridire: a sentir loro l'economia è fondata sulla forza dei canti, e non possiamo nascondere che sia stata questa una delle ragioni del nostro interesse per questo piccolo e sperduto popolo. Non c'è ai loro occhi una divisione tra cultura materiale e spirituale, frattura tanto cara invece alla nostra cultura; è proprio la visione cosmica che decide della loro vita, dei loro spostamenti nello spazio e dell'organizzazione della loro società, e sono i miti cantati che determinano il luogo di residenza, le attività agricole cosí come i cicli riproduttivi, anche umani. Visti da un'altra prospettiva probabilmente i loro spostamenti verrebbero giudicati inadeguati nei tempi e nei modi per permettere uno sfruttamento efficiente delle risorse naturali, ma non è certo questo il punto di vista degli U'wa e questa prospettiva a loro non interessa. Interessa invece, e molto, mantenere, o restaurare quando è il caso come ai giorni nostri, l'equilibrio del mondo.

Tropici nomadi

E' per ragioni di tipo mitologico che tra gli U'wa si trasloca continuamente, un pò come si faceva nell'economia pastorale anche qui in Europa nei periodi di transumanza che servivano anche o forse soprattutto per combinare incontri e matrimoni, ma ci si muoveva in luoghi noti e sicuri, diversamente dai traslochi delle nostre latitudini con il loro carico di ansie ed incertezze. E poi all'interno di questi ciclici spostamenti ce ne sono ancora altri che non coinvolgono tutta la popolazione; sono quelli fatti dagli uomini per scambiare i prodotti. Di spostamenti hanno vissuto anche molte delle culture nostrane: i commercianti che da sempre e ancora oggi, anche se in misura minore, attraversano gli Appennini centrali per portare di là e di qua prodotti un tempo introvabili, per arrivare nelle case sparse lontane dai centri, per portare notizie e racconti, e per cantare, ecco il canto che ritorna, il Maggio (rappresentazione popolare che trae origine da antiche consetudini legate al ritorno della primavera; i testi delle rappresentazioni sono anonimi e trattano argomenti epici e leggendari). Avvicinarsi agli U'wa porta a pensare anche a quei popoli che utilizzano il canto in altri contesti e spinti da altre motivazioni. Vengono in mente per esempio gli aborigeni austrialiani e "Le vie dei canti". Nel caso degli aborigeni austrialiani le vie dei canti sono allo stesso tempo un mezzo per comunicare tra loro e il luogo deputato per gli scambi; le canzoni costituiscono la materia per eccellenza dello scambio e solo secondariamente si dà anche il commercio dei beni.

Il canto del ciclo della vita

La simultaneità di tutte la attività, noi diremmo materiali e spirituali, colpisce chi intende conoscere il popolo degli U'wa: essi cantano i miti, fanno i lavori nei campi e costruiscono la casa nel nuovo luogo di residenza allo stesso tempo. E questo si spiega col fatto che tutte le attività umane sono legate strettamente al ritmo delle quattro stagioni; in questa società i processi teorici e pratici si articolano e si fondano sempre su quattro fasi. La società è concepita in base a un ordine fondato sulla ripetizione del ciclo di sviluppo della vita ogni quattro generazioni (il bisnonno ritorna, diremmo noi con termine improprio, nel nipote), cosí come i miti sono composti sempre di quattro fasi. Anche la vita quotidiana è regolata su quattro fasi:le relazioni uomo-donna cosí come la raccolta del cibo e il suo consumo tende a svolgersi nell'arco di quattro giorni.Per gli U'wa un'altra modalità fondamentale per leggere il mondo è l'esistenza di dualità; è cosí per il giorno e per la notte, come per la gente visibile e per quella denominata "delle ombre"; gli spostamenti sono fatti in base alla dualità alto-basso, che è una delle relazioni simboliche che comprendono insieme i mortali e gli dei, ed è ancora una volta per mantenere l'equilibrio dell'universo che bisogna risiedere e svolgere attività agricole sia nelle terre basse che nelle zone montane. Anche alcune cerimonie dei miti cantati, in particolare quelle precedute da un prolungato digiuno, avvicinano gli U'wa agli dei perchè in quei momenti il tempo corrisponde al principio della creazione e i mortali partecipano del principio dell'immortalità. Alcune cose interessanti sulla dualità maschile/femminile le si può scoprire anche confrontando alcune voci del vocabolario U'wa; per esempio c'è un unico termine, kaba, per designare la terra e la nonna, affinità che ritroviamo in molte culture americane; raya significa fertilità femminile, ricchezza della donna, e via via, collana di conchiglie di terra pulite e infine denaro; e vagina, utero e foresta si dice con un unico termine, wawa-shosha. Mentre la parola kubina sta per maschio, mascolinità, mondo di sopra, cime di montagne, metà maschile.

