Introduzione | Aree minacciate | Reazione delle comunità interessate | Risposte del Governo | Preoccupazioni sulle conseguenze degli sfratti forzati | Proposte risolutive | Informazioni |
Introduzione .: su :.
Nelle ultime settimane, gli
insediamenti informali di Nairobi hanno subito una grande
minaccia alla loro stabilità nel lungo e breve periodo,
rappresentata dall'intenzione di demolire ed eliminare le
strutture abitative. Attualmente sono giunti, infatti, da parte
di molti ministri, avvisi di una massiccia demolizione d'alcuni
lotti abitativi identificati come quelli nelle vicinanze o sotto
linee o cavi ad alta tensione elettrica o in corrispondenza di
circonvallazioni.
Attualmente vi sono più di 168 insediamenti informali a
Nairobi che danno un tetto a più di due milioni di
persone. Per dare un'idea basti pensare che gli abitanti di
questi insediamenti rappresentano il 55% della popolazione totale
della città e sono a tutt'oggi, ammassati su un territorio
pari al 5% della superficie totale della città.
Le radici storiche di questa terrificante statistica sono da
ricercarsi nel fallimento, da parte dello stato, nel provvedere
ad abitazioni a basso costo per la popolazione più povera.
Come diretta conseguenza, migliaia di residenti degli
insediamenti informali di Nairobi hanno invaso le aree occupate,
incluse quelle riservate a restrizioni stradali, di linee
ferroviarie, foreste e servizi pubblici, ove hanno costruito
strutture semi-permanenti.
La ragione principale avanzata per giustificare questo sfratto
è quella della pericolosità per la popolazione che
vive nelle vicinanze delle linee ferroviarie e di quelle ad alta
tensione. Questa posizione è ovviamente indiscutibile
fermo restando che situazione attuale negli insediamenti
informali resta particolarmente complessa anche a causa del suo
contesto storico. Ogni soluzione di questo problema non
può prescindere quindi dalle origini degli insediamenti
informali. La maggior parte degli abitanti di queste strutture
ha, infatti, pagato una parcella all'amministrazione locale in
cambio di un "permesso ufficiale" ad occupare le aree in cui
vive.
Questi alloggi irregolari costituiscono per l'amministrazione
locale, una forma di business accettata negli insediamenti
informali. Fino a non più tardi del 19 febbraio di
quest'anno, le ferrovie del Kenya emanavano ricevute per gli
affitti pagati dalle persone che occupavano le aree che si
trovavano sui corridoi operativi delle linee ferroviarie.
L'occupazione di queste ed altre aree è dunque
incrementata con la completa consapevolezza ed approvazione del
governo.
Inoltre, l'agenzia Habitat delle Nazioni Unite si è
adoperata per migliorare la situazione dei quartieri più
poveri. A seguito di un accordo iniziale con il governo
precedente, il direttore esecutivo del UN Habitat ha cominciato,
nel gennaio 2003, un memorandum ufficiale d'intesa con il
ministro delle strade, lavori pubblici ed abitazioni. Questo
progetto combinato fra Governo ed UN Habitat è stato
specificatamente disegnato con l'intento di migliorare la
situazione abitativa e delle infrastrutture del villaggio di
Soweto a Kibera. Dalla firma di questo accordo però, il
progetto si è caratterizzato da una confusione causata da
una lacuna informativa e consultiva. Questa mancanza di un
operare in sintonia da parte del governo, ha frustrato le buone
intenzioni iniziali finendo con il farle naufragare nel piano di
sfratto forzato proprio per l'area che si intendeva
risanare.
Questo progetto di demolizione su larga scala è stato
avviato con poca considerazione degli effetti disastrosi sui
residenti. Lo smantellamento forzato sarà inevitabilmente
accompagnato da un dislocamento interno che porterà ad un
incremento della violenza, perdita dei mezzi di sussistenza, di
strutture sociali e di conseguenza ad un incremento della
povertà per le migliaia di persone che vivono negli
insediamenti informali quali quelli di Kibera, Korogocho, Agare,
Lunga Lunga, Sinai, Soweto ...
