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I Ladini -
Una comunità linguistica ai limiti dell’estinzione:
la pluridecennale politica di assimilazione mostra le sue fatali
conseguenze. La sistematica diffamazione di chi si impegna per la
propria minoranza.
La lingua e le sue origini | L’area di insediamento | L’assimilazione | Le componenti storiche | La grande ingiustizia: la tripartizione | Scuola e assimilazione | La scuola oggi |
La lingua e le sue
origini
Nelle Dolomiti vivono
circa 30.000 Ladini. Questa minoranza linguistica è
insediata nelle valli che circondano l’imponente massiccio
del Sella: la Val Badia, con la valle tributaria di Marebbe
(Marèo), la Val Gardena (Gherdëina), la Val di Fassa
(Fascia), Livinallongo (Fodom) e Cortina d’Ampezzo
(Ampëz).
La lingua ladina è nata dalla romanizzazione delle Alpi avvenuta nel 15 a.C. Le popolazioni che abitavano le Alpi prima della conquista romana, definite comunemente come "Reti", avevano sviluppato una considerevole civiltà già dal V sec. a.C. Questa popolazione alpina assunse la lingua latina, che con il passare delle generazioni si trasformò in "ladino" (retoromancio).
Il concetto scientifico di "retoromancio", che trova correttamente un riscontro nel substrato retico della lingua, ha portato spesso ad incomprensioni. Si può constatare in genere una grande ignoranza sulla lingua ladina. Si parla ancora di un "miscuglio tra italiano e tedesco", e perfino in una pubblicazione cosiddetta "seria" (scritta da un giornalista sudtirolese) si è espressa l’opinione secondo cui il retoromancio sarebbe un miscuglio di retico e latino volgare. Il retico ed il latino volgare hanno sì giocato un ruolo centrale nella formazione del retoromancio, ma di un miscuglio non si può certo parlare. Nel retoromancio la lingua dei Reti è un sostrato che ha influito sulla lingua, ma il corpo è latino, ovvero neolatino - similmente all’influsso del substrato gallico sulla lingua francese (il francese, nello stesso senso, può essere definito "galloromano"). Per i Retoromani delle Dolomiti si usa soprattutto il termine "Ladini", altri termini si usano per quelli del Friuli ("Furlans") e per quelli dei Grigioni ("Rumantsch": "Romanci" o "Romanci Grigioni").
La lingua è - per esprimersi in termini generalmente comprensibili - situata circa a metà tra francese ed italiano. Strettamente imparentati col retoromancio sono anche l’occitano ed il catalano.
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L’antico areale linguistico ladino si estendeva dal San Gottardo all’Adriatico. Intorno al 600 d.C., provenienti da settentrione, i Baiuvari invasero le regioni alpine; altri popoli premettero sui Retoromani da Sud. Il territorio ladino fu lentamente spezzettato, e larghe parti furono germanizzate od italianizzate. Così l’areale linguistico retoromano fu diviso in tre territori separati, che da allora hanno avuto un’evoluzione autonoma: i Grigioni (col "rumantsch"), le Dolomiti (col "ladin"), il Friuli (col "furlan"). Le "lingue" di queste tre isole linguistiche sono diversi dialetti della stessa lingua. La perdita territoriale non è finita nemmeno oggi. Soprattutto a Cortina d’Ampezzo (dove circa la metà della popolazione è italofona) ed a Ortisei (Urtijëi) è forte la tendenza all’assimilazione ed al cambio di lingua in favore delle lingue maggioritarie (italiano e tedesco). |
L’assimilazione
La piccola estensione
odierna dell’areale linguistico retoromancio e il suo
attuale, ulteriore restringimento sono l’effetto di una
secolare, ancora fortemente presente, pressione per
l’assimilazione. Sia da parte italiana che da parte tedesca
v’è la tendenza durevole a strumentalizzare la
questione ladina per i propri fini, ovvero ad impedire
(finché si può) ogni forma di tutela e di autonomia
per questa minoranza.
Soprattutto motivi ideologici intorbidano i risultati delle ricerche scientifiche. I nazionalisti italiani, soprattutto nel periodo fascista, hanno definito (e definiscono tuttora) i Ladini come Italiani. Secondo questa tesi, il ladino non sarebbe una lingua autonoma, ma un dialetto italiano alpino - un dialetto italiano imbarbarito, come non ci si è dimenticati di aggiungere - ; un dialetto che deve essere nuovamente ricondotto alla "noblesse" della lingua italiana. A sostegno della tesi si adducevano in genere esempi provenienti dalla fascia del confine linguistico tra ladino ed italiano. E poiché il confine tra due lingue imparentate non è mai chiaramente definito, è facile falsare il quadro con l’utilizzo manipolativo di un ridotto numero di esempi.
