INDICE
CENNI INTRODUTTIVI SULLA COLOMBIA | CAUSE E ORIGINI DEL CONFLITTO COLOMBIANO | PARAMILITARI, ESERCITO, GUERRIGLIE E VIOLAZIONI DEI DIRITTI
UMANI | PLAN COLOMBIA E INGIUSTIZIA SOCIALE
| I COSTI AMBIENTALI DELLA GUERRA DELLE DROGHE IN
AMERICA LATINA
CENNI INTRODUTTIVI SULLA COLOMBIA [ su ]
Cartina della Colombia.
Un po' più di 1.140.000 kmq e quasi 40 milioni di
abitanti (stima 1999). 3800 km di coste meravigliose su due
oceani, 7800 km di confini di terra con Venezuela, Brasile,
Perù, Ecuador e Panama, dal quale la separa la barriera di
inospitali distese paludose e dense foreste pluviali del
Darién. Un paradiso terrestre, con la più ricca
avifauna del mondo (oltre 2000 specie di uccelli sulle 8000
conosciute), e una natura fantasticamente varia: foreste di
pianura e di montagna, savane, vulcani, montagne di oltre 5000
metri, fiumi, lagune, paludi e persino un deserto nella penisola
di Guajira. E' la terra dell'El Dorado, degli smeraldi e dell'oro
- vera ossessione dei primi spagnoli arrivati all'inizio del
Cinquecento sulla costa caraibica.
E' la Colombia, un paese di antica cultura e di contrasti
terribili, ben evidenti nella capitale Bogotà, il centro
geografico del paese: un cuore di livello europeo (il quartiere
storico della Candelaria, le grandi librerie, le banche, il Museo
del Oro), un parco nazionale interno alla città, i country
club nei sobborghi di lusso - e poi le periferie invivibili, le
baraccopoli, i bambini di strada, le enormi discariche a cielo
aperto. Indipendente dal 1819, con una storia di governi civili e
di elezioni regolari e con istituzioni formalmente democratiche,
la Colombia ha dal 1991 una nuova Costituzione che ha unificato
le cariche di presidente della repubblica e capo del governo
(l'incarico dura 4 anni). Il PIL pro-capite è di circa
6.600 dollari all'anno, l'economia è discretamente
fiorente grazie all'esportazione di petrolio, gas, carbone,
smeraldi, caffè, fiori (senza contare la cocaina e
l'eroina, di cui diremo più sotto), e - caso raro per
l'America Latina - la Colombia ha un basso indebitamento estero.
Ma i problemi sono immensi: la Colombia è un paese con
scandalose disuguaglianze, in cui 8 milioni di persone (20%)
vivono nella povertà estrema, e in cui il reddito del 10%
più ricco è 133 volte superiore a quello del 10%
più povero.
Ed è anche un paese da decenni straziato da una
interminabile guerra civile. Forse, al giorno d'oggi, si addice
più a lei che ad altri paesi latinoamericani la famosa,
desolata constatazione: "così lontana da Dio e così
vicina agli Stati Uniti". La guerra interna ha radici lontane.
Iniziata nel 1948 con l'assassinio a Bogotà del dirigente
di sinistra Jorge Gaitán, "la violencia" - il cruento
(300.000 morti) scontro fra i due principali partiti politici, il
cruento (300.000 morti) scontro fra i due principali partiti
politici, il liberale e il conservatore - finì nove anni
più tardi con una precaria riconciliazione nazionale. Ma
essa fu solo l'avviso di uno sconvolgimento interno permanente -
secondo Noam Chomsky- ampiamente fomentato da continue
interferenze e intromissioni dei governi americani, da Kennedy in
poi, nel nome della "Dottrina della sicurezza nazionale" e della
lotta al pericolo comunista.
Nei tempi più recenti, questa vera e propria guerra civile
ha visto e vede opposti, in un gioco terribile e sempre
più distruttivo di ogni diritto umano, l'esercito
nazionale, le forze paramilitari e diversi movimenti di
guerriglia, tra cui l'M-19 (che cessa le attività militari
nel 1988), l'EPL (il cui ramo principale le cessa nel 1991), e i
due oggi più importanti, ben radicati e ancora in piena
attività, forti di circa 30.000 uomini armati: le FARC-EP
(Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane-Esercito Popolare),
operanti prevalentemente nel sud del paese, e l'UC-ELN(Unione
Camlista-Esercito di Liberazione Nazionale), nel
nord-est.Entrambi i movimenti sono sono nati nel 1964 a distanza
di pochi mesi l'uno dall'altro, differente l'impostazione sia
ideologica che la politica nei confronti degli stupefacenti: le
FARC si dichiarano una guerriglia d'impostazione
marxista-leninista, favorevoli alla legalizzazione del commercio
degli stupefacenti; l'ELN è stata fondata da un prete,
dichiara di avere un'impostazione cattolico-guevarista ed
è totalmente contraria al consumo e commercio degli
stupefacenti. Grazie a questo scontro interno, la Colombia
è un paese in cui, secondo Amnesty International e altre
organizzazioni, fra il 1985 e il 1999 almeno 1.700.000 persone
hanno dovuto fuggire dalle campagne verso le città,
abbandonando case e beni, spinte dalla violenza e dai massacri:
la situazione peggiore al mondo dopo Sudan e Angola.
E ancora grazie a questo scontro interno, la Colombia è
diventata anche uno dei paesi con il più alto tasso di
violenza e di omicidi al mondo, specie negli ultimi vent'anni in
cui il grande traffico della droga - a partire dai famosi
cartelli di Medellín e di Cali - ha conquistato a suon di
dollari e di raffiche di mitra potere economico e potere
politico, e ha contribuito ad aggravare enormemente le già
grandi tensioni del paese. Non solo il tasso di omicidi è
oggi arrivato a 89,5 omicidi all'anno ogni 100.000 abitanti (con
punte di 200, come nella regione del Magdalena Medio), ma la
Colombia è anche il paese con forse il maggior numero in
assoluto di assassinii di sindacalisti, politici, attivisti dei
diritti umani e giornalisti. Un paese dove si gira sempre armati
e - chi può e si trova in una posizione anche minimamente
esposta - solo in auto blindata e con guardaspalle dotati di
mitragliette Uzi. In Colombia il sequestro e l'omicidio politico,
la sparizione, la deportazione, la tortura, i massacri e persino
il vero e proprio genocidio politico sono stati negli ultimi
decenni una costante. Tutti delitti regolarmente impuniti e anzi,
nemmeno formalmente condannati dalla legge perché una
condanna formale - come ha recentemente dichiarato il governo del
presidente Pastrana - potrebbe "impedire il compimento delle
funzioni costituzionali della forza pubblica". Del resto, la
Colombia è un paese dove il governo centrale non controlla
nemmeno il 40% del territorio nazionale, mentre il resto è
nelle mani dei movimenti guerriglieri, dei narcotrafficanti, o
dei gruppi paramilitari.
Un paese dove, più o meno come in Russia, pochi
profittatori ben ammanicati hanno potuto arraffare i miliardi
della privatizzazione dei settori produttivi pubblici. Un paese
dove, assai più che in altri, le leggi sono solo quello
che materialmente sono: parole scritte sulla carta. E la cosa
più assurda è che poi, nelle parole di Maria
Cristina Cabarellero, "tutte le fazioni [si intende movimenti di
guerriglia e organizzazioni paramilitari, NdR] si batterebbero a
favore di un progetto nazionale praticamente simile. Tutte
denunciano l'ingiustizia sociale, l'abbandono della popolazione
da parte dello stato, l'assenza di riforma agraria e di
redistribuzione delle ricchezze". Tutti d'accordo, e tutti in
guerra con tutti. Infinito paradosso Colombia. E veniamo al vero
grande problema del paese, quell'imbroglio inestricabile che si
chiama narcotraffico, riforma agraria, paramilitari, guerriglia e
intervento americano.
La Colombia era un tempo produttrice essenzialmente di ottimo
caffè e ottima marijuana. Il boom della cocaina negli
Stati Uniti, iniziato a fine anni '70, la trasformò,
grazie alla sua posizione strategica e ai suoi legami
internazionali, dapprima in paese "raffinatore" ed esportatore di
cocaina, e poi anche in grande produttore di foglia di coca
(nonché di papavero da oppio). Fra le ragioni di questa
conversione, non vanno dimenticati due fatti importanti. Che fin
dagli anni '70, la marijuana (la famosa Colombian Gold) conobbe
un crollo della domanda estera grazie al boom della coltivazione
domestica di Cannabis in California e altri stati USA. E che in
seguito, nel 1989, su pressione degli USA (che, nel loro solito
stile, denunciarono "violazioni degli accordi commerciali") venne
improvvisamente sospeso l'accordo internazionale sul
caffè, la più importante voce di esportazione
colombiana. In due mesi, il prezzo del caffè crollo di
oltre il 40%, provocando in Colombia una gravissima crisi del
settore, che non si sarebbe mai più ripreso. Naturalmente,
il presidente Bush non si pose neanche il problema dal punto di
vista della Colombia. Anzi, sia Bush che il suo simpatico
successore non si preoccuparono minimamente delle ragioni dei
campesinos colombiani, pericolosi complici della guerriglia
comunista che minacciava troppo da vicino (solo 5 o 6.000
chilometri) il cortile dello zio Sam. Per cui, invece di
impostare un inutile e costoso sistema di aiuti allo sviluppo, si
dedicarono alla sconfitta della droga manu militari. Ovvero, si
misero solo a inondare campagne e villaggi di tonnellate di
diserbanti che non guardavano troppo per il sottile e
distruggevano pomodori, insalata e frutta insieme a coca e
papaveri. In effetti, una delle caratteristiche più
aberranti della politica USA della droga è questa
insistenza sull'intervento distruttivo contro i paesi produttori
di "droghe" - nello stile profondamente eco-incompatibile
già visto in Vietnam - invece che su un intervento
più costruttivo di informazione e di riduzione della
domanda in casa propria. Senza l'inesauribile domanda interna USA
di cocaina ed eroina, la Colombia non sarebbe infatti mai
diventata quello che oggi, tutto sommato per sfortuna sua e dei
suoi cittadini più poveri, è: il più
importante produttore di cocaina, e il secondo produttore di
eroina al mondo.
