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L'Associazione per i popoli minacciati - internazionale
(APM), nel corso della sua assemblea generale, (8 - 9
maggio) ha chiesto, con la propria risoluzione n. 4, che la
NATO faccia valere quei principi di diritto umanitario che
hanno legittimato il suo intervento in Kossovo anche nei
confronti della Turchia. In Kurdistan, dove dal 1990, sono
stati distrutti 3.428 villaggi, la guerra civile ha
provocato 40.000 morti (per il 90% di etnia kurda) e 2.5
milioni di profughi. Unità dell'esercito turco
distruggono i campi e i pascoli da cui i Kurdi traggono
sostentamento. In molte regioni dell'Anatolia
Sud-Orientale vengono pianificate carestie ed epidemie per
decimare i profughi. Le violazioni dei fondamentali
dirittti umani compiute dalle forze di sicurezza turche
sono all'ordine del giorno. Insegnanti, politici,
giornalisti, imprenditori di etnia kurda vengono uccisi,
torturati o scompaiono nel nulla.
La NATO giustifica il proprio intervento in Kossovo con l'argomento che gravi crimini contro l'umanità possono essere perseguiti anche in assenza di un esplicito mandato delle Nazioni Unite. Essa agisce al di fuori del territorio degli stati membri, per far sì che gli Albanesi del Kossovo possano ritornare nella loro patria. Ma la Nato sarà mai moralmente all'altezza di questo nobile compito, fino a quando tollererà tra le proprie fila uno Stato antidemocratico, la Turchia, che viola sistematicamene il diritto internazionale e i diritti umani.
L'APM richiede pertanto alla NATO:
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