Tuttavia ad un’analisi scientifica seria la tesi secondo cui il ladino sarebbe un dialetto italiano non regge. Per esempio il ladino utilizza la -s nella seconda persona singolare e plurale dei verbi (ladino "tö as" - tu hai) e la stessa desinenza nel plurale dei sostantivi (ladino "les ciases" - le case) - una caratteristica che non è presente in alcun dialetto italiano, ma che si può certo trovare in altre lingue romanze (ad esempio nel francese). Casomai, dunque, secondo la logica "negazionista", il ladino sarebbe più un dialetto francese che italiano.
Nonostante l’affermazione ufficiale secondo cui il ladino era un dialetto italiano, i Ladini, negli atti del regime fascista, furono classificati come "alloglotti". Un segno di come il Fascismo non credesse alle proprie stesse idee. Lo stesso Mussolini definì il ladino "la macchia grigia" che bisognava cancellare. Così fu avviato il programma di assimilazione nei confronti dei Ladini.
La più importante delle misure del Fascismo per l’assimilazione dei Ladini è stata mantenuta fino ad oggi: negli anni ‘20 il Fascismo, al fine dichiarato di una rapida assimilazione, divise i Ladini, che sotto il Tirolo asburgico erano rimasti insieme per quattro secoli, in due diverse regioni ed in tre diverse province. Cortina e Fodom (Livinallongo) con Colle di Santa Lucia (Col de Santa Lìzia) appartengono oggi alla provincia di Belluno (regione Veneto), Fassa (Fascia) alla provincia di Trento (regione Trentino-Alto Adige) e Gardena (Gherdëina) e Badia appartengono alla provincia di Bolzano (regione Trentino-Alto Adige).Questa
frammentazione della minoranza ladina non è stata revocata
da alcuna amministrazione statale o regionale, inoltre i confini
provinciali sono oggi molto più impenetrabili di allora.
Chi critica questa ingiustizia fascista è regolarmente
marchiato da stampa e politica come "estremista, fondamentalista,
pan-ladinista". I Ladini non beneficiano di forme di
autoamministrazione che superino la consueta amministrazione
comunale (solo i Ladini di Fassa hanno una Comunità di
Valle autonoma). In tutti i collegi politici democratici che
deliberano anche sugli argomenti di interesse dei Ladini, i
Ladini o sono una ridotta minoranza - la maggioranza decide sulla
minoranza - o sono completamente esclusi. I diritti della
minoranza ladina non sono quindi in larga parte
riconosciuti.
In Sudtirolo si può avvertire una forte pressione assimilativa, esercitata soprattutto attraverso delle scuole e i mezzi di comunicazione (e quindi della pubblica opinione). Un diritto essenziale, su cui i Sudtirolesi di lingua tedesca hanno sempre insistito, rimane quasi completamente negato ai Ladini: l’insegnamento nella madrelingua. I Sudtirolesi tedeschi hanno sempre considerato l’insegnamento in madrelingua come irrinunciabile per la sopravvivenza del loro gruppo linguistico. Anche limitate concessioni ad una scuola mistilingue vengono rifiutate con veemenza, come "l’inizio del declino del gruppo linguistico tedesco".
Con i Ladini si
cerca invece di limitare il più possibile
l’insegnamento in madrelingua. Così nel 1999 la
Giunta Provinciale di Bolzano ha deciso di non elevare da una a
due (!) le ore settimanali di ladino nelle scuole superiori
ladine! La politica mira con ciò, secondo le sue stesse
dichiarazioni, all’assimilazione della minoranza
ladina.
Gravi lacune vi sono
anche nella formazione degli insegnanti. Gli attuali insegnanti
delle scuole ladine non hanno potuto studiare il ladino alle
scuole superiori! Ne consegue una conoscenza generalmente assai
scarsa della lingua ladina fra gli insegnanti: cosa che porta nel
contempo, tra le altre conseguenze, ad una (pessima) conoscenza
del ladino tra gli studenti. Nella nuova Università di
Bolzano, che si occupa anche di formazione degli insegnanti, il
ladino è insegnato in una misura molto ristretta. Gli
errori del passato, quindi, non si vogliono
correggere.