All'alba del 2000 la Colombia, incapace di liberarsi delle
pressioni del Grande Fratello nordamericano, non riesce a
districarsi nel maledetto imbroglio in cui è finita. Del
resto, come abbiamo visto, troppe persone a tutti i livelli e in
tutti i settori chiave del paese traggono profitto dalla
situazione. I molti dollari del narcotraffico vengono più
o meno equamente divisi fra tutti quelli che contano: i movimenti
guerriglieri (la FARC nel caso specifico), le organizzazioni
paramilitari, l'esercito, le oligarchie economiche e politiche, e
nel suo piccolo - come rivelato da un recente, imbarazzante
episodio - persino la moglie del responsabile antidroga
dell'ambasciata degli Stati Uniti a Bogotà. E' difficile
dire se il presidente Pastrana era sincero nelle sue intenzioni -
e/o fiducioso nelle sue possibilità - quando avviò,
nel gennaio 1999, un "dialogo di pace" diretto con il comandante
delle FARC, Manuel Marulanda Vélez, detto Tirofijo (tiro
preciso). Certo, la "zona smilitarizzata" (nel senso che
l'esercito nazionale ne è stato ritirato) di 42.000 kmq
nel sud del paese, appena creata nell'area controllata dalle
FARC, è il primo risultato di questa trattativa.
CAUSE E ORIGINI DEL CONFLITTO
COLOMBIANO [ su ]
In virtù dei nuovi rapporti sociali, economici e politici
che si andarono sostituendo a quelli dell'epoca coloniale, si
svilupparono conflitti e lotte tra le multinazionali,
spalleggiate militarmente dalle Forze Armate governative, e i
settori operai e contadini, influenzati in buona misura dal
Partito Comunista Colombiano, sorto nel 1930, e raggruppati nella
prima confederazione sindacale colombiana, fondata nel 1937. Un
momento cruciale si ebbe il 9 aprile 1948, quando venne
assassinato il "caudillo" liberale Jorge Eliecer Gaitan, che
godeva di un diffuso prestigio popolare e che si profilava come
futuro presidente, fatto questo di fronte al quale vasti settori
popolari si mobilitarono e si sollevarono per protestare,
diventando protagonisti di scontri e devastazioni in diverse
località del paese, e in primo luogo nella capitale. I
conservatori portarono avanti la persecuzione nei confronti di
tali settori , fino al punto che dal 1948 al 1953 furono
assassinate in Colombia oltre trecentomila persone da agenti
della polizia, dall'esercito e da bande paramilitari allora
chiamate "pajaros" e "chulavitas". A partire da questo fenomeno,
conosciuto e definito dagli stessi storici come "la Violencia",
iniziarono a sedimentarsi le basi funzionali di una strategia di
accumulazione delle ricchezze. Gli imprenditori e la borghesia
industriale colombiana tesserono un'alleanza con i grandi
proprietari terrieri per articolare, nelle pianure del paese
tradizionalmente adibite all'allevamento, una nuova agricoltura
meccanizzata e tecnicizzata. Essendo incontenibile la pressione
per modernizzare l'agricoltura, si profilarono tre possibili
percorsi:
1) espandere le fattorie contadine dei coloni
attraverso una riforma agraria democratica;
2) chiedere in concessione ad un alto prezzo le
terre delle estensioni da allevamento, che dominavano le pianure
tra le valli;
3) espropriare in modo violento gli appezzamenti
ai contadini, soluzione per cui optarono e che applicarono
deprivandoli delle loro terre a sangue e fuoco.
La violenza divenne dunque in Colombia un meccanismo formidabile
di sviluppo del capitalismo, che generó l'emigrazione di
contadini sconfitti ed "esiliati" che costituirono un'abbondante
mano d'opera a basso costo, e che sostituí in diverse
regioni una radicata economia di autoconsumo con un'economia
mercantile. Fu fatto ricorso alla violenza e al vandalismo,
stimolando i sentimenti più infami, distruttivi e
meschini. La formula consistette nell'esacerbare nel popolo le
differenze tra liberali e conservatori, al fine di occultare gli
interessi economici di fondo, e cioè l'allargamento dei
latifondi e l'ottenimento di una forza lavoro salariata a
bassissimo costo, che si recò nelle città non
perché attratta dalle comodità della vita moderna o
perché allontanata gradualmente a causa
dell'impossibilità di competere con l'agricoltura
industriale, bensì in quanto espulsa dalle proprie terre
attraverso il terrore.
Nel 1953 una giunta militare, capeggiata dal generale Rojas
Pinilla, prese il potere e proclamò un'amnistia che
però fu accettata solamente dalle autodifese armate e
guerriglie influenzate dal Partito Liberale. Vale la pena di
sottolineare un fatto che avvenne, e che da quel momento in
avanti si sarebbe tradotto in una costante in tutti i tentativi
di pacificare il paese: una volta consegnate le armi da parte di
un'organizzazione, i suoi dirigenti finirono per essere
assassinati. Parallelamente, le autodifese influenzate dal
Partito Comunista decisero di non accettare l'amnistia, si
insediarono in quelle regioni in cui il latifondo e i militari
non avessero facile accesso e portarono avanti lo sviluppo delle
proprie esperienze ed organizzazioni militari di difesa. Nel 1957
le contraddizioni tra la dittatura militare e la borghesia,
rappresentata dal Partito Conservatore e da quello Liberale, si
acuirono; questi due partiti, ricorrendo ad una riforma
costituzionale, crearono il "Fronte nazionale", un mostro
antidemocratico per mezzo del quale si distribuirono il potere
per sedici anni ed esclusero dalla partecipazione elettorale
tutti gli altri movimenti e partiti. Venne in tal modo attribuito
uno status costituzionale al bipartitismo, così come
all'esclusione politica, un altro dei fattori che hanno generato
la violenza in Colombia.
Conseguentemente ai nuovi scenari che si delinearono con la
rivoluzione cubana, del 1959, gli Stati Uniti articolarono una
strategia globale per evitare che tale esperienza si propagasse
negli altri paesi dell'America Latina, lanciando un piano
conosciuto come "Alleanza per il Progresso" che consistette
nell'assicurare la "difesa continentale" dalla minaccia del
"comunismo internazionale". A tal scopo questo piano fece proprio
il cavallo di battaglia della necessità di garantire la
"sicurezza nazionale" mediante l'elaborazione di un programma di
aiuti militari finalizzati a combattere il nemico all'interno
delle frontiere dei vari paesi, definito "nemico interno" dagli
stessi manuali militari che esprimevano gli orientamenti della
"Dottrina della Sicurezza Nazionale". Il Pentagono, di comune
accordo con i comandi militari colombiani, scelse come terreno
sperimentale per questa guerra preventiva la Colombia, per
diverse ragioni di carattere geopolitico, socio-economico e
storico. Nell'ambito del "Plan LASO" (Latin American Operation
Security), nucleo strategico dell'applicazione della suddetta
guerra preventiva, nel 1964 il governo colombiano inviò
16.000 soldati, appoggiati dall'aviazione statunitense e dotati
dell'armamento più sofisticato, con tanto di bombe
batteriologiche, per radere al suolo quelle comunità di
contadini che, espulsi dalle loro terre dalla violenza dello
Stato, si erano rifugiati in alcune regioni per continuare a
lavorare la terra, dandosi forme e norme di convivenza che lo
Stato colombiano ed il governo USA avevano definito come
inaccettabili "repubbliche indipendenti" all'interno dello stesso
territorio colombiano, identificate come un pericoloso
esperimento socialista. In particolar modo l'attacco più
aggressivo fu contro Marquetalia, Marulanda Velez, attuale
Comandante in Capo delle Forze Armate Rivoluzionarie della
Colombia-Esercito del Popolo, FARC-EP, nate da quella
resistenza.
Di fatto, venne scatenata una guerra che continua tutt'oggi,
durante la quale i governi di turno hanno più volte
rifiutato le proposte di dialogo esternate dal movimento
guerrigliero, fino a quando nel 1984 vennero siglati, tra il
governo del conservatore Belisario Betancur e le FARC-EP, gli
accordi di "La Uribe". In base a questi l'allora governo si
impegnò a fare alcune riforme politiche, sociali e
istituzionali, mentre nasceva, l'Unión Patriotica, per
veicolare la partecipazione dei diversi settori politici e
sociali tradizionalmente esclusi, e per prendere parte in modo
aperto e legale alla vita politica del paese. Dopo soli sei mesi
dalla sua creazione (1985), la UP ottenne il consenso elettorale
più importante di tutta la storia della sinistra
colombiana a partire dalla fondazione della repubblica,
configurandosi come punto di riferimento politico di massa per
un'alternativa di cambiamento nel paese. Nel giro di dieci anni
oltre quattromila dirigenti dell'Unión Patriotica sono
stati assassinati, così come migliaia di sindacalisti,
dirigenti popolari, militanti comunisti, studenti, difensori dei
diritti umani, indigeni e una gran parte dei dirigenti e dei
militanti di quelle organizzazioni guerrigliere che tra la fine
degli anni '80 e l'inizio degli anni '90 si erano smobilitate.
Questa repressione sistematica ha evidenziato come l'eliminazione
fisica e "scientifica" di qualsiasi opposizione legale al regime
bipartitico, abbia caratterizzato la politica terrorista dello
Stato colombiano.
Prendendo in considerazione questa sintesi della storia
contemporanea della Colombia, si può dedurre che una
costante nel corso della stessa è stata la violenza come
metodo privilegiato di accumulazione e concentrazione delle
ricchezze, della terra e dei capitali, e di esclusione di
importanti settori politici e sociali dalla possibilità di
una partecipazione politica nella gestione e nella conduzione del
paese. Ciò ci porta ad individuare la natura intrinseca,
in termini politici ed economici, del conflitto sociale e armato
che da oltre cinquant'anni perdura in Colombia. La costante
ingerenza degli Stati Uniti d'America in Colombia. Un'altra
costante nella storia contemporanea della Colombia, come
precedentemente detto, ha a che vedere con una permanente, anche
se diversificata nelle sue forme e intensità, ingerenza
degli Stati Uniti d'America in Colombia.