L'oro nero

Quello degli U'wa può sembrare un bel sogno ad occhi aperti, un pò la proiezione dei nostri desideri di libertà e di vita naturale; ma non è cosí. Questa piccola popolazione sta affrontando con fierezza una delle più moderne e minacciose forme di sfruttamento delle risorse naturali che dà alimento alla nostra economia e che permette il nostro benessere materiale: lo sfruttamento del petrolio, una delle materie prime più importanti per il commercio internazionale. La terra degli U'wa è minacciata dal 1994 dall'interesse di una compagnia petrolifera, la Occidental Petroleum Corporation, che intende fare prospezioni, estrarre petrolio e costruire metanodotti senza tenere in conto il parere di chi abita in quel territorio. Gli U'wa chiedono invece il diritto di opporsi ai progetti di sfruttamento petrolifero e si spingono oltre per affermare il loro diritto di proprietà della loro terra e proclamarla zona demilitarizzata. E' perfino comprensibile che in un contesto in cui gli interessi economici sono notevoli la compagnia petrolifera abbia pensato di chiudere la vertenza con gli U'wa con qualche offerta economica di poco conto, l'equivalente delle perline colorate dei tempi della colonizzazione dell'Africa. Fa ben sperare invece il fatto che gli U'wa oggi reagiscano diversamente, che vadano a parlare alle assemblee degli azionisti, che minaccino (e speriamo rimanga solo una minaccia) un suicidio di massa lanciandosi da una rupe alta 1.400 metri sulle Ande per evitare una morte senza dignità e testimoniare cosí la loro estraneità e la loro sofferenza (purtroppo la storia delle colonie ha già vissuto casi del genere); fa sperare anche il fatto che abbiano trovato degli alleati come le organizzazioni ambientaliste Amazon Watch, Rain Forest Network e Oil-Watch, alleati sparsi in tutto il mondo che vivono analoghi problemi sulla loro pelle.

La leggerezza dell'essere

Può sembrare una lettura suggestiva e poetica del mondo, una delle tante che i popoli altri, lontani dal nostro modo di pensare, ci hanno suggerito da quando li abbiamo "scoperti"; in realtà se smettessimo di credere con superbia che il nostro è l'unico modo di pensare il mondo - l'unico che pone a suo fondamento la scienza cosí come la concepiamo noi, e per questo giusto - saremmo in grado di accogliere, anche senza finire a scimmiottare culture diverse, almeno alcuni degli elementi altri, di saggiare la loro forza dirompente e di vivere forse con più leggerezza ed equilibrio la nostra cultura. Ma in realtà c'è ancora dell'altro in questa e in altre culture alla cui distruzione ci dedichiamo con tanta tenacia attraverso la diffusione dei principi del Mc World: queste culture hanno scoperto ben prima di noi la delicatezza, la fragilità e l'armonia sottesa alla biosfera in cui viviamo ed hanno fatto del rispetto per il suo delicato equilibrio un dovere e un piacere fondante delle loro società.

"Sono profondamente convinta che la salvaguardia della salute, la tutela dell'ambiente e la sicurezza alimentare siano strettamente collegate, che anzi siano la stessa cosa. Proteggendo ad esempio la foresta tropicale, si garantisce nello stesso tempo la salute e l'alimentazione dei popoli che la abitano e la conservazione dell'ambiente" (Esperanza Martinez, biologa - Coordinatrice della rete OIL-watch Ecuador)

La Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo è figlia dei suoi tempi; pensata, ideata e approvata in una società sconvolta dalla tragedia di una guerra mondiale era allora largamente incosapevole di quel processo di distruzione che l'affannosa ricerca di una crescita economica avrebbe messo in moto nei decenni seguenti. E questa crescita significa soprattutto petrolio: una fonte di energia - non rinnovabile - che ha portato molta ricchezza e benessere ad alcuni, ma che nel contempo ha distrutto la vita di milioni di persone.

Nella "Dichiarazione" non si parla esplicitamente di un diritto degli indivudui ad un ambiente sano: i principi dichiarati stabiliscono che tutti gli esseri umani hanno diritto ad uno standard di vita adeguato, alla salute, al cibo, all'abbigliamento, all'alloggio, alle cure sanitarie e ai relativi servizi sociali.