Il tentativo di assimilazione è profondamente radicato nella storia, e si è accompagnato a lungo al disprezzo, manifestato ed enunciato con chiarezza, nei confronti della lingua ladina: Sotto la monarchia austroungarica il ladino non era studiato nelle scuole ladine, ed in generale non era riconosciuti come una lingua a sé; il ladino non era nemmeno utilizzato negli scritti pubblici (nel linguaggio di ogni giorno i Ladini erano definiti col dispregiativo "Krautwalsche": un’abitudine, questa, constatabile ancor oggi con frequenza tra i Tedeschi vicini dei Ladini). Il Fascismo, ovviamente, non portò miglioramenti nella questione dell’insegnamento della madrelingua: giacché per l’ideologia fascista il ladino era un dialetto italiano. Né un miglioramento vi fu dopo la fine del Fascismo. Nel Sudtirolo, dopo la seconda guerra mondiale, dominò senza equivoci la volontà di mantenere le scuole della Ladinia completamente tedesche, cioè si assimilare i Ladini: si faceva cioè quello che il Fascismo aveva tentato di fare contro i Tedeschi. Vi furono fortissimi sforzi per la germanizzazione della scuola nelle valli ladine, condotti insieme dalla politica e dalla stampa. "Curiosamente" chi si opponeva alla germanizzazione fu etichettato come "fascista". Ciò che portava a questi tentativi di germanizzazione non era una "confusione" storica, ma una volontà salda e ideologicamente motivata. Ancora nel 1971 il partito di maggioranza (la Südtiroler Volkspartei) tentò, con un’offensiva politica-partitica e mass-mediatica, di germanizzare le scuole ladine; per dirlo nuovamente: di fare ai Ladini ciò che i Fascisti avevano fatto ai Sudtirolesi tedeschi. Fino ad oggi la tendenza non si è attenuata. Chi tra i Ladini s’impegna per un maggiore insegnamento della madrelingua viene regolarmente diffamato con l’accusa di estremismo e di fanatismo. Le misure di tutela che vengono richieste per la propria minoranza (tedesca) sono quindi negate alle altre minoranze.
La campagna contro la lingua ladina fu coronata dal successo: nello Statuto regionale di autonomia è prescritto che nelle scuole ladine metà delle materie sia insegnata in italiano, e l’altra metà in tedesco - per la madrelingua resta soltanto una nicchia di una o due ore settimanali! La politica di assimilazione ai danni dei Ladini, nel Sudtirolo, è ancora all’opera. Nei confronti dei Ladini della Provincia di Bolzano (Sudtirolo - Alto Adige), addirittura lo Statuto di autonomia (che in teoria dovrebbe riconoscere i diritti delle minoranze) impedisce un insegnamento sufficiente della madrelingua.
La situazione attuale della
scuola
Chi vuole assimilare
una minoranza deve cominciare dalla scuola. I Ladini della
provincia di Bolzano hanno due ore di ladino nella scuola
dell’obbligo, ed una sola ora alle superiori (questo
soltanto nelle scuole delle valli ladine, Val Badia e
Gherdëina; altrove non c’è alcuna
possibilità di studiare il ladino a scuola). Metà
delle materie devono essere insegnate in italiano, e metà
in tedesco - il ladino non può essere usato nelle lezioni
delle altre materie: ciò è impedito dallo Statuto
di autonomia. La madrelingua è quindi completamente
emarginata. Lo Statuto di autonomia, che dovrebbe riconoscere i
diritti delle minoranze, impedisce l’insegnamento in
madrelingua ed è in realtà una regolamentazione
dell’assimilazione dei Ladini.
In base allo Statuto di autonomia non è possibile un aumento delle ore di ladino. Sullo Statuto decide la maggioranza etnica (o le maggioranze etniche), non le minoranze.
La scuola è uno strumento per assimilare la minoranza ladina. Le conseguenze sono chiarissime. Molti parlano un ladino veramente disastroso, fortemente influenzato dal tedesco e dall’italiano sia nella sintassi, sia nei vocaboli. Se questo sviluppo proseguirà, se non sarà messo un termine alla politica di assimilazione da parte della maggioranza, in capo a due o tre generazioni il ladino sarà una lingua morta.
Traduzione di
Stefano Barbacetto
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