E' importante spiegare alcune delle ragioni che hanno portato e
che continuano a portare gli USA a considerare la Colombia come
un paese d'importanza fondamentale ai fini del mantenimento del
suo controllo politico, economico e militare nell'ambito
continentale, e perfino mondiale. Da un lato bisogna dire che la
Colombia è un paese estremamente ricco dal punto di vista
reale e potenziale, essendo il maggior esportatore al mondo di
smeraldi, il secondo di caffè, fiori e banane, il terzo
paese con le più abbondanti risorse idriche, oltre ad
avere importanti giacimenti di petrolio, oro, carbone ed altri
minerali; il 40 % del suo territorio è ricoperto da selve
vergini, che oltre a rappresentare una fonte inestimabile di
legname di alta qualità costituiscono il cuore di uno dei
sistemi di biodiversità più vari e ricchi del
pianeta. Infine, la Colombia è un paese che può
produrre qualsiasi prodotto agricolo durante tutto l'anno,
disponendo di un'infinità di microclimi che oscillano tra
gli zero e i quaranta gradi, nonché di
un'eterogeneità straordinaria di territori che vanno dal
livello del mare a 5700 metri di altitudine. Bisogna tener
presente, alla luce di queste considerazioni, che l'America
Latina rappresenta lo scenario privilegiato di accumulazione
economica per gli Stati Uniti nell'ambito della concorrenza su
scala mondiale, della globalizzazione e del modello neo-liberista
quali processi permanenti.
La Colombia, da parte sua, costituisce il collegamento
geo-territoriale tra la "longa manus" degli USA, ossia il
Centroamerica, e l'America meridionale, oltre ad essere il paese
in cui si trova in una fase più avanzata il progetto di
costruzione di un altro canale inter-oceanico. Un'altra ragione
è legata all'importanza rivestita dalla Colombia rispetto
al fenomeno del narcotraffico, che come in seguito sarà
spiegato è al contempo un grande affare capitalista e un
pretesto di legittimazione dell'intervento militare. Questi
fattori assumono un'ulteriore trascendenza se si osserva che
recentemente le contraddizioni socio-economiche, acuite
indubbiamente dalla crisi (sicuramente di carattere strutturale,
più che congiunturale), hanno provocato l'estendersi di
significative mobilitazioni di massa, di sollevazioni popolari e
della messa in discussione sempre più diffusa e
argomentata del neoliberismo, in special modo nell'Ecuador e in
Venezuela, cosa che induce gli Stati Uniti a considerare tali
paesi come "cattivi esempi che potrebbero minare il processo di
normalizzazione democratica in América Latina..."
PARAMILITARI, ESERCITO,
GUERRIGLIE E VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI [ su ]
Colombia 2000. L'ultima cronaca di un conflitto aberrante.
Massacri, omicidi selettivi, esecuzioni extragiudiziali,
sparizioni forzate, torture e maltrattamenti, sequestri, atti di
terrorismo, attacchi alla popolazione civile inerme, 'limpieza
social'(la pratica violenta attraverso la quale vengono eliminati
fisicamente i cosiddetti "indesiderabili": senza tetto, bambini
della strada, prostitute, spacciatori di roga e
tossicodipendenti, ecc.), violazione sistematica dei diritti
civili e politici, inosservanza delle garanzie sociali ed
economiche.
Circa 3.500 morti in un anno, più di trentamila negli
ultimi dieci; oltre 2.100.000 in totale i colombiani in fuga
entro il territorio nazionale. 23 milioni di poveri su una
popolazione stimata in 36 milioni; più di 800.000 senza
tetto. Colombia, un paese che sembra non ottenere il diritto alla
memoria e alla giustizia. Da quasi cinquant'anni formalmente
democratico ma da altrettanto tempo lacerato da un conflitto
interno che non può più essere definito 'a bassa
intensità'. Una guerra voluta e combattuta da pochi e
subita da troppi, che dissemina disperazione e morte nel cuore
degli stessi vivi. Che non lascia spazio a progetti e sogni e che
i colombiani cercano di dimenticare nella individualistica
ricerca del successo personale, nello slancio verso una nuova
vita all'estero o nelle notti 'parranderas'(sfrenate) del fine
settimana.
Più di due tre milioni di colombiani sono andati via negli
ultimi 10 anni. Secondo una ricerca realizzata dall'Anif
(Associazione nazionale di istituzioni finanziarie) il 7.8% dei
cittadini oggi vive all'estero, soprattutto negli Stati uniti, in
Venezuela e in Ecuador. "L'emigrazione - afferma il rapporto
pubblicato all'inizio di quest'anno - è una valvola di
sfogo per un paese lacerato che in questo momento non offre
opportunità economiche e sociali e tantomeno
stabilità, sicurezza e protezione ai suoi cittadini. Le
cronache dei fine settimana sembrano bollettini di guerra:
durante lo scorso ponte del primo maggio, nella città di
Medellìn sono risultate morte 47 persone in sole 72
ore.
Mentre le aree rurali vengono sempre più investite dal
conflitto e dalle crisi economica e le cinture periferiche delle
grandi città diventano 'ollas' consegnate ad una violenza
insostenibile, mentre povertà e insicurezza dilagano, le
priorità delle èlite politiche ed economiche
colombiane si rivolgono ad altro. Verso la progettazione e la
implementazione, in alleanza strategica con gruppi di potere
multinazionale, di mega opere strutturali che deturpano il
paesaggio e provocano gravi fratture storiche e culturali. Verso
l'accettazione passiva di selvagge politiche di aggiustamento
strutturale responsabili di una crescente polarizzazione
economica. Verso la attuazione di un immenso piano internazionale
di aiuti (il Plan Colombia) che si dichiara 'per la pace' mentre
contempla solo ingenti investimenti militari e la fumigazione
delle coltivazioni illecite, estremamente dannosa per il
territorio che ne sarà interessato e per i suoi
abitanti.
Quando, tra la fine degli anni '80 e la prima metà degli
anni '90, la situazione dei diritti umani in Colombia
iniziò a farsi preoccupante, le Nazioni Unite proposero al
governo la definizione di speciali strumenti di rappresentanza e
vigilanza internazionale. In questo spirito, nel 1996 venne
insediata la 'Oficina del Alto Comisionado de las Naciones Unidas
para los derechos humanos en Colombia' (Ufficio dell'Alto
Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani in Colombia,
OACNUDH). Nel quadro di questo accordo, l'OACNUDH ha il compito
di osservare la situazione dei diritti umani (DU) e del diritto
internazionale umanitario (DIU) con l'obiettivo di assessorare le
autorità colombiane nella formulazione e applicazione di
politiche, programmi e misure dirette a promuovere e proteggere i
diritti dei cittadini. L'accordo è stato prorogato per la
terza volta fino ad aprile 2002 e per l'anno 2001 si prevede
l'apertura di altri uffici nel paese.
Lo staff dell'OACNUDH prepara con cadenza annuale un rapporto che
si basa su informazioni raccolte direttamente o inviate da
entità locali, ong, organizzazioni internazionali, privati
cittadini: durante il 2000 sono state 1.017 le denunce e
segnalazioni ricevute. Nell'aprile di quest'anno, Mary Robinson,
Alta Commissaria, presenta a Ginevra l'ultimo rapporto sulla
situazione in Colombia. Il verdetto è durissimo,
soprattutto nei confronti delle responsabilità dirette e
indirette del governo. Principalmente per l'atteggiamento ambiguo
che continua a tenere nei confronti dei gruppi paramilitari,
responsabili del maggior numero di violazioni che si siano
registrate nel paese. Ma anche per le scelte politico-economiche
adottate; per lo scarso impegno rivolto alla definizione di una
decisa politica di protezione dei DU; per l'inadempimento di
importanti raccomandazioni internazionali e la scarsa attenzione
rivolta a meccanismi importati di denuncia e tutela come quelli
che offre la presenza dello stesso OACNUDH.
Secondo quanto afferma il rapporto, in materia di DU "il
principale problema non consiste nella carenza di norme,
programmi, meccanismi e istituzioni, ma nella mancanza della
messa in pratica delle une e degli altri, con decisioni, azioni e
risultati tangibili". Le istituzioni colombiane alle quali
l'OACNUDH era riuscito negli anni passati a offrire
accompagnamento, appoggio e consulenza in vista della promozione
di programmi e azioni concrete, sono state dissolte o emarginate
dalle principali linee di azione della politica governativa; in
alcuni casi, invece, sono state orientate verso problematiche non
prioritarie o l'esito delle loro attività non è
stato all'altezza della dimensione della crisi. Alle segnalazioni
dell'OACNUDH su casi e situazioni specifiche (come quelle di
allerta preventiva) il governo ha risposto nella stragrande
maggioranza con interventi "insoddisfacenti, inoperanti e
puramente burocratici. Anche quando lo stesso presidente Pastrana
ha preso seria nota, la qualità della risposta non
è stata diversa", denuncia ancora l'OACNUDH.
Come già negli anni passati, la pubblicazione del rapporto
dell'ACNUDH ha provocato reazioni di protesta e indignazione da
parte del governo. Le Nazioni Unite vengono accusate di
screditare l'operato di chi sta affrontando un difficile processo
di pace e di contribuire alla perdita di fiducia dei colombiani
in istituzioni che, invece, da parte comunità
internazionale dovrebbero ricevere invece sostegno e appoggio.
Durante l'anno 2000 in Colombia le violazioni dei diritti umani
sono state gravi, massive e sistematiche. Ugualmente ricorrenti
le infrazioni al DIU, che nella maggior parte dei casi hanno
avuto come bersaglio deliberato la popolazione civile inerte.
Principali diritti colpiti: il diritto alla vita, alla
integrità personale, alla libertà e alla sicurezza
personale. Principali responsabili delle violazioni, anche nel
2000 i gruppi paramilitari.