Solo molti anni dopo la proclamazione della "Dichiarazione" inizia a maturare una consapevolezza nuova sulle interdipendenze che legano il benessere, la salute e la sicurezza alimentare al tipo di sviluppo. Oggi si riconosce infatti che i principi emanati non sono realizzabili se non cambia la concezione del progresso finora dominante, strettamente legato ad una visione di crescita economica come motore essenziale dello sviluppo civile e sociale.

"L'umanità si trova di fronte ad un momento determinante della propria storia. Continuano a perpetuarsi le disparità fra e all'interno delle singole nazioni. Dilagano povertà, fame, malattie e analfabetismo. Gli ecosistemi, dai quali dipende il nostro benessere, vengono sempre più degradati e minacciati.

L'unica via che ci potrà permettere un futuro sicuro e fiorente è quella di affrontare insieme, considerando le loro interdipendenze, i temi ambientali e i temi dello sviluppo. Dobbiamo soddisfare i bisogni primari delle persone, migliorare la qualità della vita di tutti gli esseri umani e proteggere i sistemi ecologici con maggiore efficacia". (Dalla premessa all'Agenda 21 della Conferenza ONU di Rio 1992)

La società "fondata sul petrolio" si trova ad un bivio: continuare come se niente fosse accaduto, significa accelerare la corsa sempre più pazza verso la distruzione; anche nei paesi benestanti infatti le devastazioni ambientali mietono milioni di vittime. Scegliere la strada verso un'economia sostenibile comporta la necessità di nuovi stili di vita, di lavoro e di consumo.

Vediamo solo alcuni dei tanti problemi ambientali che dobbiamo affrontare alla fine del secondo millennio:

Mutamento del clima
Le emissioni prodotte da varie attività umane causano un incremento delle concentrazioni atmosferiche dei gas responsabili dell'effetto serra. Queste alterazioni della composizione dell'atmosfera terrestre provocano un riscaldamento del pianeta, con numerosi rischi: innalzamento del livello del mare, perturbazioni climatiche, siccità e desertificazione. Il cambiamento climatico minaccia la salute e la sicurezza alimentare di molti popoli.

Riduzione della fascia d'ozono
Molti composti chimici prodotti dall'uomo, in particolare i clorofluorocarburi (CFC), sono responsabili della distruzione della fascia di ozono stratosferico che protegge la superficie terrestre dai raggi ultravioletti. La conseguenza è un generale peggioramento delle condizioni di salute di milioni di persone.

Perdita della diversità biologica
La diversità biologica è sottoposta a crescenti pressioni. Sulla base di alcune stime si calcola che quotidianamente scompaiano molte specie (alcune valutazioni scientifiche parlano addirittura di 100 al giorno!). Al di là delle implicazioni di carattere ecologico, l'impoverimento della biodiversità ha gravi conseguenze economiche. Le conoscenze su molte specie sono ancora limitate e la loro distruzione potrebbe privare la popolazione umana di future risorse di cibo e medicine.

Deforestazione
Vengono colpite soprattutto le aree delle foreste pluviali tropicali e subtropicali; secondo i dati della FAO ogni anno vengono distrutti 17 milioni di ettari di foreste. La deforestazione violenta aggrava gli altri problemi ecologici del pianeta, poichè le foreste svolgono una funzione di filtro per l'anidride carbonica, fungono da bacino della diversità biologica, hanno una funzione importante per garantire riserve di acqua potabile ed inoltre ospitano circa 2,5 milioni di abitanti indigeni che dipendono da esse.

A questi problemi di portata globale si aggiungono i problemi legati ad una sempre più intensa produzione di nuovi prodotti chimici che vengono immessi nell'ambiente, senza considerare il possibile impatto che possono avere.

La terra disponibile per la coltivazione di prodotti alimentari continua a diminuire. Ogni anno una superficie di terra coltivata delle dimensioni dell'Irlanda si trasforma in zona arida; e il pianeta perde sempre più terra coltivabile, mentre la domanda alimentare della popolazione aumenta sempre di più. Negli ultimi anni le riserve mondiali di grano, di riso, di granoturco e di altri cereali sono notevolmente diminuite.

Sono emergenze ambientali strettamente legate al tipo di sviluppo che ha caratterizzato la società moderna negli ultimi decenni.