Sfratti forzati di questa portata non hanno, infatti, precedenti
in Kenya. Il fatto di rendere, nel giro di pochi giorni, migliaia
di persone dei senza tetto, rappresenta una campagna fuori legge
di sradicamento dei quartieri poveri. Inoltre, sfratti forzati di
questa natura sono in contraddizione con normative internazionali
largamente riconosciute che obbligano il Governo a provvedere le
comunità coinvolte con (1) un avviso adeguato e
ragionevole, (2) una consultazione trasparente, (3) informazione
sullo sfratto proposto e (4) un'adeguata alternativa abitativa o
un riallocamento.
Aree minacciate dal programma di sfratto e demolizione governativo .: su :.
Negli ultimi due mesi, ci sono stati
numerosi incontri ed annunci che indicavano l'intenzione,
espressa da parte diversi ministri, di attuare azioni di sfratto
e demolizione in determinate aree d'insediamento a Nairobi.
Queste demolizioni interesseranno essenzialmente le strutture
localizzate in tre aree principali:
(a) nell'area di 100 piedi da entrambi i lati delle linee
ferroviarie
(b) sotto linee ad alta tensione
(c) l'area prevista per le nuove circonvallazioni.
Reazione delle comunità interessate, Società Civile, Comunità religiose e gruppi internazionali per l'abitazione .: su :.
a. Comunità interessate
Non è sorprendente che la prevista demolizione sia stata
causa di paure, panico e confusione tra le comunità
interessate. Questo perché molte persone non hanno avuto
un avviso sufficiente o non sono state informate degli attuali
parametri per lo sfratto.
A Kibera, per esempio, i capi e l'amministrazione provinciale,
che sono a capo del piano di sfratto, non hanno alcuna mappa per
identificare le strutture contrassegnate. Come risultato, nessuno
sa con certezza se e quando dovrebbero essere sfrattati. Questa
mancanza d'informazioni ha dato vita ad un vortice di voci,
speculazioni e sfruttamento (spesso da parte di politici
locali).
Non sopportando il black out informativo, le comunità
hanno cominciato immediatamente ad organizzarsi per resistere
allo sfratto forzato ed a richiedere un'opportunità di
dialogo con il Governo al fine di trovare un'alternativa. A
Kibera i leaders religiosi hanno richiesto, e gli è stato
concesso, un incontro con il capo del distretto, il 20 di
febbraio. Vi è inoltre, una campagna firme al fine di
raggiungere 500,000 firme in protesta agli sfratti forzati. Le
comunità hanno anche organizzato con successo una maratona
di preghiera per il 1. di marzo, che è stata presieduta
dall'arcivescovo cattolico Raphael Ndingi Mwana 'a Nzeki ed un
rappresentante della chiesa anglicana. Nelle sue preghiere,
l'arcivescovo cattolico ha chiesto a Dio di garantire al governo
la grazia a combattere i quartieri poveri e non gli abitanti dei
quartieri poveri.
A Kiberia, più di ottanta residenti che vivevano sui
corridoi operativi delle linee ferroviarie hanno presentato un
caso alla corte suprema contro le ferrovie keynote, alla ricerca
di un'ingiunzione al fine di impedire alle ferrovie di sfrattarli
forzatamente. Si spera così di spingere la "Kenya
Ferrovie" a tenere consultazioni adeguate con la comunità,
al fine di identificare un insediamento alternativo. L'accusa
afferma che i querelanti, che sono tutti residenti a lungo
termine di strutture localizzate nelle vicinanze delle linee
ferroviarie, sono in possesso di licenze di occupazione temporale
che tuttavia non sono scadute. Inoltre, lo sfratto minacciato
è in contraddizione con l'atto corporativo delle ferrovie,
l'atto sulla tutela dei bambini e le procedure internazionali che
proibiscono lo sfratto forzato ed arbitrario.
Il 27 di febbraio, il Giudice della Corte Suprema Lenaola ha
emanato un ordine richiedente ai querelanti di tornare alla corte
nei seguenti dieci giorni con proposte concrete relative alla
stima del tempo necessario alle comunità per traslocare.