Secondo l'OACNUDH, il fenomeno paramilitare continua a
rafforzarsi e consolidarsi, mentre l'impegno del governo per
fronteggiarlo è ancora debole. Inoltre, persistono
preoccupanti vincoli tra funzionari pubblici e membri di tali
gruppi. Sotto accusa principalmente l'esercito, responsabile di
avere coperto e appoggiato le loro operazioni, quando non di
averne preso direttamente parte. Il rapporto denuncia che, quando
l'OACNHDU si è rivolto alle autorità per informarle
dell'esistenza di basi e posti di blocco paramilitari o per
allertarle sul rischio imminente di loro attacchi, le misure
adottate dal governo sono state nulle o inefficaci. Rispetto alla
origine del fenomeno, la responsabilità storica dello
Stato è innegabile, dal momento che i gruppi paramilitari
poterono contare su un riscontro legale dal 1965 al 1989. Oggi, a
dieci anni dalla dichiarazione di incostituzionalità delle
legge che ne regolava l'organizzazione e il funzionamento, non ne
è stato ancora raggiunto lo smantellamento. Quando la
legge colombiana autorizzò, nel 1965 appunto, la
costituzione di gruppi di tutela e autodifesa con una 'presunta'
funzione controinsorgente, ai militari vennero affidati compiti
di promozione, selezione, organizzazione, addestramento,
fornitura di armi e appoggio logistico. A quegli anni risale
l'inizio di una relazione mai interrotta tra le organizzazioni di
'autodefensas' e il potere militare istituzionale. I gruppi
paramilitari, nei fatti, si trasformarono in battaglioni di
'offesa' piuttosto che di 'difesa', per operare fuori della
legalità con l'obiettivo di stroncare la guerriglia. Oggi
il paramilitarismo non è solo un soggetto 'militare', in
quanto rappresenta anche un grosso potere economico e gestisce la
parte maggiore del narcotraffico.
L'atteggiamento ambiguo dello Stato rispetto alle forme private
di giustizia si ripete recentemente, con la introduzione nel 1994
di un 'Decreto straordinario' (il nº 356), tutt'ora in
vigore, che stabilisce le norme per la istituzione di 'Servizi
speciali di vigilanza e sicurezza privata', meglio conosciuti
come associazioni 'Convivir'. Sebbene con funzioni ristrette
rispetto a quelle previste dalla legge precedente, le 'Convivir'
sono agenzie private con funzioni di polizia, sulle quali pesano
sospetti di relazione con i gruppi paramilitari e di
coinvolgimento in atti di 'limpieza social'. Già nel
rapporto dell'anno passato, l'OACNUDH aveva segnalato che tra il
1997 e il 1998 ne è stata concretamente incoraggiata e
organizzata la proliferazione in varie regioni del paese, senza
un adeguato meccanismo di controllo e supervisione e che noti
paramilitari hanno finito per dirigere alcune di queste
associazioni. Per tutte queste ragioni, le Nazioni Unite e la
comunità internazionale hanno più volte sollecitato
il governo a procedere ad una soppressione delle CONVIVIR e ad un
deciso attacco a tutti i gruppi di 'autodefensas'.
Complessi intrecci tra istituzioni dello Stato e gruppi di potere
politico-economico al cui servizio operano i paramiliari,
tuttavia, hanno impedito finora la definizione di strumenti di
repressione appropriati. Basta citare, a questo proposito, il
fatto che Alvaro Uribe Vélez, promotore del secondo dei
due provvedimenti legislativi citati e sospettato di 'vicinanze'
con le 'autodefensas', è tra i candidati favoriti ad
assumere la prossima presidenza della Repubblica. Tra i
più gravi effetti del conflitto armato, il 'desplazamiento
forzado' (processo di allontanamento forzato dalle proprie case
che interessa i rifugiati interni) ha ormai assunto i caratteri
di una emergenza umanitaria, per via delle dimensioni assunte,
per le 'ferite' sociali, politiche, e culturali che produce, per
gli interrogativi profondi che apre sulla storia e sul futuro
della nazione. Durante il 2000, 300 mila colombiani sono fuggiti
dalle proprie case.
A più di 10 anni dall'emergere del fenomeno, la materia
è stata regolata nel 1997 dalla legge n. 397, con la quale
lo Stato assume chiare responsabilità non solo in tema di
prevenzione, assistenza e protezione ma anche rispetto alla
riabilitazione delle vittime, ritorno al luogo di origine o
riubicazione. La maggior parte delle disposizioni, tuttavia,
rimangono lettera morta. Il risultato è una situazione di
generale abbandono per la maggioranza delle vittime, che si
concentrano nelle aree urbane o nelle loro immediate periferie,
senza possibilità di accesso ai servizi di base o a
opportunità lavorative. Secondo dati elaborati nel 2000
dal CODHES (Consultoria para los derechos humanos y el
despalazamiento, di Bogotà), il 46% dei desplazados vive
in stanze o in abitazioni precarie in zone di invasione e di alto
rischio; solo il 34% di loro gode dell'assistenza sanitaria e una
percentuale ancora più ridotta (15% dei minori in
età scolare) ha accesso all'istruzione. L'indice di
disoccupazione tocca il 48,9% e la economica informale
costituisce la principale opzione di sopravvivenza. Tutti
subiscono un grave peggioramento della qualità della vita
in relazione agli standard di cui godevano prima della fuga. La
concentrazione nei quartieri marginali delle grandi città,
inoltre, sta provocando la rottura di già fragili
equilibri sociali, aprendo scenari dagli esiti
imprevedibili.
Nei limitati casi in cui è stata operata la riubicazione o
il ritorno, non è mai stata realizzata una riparazione
adeguata per i beni persi, non sono state valutate in maniera
dovuta le condizioni di sicurezza né predisposte adeguate
garanzie. Per questa ragione spesso alla misura di reinserimento
ha fatto seguito un nuovo 'desplazamiento'. Il notorio e
oggettivo aggravamento della situazione colombiana ha provocato
la chiusura di molteplici spazi di partecipazione, denuncia,
ricerca e monitoraggio, danneggiando lo sforzo congiunto delle
entità che lavorano nel campo, particolarmente delle
organizzazioni non governative. Il clima di intimidazione e
insicurezza che regna nel paese rende frequentemente vittima di
minacce e persecuzione giudici, difensori dei diritti umani,
sindacalisti, giornalisti, rappresentanti e membri delle
minoranze etniche. I diritti economici, sociali e culturali non
hanno ricevuto la dovuta attenzione da parte dello Stato, che non
ha adottato nessuna misura che andasse nella direzione di
favorire la diminuzione della breccia di iniquità
esistente tra strati della popolazione e aree geografiche, il
miglioramento della situazione dei gruppi più
svantaggiati, in materia di occupazione, educazione, salute e
altri diritti basici.
Il rapporto segnala con preoccupazione l'incremento della
violenza contro i minori, vittime del conflitto, di sequestri, di
aggressioni in famiglia, di abuso sessuale. Circa un milione i
bambini che vivono nella strada, 6.000 sono quelli coinvolti nei
gruppi armati (paramilitari o guerriglieri) e 600 quelli morti
nel 2000 a causa della violenza. Ogni 24 ore in Colombia muoiono
violentemente 12 bambini. Rispetto alla situazione delle donne,
si segnala la continua discriminazione nelle sfere
dell'educazione, del lavoro e della partecipazione politica. Le
donne costituiscono il maggior numero di popolazione
'desplazada', sono le vittime principali dei casi di violenza
intrafamiliare e sessuale e vengono in misura sempre maggiore
coinvolte nel traffico di persona. Uno scenario tanto
preoccupante si colloca in un contesto di crescente
polarizzazione politico-sociale, i cui effetti hanno iniziato ad
attraversare lentamente tutti temi centrali dell'attuale momento
storico colombiano.
Durante il 2000 la scena politica è stata segnata da acute
divergenze emerse all'interno delle élite politiche nei
dibattiti su riforme, referendum, politiche di aggiustamento
economico, negoziazioni di pace, 'Plan Colombia'. Quanto al
processo di pace, il Governo si è impegnato per avanzare
verso la adozione di accordi di pace e ha portato avanti numerose
iniziative con questo obiettivo. Ciononostante, l'appoggio alla
continuazione delle negoziazioni con le FARC è diminuito
considerevolmente nel paese. Alcuni settori sociali e leader
politici chiedono la cessazione della 'zona di distensione'
('Zona de despeje' o 'zona de distensiòn'. Richiesta dalla
FARC come condizione di sicurezza imprescindibile, era stata
originariamente stabilita per tre mesi e, al principio di
quest'anno, è stata prorogata fino al 31 gennaio 2002.
L'accordo prevede il ritiro della forza pubblica dalla zona e la
gestione delle questioni di ordine pubblico da parte
dell'amministrazione esclusiva delle FARC. Nei fatti, la misura
ha condotto ad una chiara mancanza di garanzie e all'assenza di
meccanismi efficaci di tutela per la popolazione. Di fronte
all'assenza di varie entità dello Stato, le FARC si sono
trasformate di fatto nella principale se non esclusiva
autorità) e l'inizio di offensive militari su grande scala
contro le guerriglie nonché l'approvazione di norme che
rendano possibile la creazione di 'milizie' armate ad hoc, cosa
che preannuncia una pericolosa escalation della confrontazione
bellica. A sua volta, sono state avanzate proposte governative di
cambi normativi importanti che potrebbero danneggiare e limitare
diritti e garanzie costituzionali e aggravare la situazione di
impunità.
Secondo l'OACNUDH, oltre ad comportare conseguenze negative per i
dialoghi di pace, gli effetti di detta polarizzazione
politico-sociale rischiano di debilitare gli spazi di
negoziazione a tutti i livelli e di accelerare processi di
deistituzionalizzazione dello Stato di diritto che potrebbero
interessare il prossimo ciclo politico del paese. Per questa
ragione, la sfida principale in Colombia adesso è data per
le Nazioni Unite dalla "necessità di riaggruppare le
volontà nazionali per tornare a indirizzare il paese verso
un cammino di rispetto e vigenza dei diritti fondamentali, di
pieno sviluppo umano e di una pace giusta e duratura". Nel paese,
i principali gruppi armati insorgenti (le guerriglie), che si
oppongono allo Stato, sono le "Forze armate rivoluzionarie di
Colombia (FARC), la "Unione Camilista - Esercito di liberazione
nazionale (UC-ELN), l'"Esercito popolare di liberazione" (EPL).