Quindi i diritti fondamentali dell'uomo rischiano di rimanere carta straccia se non si affronta a livello globale il tema dello sviluppo economico, dell'equilibrio ecologico e della giustizia sociale. La salute umana dipende dalla continua disponibilità delle risorse ambientali e dall'integrità dell'ambiente. L'inquinamento ambientale e l'impoverimento delle risorse naturali, dell'acqua, del suolo, dell'aria, della vegetazione e della diversità genetica causano effetti nocivi e irreparabili per la salute della popolazione.

"La salute è una condizione di benessere fisico, mentale e sociale e non solamente l'assenza di malattia o di infermità".
(Dalla Costituzione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità )

Il diritto fondamentale alla salute, il diritto ad un' alimentazione genuina e al benessere è quindi strettamente collegato al diritto ad un ambiente sano. Ma senza una vera e propria "conversione" ecologica, senza una radicale svolta nel nostro di vivere e di vedere il mondo non è possibile difendere la salute del nostro pianeta.

"Il mondo viene creato dai vostri sogni. Avete sognato fabbriche gigantesche, altissimi palazzi, tante automobili quante sono le gocce d'acqua di questo fiume. Ora cominciate a riconoscere che il vostro sogno è in realtà un incubo".
(Numi, sciamano dell'Ecuador)

Questo ammonimento dello sciamano ecuadoriano deve portarci a riflettere sul futuro della nostra società e indurci a cercare nuovi "sogni".

Quando i diritti umani affogano in un pozzo di petrolio...

Dopo il periodo delle varie "scoperte" nel sedicesimo secolo, la riceerca dell'oro ha distrutto molti popoli americani, africani e asiatici. Non c'era nessun tribunale internazionale al quale avrebbero potuto fare appello.

La ricerca dell'"oro nero", ossia del petrolio, fa parte invece della storia dei tempi nostri. Nonostante la "Dichiarazione sui diritti dell'uomo" sono state provocate guerre, sono stati compiuti massacri, sono state distrutte le condizioni di vita di interi popoli. La storia delle multinazionali del petrolio è piena di violenza, evidente o mascherata, come viene evidenziato dai tre esempi che citiamo.

Indonesia: alla fine degli anni sessanta vengono scoperti giacimenti petroliferi nella foresta tropicale della Provincia di Riau in Sumatra. Nella zona vivono sei popoli indigeni (circa 35.000 persone). A seguito dell'attività di produzione coordinata da una multinazionale (Texaco e Chevron), molte persone vengono costrette ad abbandonare la loro terra per permettere l'estrazione petrolifera. La gente che rimane subisce gravi danni alla salute, perchè l'aria e l'acqua sono fortemente inquinate dalle emissioni tossiche legate all'attività di estrazione....

Birmania: dopo la scoperta di importanti giacimenti di gas nel mare di Andaman, il governo militare decide la costruzione di un metanodotto affidata alle multinazionali Total (Francia) e Unocal (USA). La pipeline attraversa il territorio dei popoli indigeni Kare e Mon che non accettano il metanodotto, perchè la distruzione ambientale che esso comporta minaccia le loro possibilità di sopravivenza.

Il governo reagisce con estrema violenza, fucilando alcuni oppositori e costringendo i popoli Kare e Mon al lavoro forzato per la costruzione della pipeline. Ogni famiglia è costretta a designare almeno un membro per i lavori per il metanodotto. Il lavoro è estremamente pesante e pericoloso, gran parte dei lavoratori muoiono per dissenteria e colera....

Nigeria: nel territorio del popolo Ogoni la multinazionale Shell ha attivato cinque campi di petrolio che hanno distrutto l'economia di questo popolo di pescatori e contadini. Nel 1990 ci sono state le prime rivolte degli Ogoni, brutalmente represse dal governo. Molti dirigenti del "Movimento per la sopravvivenza del popolo Ogoni" sono stati incarcerati e uccisi. La vittima più conosciuta è il poeta Ken Saro-Wiwa, giustiziato nel 1995. La Shell ha sempre negato di essere responsabile della distruzione ambientale, ma non ha mai permesso una ricerca sull'impatto ambientale e non ha consentito l'accesso per controlli da parte di associazioni ambientaliste.

Una farfalla contro le petroliere...

La società fondata sul petrolio non è sostenibile, non può avere un futuro, perchè minaccia alle radici le condizioni per la salute e il benessere della gente. L'attuazione dei diritti dell'uomo, la garanzia dei principi dichiarati, non è possibile senza una radicale trasformazione dei modelli economici tuttora dominanti.

