di Maurizio Tani
Bolzano, 23.1.2003
Én országom Moldova | Moldavia terra mia |
Ott nem tudok szólni | dove parlar non mi é dato |
Érzésemet ott soha | dove mai il sentir mio |
Nem lehet el menteni | esprimere non posso |
Szájon bé van dugva | La mia bocca è tappata |
Szemem el burkolva | I miei occhi son bendati |
Nem tudnak meg értni | Loro non possono capirmi |
Nyelvemet beszélni | parlare la mia lingua |
... | ... |
La parola "Csángó" [1], anche senza accenti ("Csango"),
suonerà assai misteriosa per il lettore non proprio
avvezzo al ginepraio di popoli, razze, lingue e religioni che
è il Sud-Est Europeo. Tra gli appassionati di musica,
però, questa parola potrebbe non esser così
peregrina. Il compositore ungherese Béla Bartok, tra 1913
e 1938, [2] e Bregovic, più
recentemente, hanno infatti dedicato una certa attenzione al
patrimonio musicale Csángó. L'infaticabile
musicista ed organizzatore culturale serbo Bregovic, in
particolare, nel 2000 portò la musica Csángó
per le strade di Bologna, allora città europea della
Cultura. Fatto sta, comunque, che nel 2001, però, questa
parola fece il giro delle cancellerie d'Europa e qualche giornale
occidentale la scrisse anche.
In quell'anno, infatti, l'assemblea generale del Consiglio
d'Europa, nella seduta del 23 maggio, votò una
raccomandazione (la n. 1521), indirizzata alla Repubblica di
Romania e alla Santa Sede, intitolata Csango minority culture in
Romania. La raccomandazione era il frutto di quasi sei anni di
lavoro di diverse associazioni per la difesa dei diritti umani e
della parlamentare finlandese Tytti Isohookana-Asunmaa,
già ministro della Cultura della Repubblica di Finlandia,
e denunciava lo stato di continua oppressione dei
Csángó da parte delle autorità civili e
religiose locali, invitando i due membri del Consiglio d'Europa,
Romania e Vaticano, a fermare la rumenizzazione forzata della
popolazione ungherese della Moldavia romena. Il 16 novembre la
Raccomandazione n. 1521 venne ulteriormente rafforzata dalla
Risoluzione M/Del/Dec(2001)772 del Comitato dei Ministri del
Consiglio d'Europa.
L'opinione pubblica rumena, i giornali di regime, le alte
gerarchie della Chiesa Romano-Cattolica di Romania, la Nunziatura
Apostolica a Bucarest e la maggior parte dei partiti rumeni
condannarono i due atti del Consiglio d'Europa come una pura e
semplice interferenza negli affari interni del paese e una delle
solite azioni "anti-rumene della lobby magiara". Un interferenza
alla quale, a loro giudizio, non si poteva che rispondere con una
campagna, da condurre in ogni sede (politica, ecclesiastica,
culturale e accademica) e con ogni mezzo (convegni, mostre e
conferenze in Romania, Vaticano e Italia, pubblicazione di libri,
pamphlet e articoli in rumeno, inglese, francese, tedesco e
italiano), che denunciasse la cosa e dimostrasse, una volta per
tutte, che i Csángó sono felici e non hanno nessun
problema.
I Csángó in realtà
hanno molti problemi. Povertà diffusa, disoccupazione (60%
della popolazione attiva), analfabetismo (10% della popolazione
adulta), semi-analfabetismo (40%), bassa scolarizzazione (solo il
10% della popolazione in età scolastica ha un diploma di
scuola media superiore e solo l'1% va all'Università) sono
solo alcuni degli indicatori sociali di un popolo al quale
mancano i servizi sanitari, culturali ed economici di base. Una
situazione che potrebbe cambiare se ai Csángó
venisse riconosciuta la piena cittadinanza, il diritto di usare
liberamente la loro lingua e di esprimere la loro antica cultura.
Le belle colline e le tranquille borgate di Moldavia abitate dai
Csángó potrebbero, infatti, diventare in un futuro
non troppo lontano meta di un turismo culturale
alternativo.
Qualche spiraglio di
speranza è già stato aperto negli ultimissimi mesi.
Nel settembre 2002, infatti, in due scuole elementari statali di
altrettanti villaggi Csángó (Klésze/Cleja e
Pusztina/Pustiana) sono state introdotte tre ore di lingua
ungherese extracurricolari con orario dalle 7 alle 8 del mattino.
Le istituzioni e le associazioni di autodifesa dei
Csángó, inoltre, non sono più continuo
bersaglia delle varie autorità rumene (ministeri, polizia,
municipalità). Caso
significativo in tal senso è il ritiro da parte del
Ministero della Pubblica Istruzione della Repubblica di Romania
della denuncia per "attività illegale" contro la
fondazione Csángó "Siret-Cleja", attiva dal 1999 a
Buda (nel comune di Klézse/Cleja) nella promozione
culturale e professionale dei Csángó della valle
del Siret/Szeret [3].
L'unica istituzione che non mostra segni di cedimento nella
politica di rumenizzazione forzata è la Chiesa
Romano-Cattolica, rappresentata nei territori
Csángó dal vescovo di Iasi. Il vescovo di Iasi,
infatti, nonostante il Concilio Vaticano II e nonostante altre
comunitá etniche presenti sul suo territorio abbiano
già da tempo avuto il permesso di usare la loro lingua
materna, continua a bollare come "scandalosa", "anticanonica",
"deleteria per la nostra pace", "vergognosa" ogni richiesta di
uso libero della lingua ungherese nelle chiese
Csángó. Una politica dura che trova base
"giuridica" nei numerosi decreti vescovili del 1810, 1893 e 1910
e che ha come scopo la repressione dell'uso di ogni lingua
"diversa dal Rumeno eccetto il latino nelle chiese della diocesi"
ma che si spiega con la travagliata storia di questa terra di
confine tra Est e Sud, Nord e Sud.
