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Con la "notte dei cristalli", il 9 novembre 1938, ebbe inizio il genocidio degli Ebrei europei, pianificato dai nazisti in modo industriale. Ad Innsbruck i nazionalsocialisti assassinarono tre Ebrei tirolesi, e saccheggiarono case e negozi degli Ebrei. I nazisti sudtirolesi poterono emulare i loro camerati d'Oltrebrennero soltanto l'8 settembre 1943, dopo l'invasione della Wehrmacht nazista. Si tratta di una parte della storia nord- e sudtirolesi, che da parte ufficiale attende ancora parole di deplorazione.
Il Presidente della Giunta Provinciale di Bolzano, Luis Durnwalder, ha sciupato un'occasione per fare i conti col passato in camicia bruna del Sudtirolo. Evidentemente la "politica del sorriso e del dialogo" di Durnwalder non vale per tutti i Sudtirolesi. Gli Ebrei di Merano, evidentemente, ne sono esclusi.
Alla fine dello scorso settembre, durante la
visita di 60 giornalisti stranieri, il Presidente della
Provincia, su domanda specifica, ha decisamente rifiutato una
riparazione delle ingiustizie naziste, affermando che ciò
compete allo Stato e non alla Provincia dell'Alto
Adige.
Un'altra tradizione
sudtirolese, quella di rifiutare i doveri più scomodi.
Già nel 1986 Federico Steinhaus, della comunità
ebraica di Merano, aveva ricordato questa prassi dei Sudtirolesi
sulla rivista culturale "sturzflüge". I cinquanta Ebrei
meranesi assassinati dai nazisti non figurano nella lista delle
vittime sudtirolesi, e nel dopoguerra la Giunta Provinciale si
è comportata come se le proprietà degli Ebrei di
Merano fossero state "arianizzate" da stranieri; e come se
fossero stati degli stranieri a radunarli ed a spedirli nei campi
di sterminio del Terzo Reich. Non vi è mai stato un
indennizzo, un risarcimento morale, una parola di pentimento, un
segno di riconciliazione. Il udtirolo si atteggia volentieri a
vittima, dei fascisti italiani come dei nazisti
tedeschi.
I Sudtirolesi
– non solo vittime
Certo i Sudtirolesi
furono vittime, ma anche colpevoli. Lo ricordò
l'Associazione nel 1989, con una convincente esposizione. Nel
catalogo di quell'esposizione gli specialisti sudtirolesi della
rimozione del passato possono leggere che cosa accadde dopo l'8
settembre 1943. Con l'invasione da parte della Wehrmacht del
Terzo Reich cominciarono anche le sofferenze per gli Ebrei
meranesi. Il Servizio d'Ordine Sudtirolese (SOD) ed il sevizio di
sicurezza delle SS arrestarono gli Ebrei, che furono poi
assassinati nel campo di concentramento di Auschwitz. Le case
degli Ebrei furono saccheggiate dai vicini, le proprietà
ebraiche furono "arianizzate", cioè rubate per
decreto.
Nessuna
richiesta di scuse
È vergognoso
il fatto che il Sudtirolo ufficiale non abbia ancora trovato una
parola di deplorazione. I nazisti che si sono adoperati per
applicare la "soluzione finale" agli Ebrei di Merano erano
sudtirolesi. Una macchia bruna nella storia sudtirolese, rimossa
e dimenticata spesso e volentieri. Anche per questo motivo, dopo
il 1945, le autorità competenti si affrettarono a demolire
il cosiddetto "campo di transito" di via Resia a Bolzano. Questo
lager era stato costruito nel 1944. "si trattava del
trasferimento del campo fascista per i prigionieri di guerra di
Fossoli, preso in carico dai nazisti nel febbraio 1944 e
trasferito a Bolzano nell'estate di quell'anno, seguendo la
ritirata dei Tedeschi dall'Italia" (da "Option, Heimat, opzioni",
catalogo della mostra citata).
Nel campo di concentramento di Bolzano si trovavano anche persone internate per motivi razziali, Ebrei e Rom. Più di 11.000 prigionieri passarono da questo lager, diretti alle camere a gas. Nessuno, fra i guardiani sudtirolesi del lager, fu mai punito; né Hildegard Lechner, che uccise varie donne ebree, né Karl Gutweniger, che torturò i prigionieri del campo. Il Tribunale Speciale di Bolzano, tra il 1945 ed il 1947, si occupò di 518 casi di collaborazione con i nazisti. Vi furono però soltanto 63 giudizi, 27 dei quali di assoluzione. I criminali nazisti furono trattati con guanti di velluto. Un capitolo di storia locale, su cui il Sudtirolo ufficiale preferisce tacere.
L'Italia ed il
suo passato
La non-rielaborazione
dei propri crimini, in Italia, fu una politica di Stato. Di 259
condanne a morte pronunciate in Italia, 168 non vennero eseguite.
Di 5.594 condannati, 5.328 furono poi liberati, amnistiati o
graziati. Nel 1952, per tutto il ventennio fascista, restavano
solo 266 condannati.
Nelle liste della Commissione delle Nazioni Unite per i crimini di guerra c'erano pur sempre 1.200 criminali di guerra italiani, responsabili di eccidi in Libia (fra 40.000 ed 80.000 morti nella deportazione, e 20.000 profughi su 800.000 abitanti), in Etiopia (fra 300.000 e 730.000 morti), ed in Slovenia (12.000 assassinati, 40.000 deportati).
Lo storico italiano Rochat accusa l'Italia fascista di aver perseguito una politica genocida. Ciononostante, nessun italiano è mai stato condannato per i crimini di guerra commessi in Africa. I crimini fascisti in Africa e nei Balcani vengono ignorati, indicando i "molto peggiori" crimini nazisti. Si può affrontare il proprio passato razzista anche in questo modo, reso possibile, dopo il 1945, da un governo di centro-sinistra che cercava la riconciliazione, e dalle potenze occidentali che non mostrarono alcun interesse per la punizione dei criminali di guerra fascisti.
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