L'8 Marzo, il Giudice della Corte Suprema Ochieng Ag J. dopo aver
ascoltato i pareri della corte sull'applicazione ha ordinato che
il previsto sfratto da parte della "Kenya Ferrovie" venisse
vietato per le seguenti tre settimane. Egli ordinò,
inoltre, che le ferrovie ed i residenti interessati cominciassero
una negoziazione ed "esplorassero attivamente la
possibilità della negoziazione del periodo necessario agli
interessati per traslocare". Il caso si aggiornava al 29 marzo
per ulteriori ordini e direttive. Le parti hanno concordato di
incontrarsi il 26 marzo.
b. Società civile e gruppi con fondamento
religioso
Dopo aver avuto notizia del minacciato sfratto, la società
civile nonché i gruppi di fondamento religioso che hanno
lavorato per parecchi anni sulle problematiche abitative e
territoriali, hanno affrontato la tematica della povertà
urbana ed hanno mobilitato se stessi e le comunità colpite
al fine di protestare contro lo sfratto. Hanno affermato che uno
sfratto forzato di queste dimensioni e natura non può
essere tollerato in uno stato democratico che intende sostenere
il ruolo della legge.
Le ONG che lavorano sulle problematiche territoriali ed
abitative, hanno pagato per una pagina di pubblicità il 20
febbraio che esortava il governo a combattere la povertà e
non i poveri ed a fermare lo smantellamento dei quartieri poveri.
Hanno sottolineato che le procedure al fine di svolgere un'azione
di smantellamento giustificata debbono essere accompagnate da un
avviso adeguato, una possibilità di reinsediamento
appropriata ed una consultazione e pianificazione con le
comunità interessate. Tale principio è stato
rimarcato anche dal Cardinale Renato Martino, Presidente del
Concilio Pontificio per la Giustizia e la Pace in occasione della
sua visita in Kenya durante la quale visitò Kibera assieme
all'Arcivescovo Giovanni Tonucci, il Nunzio Apostolico del
Kenya.
Le ONG assieme alla chiesa ed ai leader della comunità
hanno anche organizzato di incontrarsi e dialogare con diversi
ministri ed ufficiali coinvolti nell'azione di sfratto in
questione. Tra questi vi sono il sindaco, i commissari
provinciali, la corporativa delle ferrovie keynote, la
società elettrica del Kenya, UN Habitat ed il direttore
delle questioni abitative. L'obiettivo di questi incontri non
è stato solamente quello di fermare i pianificati sfratti
ma anche l'occasione per chiedere al governo di lavorare in modo
più stretto con le comunità interessate al fine di
sviluppare un piano di riassetto alternativo.
c. Gruppi internazionali per il diritto alla casa
Milon Kotari, reporter speciale alle Nazioni Unite sulle
tematiche relative al diritto di abitazione, è stato in
Kenya per una missione di due settimane a metà febbraio
invitato dal governo kenyota.
Il suo compito era di valutate il livello di realizzazione del
diritto ad un'abitazione adeguata nel paese. Durante la sua
visita, Mr. Miloon ha visitato alcuni insediamenti informali ed
è stato informato dell'azione di sfratto che si stava
realizzando. Ha indicato nel suo rapporto preliminare che tale
sfratto veniva compiuto in violazione flagrante delle leggi
internazionali di cui il Kenya è signatario.
Citando il commento generale 7 del Patto Internazionale sui
diritti economici, sociali e culturali, egli ha specificatamente
affermato:
Sono preoccupato che il governo non stia seguendo una
procedura adeguata tenendo conto dei diritti umani di coloro che
sono colpiti da questi sfratti, per cui si avrà un impatto
su numerose famiglie ed individui innocenti.
Il governo dovrebbe adoperarsi immediatamente per prevedere una
procedura [sic]. Vi è la necessità di una politica
di sfratto chiara ed anche di una legislazione specifica a
riguardo. Nel frattempo, ci dovrebbe essere una moratoria
relativa all'azione di demolizione e di sfratto. Inoltre,
l'amministrazione locale e le autorità dovrebbero
astenersi dall'aggravare la situazione partecipando ulteriormente
alle negligenze che hanno contribuito a questa crisi.