Accanto a essi, si collocano gruppi paramilitari che si
autodenominano "autodefensas" e che pretendono mostrarsi come
forze di puro carattere contro-insorgente. La componente
più rilevante di queste si identifica pubblicamente e
collettivamente nelle "Autodefensas Unidas de Colombia" (AUC), il
cui nucleo più forte e conosciuto è rappresentato
dalle "Autodefensas Campesinas de Córdoba y Urabá"
(ACCU).
Le violazioni dei diritti umani operate dai gruppi paramilitari
coinvolgono la responsabilità dello Stato per diversi
ragioni. Innanzitutto, allo Stato si devono imputare
responsabilità per l'esistenza, lo sviluppo e l'espansione
del fenomeno paramilitare. Inoltre, si registrano situazioni
nelle quali l''appoggio', la 'acquiescenza' o la 'tolleranza' da
parte di funzionari pubblici è stata fondamentale nelle
loro operazioni. Egualmente, si devono considerare costitutivi di
violazioni ai diritti umani i fatti perpetrati da integranti dei
gruppi paramilitari grazie a 'omissioni' da parte delle
autorità.E' importante segnalare che in molti casi emerge
la responsabilità diretta o indiretta dello Stato sia in
materia di violazione dei Diritti Umani (DU) che di infrazioni al
Diritto Internazionale Umanitario (DIU). L'OACNUDH ha continuato
a rilevare sistematiche infrazioni al diritto internazionale
umanitario ad opera di tutti le parti che si confrontano.
L'imbarbarimento progressivo delle modalità del conflitto
e la sua degenerazione sono molto profondi e gli appelli agli
attori armati perché subordinino le proprie azioni al
rispetto del diritto internazionale umanitario ed evitino
conseguenze sulla popolazione civile e danni all'ambiente sono
totalmente disattesi e persino respinti.
Tutti gli attori del conflitto, compresa la forza pubblica, hanno
praticato e fatto ricorso alla restrizione della circolazione di
viveri e altri beni per debilitare le forze avversarie, colpendo
invece in misura più rilevante la popolazione civile. Nel
periodo del presente rapporto, il Governo ha ripreso l'iniziativa
di avviare dialoghi di pace con l'ELN, ricercando le condizioni
per realizzare la 'Convenzione nazionale' sollecitata da questo
gruppo. Vari governi stranieri e diversi leader politici e
sociali colombiani si sono coinvolti attivamente nello sforzo.
Inoltre, si è anche conformato un 'Gruppo di paesi amici',
formato da Cuba, Spagna, Francia, Norvegia e Svizzera. Le parti
sono giunte alla ipotesi di creare una 'zona di convivenza' per i
dialoghi in tre municipi dei dipartimenti di Antioquia e
Bolívar e sono giunti ad alcuni accordi previ relativi
alle misure di verifica internazionale e alla presenza di
autorità giudiziali nella zona. Tuttavia la messa in
marcia del processo è bloccata a causa dell'attiva
presenza paramilitare nella regione e dell'agitazione sociale
guidata da gruppi civici e politici a livello locale che hanno
rifiutato l'iniziativa.
Come conseguenza di questi dialoghi, l'ELN ha liberato il 24
dicembre, a Convención (Norte de Santander), 42 soldati e
poliziotti che teneva sotto sequestro. Dall'altra parte, dopo due
anni dall'inizio dei dialoghi tra il Governo e le FARC, il
bilancio dei risultati e delle difficoltà non è
semplice, tenuto conto del fatto che i dialoghi hanno avuto come
sfondo la continuazione della confrontazione armata. Per effetto
di questi dialoghi, è stata definita una 'zona de
distensión' che comprende un'area di 42.000 km2 situata in
cinque municipi dei dipartimenti del Meta e del Caquetá,
dai quali si sono ritirati gli effettivi della forza pubblica. Il
mantenimento del meccanismo della 'zona de distensión'
è stato arduo. Mentre si chiude questo rapporto, il
Governo ha autorizzato la sua vigenza fino al 31 di gennaio del
2002. Le parti hanno affermato che la zona ha permesso di
avanzare nella costruzione di una fiducia tra le parti. Delegati
del governo e delle FARC hanno realizzato all'inizio dell'anno un
viaggio ufficiale a vari paesi d'Europa. Le parti hanno segnalato
allo stesso modo il successo nella discussione di una agenda
tematica.
Occorre annotare che si è andata registrando un'ampia
apertura nella componente della delegazione negoziatrice
governativa. Nel territorio della 'zona de distensión'
hanno avuto luogo momenti di interlocuzione aperti alla
società civile, attraverso il meccanismo delle 'udienze
pubbliche'. Tuttavia, il processo ha subito crisi che hanno
condotto varie volte al congelamento dei dialoghi. Lo
scoraggiamento dell'opinione pubblica di fronte all'assenza di
avanzamento e di accordi concreti, all'incremento del confronto
armata, alla sua degradazione e all'altissimo costo umano che
arreca, hanno condotto il processo ad un punto di crisi. Alcuni
si interrogano sulla convenienza di prolungare il meccanismo
della zona di distensione. La zona di distensione si è
caratterizzata per una notevole assenza di meccanismi di
controllo da parte dello Stato. I tribunali di San Vicente del
Caguán e di Mesetas, chiusi l'anno passato, sono stati
riaperti. Come si è segnalato l'anno passato, le FARC si
sono convertite di fatto nella autorità. Anche quando
esistono tribunali in municipi limitrofi alla zona, i loro
abitanti non vi ricorrono, a causa delle minacce provenienti dai
gruppi paramilitari lì presenti. La 'Defensoría del
Pueblo' ha potuto continuare la propria opera con cinque uffici
locali, con l'appoggio finanziario internazionale. Le FARC sono
state poco ricettive agli interventi della Defensoría
relative a infrazioni del DIU.
L'OACNUDH non ha registrato cambiamenti sostanziali nella
condotta delle FARC nella 'zona de distensión'. I fatti
più gravi, già trattati in altri capitoli,
includono gli omicidi di persone accusate di collaborare con
gruppi paramilitari, il reclutamento di minori di età, la
cattura di ostaggi, ivi compresi i bambini, i quali sarebbero
tenuti in prigionia nella stessa zona, ove verrebbero anche
negoziati i riscatti. Si sono registrati gesti positivi da parte
delle FARC, come la restituzione di alcuni minori di quindici
anni alle loro famiglie. Tuttavia, questi fatti hanno
rappresentato una eccezione e i comportamenti sono diversi a
seconda dei fronti e dei comandanti che operano in ciascuna
località. Nel municipio di Vistahermosa, per esempio,
è aumentata la pressione sulla popolazione e il controllo
sull'amministrazione del municipio ed è stata imposta
anche la rinuncia di vari funzionari, tra cui quella del
'personero'(entità municipale incaricata dell'osservazione
e della denuncia sul rispetto dei diritti dei cittadini)
municipale. Va ricordato che nel 1999 il sindaco di questo
municipio è stato ucciso a Villavicencio per mano dei
guerriglieri.
Durante il 2000, l'OACNUDH ha visitato varie volte la 'zona de
distensión', ed ha avuto modo di esprimere presso la
dirigenza delle FARC i temi che considera di maggiore
preoccupazione, principalmente la mancanza di rispetto al DIU nel
paese e le preoccupazioni specifiche su questa zona. La FARC
hanno ammesso le responsabilità a loro imputate per quanto
avviene nella zona, sebbene ne abbiano dato una giustificazione.
Il Ministro degli Interni in una audizione, convocata il 7
dicembre dalla Corte Costituzionale per analizzare la
legalità della determinazione di detta zona, ha sostenuto
che al governo non risultava in maniera probatoria che si fossero
commessi infrazioni o delitti imputabili alle FARC. In linea con
le osservazioni riportate dall'Alta Commissaria nei rapporti
anteriori, il Governo accetta che il paramilitarismo rappresenti
'una grave minaccia alla istituzionalità e sia
responsabile di una gran parte dell'incremento delle violazioni
dei DU'. Aggiunge, inoltre, che è 'uno dei fattori che
più contribuisce alla degradazione del confronto armata'
dato che 'utilizza come principale forma di azione lo strumento
del terrore contro la popolazione [...] per mezzo dell'assassinio
selettivo o del massacro indiscriminato', con il proposito di
'provocare il 'desplazamiento' massivo...' (I gruppi illegali di
Autodefensa in Colombia, Ministero della difesa, dicembre
2000).
Secondo il Governo, l'origine del fenomeno paramilitare e la
spiegazione del suo attuale grado di sviluppo si riassume
nell'articolazione criminale delle bande di narcotrafficanti con
reti di appoggio sociali, economiche e politiche in contesti
locali e regionali molto particolari. L'OACNUDH ha osservato e
segnalato che, storicamente, la legislazione e le politiche
statali hanno avuto una responsabilità innegabile
nell'attuale grandezza e nelle caratteristiche del fenomeno. A
questo si devono aggiungere le notorie responsabilità
individuali di funzionari pubblici nel corso degli ultimi anni,
cosí come i cicli di attivo impegno delle forze militari
attraverso modalità di inclusione di civili armati nella
lotta controinsorgente. Quando si procede a valutare l'efficacia
reale dell'azione statale contro il fenomeno paramilitare, i
risultati presentati dal Governo contrastano con l'accelerata
espansione dei gruppi paramilitari, che sono presenti oggi per lo
meno in 409 municipi (il 40% del paese). Il Ministero della
Difesa riconosce che attualmente operano più di 8.000
paramilitari, il che significa un incremento dell'81% negli
ultimi due anni.
