Traduzione a cura di Roberta Mineo
In qualità di Presidente della Commissione per i
Diritti Umani in Afghanistan, la dott.ssa Sima Samar ha davanti a
sé un compito difficile e arduo, vista l'alta
conflittualità della regione, le tensioni etniche e
tribali, il dispotismo dei signori della guerra, il prosieguo
della campagna militare contro il terrorismo.
Samar ha dichiarato alla tv IRIN che la Commissione
promuoverà una campagna educativa sui diritti umani; ha
altresì enfatizzato che la nomina di due donne a ministri
del nuovo governo Karzai non deve illudere circa la condizione
femminile in Afghanistan: sono ancora molto poche le donne
emancipate del Paese.
Alcune risposte, durante l'intervista, hanno il sapore della
posizione ufficiale del governo circa le violazioni dei diritti
umani perpetrate durante gli anni di guerra civile
Pubblichiamo di seguito l'intera intervista realizzata a Kabul, nell'Ufficio per il Coordinamento degli Affari Umanitari delle Nazioni Unite (OCHA), presso il Network per l'Informazione Regionale Integrata (IRIN), il 3 Settembre 2002.
DOMANDA: Quali sono le funzioni principali della
Commissione dei Diritti Umani e ricevete il sostegno e le risorse
adeguate a svolgerle?
RISPOSTA: La Commissione è un organismo
indipendente costituitosi sotto gli auspici della Conferenza di
Bonn. Uno degli obiettivi è l'educazione ai diritti umani,
intesa come vera e propria area da introdurre nei programmi delle
scuole e di altre agenzie formative. Inoltre, lavoriamo sullo
sviluppo delle donne e dei bambini e sui temi della giustizia.
Infine monitoriamo ed investighiamo sugli abusi e sulle
violazioni dei diritti umani. Non abbiamo molte risorse: tra
l'altro non abbiamo neanche un ufficio che possa veramente dirsi
tale. Abbiamo un organico di circa 100 operatori in giro per la
regione, inclusi 11 commissari per i diritti umani.
D: Qual è la situazione attuale dei diritti
umani in Afghanistan?
R: La situazione non è della migliori. Prima di
tutto c'è da dire che la gente non ne sa abbastanza, di
diritti umani. Veniamo da 23 anni di guerra e non è facile
dopo tutta questa violenza portare la società ai livelli
di diritto che la comunità internazionale si aspetta.
D: Quali sono le sue preoccupazioni circa lo stato dei
diritti umani nel Paese?
R: Ce ne sono molte: in Afghanistan non esiste ancora un
adeguato rispetto dei diritti umani. Questo perché non
abbiamo un esercito nazionale o una forza di polizia nazionale:
non esiste la legge e l'ordine. E pochissime sono le istituzioni
e i sistemi che funzionano per proteggere i diritti del
popolo.
D: Che ne pensa dei recenti ritrovamenti di fosse
comuni nel nord dell'Afghanistan?
R: In realtà non ne so molto più di voi: ho
appena letto la notizia sui giornali. In primo luogo, non sono
sicura che sia tutto vero; d'altro canto non sarebbero le prime
fosse comuni ad essere scoperte. Speriamo che almeno siano le
ultime. Se davvero volessimo investigare sull'uso delle fosse
comuni, dovremmo iniziare dal ‘79 e lì scopriremmo
che ne esistono centinaia. Oggi, siamo nella situazione che
queste scoperte vengono strumentalizzate e politicizzate per
colpire i nemici locali: è un modo di perpetrare il ciclo
della violenza, mentre sarebbe il caso di analizzare i motivi
reali che sottendono a questi incidenti.
D: È a favore della creazione di un tribunale
per i crimini di guerra in Afghanistan e quale ruolo giocherebbe
la sua organizzazione in merito a questa ipotesi?
R: Siamo appena agli inizi di questo lavoro. Non abbiamo
ancora un ufficio adeguato e non possiamo ancora dire che
porteremo qualcuno di fronte alla giustizia. Ciò che ci
piacerebbe fare è disseminare una cultura dei diritti
umani, attraverso l'educazione e l'informazione, e poi lasciare
che sia il popolo a decidere sulla necessità di un
tribunale. Vorremmo almeno che coloro che hanno violato i diritti
umani chiedessero pubblicamente scusa al popolo.
D: Come vede la situazione delle libertà civili
nel suo Paese, ora che i film e le canzoni indiane sono state
bandite dai media di Stato?
R: La cosa non mi sorprende più di tanto: prima
avevamo i film indiani ma era vietato alle donne afghane di
cantare, così non era difficile aspettarsi che accadesse
una simile censura. Penso che, come Musulmani, dovremmo smetterla
di sentire che la nostra fede è così fragile che
l'esposizione ad un film possa corromperci e farci perdere i
valori dell'Islam.
D: Come 'vecchia' attivista sui temi dei diritti umani,
è soddisfatta della situazione dei diritti delle donne
afghane?
R: Non lo sono affatto. Non abbiamo molti diritti. Il
fatto che ci siano due ministre non significa che siano aumentati
i nostri diritti. Penso che il governo e la società debba
offrire alle donne una chance in ogni sfera della vita pubblica,
incluso il ruolo fondamentale da giocare nella ricostruzione
della nazione. Il problema è che alcuni partiti politici
ritengono giusto solo ciò che pensano e fanno, e sbagliato
tutto ciò che gli altri pensano e fanno! È un
atteggiamento negativo: come esseri umani, nessuno è
perfetto. Come ogni buona musulmana, credo nei valori islamici.
Conosciamo le regole dell'Islam, non abbiamo bisogno di nuove
regole per le donne. Mi sorprende come si introducano sempre
nuove regole per le donne: perché non ne esistono di nuove
per gli uomini?
D: Con la magistratura afghana dominata dai religiosi
conservatori, che consigli si sente di suggerire perché
venga istituito un organo giudiziario indipendente?
R: Quello giudiziario non è l'unico sistema
sbagliato che esiste nel Paese! Il governo afghano dovrebbe
costruire tutti i sistemi democratici gradualmente, secondo le
esigenze e le priorità del popolo. Malgrado il capo della
giustizia (Maulavi Fazl-e Hadi Shinwari) sia un conservatore,
credo che sia una persona ragionevole.
D: Secondo gli accordi di Bonn, l'Afghanistan dovrebbe
diventare una democrazia. Come considera lo stato delle
libertà politiche nel Paese?
R: Credo che ci stiamo movendo verso la democrazia e che
qualche progresso è già stato fatto. È un
processo lungo e spero che alla fine arriveremo ad un sistema
pienamente democratico. Penso che la democrazia non è
qualcosa che si possa definire con le parole, quanto piuttosto
qualcosa che si costruisce con le azioni che intraprendi.
D: È ottimista circa il futuro dei diritti umani
nel suo Paese?
R: Speriamo di fare della Commissione un organismo in
grado di educare e supportare un processo di riconciliazione.
Dobbiamo dedicarci alla costruzione della pace all'interno della
nostra comunità. Spero, inoltre, che riusciremo a
contribuire al ripristino della pace e della stabilità nel
Paese.
Traduzione di Roberta Mineo dal sito ufficiale del Partito per l'Unità Islamica in Afghanistan, Hizb-e-Wahdat: www.wahdat.org/home.html (21.10.2002)