Anche altre organizzazioni internazionali hanno condannato gli
sfratti previsti. Il centro per i diritti all'abitazione e dello
sfratto (center on Housing Rights and Eviction COHRE), un gruppo
internazionale di diritti umani con base a Ginevra, ha emesso un
esposto al presidente Kibaki ed i relativi ministri il 24
febbraio, affermando che la minaccia di sfratto di massa in Kenya
è "una violazione delle leggi internazionali sui diritti
umani ed in particolare del diritto ad un'abitazione adeguata. Si
affermava, inoltre, che le azioni di sfratto forzato sono la
causa di ulteriore impoverimento e disoccupazione nonché
di un peggiormanto della situazione sanitaria. COHRE richiedeva
dunque al governo kenyota il rispetto della legislazione
internazionale e la volontà di trovare una soluzione
alternativa al fine di non rendere "senza tetto" nessuno.
Anche differenti organizzazioni che operano in Paesi che hanno
grande esperienza con crisi abitative, hanno ammonito il Kenya
che l'azione di sfratto forzato non risolverà la crisi
abitativa ed hanno quindi consigliato la via del dialogo come
unica soluzione realmente positiva.
Risposte del Governo alle proteste .: su :.
Il comportamento del Governo kenyota
in relazione al problema degli sfratti è stato
contraddittorio. Il 29 febbraio il ministro delle strade e dei
lavori pubblici ed abitazioni ha annunciato in occasione di un
rally in Kiberia, che era stato ordinato dal presidente Kibaki di
sospendere la demolizione delle strutture costruite su
circonvallazioni, nei pressi di linee ferroviarie, sotto linee
elettriche e su terreni pubblici. Il governo affermò di
voler organizzare un nuovo insediamento per le parti interessate.
Sfortunatamente, già il giorno successivo Mr. Ordinga ha
cambiato la sua posizione. Egli ha infatti affermato che la
sospensione non si riferiva alle demolizioni già previste
per le aree di circonvallazione.
I piani governativi al fine di esercitare lo sfratto forzato
contro la legge
Il fatto che la sospensione degli sfratti programmati in Kiberia
non riguardi le costruzioni sulla circonvallazione né
qualsiasi sfratto programmato dalla Kenya luce e gas, fa rimanere
in piedi la minaccia di sfratto per migliaia di persone. L'azione
di sfratto che è stata già attuata nel villaggio di
Raila a Kibera e gli sfratti programmati, sono in palese
violazione dei diritti umani e legali. Il ruolo della giustizia
deve prevalere a prescindere che gli interessati siano abitanti
delle baraccopoli o meno. Il fatto che qualsiasi processo di
sfratto garantisca un processo pacifico e legale nonché
rispettoso dei diritti umani, rappresenta un fondamentale diritto
umano.
I previsti sfratti sono anche in contraddizione con il precedente
impegno preso dal governo in relazione al diritto all'abitazione.
L'11 dicembre 2002, il presidente Kibaki ha affermato in un
discorso tenuto a Mombasa che il diritto all'abitazione è
un diritto fondamentale pari al diritto all'educazione ed altri
diritti umani. Questa azione pianificata è, inoltre, in
contrasto con l'affermata politica governativa sul risanamento
delle baraccopoli contenuta nel programma semestrale per la
politica abitativa nazionale, approvato dal gabinetto in ottobre
2003.
E' necessario sottolineare la contraddizione degli sfratti
programmati con gli accordi presi dal governo con UN Habitat e la
comunità internazionale in relazione al risanamento della
baraccopoli di Kibera.
Preoccupazioni sulle conseguenze di corto e medio termine degli sfratti forzati .: su :.
Basandoci sui fatti sopra menzionati i membri per la campagna
contro gli sfratti forzati di Nairobi, vogliono sottolineare le
malattie da shock che si stanno man mano palesando. Questa
campagna sostiene la necessità e positività di
un'azione di rinnovo delle baraccopoli, ma tiene a focalizzare
come in questa specifica azione di Nairobi vi sia una mancanza di
coordinamento e di rispetto della legge e soprattutto della
dignità delle persone su cui ricade tale azione. Per
questo vi è la necessità di protestare ed indicare
alcune conseguenze pericolose delle azioni del governo.