La storia dei
Csángó, ovvero degli ungheresi cattolici di
Moldavia (regione storica nel Nord-Est della Romania) è
una storia fatta di molte domande senza risposta (se escludiamo
le risposte dettate da interessi meramente politici e non
scientifici), ancora per molti aspetti "un buco nero della storia
della Moldavia", come lamentava il grande storico rumeno Nicolae
Iorga. Quello che sappiamo di sicuro è che si tratti di "a
non-homogeneous group of Roman Catholic people", "associated with
ancient traditions, and a great diversity of folk art and
culture, which is of exceptional value for Europe."
La più orientale delle comunità di lingua
ungherese, dagli usi e costumi antichi, dalla lingua locale
arcaica vive in 83 villaggi sparsi su tutti il territorio della
Moldavia. I Csángó che parlano l'ungherese (nella
variante dialettale locale) nel 1997 erano ancora 60.000,
disseminati in 83 villaggi moldavi. Di questi pochi però
hanno il coraggio di dichiararsi csángó o
ungheresi.
Nonostante ciò il loro ricco patrimonio culturale mostra
chiaramente - come sottolineato anche da studiosi ben noti come
Mircea Eliade - il suo carattere ungherese, anche se nei secoli
si è andato arricchendo di numerosi contributi da Est, da
Ovest, da Nord e da Sud. Oltre che per la loro musica e il loro
canto popolare, i Csángó sono ben conosciuti dagli
studiosi per la ricca e colorata produzione artistica
(decorazione degli interni, tappeti, tessuti, ricami, ceramica,
costumi tradizionali, gioielli e ornamenti personali) e
architettonica. Negli ultimi
decenni è emersa anche una letteratura
Csángó contemporanea rappresentata da due poeti
contadini, Demeter Lakatos e András Duma-István
[4]. Un patrimonio che, come
l'identità dei Csángó, è ancora
drammaticamente esposto alla continua azione di rumenizzazione
condotta dalle istituzioni [5].
A questo punto però
ci domandiamo: perchè tanto accanimento contro questi
Csángó, piccola minoranza linguistica ungherese di
religione romano-cattolica in una Moldavia a maggioranza di
lingua rumena e religione greco-ortodossa? Una domanda che trova
risposta nella storia politica, religiosa e culturale di questa
regione, porta d'Oriente e d'Occidente.
Situata quasi a ridosso del Mar Nero, la Moldavia (Moldavia o
Valachia Minor in latino; Moldovalachia in slavone;
Vlachobogdania in greco; Moldva e Moldova in ungherese; Moldova
in rumeno) si trova al termine della grande steppa erurasiatica,
dove inizia la pianura del Danubio. A causa di questa sua
posizione, la Moldavia è stata sempre un continuo di
popoli e culture: Sciti, Sarmati, Visogoti e altri popoli
germanici, Unni, Székely (in italiano "Siculi"), Blachi
(da non confondere con i Valacchi), Avari, Slavi, Bulgari,
Ungheresi, Peceneghi, Cumani (i Polovtsiani della bibliografia
russa), Asiani (la città di Iasi porta nel nome la memoria
di questo popolo), Alani (il fiume Prut viene detto anche "Alanus
fluvius"), Mongoli, Valacchi (detti oggi Rumeni o Romeni), Turchi
eccetera.
Una terra reclamata da tutti
gli stati vicini (Ungheria, Russia, Orda D'Oro, Polonia,
Lituania, Bulgaria, Impero Romano Bizantino) [6], ma che soltanto i Turchi, con l'aiuto
del Mongoli, riuscirono a sottomettere definitivamente nel XVI
secolo per diventare poi parte - attraverso un processo iniziato
nel 1824 dal governo della Sublime Porta per ostacolare
l'espansionismo russo - della Romania (stato creato nel 1878 e
riconosciuto internazionalmente nel 1881). Una terra che vide le
prime popolazioni di lingua ungherese, provenienti da Est, nel
VII secolo d.C..
Tali popolazioni, però, lasciarono la regione, parte
dell'Etelköz, già nel IX secolo per andare a
conquistare il bacino dei Carpazi, dove nel 970 nacque lo stato
d'Ungheria (dal 1000 Regno Apostolico, con Stefano il Santo degli
Arpadiani come primo re). Caduta nel VIII secolo (fino al 904
d.C), sotto il controllo dei Bulgari ( "a pot-pourri of various
ethnic elements, the word Bulgar being derived from a Turkic verb
meaning 'to mix'"), la regione dell'attuale Moldavia divenne
terra di evangelizzazione ad opera di missionari slavi. Opera che
venne interrotta a causa dell'arrivo di nuove popolazioni
nomadiche e semi-nomadiche dall'Est, tra le quali i Cumani,
padroni di una vasta regione tra la valle del Danubio ed il
Caucaso.
Assai numerosi, i Cumani attaccarono ripetutamente l'Ungheria,
fino almeno al XII secolo. Verso la fine del XII secolo, infatti,
parte della Cumania occidentale viene sottomossa dai principi di
Galizia, ai quali interessa costruire una rete di commerci tra il
Mar Baltico e Costantinopoli via mar Nero. All'espansionismo
galiziano seguì subito l'espansionismo ungherese.
Dopo aver combattuto
alcune guerre contro la Galizia (nel 1189 il re d'Ungheria si
proclama re anche di Galizia e Lodomelia), l'Ungheria - nel 1211
- consegna all'Ordine Teutonico la regione transilvana del
Barcaság (nei pressi di Brassó/Brassov) con
l'incarico di costruire insediamenti militari a difesa dei
confini del regno e convertire alla fede romano-cattolica le
popolazioni che vivono aldilà dei monti Carpazi nella
Cumania. I cavalieri teutonici vedono, però, in questa
nuova missione una buona occasione per dar vita ad un loro stato
proprio.
