|
|
|
L'Associazione internazionale per i popoli minacciati (APM-I) ha presentato un proprio dossier sul "Genocidio in Kosovo" (200 pagine documentano crimini di guerra di truppe serbe e crimini contro l'umanità nei confronti di civili kosovari) ed è stato consegnato a Gerd Poppe, delegato per i diritti umani e aiuti umanitari dell'Ufficio per gli Affari Esteri tedesco: la documentazione sarà anche trasmessa al Tribunale internazionale dell'Aia.
L'APM internazionale ha accolto con soddisfazione la decisione del tribunale dell'Aia di accusare il presidente jugoslavo Slobodan Milosevic di crimini contro l'umanità nel Kosovo. Allo stesso tempo deplora il fatto che l'accusa non è anche fondata sulla fattispecie di genocidio nel Kosovo ed in Bosnia.
L'APM-I inoltre s'appella ai media perchè prendano più sul serio i racconti e le testimonianze dei rifugiati kosovari sulle atrocità e di riferirle. Interviste dell'APM tra i sopravvisuti nei campi profughi e l'analisi comparativa di testimoni tra di loro indipendenti hanno portato alla luce risultati sconvolgenti.
.: su :. Riassunto della documentazione “Genocidio nel Kossovo”
Tre gruppi dell’APM-I hanno intervistato circa 1.000 rifugiati kosovari in Bosnia, Albania ed in Macedonia. Il numero dei kosovari uccisi, assassinati o morti durante l’espulsione e la fuga e degli appartenenti a minoranze non serbe secondo l’APM-I è di almeno a 30.000. Ma potrebbe essere anche notevolmente più alto, poichè fino ad ora dalle organizzazioni per i diritti umani è stato intervistato solamente uno scarso numero di rifugiati.
I sopravvisuti intervistati dai gruppi investigativi dell’APM-I testimoniano che durante fucilazioni di massa o di persone singole sono stati uccisi da 2.000 a 3.000 Albanesi. Dalle analisi delle relazioni delle ONG, istituzioni governative e media risulta un numero di almeno 10.000 morti.
73 uccisioni di massa sono state registrate già dopo l’analisi di 250 delle 500 testimonianze oculari raccolte dai gruppi investigativi dell’APM-I in campi albanesi. Altre ONG e istituzioni governative hanno documentato centinaia di uccisioni. Un gran numero di esecuzioni di massa secondo le interviste del gruppo APM-I è stato effettuato durante la festa islamica Bajram tra il 27 ed il 29 marzo 1999. I cadaveri spesso sono stati gettati in pozzi oppure in fiumi. Anche la metà degli intervistati da “Medecins sans frontieres” hanno notato esecuzioni. Il Ministero per gli Affari Esteri degli Stati Uniti già il 5 aprile 1999 aveva pubblicato informazioni su massacri in 22 regioni del Kosovo.
.: su :. Parecchi testimoni, indipendenti tra di loro, hanno riferito a un team dell’APM-I sulle fosse comuni e che hanno dovuto loro stessi esumare cadaveri dalle fosse e seppellire i singoli. Il 18 aprile la NATO sosteneva di aver foto di 43 presunte fosse comuni nel Kosovo, di cui in parte riferivano anche i testimoni oculari.
In molti posti sono stati selezionati giovani abili al servizio militare. Mentre il Governo britannico pochi giorni fa ha parlato ancora di 100.000 giovani atti alla guerra scomparsi, il Governo degli Stati Uniti rileva un numero di 225.000. L’organizzazione “Medecins sans frontiéres (MSF)” indica che il 13% di tutti i maschi tra i 15 ed i 55 anni sono dispersi. Anche se si da per scontato che un gran numero dei dispersi è in fuga all'interno del Kosovo, molto probabilmente la maggior parte dei dispersi è stata uccisa.
Relazioni di varie organizzazioni che lottano per i diritti umani, tra i quali l’APM-I, e organizzazioni di soccorso sui crimini sessuali di militari serbi contro donne albanesi sono allarmanti. Solo l’OSCE conta 250 testimonianze di stupri. Probabilmente sono state sequestrate migliaia di donne. Anche l’ufficio per la popolazione dell’ONU UNFPA ha rilevato molti sequestri e stupri di massa. Molte volte le ragazze rapite non sono tornate a casa o sono state uccise dai rapitori. Sia i testimoni oculari sia le le autorità britanniche ed americane parlano di campi nei quali militari serbi stuprano donne albanesi.
.: su :. Un numero per il momento non ancora individuabile, ma certamente alto di persone anziane, lattanti, bambini, donne incinte, ammalati, feriti ed handicappati non sopravviverà alle fatiche della deportazione, ammassate in vagoni o carri merci, camion o pullman, agli internamenti, alle fughe per montagne e boschi ed al girovagare nel Kosovo. L’UNHCR testimonia che molte persone anziane muoiono appena giunte nei campi profughi. A questi si aggiungono tutti i pazienti degli ospedali che sono stati buttati in strada dalle forze serbe; questi ammalati non possono essere soccorsi poiché le 90 stazioni sanitarie “Madre Teresa” sono state distrutte. Questi deceduti molte volte non risultano nelle statistiche. Ma ogni persona, alla quale è stata abbreviata la vita a causa della deportazione, è stata vittima del genocidio. Sicuramente anche i bombardamenti delle forze aeree, dell’artiglieria e dei carri armati hanno causato moltissime vittime. Molte persone sono bruciate nelle loro abitazioni.