Il primo punto da citare è l'inevitabile creazione di
senza tetto e di un movimento interno di decine di migliaia di
persone. Bisogna tener conto che gli insediamenti di Kibera e
Korogocho sono congestionati e che dalla notizia degli sfratti,
gli affitti sono duplicati o addirittura triplicati in alcune
aree e questo creerà, come diretta conseguenza, la
migrazione degli sfrattati verso baraccopoli più piccole o
la creazione di nuove zone di insediamento.
Altra conseguenza degli sfratti è da ritrovarsi
nell'aumento della violenza e dell'insicurezza provocata dagli
sfratti pianificati. Gli abitanti della zona prossima alle linee
ferroviarie a Kibera stanno già facendo battaglia per chi
occuperà lo spazio limitato che rimarrà a
disposizione dopo la demolizione. Vi è anche la minaccia
che i residenti colpiti dagli sfratti tentino una resistenza
fisica che culminerà inevitabilmente in violenza.
Infine, le implicazioni a lungo termine per l'economia e lo
sviluppo sociale degli insediamenti sono particolarmente serie.
Le aree destinate allo sfratto presentano anche edifici che
fungono da chioschi e mercati e che, dunque, rappresentano la
fonte economica per molte famiglie delle baraccopoli. Con lo
smantellamento forzato si impoverirà ulteriormente una
fascia sociale già al limite della sopravvivenza. Inoltre,
non si provocherà unicamente il dislocamento di famiglie e
di business, ma anche lo sradicamento del vicinato e della
relativa cultura della comunità locale delle aree
colpite.
Proposte risolutive .: su :.
Noi esortiamo il Governo del Kenya ad intraprendere le azioni
che seguono:
1. Sospensione immediata per tutti gli sfratti forzati in corso
negli insediamenti informali
2. Propaganda informativa ed inizio di consultazioni con le
comunità interessate al fine di trovare una via
alternativa agli sfratti forzati
3. In assenza di alternative si richiede che vengano rispettati
gli standard internazionali in materia di sfratti forzati in modo
che includano ma non si limitino al seguente:
- I un avviso adeguato e ragionevole per le parti colpite
- II informazione sugli sfratti proposti
- III consultazioni con le parti in cause
- IV adeguati abitazione o insediamento alternativi
4. Sviluppo di una politica di sfratto esauriente ed in linea con
la legislazione sui diritti umani sia internazionale sia
locale.
5. L'amministrazione provinciale non dovrebbe attuare nessun
ordine di sfratto. Al contrario, dovrebbe essere istituito un
ente indipendente e disinteressato che si faccia responsabile per
uno sfratto pacifico e ordinato.
6. Nomina di un gruppo consultivo inter-ministeriale per
coordinare qualsiasi piano relativo agli sfratti e demolizioni
negli insediamenti informali.
7. Prestazione di assistenza immediata a coloro che hanno
già lo sfratto.
Ulteriori informazioni .: su :.
- Shelter Forum, Michael Arunga, 0721-213236, arungam@shelterforum.or.ke;
- Christ the King Church, Office of Human Rights, Christine
Bodewes, 0733-920846, cbodewes@africaonline.co.ke;
- St. John's Church, Fr. Daniel Moschetti, 780-430, combonikario@clubinternetk.com.
In seguito, sarà riportato un protocollo comune preparato dai membri della campagna contro lo sfratto forzato degli insediamenti informali previsto per il 17 marzo 2004. I membri di questa campagna sono: African Network for the Prevention and Protection of Child Abuse and Neglect (ANPPCAN); Basic Rights Campaign; Carolina for Kibera; Intermediate Technology Development Group (ITDG); Kenya Human Rights Commission; Kituo Cha Sheria; Kutoka Network of Parishes in the Informal Settlements Christ the King, Line Saba Sacred Heart, Dagoretti Christ the King, Embakasi St. John's, Korogocho Consolata Shrine, Westlands St. Joseph, Kahawa West Holy Cross, Dandora St. Joseph and Mary, Shauri Moyo Holy Mary Mother of God, Githurai St. Joseph the Worker, Kangemi Holy Trinity, Kariobangi St. Mary's, Mukuru kwa Njenga Our Lady of Guadalupe, Adams Arcade St. Theresa's, Eastleigh/Mathare Valley; Maji na Ufanisi; Pamoja Trust; Shelter Forum.
Traduzione e adattamento di Paola Stablum.