Una volta divenuto chiaro tale intento, nel 1224 il re
d'Ungheria fu costretto a cacciare l'Ordine Teutonico. Il posto
lasciato dai frati-soldati tedeschi nell'amministrazione
ecclesiastiche fu affidato ai Domenicani. Lo stesso S. Domenico
sarebbe partito per la Cumania (si fece crescere la barba e
studiò il cumano), se le condizioni di salute non glielo
avessero impedito. Dopo i primi insuccessi, ben presto le
missioni domenicane di Cumania dettero buoni frutti. Nel 1227 il
principe cumano Borz Membrók fu battezzato, insieme ad una
parte del suo popolo, e sulle rive del fiume moldavo Milkó
fu creato - alla presenza del principere ereditario d'Ungheria
Béla - il primo vescovato romano-cattolico della regione,
sottoposto all'Arcivescovo di Esztergom (titolare il domenicano
Theodorik, già Priore della Provincia domenicana
d'Ungheria. I Domenicani ungheresi fondarono diversi monasteri,
tra i quali quello di Iasi (1232), e organizzarono - nel 1232 and
1235 - una spedizione tra gli ungheresi della regione del Volga.
Sembrava che la Cumania ungherese (dal 1229 i re d'Ungheria si
fregiarono del titolo di "Rex Cumaniae") dovesse diventare una
solida realtà.
Un grosso esercito mongolo ("tartaro" per le cronache europee),
però, tra il 1240-42 spazzò via tutto. Ritiratisi,
dopo averla ben devastata, dall'Ungheria, i mongoli non
abbandonarono né Kiev né la Cumania. L'Ungheria
riuscì comunque a riorganizzare le proprie forze, anche
grazie all'arrivo di nuove popolazioni (Cumani, Peceneghi,
Tedeschi, Valacchi, eccetera). In particolare i Cumani, abili
cavalieri, ebbero un ruolo primario nella storia ungherese del
XIII secolo (come dimostra anche la vicenda del re ungherese
Ladislao IV il Cumano 1262-90). Nel 1246 un nuovo vescovato "di
Cumania", sottoposto all'arcivescovo ungherese di Kalocsa, venne
creato - con l'aiuto dei Cavalieri Ospitalieri di S. Giovanni
(oggi detti di Malta) a Szörénytorony (Turnu
Severin), nella regione del Severin lungo il Danubio.
Ma le regioni della Cumania che oggi chiamiamo Moldavia rimasero
parte della provincia del Khanato mongolo dell'Orda d'Oro detta
Kipchaks o "Orda Cumana", governata da non più di 4.000
mongoli. Durante la "Pax Mongolica", nelle regioni dell'Orda
Cumana i commerci rifioriro, grazie anche ai mercanti genovesi,
stanziati a Moncastro (la Bilhorod di Rus';
Nyeszterfehérvár in ungherese) e Caffa, in Crimea.
Ben presto Galiziani, Polacchi, Ungheresi e Bulgari tornarono a
vedere la Cumania occidentale come una possibile area di
espansione.
Nel 1253 i Domenicani ungheresi, seguiti nel 1278 dai
Francescani, tornarono a percorrere le contrade della Cumania
mongola. Nuove popolazioni di lingua ungherese e tedesca di
religione romano-cattolica (sottoposti al vescovo di Transilvania
e alla Propositura di Szeben), giunsero nella Cumania
occidentale, abitata da popolazioni slave e valacche di religione
greco-ortodossa, oltre che a Cumani, Asiani e Mongoli a
prevalenza ancora pagani.
Mancando però, sia all'Ungheria che alle altre potenze,
la forza necessaria per annettersi definitivamente la regione,
agli inizi del XIV secolo si vennero a formare due nuove
realtà politiche nuove: l'Ungro-Vlachia (con capitale a
Campulung e, successivamente, a Curtea de Arges) e la Moldavia
(con capoluogo Baia, più tardi Radaucand e quindi
Suceava). Sotto il re Luigi il Grande degli Angioini di Napoli,
l'Ungheria riuscì ad occupare la Moldavia (1365) e a
sottomettere l'Ungro-Valacchia, che divenne uno stato vassallo
(ai tempi del principe Vladislav, 1364-77).
Nel XIV-XV secolo la presenza ungherese in Moldavia è
assai consistente, anche grazie al fatto che molti sono i
principi ungro-valacchi e moldavi che sposano nobildonne
ungheresi. Nel 1380 a Curtea de Arges viene fondato un monastero
domenicano, mentre nel 1381 vengono istituiti i due nuovi
vescovati, subordina all'arcivescovo di Kalocsa, di
Ungro-Valacchia (con sede nel monasteo di Curtea de Arges) e
Moldavia (con sede a Szeret/Siret; dal 1423 a Baia; dal 1518 a
Tatros e dal 1532 nel convento francescano osservante di Bacau,
sottoposto al convento transilvano di Csíksomlyo). La
situazione è distanata, però, a cambiare assai
velocemente, essendo i Turchi alle porte.
Mentre nel 1417 l'Impero
Ottomano riesce a sottomette l'Ungro-Valacchia, la Moldavia vive
nel XV secolo un periodo assai favorevole, soprattutto durante il
principato di Stefano il Grande (1457-1504). Fu durante il '400,
per esempio, che la Moldavia divenne terra di rifugio per molti
gruppi di Ussiti, reduci della frangia più radicale che -
non avendo riconosciuto l'accordo (Compactata) che l'ala moderata
del movimento aveva sottoscritto con Roma - avevano lasciato la
Boemia per continuare la lotta in Ungheria e Transilvania
(rivolte contadine del 1437-38). Proviene dalla cittadina moldava
di Tatros (Targu/Tirgu Trotus) la così detta "Bibbia
Ussita", composta da tre codici, i più antichi testi
biblici tradotti in lingua ungherese.