L’UNHCR, organizzazioni per i diritti umani del Kosovo, Human Rights Watch e il Governo degli Stati Uniti riferiscono di vari campi di concentramento, nei quali gli Albanesi vengono internati in condizioni disumane. Un collaboratore dell'UNHCR parlava di detenuti appena evasi che davano l’impressione “di esser appena uscito dal campo di concetramento di Auschwitz”. L’APM-I già all’inizio dell’estate del 1992 aveva parlato di campi di concentramento serbi in Bosnia. L’esistenza di tali campi è stata provata. Secondo stime dell’APM-I in questi campi 30.000 persone hanno perso la vita. Per questo l’APM-I teme che anche nei campi del Kosovo avvengano tali uccisioni.
.: su :. L’APM-I suppone che dal
marzo 1998 almeno 650 villaggi siano stati
distrutti totalmente o parzialmente e che indicazioni
americane, secondo le quali circa 400
quartieri in varie città sono state bruciati o
distrutti, debbano essere prese sul serio.
Notizie di stampa britanniche affermano che zone desertiche
vengono sbarrate con mine per non poter essere più
abitate. I centri storici di Pec e Gjakove/Djakovica sono stati
distrutti quasi completamente. Anche moschee e chiese cattoliche
e l’edificio della Conferenza di Pizren del 1871, sacro a
tutti gli albanesi e protetto dalla UNESCO.
Fino a 1,5 milioni di abitanti del Kosovo sono stati cacciati secondo stime dell’APM-I o si sono messi in fuga. 960.000 dovevano lasciare la loro terra. L’Albania ha accolto 440.600, la Macedonia 252.300, la Bosnia 60.000, il Montenegro 64.900, la Serbia 30.000, la Croazia 5.000, la Turchia 7.600, altri stati europei, gli Stati Uniti e l’Israele 100.000. Nel Kosovo almeno 500.000 persone attualmente si danno alla fuga.
Già prima dell’intervento della NATO solo nel 1998 quasi 2.000 Kosovari identificati sono stati ammazzati dalle truppe serbe, più di 1.400 sono spariti senza lasciar traccia, 450 villaggi sono stati devastati e più di 500.000 persone sono diventate rifugiati all'interno o fuori dal Kosovo. La strategia delle truppe serbe in Kosovo assomiglia sotto molti aspetti alla politica di pulizia etnica nella Bosnia-Herzegovina.
.: su :. Il genocidio è provato
Parecchi articoli della Convenzione per la Prevenzione e punizione del genocidio del 9 dicembre 1949, la quale definisce quel reato e lo mette sotto accusa, concordano.
In particolare genocidio secondo l’articolo 2 della Convenzione contro il genocidio comprende uno dei seguenti atti compiuti nell’intenzione di distruggere totalmente oppure parzialmente un gruppo etnico, nazionale o religioso.
* a: UCCISIONE DI MEMBRI DI UN GRUPPO: Durante l’espulsione della popolazione kosovara avvengono ripetutamente uccisione di persone singole o di massa. I maschi vengono selezionati e ammazzati in fucilazioni di massa. Donne vengono uccise durante o dopo lo stupro. Con carri armati e aeroplani i serbi sparano su abitazioni, paesi e quartieri abitati da albanesi kosovari.
* b: PROVOCARE GRAVI DANNI FISICI E PSICHICI SU MEMBRI DEL GRUPPO. Molti dei sopravvissuti subiscono maltrattamenti, torture, stupri e fucilazioni e gravi danni durante la fuga. Poiché i servizi sanitari in Kosovo sono stati distrutti intenzionalmente, l’assistenza sanitaria per i rifugiati che vagano non è più garantita. Molti bambini dei rifugiati sono gravemente traumatizzati. Hanno dovuto assistere a fucilazioni, maltrattamenti e stupri, e hanno vissuto la perplessità dei loro genitori l'incendio delle loro abitazioni.
* c: INTENZIONALE IMPOSTAZIONE DI CONDIZIONI DI VITA
AL GRUPPO ATTI A PROVOCARE L’INTERA O PARZIALE DISTRUZIONE
FISICA: molti dei membri più deboli della
comunità albanese restano vittime delle fatiche delle
deportazioni: persone anziane, lattanti, bambini, donne incinte,
ammalati e handicappati. Molti muoiono durante la fuga. Le
autorità serbe hanno espulso da ospedali perfino persone
gravemente malate.
La documentazione originale in tedesco può essere richiesta al prezzo di 20.00 DM.- più spese postali direttamente alla sede di Göttingen E-mail: Versand@gfbv.de. |