Durante l'anno passato, l'OACNUDH ha potuto rilevare in maniera
diretta l'allarmante consolidazione e propagazione del
paramilitarismo, così come la crescente capacità
operativa. Basti menzionare le azioni dei fronti
'Pacífico', 'Farallones' e 'Paez', che operano
principalmente nei municipi di Buenaventura e Jamundí,
cosi come nel municipio di Buenos Aires (Cauca). E' anche notoria
l'estenzione dell'influenza e della presenza delle AUC dalle zone
del basso e medio corso del fiume Atrato verso la sua zona alta
nel dipartimento del Chocó, che hanno sprofondato
nell'angoscia - anche nelle zone urbane - le località di
Turbo, Apartadó e Quibdó. Nel dipartimento di
Córdoba l'egemonia paramilitare è crescente in
diversi settori della società e la pressione è
divenuta evidente, in particolar modo, negli spazi politici e
accademici. Nella regione del Catatumbo (Norte de Santander) il
paramilitarismo controlla già il municipio di
Tibú.
Nelle sue continue visite nelle zone rurali del paese, l'OACNUDH
ha continuato a raccogliere ed a essere testimone di molteplici
indizi sull'esistenza di atteggiamenti omissivi così come
di vincoli stretti e persistenti tra alcuni integranti della
forza pubblica e i gruppi paramilitari. La triste rivelazione che
alcuni dei militari destituiti quest'anno sono passati a
ingrossare le file dei paramilitari pochi giorni dopo il loro
allontanamento dal servizio attivo, è un fatto addizionale
di grande importanza e motivo di seria riflessione. In molti
casi, il lavoro di denuncia dell'OACNUDH è stato vano,
dato che persino il governo non ha risposto con efficacia quando
gli sono state fatte rivolte preoccupate segnalazioni. Per
esempio, all'entrata della 'vereda El Placer' (Ndt: la 'vereda'
è un piccolo insediamento contadino) è notoria
l'esistenza di un blocco paramilitare ad appena quindici minuti
da La Hormiga (Putumayo), ove è ubicato un battaglione
dell'esercito della XXIV Brigada. Otto mesi dopo che l'OACNHDH ha
riportato l'osservazione direttamente a quest'ultimo, il blocco
continuava a operare. Le autorità militari hanno negato
per iscritto che esista questa posizione paramilitare. Nello
stesso dipartimento, l'OACNUDH ha anche rilevato che gruppi
paramilitari si erano insediati e operavano nella fattoria 'Villa
Sandra', tra Puerto Asís e Santa Ana, a pochi minuti dalle
strutture della XXIV Brigada dell'esercito. Posteriormente a
questa segnalazione, è pervenuta una informazione di due
sopralluoghi realizzati dalla forza pubblica che, apparentemente,
non hanno dato risultati. Tuttavia, l'esistenza e il mantenimento
di detta postazione è di pieno dominio pubblico, tanto che
è stata visitata in ripetute occasioni da giornalisti
internazionali, che hanno pubblicato interviste con il
comandante. Secondo testimonianze ricevute dall'OACNUDH, inoltre,
nella stessa fattoria 'Villa Sandra' si sarebbero realizzate
riunioni tra membri della forza pubblica e paramilitari.
A fine luglio, l'OACNUDH ha allertato le autorità sul
pericolo imminente di una incursione paramilitare nel centro
urbano di La Dorada, municipio di San Miguel (Putumayo), che
effettivamente ha avuto luogo il 21 settembre. I paramilitari
sono rimasti varie settimane nella località, nonostante si
trovi a pochi minuti dalla base dell'esercito di la Horniga. Dal
24 marzo l'OACNUDH ha segnalato alle autorità l'esistenza
di una base paramilitare nella fattoria "La Iberia", municipio di
Tuluá (Valle del Cauca), senza che fino alla chiusura di
questo rapporto sia pervenuta una risposta su alcuna azione al
rispetto. A 'El Guamo', regione dei Montes de María
(Bolívar), esiste una base paramilitare la cui posizione
è stata persino riconosciuta presso l'OACNUDH da
autorità militari della I^ Brigada a Sincelejo (Sucre); da
qui si sarebbero ordinati i massacri di Ovejas ed El Salado.
Nella frazione di San Blas (Bolívar), in posizione di
controllo degli accessi alle località di Santa Rosa e
Simití, si trova un'altra base paramilitare. Nel mese di
maggio, l'OACNUDH ha fornito informazioni alle autorità su
un'altra base, a "El Jordán", municipio di San Carlos
(Antioquia). I battaglioni Controguerriglia N.4 'Granaderos' e
N.42 'Héroes de Barbacoas' sono posizionati a circa 20
minuti dal posto.
In tutti i luoghi citati, i paramilitari sono rimasti
indisturbati e hanno commesso omicidi e massacri nei centri
urbani e nella aree rurali di essi. In contrasto con le grandi
offensive militari contro le guerriglie, nelle quali si applicano
ingenti risorse umane e logistiche in campagne che durano
settimane, i risultati che si sono presentati nel quadro
dell'esecuzione della politica governativa contro il
paramilitarismo e il funzionamento del Decreto 324 de 2000, sono
limitati. Vale la pena di ricordare che nei massacri di
Unión (Antioquia) il 8 luglio e della Ciénaga
Grande di Santa Marta (Magdalena i) il 22 novembre, è
stato denunciato il comportamento omissivo della forza pubblica.
Durante i massacri nelle comunità di pace di San
José di Apartadó (Antioquia), il 19 febbraio e di
El Salado/Ovejas (Bolívar /Sucre), 16-19 febbraio,
l'OACNUDH ha ricevuto testimonianze sulla partecipazione diretta
di membri delle forze militari.
A quanto detto, si deve aggiungere la disinvoltura
facilità preoccupante con la quale il principale capo
paramilitare del paese, Carlos Castaño Gil, ha ottenuto
quest'anno una visibilità pubblica davanti ai mezzi di
comunicazione nazionali e internazionali (nel mese di marzo 2000,
Carlos Castaño Gil è stato visto da milioni di
colombiani durante una intervista televisiva durata più di
due ore e trasmessa dalla catena nazionale RSN). Castaño,
che ha raccontato che il suo intinerario controinsurgente
è iniziato con la partecipazione in addestramenti che si
realizzavano nelle installazioni del 'Battaglione Bomboná'
(Battaglione di fanteria Nº 42 dell'esercito) negli anni
'80, confessa che il 70% del finanziamento delle proprie
attività proviene dal narcotraffico e chiede che il
governo consideri i paramilitari come un attore armato
indipendente nei processi di negoziazione.
Durante l'anno 2000, l'espansione, l'escalation e la degradazione
del conflitto armato hanno esasperato il problema del
'desplazamiento' forzato. Gli attori armati hanno continuato ad
intensificare le loro operazioni in tutto il paese e il
'desplazamiento' continua ad essere una strategia di guerra nella
lotta per il controllo del territorio. Attualmente, la quasi
totalità dei dipartimenti sono colpiti da questo flagello.
La Consultorìa para los Derechos Humanos y el
Desplazamiento (CODHES) riporta la cifra di oltre 308.000 persone
'desplazadas' da gennaio a novembre del 2000. La cifra più
alta si sarebbe registrata nel terzo trimestre con 93.216
persone. Queste cifre rappresentano un inquietante incremento,
dal momento che si situano intorno a quelle registrate nel 1998,
il peggiore degli anni passati, però senza i dati del mese
di dicembre. Tuttavia, il problema non si circoscrive alle
popolazioni in fuga dell'anno 2000, dato che la maggior parte dei
'desplazados' degli anni passati non hanno visto risolta la loro
situazione e si trovano disoccupati, con deficit alimentari,
senza abitazioni e nella totale indigenza.La situazione
costituisce una emergenza umanitaria nell'ambito nazionale, con
possibilità di estensione ai paesi vicini.
L'incidenza delle minacce di morte, dei massacri e dei posti di
blocco sui 'desplazamientos' forzati è inequivocabile. Il
CODHES ha sottolineato il fatto che durante il periodo di
maggiore afflusso di 'desplazados', l'abbandono dei luoghi di
residenza ha avuto una relazione diretta con i 53 massacri
avvenuti nel periodo, che hanno lasciato un saldo di 285 morti.
Quanto alla responsabilità, la stessa fonte ha segnalato
che, durante il primo semestre del 2000, i principali
responsabili hanno continuato ad essere i gruppi paramilitari nel
49% dei casi, seguiti dalle guerriglie con un 28% e le forze
militari con un 5%. Nel 2000, si sono, tuttavia, incrementati in
forma considerevole i casi provocati da attori non identificati,
che hanno raggiunto il 16%, il che significa che gli attori
armati cercano di occultare la propria identità e non
rivendicano i fatti di violenza che ne sono all'origine. Il
Ministero della difesa non ha reso pubblico i dati relativi
all'intero anno 2000 ma soltanto le cifre relative al periodo
compreso tra gennaio e giugno. Secondo questi dati, il 71% dei
desplazamientos sarebbero stati causati dai gruppi paramilitari,
il 14% da gruppi guerriglieri, il 15% come conseguenza di azioni
di guerriglia e paramilitari e il 0,04% da agenti armati dello
Stato.
I dipartimenti più colpiti, sia in quanto zone di
ricezione che di espulsione, continuano ad essere Antioquia,
Bolívar, Valle del Cauca, Atlantico, Magdalena e la
città di Bogotá. Il fenomeno si è
incrementato nei dipartamenti di Putumayo, Nariño, Meta,
Tolima e Huila. All'origine non solo le violazioni dei DU e le
infrazioni al DIU perpetrate. L'impunità che ha regnato in
relazione a questo fenomeno, sommata all'inazione statale in tema
di prevenzione, hanno fatto sì che le popolazioni
adottassero la fuga come misura preventiva di fronte a ordini,
intimidazioni, minacce o alla semplice presenza di attori armati.