Tale presenza ussita in Moldavia viene rgistrata ancora nel 1592
dal viaggiatore inglese Edward Barton. Nel 1538 i Turchi
riuscirono a conquistare la Moldavia, la quale (con capitale dal
1565 a Iasi) divenne parte del Khanato Tartaro di Crimea. Il
periodo della dominazione turca durò, almeno formalmente,
fino al 1881. Durante questo periodo il paese, retto da principi
tributari della Sublime Porta, non perse i rapporti con
l'occidente. La chiesa romano-cattolica ungherese e polacca
continuò a giocare un ruolo importante nella vita della
Moldavia.
Il principe Jakob Despotul (1561-63), per esempio, promosse
l'istituzione di una Scuola di Latino a Kutnár (Cutnari)
per i cattolici ungheresi e sassoni. Nel frattempo la
Transilvania era diventata uno stato a maggioranza protestante e
anche in Moldavia molti ungheresi e tedeschi nel XVI secolo
passarono al Calvinismo e al Luteranesimo (almeno stando alle
relazioni dei missionari cattolici quali il gesuita Giulio
Mancinelli).
Lentamente, però, la presenza cattolica fu riorganizzata,
anche grazie all'intervento di alcuni principi come Petru Schiop
(1574-1579 e 1582-1591), in cerca di alleati ad Ovest. Fu
quest'ultimo, infatti, a garantire al missionario albanese
Bartolomeus Bruti l'assistenza necessaria per organizzare
l'arrivo dalla Polonia dei Gesuiti, poichè - come lo
stesso Bruti scriveva in una lettera spedita da Iasi a Roma 14th
January 1588 - "questi padri franceschini per esser pochi et non
sanno la lingua germanica et ungarica, non pono del tutto
consolar questi cattolici, qualli sono al numero di
15.000".
Nel 1585 un gruppo di fedeli Ungheresi di Moldavia scrisse una
lettera all'imperatore di Casa d'Austria, che dal 1527
controllavano l'Ovest dell'Ungheria, per ottenere la sua
protezione. Nel 1591 il Papa fondò un nuovo vescovato di
Moldavia, con sede in Bacau, attivo fino al 1818 (anno in cui
venne creato il Vicariato Apostolico di Moldavia, 1818-1884), dal
1622 sottoposto alla Congregazione di Propaganda Fide. La vita di
queste comunità cattoliche, sempre esposte ai rischi di
rappresaglie turche, dei principi ortodossi (come Ian-Voda cel
Cumplit nel XVIII secolo) o di atteacchi mongoli e cosacchi (fino
al 1711 organizzati in un loro stato autonomo), non era facile. I
missionari, per lo più italiani, polacchi, bosniaci,
albanesi, bulgari, macedoni, greci, sloveni e tedeschi, inviati
da Roma hanno come scopo principali estirpare i focolai
protestanti e proto-protestanti (dove l'ungherese è la
lingua liturgica) e non sempre mostrano la dovuta attenzione ai
bisogni delle comunità.
Nonostante le relazioni inviate a Roma dalla Moldavia indichino
chiaramente come la lingua più diffusa tra le
comunità cattoliche sia l'ungherese, pochi sono i
missionari che conoscono questa lingua. La più importante
di queste relazioni è quella del vescovo di Moldavia, il
macedone Marcus Bandulovic (italianizzato in Bandini), scritta
nell'anno 1646 e nota con il nome di "Codex Bandinus". Bandini,
infatti, descrive assai minuziosamente la situazione, gli usi e i
costumi dei romano-cattolici di Moldavia, ridotti a 5.447 fedeli,
distribuiti in 42 villaggi per un totale di 1.122 famiglie "in
maggioranza ungheresi".
Lentamente la lingua ungherese, vista spesso dai missionari come
retaggio di protestantesimo, viene emarginata. Nel 1671 un gruppo
di Csángó del villaggio Szabófalva (Saboani)
ha il coraggio di scrivere una lettera di lamentela alla
Congregazione di Propaganda Fide. Il XVIII secolo vede
l'allentarsi del controllo ottomano nella regione, che diventa
sempre di più occasione di contesa tra Austria e Russia.
Dopo la strage di Madéfalva (Siculicidium), nel 1764 un
massiccio esodo di Székely raggiunse la Moldavia, dove la
popolazione di lingua ungherese subì un sensibile
incremento, rendendo necessario - nel 1788 e nel 1803 - l'invio
(autorizzato dal Papa) di sacerdoti ungheresi. La situazione dei
cattolici ungheresi di Moldavia non migliorò.
Nel 1787-92 e nel 1802 la Moldavia venne, infatti, devastata
da due guerre russo-turche, in seguito alle quali la Russia
innaugura un periodo di protettorato (che durerà fino al
1881), rafforzato nel 1812 dall'occupazione della Bessarabia. Nel
1804 e nel 1810, invece, le autorità ecclesiastiche
romano-cattoliche di Moldavia emanarono due decreti che
proibivano l'uso della lingua ungherese in chiesa. La situazione
migliorò con il vescovo Raffaello Pietro Arduini che fece
pubblicare una grammatica ungherese ad uso del suo clero, tra il
quale nel 1841 si contavano ancora otto ungheresi.
Nel 1860 un gruppo di parrocchiani del villaggio di Gorzafalva
scrisse una lettera al Primate d'Ungheria nella speranza di poter
ottenere l'invio in Moldavia di sacerdoti ungheresi. Nel 1866 il
vescovo di Moldavia pubblicæ un Katehismul elementar pentru
tineriî romano-catolicî in rumeno e ungherese.
