Egregi signore e
signori, cari colleghe e colleghi, all’inizio delle
trattative per una soluzione pacifica del conflitto in
Kosovo tenute a Rambouillet vicino a Parigi su richiesta
dei Media abbiamo fornito le seguenti
informazioni:
Bilancio provvisorio della guerra in
Kosovo
Nel 1998, 1934 Albanesi nominalmente identificati sono stati uccisi o durante attacchi da parte delle truppe di polizia e militari serbe o durante un periodo di reclusione nelle prigioni serbe. Tra di loro c’erano 229 donne, 213 bambini e 395 persone anziane. 436 cadaveri non sono stati identificati. Tra i morti c’erano anche 92 neonati, donne incinte e persone ammalate che hanno perso la loro vita a causa delle mancate cure o a causa dell’assedio serbo di interi paesi e regioni. Da gennaio fino a settembre 1998, 1440 persone sono risultate disperse. Dall’inizio del 1999 il numero dei morti è aumentato di 100 persone all’incirca, tra di loro almeno tre bambini sono morti assiderati.
Nel 1998 all’incirca 500.000 Albanesi sono stati messi in fuga dopo gli attacchi serbi. 450 paesi e centri abitati sono stati distrutti; 41.538 case e appartamenti ridotti in cenere o abbattuti in qualche modo. Dentro gli edifici deserti si incontrano ancora morti insepolti o non ancora identificati. 26.500 persone si sono rifugiate in Albania, 21.800 in Montenegro, 5.000 in Macedonia, 6.000 in Bosnia e un numero ignoto in Cechia e nell’Ungheria. Secondo fonti albanesi il numero degli rifugiati in Kosovo è di 400.000 persone, secondo le fonti ufficiali dell’UNHCR di 220.000. Dopo l’arrivo dell’OSCE molti di loro sono ritornati nelle loro case o meglio nelle loro rovine. La maggior parte vive in condizioni miserevoli presso amici, parenti o stranieri che li hanno accolti.
Truppe e unitá speciali serbe hanno commesso massacri e crimini di guerra a danno della popolazione albanese a Likoshan (28.2.1998, 12 morti), a Qirez (1.3.1998, 10 morti)m, a Prekaz (5.3.1998, almeno 42 morti), a Lybeniq (25.5, 9 morti), a Poklek i Ri (31.5.1998, almeno 6 morti), a Rrasa e Zogut vicino a Junik (18.7, parecchie dozzine di morti), a Rahovec (19.7, almeno 150 morti), a Ranca vicino Shtime (26.8, 11 morti) e a Abri e Eperm (27.9., 22 morti).
Sotto la pressione di un minacciato intervento della NATO il presidente jugoslavo Slobodan Milosevic in un accordo stipulato con il mediatore americano Richard Holbrooke il 15.10.1998, si dichiarava favorevole a un ritiro delle truppe e alla presenza di osservatori dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE).
Nonostante la presenza dell'OSCE, le truppe serbe hanno ripreso l'offensiva tra il periodo di Natale 1998 e il gennaio 1999. Le unità speciali serbe hanno ripreso così i massacri a Racak (15.1.1999, 45 morti) e Rugove (29.1.1999, almeno 23 morti).
Da dicembre 1998
30.000 persone sono state messe in fuga da 25 villaggi die
distretti di Podujeva/Podujevo, Decan/Decane,
Shtime/Stimlje, Suhareke/Suva Reka e Mitrovce/Kosovska
Mitrovica. Una parte di questi profughi vive tuttora
all'addiaccio. Da informazioni fornite dal governo di
Belgrado, anche 50.000 Serbi, circa ¼ della
popolazione serba del Kosovo, sono scappati dal
Kosovo.
Una pubblicazione dell'Associazione per i popoli minacciati. Si prega di citare la fonte / Eine Publikation der Gesellschaft für bedrohte Völker. Weiterverbreitung bei Nennung der Quelle erwünscht ** WebDesign: M. di Vieste