L'OACNUDH ha allertato sulle minacce dirette di 'desplazamientos'
forzati o sulla crescente insicurezza nelle zone di espulsione o
di ricezione e ha sollecitato il Governo ad adottare azioni
puntuali per contrastare dette minacce. Tuttavia, non ha ottenuto
risposte soddisfacenti. Quanto all'attenzione alle persone
coinvolte, va detto che la 'Rete di solidarietà
sociale'(entità incaricata di coordinare le azioni di
appoggio alle popolazioni sfollate) non è una struttura
sufficientemente decentrata, sebbene abbia presenza in ciascun
dipartimento. Gli uffici regionali non hanno ricevuto la dovuta
autonomia quanto ai processi decisionali o all'amministrazione
delle risorse, che continuano ad essere prevalentemente gestite
da Bogotá. L'attenzione alle vittime si è
concentrata essenzialmente nell'aiuto umanitario di prima
emergenza, che continua in gran parte ad essere offerto dalla
comunità internazionale, in particolare del Comitato
Internazionale della Croce Rossa (CICR), entità che tra
gennaio e ottobre ha assistito 106.981 persone e 22.564 famiglie
nonostante abbia abbandonato a se stesse in condizioni di totale
indigenza un gruppo di famiglie di "desplazados" che ne hanno
occupato la sede centrale a Bogotà.
I 'desplazados' non ricevono sufficienti protezioni e garanzie di
sicurezza da parte dello Stato. In molte zone di arrivo,
l'OACNUDH ha registrato casi di minacce e attentati contro di
loro e in particolare contro i leader. In questo senso, è
estremamente preoccupante la diminuzione degli spazi umanitari in
varie regioni. Il Governo non ha creato ancora un programma di
protezione e non ha preso misure per lottare contro la
discriminazione e la stigmatizzazione della quale essi sono
oggetto. L'OACNUDH segnala con preoccupazione che ancora non si
conta su un meccanismo legale idoneo per la riubicazione o il
ritorno. Nell'anno passato, gran parte dei ritorni di massa si
sono realizzati sulla base di fragili accordi con gruppi armati
illegali, senza che lo Stato avesse adempiuto ai doveri di
protezione e attenzione.
PLAN COLOMBIA E INGIUSTIZIA
SOCIALE [ su ]
Nell'autunno del 2000, il Congresso degli Stati Uniti ha
stanziato 1.374 milioni di dollari a favore del cosiddetto 'Plan
Colombia', l'articolato programma di lotta alle coltivazioni di
coca, di riforme economiche strutturali e di 'rafforzamento delle
istituzioni dello Stato', predisposto dal Presidente
Andrés Pastrana. In realtà il 'Plan' rivisto da
Washington ha un respiro geografico più ampio ed è
finalizzato all'intervento degli Stati Uniti in tutta l'area
andina. Il pacchetto di 'aiuti' assegna direttamente alla
Colombia più del 65% dell'ammontare del budget, 862,3
milioni di dollari, tre quarti dei quali in elicotteri e
sofisticati sistemi d'arma, a cui si aggiungeranno 330 milioni in
aiuti supplementari secondo il piano di 'assistenza militare' del
Dipartimento della difesa per il biennio 2000-2001.
Oltre 55 milioni di dollari sono stati invece destinati ad
attività e programmi 'classified', cioè sottoposti
al segreto militare, da realizzare in Colombia e nei paesi
andini, più 277 milioni a favore delle 'agenzie
statunitensi impegnate nella lotta al narcotraffico' e 118
milioni per il miglioramento dei velivoli radar in forza al
Dipartimento della difesa e all'Us Customs Service che operano
nell'area. Il Congresso ha altresì assegnato 180 milioni
di dollari per 'programmi di assistenza militare' ai paesi andini
limitrofi, Perù, Ecuador e Bolivia.
Onde fornire un'immagine più 'umanitaria' e 'sociale' del
'Plan Colombia', gli Stati Uniti hanno previsto una serie di
contraddittori ed ambigui interventi di "rafforzamento delle
istituzioni colombiane", per un valore di 218 milioni di dollari.
In realtà si tratta di interventi prevalentemente
finalizzati alla fumigazione delle coltivazioni di coca, alla
creazione di speciali 'gruppi di polizia investigativa' sul
modello Fbi, e al cosiddetto "sviluppo regionale alternativo",
che sancisce la piena apertura dei mercati andini agli
investimenti e alle imprese statunitensi. E' stato inoltre
istituito un fondo destinato alla "difesa dei diritti umani" (51
milioni), ma la denominazione non deve ingannare più di
tanto. Si tratta infatti di finanziamenti destinati a creare
'unità per i diritti umani' nelle procure e nella polizia
nazionale, migliorare i sistemi di protezione di testimoni e
giudici impegnati nei procedimenti penali e 'supportare' alcune
istituzioni statali e non-governative e l'Ufficio di
Bogotà dell'Alto commissariato Onu per i diritti
umani.
Il 'Plan Colombia' afferma di "voler migliorare il sistema
giudiziario dando maggiore impulso alle indagini ed
agilità nei processi". In realtà, il governo
disconosce la necessità di una profonda riforma politica e
dei poteri pubblici, e non prevede la soluzione di "importanti
temi giuridici come la riforma integrale del sistema penale e
penitenziario, l'entrata in vigore del nuovo codice penale
militare, la realizzazione della giurisprudenza della Corte
costituzionale in materia di tribunali militari, l'eliminazione
della giustizia 'senza volto'". Alla data odierna, esistono
almeno quattro versioni del 'Plan Colombia', da utilizzare
secondo l'interlocutore e il momento. La prima stesura del
progetto, presentata segretamente nel novembre del 1999 al Senato
Usa dal presidente Pastrana e dall'ambasciatore colombiano negli
Stati Uniti Luis Alberto Moreno, ha come obiettivo cardine quello
di "ottenere un sostegno ai propri sforzi militari in tre aree
geografiche, prima nel distretto di Putumayo e poi, nei prossimi
due anni, nel centro e nell'area sudoccidentale della Colombia".
In questa versione il 'processo di pace' occupa solo il 5°
punto. La seconda versione del 'Plan Colombia' è stata
fornita ai mass media nel febbraio 2000: il processo di pace
viene presentato come punto principale e si ridimensiona il peso
degli aiuti militari. La terza versione è stata
indirizzata all'Unione Europea: vi si enfatizza "l'investimento
sociale", si sottolineano gli "sforzi per la difesa dei diritti
umani" e si sopprimono i riferimenti al "rafforzamento militare".
L'ultima edizione del 'Plan Colombia' è stata presentata
agli ambasciatori della comunità internazionale, in
occasione della loro recente visita alla 'zona di distensione' di
San Vicente del Caguán, località prescelta per
l'avvio del dialogo di pace tra il governo colombiano e il gruppo
guerrigliero delle Farc (Fuerzas Armadas Revolucionarias de
Colombia). Questo documento pone l'accento al "rafforzamento
della pace e delle istituzioni democratiche" del paese
sudamericano. Unici obiettivi comuni nelle quattro versioni
quello di "implementare i mezzi necessari per attrarre gli
investimenti stranieri e promuovere l'espansione del commercio" e
realizzare "una strategia fiscale e finanziaria che adotti mezzi
severi di austerità e di aggiustamento".
"Il Plan Colombia è una strategia integrata per rafforzare
la pace, riattivare l'economia e generare occupazione, proteggere
i diritti umani, rafforzare la giustizia e aumentare la
partecipazione sociale" ha dichiarato il presidente Pastrana in
occasione della sua visita al Parlamento europeo, nell'autunno
'99. Immediata la risposta di tutti i maggiori organismi
finanziari: il Fondo monetario ha già sottoscritto un
accordo a sostegno del programma di aggiustamento economico del
governo e per i prossimi tre anni fornirà 2,7 miliardi di
dollari, mentre un altro miliardo e mezzo è stato promesso
dalla Banca mondiale. La Internacional Financing Corporacion
(IFC), agenzia di 'cooperazione' della Banca mondiale, ha invece
concesso un credito di 154 milioni di dollari per l'avvio di
progetti infrastrutturali, petroliferi e minerari. L'italiano
Pino Arlacchi, direttore del Programma delle Nazioni Unite per la
lotta alla droga (Undcp), ha annunciato 100 milioni di dollari
per l'implementazione del piano di eradicazione aerea. Nel mese
di giugno del 2000 il presidente del consiglio spagnolo
Josè Maria Aznar, ha convocato a Madrid, con il patrocinio
del 'Banco Interamericano de Desarrollo' (BID), i paesi partner
dell'Unione, più i rappresentanti delle Nazioni Unite,
Giappone e Canada, per apportare ulteriori aiuti finanziari al
'Plan Colombia'. Le diffidenze di alcuni paesi europei hanno
impedito che si giungesse ad una risoluzione unitaria a favore
del programma del governo colombiano. In concreto l'Unione
Europea, nell'esprimere la propria contrarietà al
programma militare e di eradicazione aerea delle piantagioni di
coca, si é impegnata a intervenire finanziariamente a
favore dei programmi sociali che favoriscano la 'riconciliazione
nazionale'. Solo la Spagna ha deciso di destinare al 'Plan
Colombia' 124 milioni di dollari, a cui hanno fatto seguito gli
impegni di Tokio per un prestito di 70 milioni e del 'Banco
Interamericano de Desarrollo' per un apporto di 300
milioni.
Mentre una parte della comunità internazionale sostiene
attivamente i piani militari e di aggiustamento strutturale del
governo colombiano, la situazione economica è diventata
gravissima: il paese è nel mezzo della sua peggiore
recessione dopo il 1931, la domanda interna è crollata, il
settore industriale non regge la competizione con i produttori
emergenti del continente, la fuga di capitali è impetuosa.
Secondo i dati ufficiali dell'istituto nazionale di statistica,
nel 1999 gli scambi si sono contratti del 5,8% e il Prodotto
Interno Lordo (Pil) si è ridotto del 4%, valore
parzialmente compensato dalla lieve crescita del 3% del Pil nel
2000. In conseguenza il Pil pro capite della Colombia si é
ridotto da 6.810 a 6.006 dollari. Il debito statale è
invece raddoppiato in cinque anni; attualmente rappresenta il
42,8% del Pil e da solo assorbe una quota del bilancio statale
cinque volte superiore a quella programmata per il settore degli
investimenti produttivi.