Intanto, però, nel paese i Turchi stavano favorendo
l'elemento valacco/rumeno (o rumenizzato) più anti-greco e
anti-russo, al fine di stroncare ogni possibile
solidarietà tra le varie etnie di religione
greco-ortodosse. Una politica che portò allo scoppio, tra
1828 e 1878, di varie guerre russo-turche (duramente sofferte
dalle popolazioni locali) e - nel 1881 - alla nascita della
Romania indipendente. Con l'introduzione dell'istruzione
obbligatoria presso le scuole statali, la leva obbligatoria e
tutte le altre novità dello stato borghese, la vita dei
Csángó venne profondamente alterata e sempre di
più rumenizzata.
Nel 1884 venne istituito il vescovato di Iasi, con un proprio
seminario. Nel 1893 il Ministro dell'Educazione e il vescovo di
Iasi Nicola Giuseppe Camilli vietano l'uso dell'ungherese nelle
scuole (anche durante l'ora di religione) e nelle chiese della
Moldavia. La situazione dei Csángó è ben
documentata da questa testimonianza scritta da Antal
Mártonos, del villaggio di Szabófalva, nel 1900:
"Prima che mi mandassero a scuola, non sapevo che cosa
significasse essere ungherese, poiché né mio padre,
grande lavoratore [...] né altri aveva avuto il tempo di
dirmi che ero un ragazzo ungherese. [...] A scuola ho stuiato in
Valacco per tre anni. [...] Un giorno la maestra si
arrabbiò con me e mi disse: "Nu fi pork Ingur
szpurkàt", in ungherese "Smetti di fare il porco, tu
pagano di un'ungherese!" [...] Quando andai a casa, raccontai il
fatto a mio padre e gli chiesi che cosa significavano quelle
brutte parole. E lui mi disse: "Figliuolo! Questo vuol dire che
sei un ragazzo ungherese, perché tuo nonno, tuo padre, i
tuoi genitori, fratelli e tutte le persone del villaggio sono
ungheresi, ma viviamo nella terra dei Valacchi. Quella volta
capii che cosa significa essere ungheresi" [...]
"Se siamo discendenti di Attila o di Árpád, solo
Dio lo sa, ma io non posso credere altrimenti. Abbiamo perso la
nostra lingua perché nessuno ce la insegna; nessuno ci
aiuta, e chi è più forte ci tratta come il leone
tratta il topolino" [...] "gli Ungheresi sono continuamente presi
in giro dai preti italiani, compreso il vescovo di
Jászvásár [Iasi] Michele Camilli (un
italiano), che era parroco a Tomásfalva. Si tratta di un
villaggio non lontano da Szabófalva, dove nessuno degli
ungheresi parla più l'ungherese. Quando insegnava al
Seminario invitava gli studenti a non studiare l'ungherese
perchè è la lingua dei cavalli, si, lingua da
cavalli!"
Il clima antiungherese
crebbe durante la prima guerra mondiale, quando
l'Austria-Ungheria e la Germania occuparono il paese. Prodotto di
quel clima fu il nuovo divieto di uso dell'ungherese emanato dal
vescovo di Iasi. Alcuni coraggiosi sacerdoti si opposero a tale
politica. Tra questi meritano di esser ricordati il sacerdote
secolare János Ferentz (Ioan Ferent), Csángó
di Dormánfalva (mandato dal vescovo solo in parrocchie
dove la gente non parlava già più l'ungherese), ed
il padre francescano minorita Petrus Matthias Neumann, parroco a
Bogdánfalva. Quest'ultimo scrisse anche una lettera di
protesta (rimasta senza risposta) a Roma. Sospeso dal vescovo per
"disobbidienza", Neumann continuò - in segreto - ad
assistere i Csángó nella loro lingua madre.
Nel 1929 così descriveva la situazione degli ungheresi di
Moldavia: "Il mio cuore va in pezzi quando vedo questa povera
gente, onesta dalla testa ai piedi, venir così oppressa e
rumenizzata. Dico questo da tedesco e come persona che non ha
mai, e non intenderà mai, far politica. Credo, infatti,
che il diritto ad usare la propria lingua madre per conversare,
pregare Nostro Signore Gesù Cristo e cantare dovrebbe
essere un sacrosanto e basilare diritto di tutti. Io, invece, ho
dovuto veder questo sacrosanto diritto calpestato per 41 anni,
durante tutta la durata del mio servizio in Moldavia".
La creazione della grande Romania ad opera delle potenze
vincitrici della prima guerra mondiale non fece che aggravare
ulteriormente la situazione. Nel 1939, al tempo in cui la Romania
era governata dall'autocrate re Carol II, il prefetto di Bacau
emanò la famigerata direttiva n. 7621, con la quale si
proibì l'uso di qualsiasi lingua diversa dal rumeno in
posti pubblici ("nu este permis de a se vorbii in alta limba
decat Romaneste in localurile publice"), chiese cattoliche
comprese ("In bisericele catolice slujba religioasa se va face in
limba latina si Romaneste"), salvo incorrere in gravi sanzioni
("Toti acei care vor contraveni vor fii aspru pedepsiti comform
Legei").
Nel 1942, quando la Romania era sotto occupazione tedesca,
invece, il dottor Petru Ramneantu, dell'Istituto di Igiene
dell'Università di Cluj-Sibiu, condusse ricerche sulla
"struttura biologica e antropologica dei Cattolici di Moldavia,
detti anche Ciangai-Unguri-Maghiari". Dopo il 1944, anno in cui i
Russi tolsero la Romania ai tedeschi, la scandalosa situazione
dei Csángó divenne oggetto di discussione tra le
nuove forze politiche, sempre in cerca di nuovo consenso.