"L'economia attuale è simile a una petroliera: è pesante, si basa sui combustibili fossili e fa un uso intensivo di materiali. Una moderna nave a vela invece, offre un esempio concreto dei principi su cui si può basare un'economia sostenibile. La sua progettazione le consente una mobilità che si fonda ampiamente sulla natura, invece di usarle violenza. Il suo impiego di materiali e di energia è molto ridotto. La sua capacità di muoversi non dipende però solo dalla progettazione e dall'energia del vento; dipende molto anche dall'equipaggio. La giusta rotta di un moderno veliero può essere mantenuta solo a queste condizioni: la capacità di orientarsi (quantitativamente!), fondata sulla bussola o su altri strumenti di navigazione, l'autolimitazione del carico e, soprattutto, la partecipazione attiva di tutti i membri dell'equipaggio. (Da: "Per una civiltà capace di futuro", edizione EMI)

Il "progetto farfalla" è nato in Alto Adige proprio con questo obiettivo: proporre nuovi stili di vita e nuovi modelli di lavoro e di consumo. Attraverso la distribuzione di piccole farfalle intagliate in legno di balsa da artigiani dell'Ecuador vengono raccolti i fondi che permettono di finanziare un piccolo centro di monitoraggio ambientale nella foresta tropicale dell'Ecuador e di sostenere l'attività della rete internazionale "OIL-watch" per la difesa delle foreste tropicali e dei popoli indigeni in tutto il mondo.



Arno Teutsch, Nicoletta Arena - ECOLNET
Erdöl und Menschenrechte
Abstract des italienischen Textes

Die U'was im Herzen der Welt
Knapp 5.000 Personen dieses eigenartigen Indianervolkes leben noch an der östlichen Kordillere der kolumbianischen Anden, nicht weit von der Grenze zu Venezuela entfernt. Im Laufe der vier Jahreszeiten ziehen die U'was vom Flachland bis zu den schneebedeckten Höhen der Sierra Nevada; sie sammeln Nüsse und Honig und leben von den Erträgen ihrer "wandernden" Landwirtschaft in den waldigen Hängen dieser weiten Bergwelt.

Sie ziehen im Kreis des Sonnenbogens und schaffen sich ihr Universum durch ihren Gesang. Vielleicht ist es gerade ihr Schöpfungsmythos, was sie so eigenartig und anziehend macht; ihre Welt und ihr Kosmos sind aus einem Schöpfungsgesang entstanden und durch ihr Singen erschaffen sie Tag für Tag ihre Lebenswelt. Ihr Singen begleitet das Werden und Vergehen der Natur, inspiriert ihre Arbeit und vermittelt ihnen Gleichgewicht und Harmonie.

Mehr noch: ihr Singen ist ein Beitrag zur Rettung des Planeten Erde. Seit vielen Jahren spüren sie, daß "draußen" das Gleichgewicht fehlt, "draußen" in der Welt, die sie nie betreten und daher nicht mit ihren Augen gesehen haben. Sie fühlen sich als "Herz" der Welt und deshalb verantwortlich für die Harmonie der gesamten Schöpfung. Die zunehmende Zerstörung macht ihren Gesang zur Kreation der Welt immer intensiver und sie wissen nicht, wie lange sie noch die Kraft zum Singen erhalten können.

Die Erde ist ihnen heilig, ist die Projektion des Kosmos, ein lebendiges Wesen mit Händen, Füßen, einem Kopf und einem Herzen. Und in diesem Herzen leben die U'was.

Wird die Erde verletzt, werden auch sie getötet; wird die Harmonie der Natur gestört, geht auch ihren Seelen der Frieden verloren. Wenn sie durch ihren Gesang nicht mehr das Gleichgewicht halten können, verliert ihr Leben jeden Sinn.

"Projekt Schmetterling" - Für einen neuen Traum von Welt.

Aus der gefräßigen Raupe wird ein neues, leichtes Wesen. Überall in der Welt ist der Schmetterling Symbol für Unbeschwertheit, Leichtigkeit und Harmonie. Der Schmetterling begleitet als "Symbol" all unsere Aktionen für eine Veränderung unserer Lebensgewohnheiten. Durch die Verteilung kleiner Schmetterlinge aus Balsa-Holz, die von Handwerkern im ecuadorianischen Regenwald hergestellt werden, finanzieren wir eine weltweite Kampagne zur Verteidigung der tropischen Regenwälder und der in ihren Lebensgrundlagen bedrohten Indianervölker. Wie die U'was, von denen unsere Geschichte erzählt, werden weltweit hunderte von Stammesvölkern von den großen multinationalen Erdölgesellschaften bedroht.

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