Nel 1947 il Fronte Democratico Popolare riuscì ad avere
il controllo totale del paese e - sull'esempio di quanto fatto in
Ucraina nella regione autonoma di Moldavia - i
Csángó si videro riconoscere il diritto ad usare la
loro lingua madre nelle scuole statali. Nel 1948 ben 50 scuole di
lingua ungherese vennero aperte in altrettanti villaggi
Csángó. Nel 1954, a Lujzi Kalugar, fu istituito
anche un Collegio Ungherese, diretto da Zsigmond Albu, e, a
Bacau, un'Istituto Pedagogico Ungherese per i
Csángó.
Se non fosse stato un
regime totalitario e ateo (avverso alla maggior parte dei
Csángó) ad organizzarlo e se l'intellighenzia e
l'apparato di partito non avesse boicottato l'iniziativa
(inviando come punizione gli insegnanti nelle scuole
Csángó, assai misere), questo nuovo sistema
scolastico - abolito già nel 1958 - avrebbe sicuramente
fermato il processo di rumenizzazione degli ungheresi di
Moldavia. Durante il regime di Ceasescu, invece, la
rumenizzazione ottenne nuovi successi e verso la fine degli anni
'70 del '900 in nessuna chiesa cattolica di Moldavia si parlava
più l'ungherese. Un migliaio di Csángó
inviarono nel 1982 una nuova petizione (rimasta senza risposta)
al Papa.
Per capire quanto tutti questi divieti, discriminazioni e violenze producessero un concreto effetto nella rumenizzazione dei Csángó basterà dare uno sguardo alla statistica ufficiale relativa ai "cattolici di Moldavia":
Censimento | Totale cattolici | Totale cattolici ungheresi | % Ungheresi sul totale dei cattolici |
1859 | 52.811 | 37.825 | 72% |
1899 | 88.803 | 24.276 | 27,3% |
1930 | 109.953 | 23.894 | 21,7% |
1992 | 240.038 | 1.826 | 0,8% |
2002 | - | 1.370 | - |
Finalmente spiragli di speranza si aprirono per i
Csángó con l'assassinio di Ceausescu, nel 1989. Con
l'inizio della democratizzazione del paese, alcuni
Csángó fondarono una sezione moldava dell'Unione
Democratica degli Ungheresi di Romania (RMDSZ, Romániai
Magyar Demokrata Szövetség), affiancata da un
periodico Csángó (Csángó
Újság. A moldvai magyarság lapja / Gazeta
Ceangailor, con sede a Sepsiszentgyörgy; dal 1992 Moldvai
Magyarság, con sede a Csíkszereda) e - dal 1998 -
dall'"Unione dei Csángó Ungheresi di Moldavia"
(Moldovai Csángó Magyarok Szövetsége -
Asociatia Maghiarilor-Ceangai din Moldova, MCSMSZ).
Attraverso queste organizzazioni democratiche, i
Csángó più coscienti della situazione
poterono finalmente iniziare un'azione pacifica e democratica,
tuttora in corso, in difesa della loro lingua, cultura, storia ed
identità, nella speranza di poter migliorare le condizioni
di vita delle loro comunità. Tra le richieste fatte dai
Csángó c'erano la riapertura delle scuole ungheresi
chiuse nel 1958 e la possibilità di usare la lingua
ungherese nelle chiese cattoliche della Moldavia.
Richieste che vennero ferocemente attaccate sia dalle
autorità civili e religiose, sia dai partiti che dalla
stampa. Ogni iniziativa finalizzata a promuovere la situazione
dei Csángó fu subito repressa. Ancora oggi, dopo
dodici anni di lotte, è vietato l'uso della lingua
ungherese nelle chiese cattoliche della Moldavia. Le prime azioni
per ottenere dal vescovo di Iasi l'autorizzazione a poter
celebrare riti in lingua ungherese risalgono al 1991. In
quell'anno (come nel 1997 e nel 1998), alcune centinaia di
Csángó dei villaggi di Pusztina (Pustiana) e
Klézse (Cleja) scrissero una lettera al vescovo di Iasi
chiedendo di poter avere una messa alla settimana in lingua
ungherese nelle locali chiese parrocchiali. Una richiesta fino ad
oggi negata e ripetutamente bollata dal vescovo come "iniziativa
di un gruppo di ugriaconi.
Le più recenti iniziative, invece, risalgono al 1998,
quando una delegazione di Csángó venne ricevuta dal
Nunzio Apostolico a Bucuresti; una nuova lettera di supplica
venne spedita al Papa ed il vescovo romano-cattolico di
Transilvania, l'ungherese György Jakubiny, scrisse al suo
omologo di Moldavia una lettera per perorare la causa dei
Csángó. Tutte e tre le iniziative, però, non
ottennero nessun risultato: la lettera al Papa aspetta ancora una
risposta; il Nunzio Apostolico, il francese Jean-Claude
Périsset, dichiarò che "Il problema
Csángó non esiste", mentre la risposta del vescovo
di Iasi a Jakubiny fu un chiaro "fatevi gli affari vostri" ("Va
rog sa va ocupati de credinciosii si familiile incredintate
pastoralei dumneavoastra, pentru ca de cei din Moldova ne ocupam
noi si o facem cu toata dragostea si responsabilitatea").
Non molto diversa la storia delle iniziative per la diffusione
della lingua ungherese in Moldavia. Le prime azioni vennero
promosse nel 1991-93 dall'MCSMSZ e consistettero in corsi di
lingua ungherese, musica e canto Csángó nei
villaggi di Klézse, Lészped e Szabófalva. Le
autorità (municipi, diocesi e polizia) denunciarono
l'"illegalità" del fatto obbligando gli organizzatori a
sospendere l'iniziativa. La repressione delle iniziative
Csángó toccò il punto più drammatico
nell'aprile del 1995, quando nel villaggio di Klézse - su
istigazione dei media - alcuni esponenti dell'RMDSZ vennero
assaltati, mentre sulla via principale del paese fu organizzato
un rogo di libri ungheresi.
Fu però grazie a quell'ondata di violenza che la
comunità internazionale mise finalmente gli occhi sulla
situazione dei Csángó. I fatti di Klézse,
premeditati ed organizzati dall'alto, vennero, infatti,
denunciati presso le varie istituzioni ed associazioni operanti
in Europa per la difesa dei diritti umani. Fu così che si
giunse, nel 2001, alla Risoluzione n. 1521 del Consiglio
d'Europa, unico vero punto di appoggio nella lotta dei
Csángó per la loro sopravvivenza. La risoluzione,
infatti, invita chiaramente lo Sato di Romania ad applicare la
Carta europea delle lingue regionali e minoritarie, ad informare
adeguatamente i Csángó sui loro diritti, mentre
invita il vescovo di Iasi a garantire l'"option for Roman
Catholic services in the Csango language in the churches in the
Csango villages and the possibility for the Csangos to sing the
hymns in their own mother tongue".
Se lo Stato Rumeno, con l'apertura di corsi di lingua ungherese
in due villaggi Csángó, cerca - anche perché
vuol entrare nell'Unione Europea - di mostrare maggior tolleranza
verso le legittime richieste dei Csángó, la Chiesa
Romano-Cattolica di Moldavia non sembra, per il momento,
intenzionata a cambiar atteggiamento. Resta il fatto, comunque,
che un grosso aiuto potrebbe venire dalla società civile
europea, cattolica in particolare, alla quale i
Csángó chiedono principalmente azioni di
solidarietà finalizzate a denunciare quelle istituzioni
che vogliono distruggere la loro lingua e cultura.
Associazione Amici dei Csango Hagamel 45 107 Reykjavík - Ísland Tel. 00 354 5512061 - 6967027 - 5254565 Fax. 00 354 5254410 E-mail: maurizio@hi.is, web: noborders.interfree.it
Maurizio Tani.
NOTE
[su]
1. La parola ungherese Csángó va pronunciata
"Ciango" (Ceangai o Sangai in rumeno; Csango, Chango, o Tsango,
in inglese; Csángó, Csango or Tchangos in
francese). Tale parola è usata dal XVIII secolo sia dagli
studiosi ungheresi che rumeni come sinonimo di "Ungherese di
Moldavia". Solo in tempi recenti alcuni storici (e pseudo tali)
rumeni hanno iniziato ad introdurre altri significati ("Romeni di
Moldavia provenienti dalla Transilvania"), dividendo i
Csángó in "Csángó ungheresi" and
"Csángó rumeni"). Nonostante che il più
antico della parola "Csángó" risalga all'anno 1400,
non sappiamo l'origine della parola (che ancora oggi può
essere usata come dispregiativo). Il dialetto
Csángó è ricco di parole arcaiche (non
più in uso nell'ungherese standard moderno) e di prestiti
rumeni, slavi, greci e turchi. Le parlate dei
Csángó vengono distinte in vari gruppi. Sui
Csángó si veda G. I. Lahovari, C. I. Bratianu and
G. G. Tocilescu, Marele Dictionar Geografic al Romaniei, vol.
I-V, Bucuresti, 1898-1902; R. Rosetti, Despre ungurii si
episcopiile catolice din Moldova, Bucuresti, 1905; G. I. Nastase,
"Ungurii din Moldova la 1646 dupa ´Codex Bandinus', in
Arhivele Basarabiei , VI (1934), pp. 397-414 and VII (1935), pp.
74-88; K. Auner, A romániai Magyar telepek
története vázlata [Profilo storico delle
località ungheresi di Rumania], Temesvár, 1908; K.
Benda, a cura di, Documenta Hungarorum in Moldavia, Budapest,
1989, vol. I-II; K. Benda, "Les Hongrois de Moldavie (Les
Tchangos)", in Ethnicity and Society in Hungary, Budapest, 1990,
pp. 59-75; R. Baker, On the origin of the Moldavian
Csángós, in "The Slavonic and East European
review", vol. 75, n. 3, 1997, pp. 658-680; V. Tánczos,
"Hànyan vannak a moldvai csàngòk?" [Quanti
sono i Csángós di Moldavia?], in Magyar
Kissebbség, 1-2 (7-8), III (1997), pp. 370-390, tradotto
in inglese come Csángós in Moldavia (1998) e
disponibile su Internet all'indirizzo http://internetto.hu e
http://www.hungary.com/corvinus/lib/; P. P. Domokos, A Moldvai
Magyarság [Gli ungheresi di Moldavia], Budapest, 2001
(ultima edizione rivista e aggiornata di un lavoro pubblicato per
la prima volta nel 1931) and Ferenc Pozsony, Ceangaii din
Moldova, Cluj, 2002 (con una bibliografia completa).
[su]
2. Dopo gli studi pionieristici del medico Giuseppe Viola
(1770, Nyárádköszvényes - 1858) e del
padre francescano Petrás Ince János
(Forrófalva, 1813 - Klézse, 1886), Bartok fu il
primo ad organizzare scientificamente lo studio della musica
csángó. Dopo aver invano (per lo scoppio della
prima guerra mondiale) preparato un viaggio di studio nel
1913-14, nel 1924 - nella prefazione al suo libro Magyar
Népdal (Canzoni popolari ungheresi) - fece un appello ai
musicologi ungheresi perché si recassero tra i
Csángó a raccoglierne la musica. Appello che venne
accolto da Pál Péter Domokos (il quale
visitò di Paesi Csángó nel 1929 e nel 1932,
accompagnato da László Laczkó),
Sándor Veres e Péter Balla (1933). Sulla base del
materiale raccolto dai tre musicologi, nel 1938 Bartok
organizzò una serie di presentazioni - con l'aiuto di due
famiglie Csángó fatte arrivare a Budapest - nei
teatri e alla Radio Ungherese. Le principali raccolte di canti e
musiche popolari Csángó sono quelle di Imre
Csanádi e Lajos Vargyas (1954), Zoltán
Kallós (1958), Attila T. Szabó (1970), Imre
Harangozó (1992), József Faragó (1995),
Vilmos Tánczos (1995 e 1999) e Ferenc Pozsony (1994 e
2002).
[su]
3. L'attività principale della fondazione è
legata alla gestione a Buda di una "Casa ungherese" con diverse
aule, una sala computer, un refettorio, una biblioteca (in lingua
ungherese, rumena, inglese, tedesca ed italiana) e una foresteria
per turisti. Nella "Casa ungherese" si organizzano conferenze,
corsi di lingua ungherese e inglese, corsi di alfabetizzazione
informatica. La Fondazione raccoglie anche fondi che
ridistribuisce tra i Csángó più poveri e
più svantaggiati (45 assistiti negli anni 1999-2000);
assegna borse di studio ed ospitalità (in un appartamento
che possiede a Kolozsvár/Cluj, sede della più
antica università del paese) per studenti
Csángó (28 nel periodo 1999-2002).
[su]
4. I due poeti contemporanei più importanti sono
Demeter Lakatos (Mitica Lacatus in rumeno; 1911-1974) da
Szabófalva e András Duma-István, da
Klézsa. Lakatos usava il sistema ortografico rumeno per
scrivere I suoi 50.000 poemi in dialetto Csángó del
Nord. Purtroppo le sue opere sono state pubblicate soltanto dopo
la sua morte e all'estero (a Budapest nel 1986 e nel 1992; a
Berna nel 1988). Duma-István, invece, ha pubblicato nel
2000 una raccolta poetica dal titolo Én országom
Moldova, "Moldavia terra mia".
[su]
5. Come conseguenza della politica di rumenizzazione forzata,
infatti, il patrimonio culturale Csángó viene
continuamente fatto oggetto di continue azioni di distorsione
interpretativa (pubblicazioni faziose come D. Martinas, Originea
ceangailor din Moldova, Bucuresti, 1985 e Iasi, 1999; A. Cosa,
Cleja. Monografie etnografica, Bacau, 2001) e di vera distruzione
(chiese, pitture e sculture ungheresi distrutte, titolature di
chiese e altari cambiate se in onore santi ungheresi). Un'azione
difficile da registrare e documentare (soprattutto durante gli
anni più bui del regime nazional-comunista di Ceausescu)
ma che ha lasciato le sue tracce, indelebili. Nel villaggio
Csángó di Gajcsána/Gaiceana (prefettura di
Bacau), per esempio, tra 1929 e 1932 l'antica pittura di Santo
Stefano d'Ungheria venne tolta dall'altare maggiore della locale
parrocchiale per esser messa in soffitta (adesso non se ne
trovano più le tracce, nonostante una foto del quadro si
trovi in P. P. Domokos, A Moldvai Magyarság, Budapest,
2001). Recentemente una scultura di Santo Stefano d'Ungheria
è stata gettata fuori dalla parracchiale di
Szabófalva (cfr. V. Tánczos, Aufgetan ist das Tor
des Ostens. Volkskundliche Essays un Aufsatze,
Csíkszereda, 1999). Nel 1932 nella parrocchiale di
Kiczkófalva si poteva ancora ammirare una scultura ed un
dipinto sul muro raffiguranti entrambi S. Stefano d'Ungheria. Le
chiese tradizionali Csángó, invece, vengono
distrutte con la scusa di dover disporre di edifici più
grandi (vedi la parrocchiale di S. Anna a Garlén/Garleni,
distrutta nel 1987). I nuovi edifici moderni fanno a gara in
cattivo gusto (vedi la mastodontica chiesa della Santa Croce, che
sovrasta con la sua sinistra mole la graziosa (e più
cristiana) chiesa vecchia dedicata a S. Nicola di Bari. Tra le
poche chiese Csángó che conservano ancora oggi la
tradizionale titolatura "ungherese" citiamo la parrocchiale di
Pusztina (Pustiana), dedicata a S. Stefano d´Ungheria, e la
chiesa di Itcani a Szucsáva/Suceava (dec. di Bucovina),
dedicata a S. Elisabetta d´Ungheria.
[su]
6. Nell'VIII secolo d.C. il Khan di Bulgaria sottomise la
regione, che passò poi a far parte della Cumania (XI
secolo; dal 1229 sottoposta alla Corona d'Ungheria), del regno di
Galizia (XII secolo; dal 1189 anche il titolo di "re di Galizia e
Lodomeria" passò formalmente ai re d'Ungheria), e - in
parte - del "Regno dei Valacchi e Bulgari" (1185-1393; retto da
dinastie cumano-bulgare; nel XIII secolo il re ungherese
Béla IV - in virtù della conquista della Bosnia e
della Bulgaria occidentale - si proclamò "re di
Bulgaria"). Nel 1211-1224 la regione venne consegnata dal re
d'Ungheria all'Ordine Teutonico. Nel 1240-1242 la Moldavia fu
conquistata dai Mongoli dell'Orda D'Oro (che consideravano la
Cumania una terra vassalla). Nel 1343 la Corona d'Ungheria
creò il principato vassallo di Moldavia con capitale Baia.
Quando nel XVI secolo i Turchi conquistarono la Moldavia, la
Sublime Porta si considerò erede dell'Orda d'Oro. Tra 1792
e 1878 la Russia considerò la Moldavia un proprio
protettorato. Nel 1924 venne creata, all'interno della Repubblica
Sovietica d'Ucraina, una "Regione autonoma di Moldavia", con
scuole di lingua ungherese (villaggio di
Csöbörcsök) per i Csángó.