La disoccupazione ha superato il 20% e aumentano ogni giorno
povertà e indigenza. Nell'ultimo anno, nelle maggiori
città del paese, i nuovi disoccupati sono cresciuti di
108.000 unità. Quasi tre colombiani su dieci hanno
ingressi inferiori alla 'linea d'indigenza': 8.300.000 persone
cioè, non sono in grado di ottenere l'ingresso economico
necessario a coprire il costo degli alimenti base. Per coloro che
accedono ad un lavoro, il reddito non garantisce i livelli minimi
di sopravvivenza: il 77% dei lavoratori percepisce appena un
salario minimo (260.000 lire circa), un altro 15% due salari
minimi e solo l'8% più di due. In Colombia si espande a
vista d'occhio la precarietà e l'informalità
occupazionale: solo il 7,5% dei lavoratori colombiani è
vincolato stabilmente ad un'impresa o ad un impiego pubblico.
Come denuncia lo stesso Undp (il Programma delle Nazioni Unite
per lo Sviluppo), la recessione è il risultato più
evidente della politica neoliberista intrapresa a fine anni '80 e
a cui gli ultimi governi hanno dato un'accelerazione tagliando
gli investimenti nelle politiche sociali. "Gli aggiustamenti
macroeconomici hanno avuto costi sociali e incidenze negative
rappresentate dai minori redditi, dal deterioramento del capitale
umano, dalla disoccupazione e dalla maggiore disuguaglianza"
scrive Undp.
Se si prende come riferimento il cosiddetto "indice di sviluppo
umano" (indicatore che ai parametri economici aggrega quelli
più prettamente socioculturali ed ambientali, legati alla
qualità della vita e all'accesso ai servizi), il quadro
colombiano assume tinte ancora più fosche. Ancora Undp
sottolinea la progressiva retrocessione del paese sudamericano
nel triennio 1997-99. Se la Colombia occupava nel '97 il posto
numero 57 nella classifica dello 'sviluppo umano', i notevoli
squilibri interni hanno posizionato il paese, due anni più
tardi, al 68° posto. Il documento dell'organismo
internazionale segnala due problemi che impediscono alla Colombia
di ottenere un maggiore e più equilibrato 'sviluppo
umano': la violenza che colpisce in particolare la popolazione
maschile tra i 25 e i 50 anni di etá (dunque la fase di
vita 'produttiva') e la disuguaglianza nella distribuzione delle
risorse. Inoltre persistono grandi differenze sociali tra i
dipartimenti del paese. Regioni come il Chocó,
Nariño e Caquetá, infatti, se considerate
singolarmente, occuperebbero solo il 174° posto nella
classifica mondiale dello 'sviluppo umano'.
Gli indicatori della disastrosa politica economica neoliberista
sottolineano la forte distorsione nella ridistribuzione del
reddito e delle ricchezze: secondo il rapporto del 'Dipartimento
nazionale di pianificazione' (Dnp), nel 1999 il 50% della
popolazione ha dovuto ripartirsi il 13,8% del reddito totale del
paese, mentre un 20% ha avuto accesso al 62,4% di esso. Buona
parte della popolazione - il 45% nelle aree urbane e l'80% in
quelle rurali - ha percepito redditi tanto esigui da non poter
soddisfare necessità basiche, come abitazione, salute,
istruzione. Le 'nuove riforme economiche' hanno accentuato la
discriminazione e l'ingiustizia sociale: i tre principali gruppi
economici del paese si appropriano del 36% del prodotto interno e
i maggiori cinque gruppi finanziari controllano il 92% delle
attività del settore. Mentre la distanza tra ricchi e
poveri nei paesi del nord Europa mantiene un rapporto di 6 a 1,
in Colombia il rapporto è di 46 a 1. Il paese si conferma
come la principale realtà sudamericana che "si distingue
per non aver incorporato il valore dell'uguaglianza e dei diritti
civili nella sua vita quotidiana e nella sua organizzazione
sociale. Il modello dello sviluppo adottato, oltre a mantenere e
riprodurre le disuguaglianze tra ricchi e poveri, genera una
rigida segmentazione, aumenta la distanza sociale tra i
differenti settori e rende difficili i meccanismi di
mobilità e crescita sociale". Il 'Plan Colombia', come
vedremo, è il nuovo meccanismo di difesa militare e di
consolidamento dell'ingiustizia.
Aiuti in cambio di riforme e
privatizzazioni
Miliardi in 'aiuti' dunque, condizionati a che si completino le
riforme strutturali di mercato. La lista di queste 'riforme'
è lunga ed articolata: modifiche sostanziali allo stato
sociale, 'razionalizzazione' delle finanze statali con tagli al
settore pubblico e congelamento dei salari, privatizzazione del
sistema bancario e delle maggiori imprese statali, imposizione
dell'Iva a numerosi beni e servizi di prima necessità.
Secondo il presidente Andrés Pastrana, l'obiettivo cardine
del Piano nazionale di sviluppo è quello di "stimolare la
partecipazione dei privati nei settori degli acquedotti e delle
reti fognarie; la concessione dell'amministrazione delle reti
viarie; degli aeroporti regionali; delle piccole centrali
idroelettriche e delle reti di distribuzione; dei fiumi, dei
canali navigabili e dei porti della rete fluviale nazionale;
così come la prestazione dei servizi di telecomunicazioni
". L'amministrazione ha già pronto l'elenco dei beni
pubblici da svendere al capitale finanziario nazionale e
internazionale: l'istituto per la Sicurezza sociale, i maggiori
enti elettrici ('Isa' ed 'Isagen') ed altre quattordici imprese
di distribuzione locali, il complesso carbonifero del
Cerrejón (tra i maggiori di tutta l'America Latina), le
imprese di telecomunicazioni di Bogotá e Pereira, tre
banche statali, gli scali aerei internazionali di Bogotá e
Medellín, le reti fluviali del Meta, dell'Orinoco e del
Putumayo.
Il governo Pastrana punta poi alla ulteriore flessibilità
del mercato del lavoro, alla riduzione dei salari d'ingresso, a
modificare il regime di pagamento del lavoro nei giorni festivi,
ad eliminare gli oneri sociali e i sussidi a favore dei
dipendenti, ad innalzarne l'età pensionistica, ad
esonerare gli impresari a devolvere parte dei profitti
all'Istituto Colombiano di Bienestar Familiar, alle Casse di
compensazione imprese-lavoratori e al Sena, l'istituto nazionale
di formazione professionale. Si accelererà altresì
il trasferimento alle entità territoriali e alle
comunità degli investimenti nei settori della
sanità, dell'educazione e dei servizi sociali, già
di responsabilità statale, nonostante i 3/4 dei municipi
non siano in grado, per mancanza di fondi, di finanziare le spese
dei propri apparati burocratici. Intanto, in ossequio alla
ricetta del Fondo monetario, gli investimenti pubblici sono stati
ridotti di un 25% e sono stati licenziati oltre 5.000 impiegati
statali e decine di migliaia di dipendenti degli enti locali, in
buona parte del settore educativo, dell'agricoltura e dei
trasporti.
All'erosione del potere di acquisto dei salari e dei diritti
contrattuali si è accompagnata una forte politica
repressiva e persecutoria dello Stato e delle grandi imprese a
danno dei dipendenti, fattore che ha costretto l'Oil
(Organizzazione Internazionale del Lavoro) a sanzionare la
Colombia per le continue violazioni dei diritti sindacali e
l'illegittimità di alcune norme del codice del lavoro
fortemente discriminanti in tema di contrattazione collettiva e
libertà di associazione. Intanto, nella totale assenza di
protezione statale, sono stati assassinati negli ultimi dieci
anni 2.800 tra dirigenti e attivisti sindacali (172 nel solo '99
e 102 nei primi dieci mesi del 2000), mentre 193 lavoratori sono
stati fatti 'sparire' nel nulla. Quasi 900 sindacalisti, la
maggior parte dei quali del settore contadino e dell'istruzione,
sono stati costretti ad abbandonare i luoghi di residenza per le
minacce ricevute. Amnesty International ha denunciato come
nell'ultimo biennio, centinaia di sindacalisti ed attivisti della
società civile sono stati vittime di arresti e
procedimenti penali per reati politici "secondo procedure che non
rispettano la normativa internazionale in materia di processi
equi".
Il governo di Bogotà preme infine per aderire in tempi
brevi al Nafta (l'accordo sul libero commercio dell'America del
Nord), proprio quando la dipendenza di beni alimentari dagli
Stati Uniti è diventata totale. Lo scorso anno sono stati
importati nel paese sudamericano mais, grano, olio di soia e riso
per un valore di 502 milioni di dollari con conseguenze nefaste
per la produzione nazionale, la bilancia dei pagamenti e il
debito estero. I dati forniti dal ministero dell'economia
confermano che le aree sottoposte a semina di prodotti agricoli
sono diminuite di un milione di ettari tra il '90 e il '98,
mentre nello stesso periodo le importazioni di alimenti sono
quasi quintuplicate, passando dai 1.200 ai 5.800 milioni di
tonnellate. La Colombia è d'interesse vitale per gli Stati
Uniti che rappresentano il suo maggior socio commerciale
(comprano il 32% delle sue esportazioni legali e apportano il 36%
delle importazioni) e forniscono la percentuale più alta,
il 51,2%, degli investimenti stranieri per un ammontare di 4.491
milioni di dollari. "Il paese è un importante partner
economico degli U.S.A.: è il nostro 5° maggiore
mercato di esportazione in America Latina". Così ha
giustificato il varo del nuovo pacchetto di aiuti, l'ex
sottosegretario di Stato per gli Affari politici Thomas
Pickering, uno dei maggiori sostenitori del 'Plan Colombia'. Se
l'obiettivo primario del Pentagono è quello di riaffermare
i propri interessi geostrategici nell'area andina, similarmente a
quanto successo nell'ultimo decennio in Medio Oriente, nel Golfo
Persico e nei Balcani, eliminando contestualmente dal 'cortile di
casa' qualsiasi focolaio di guerriglia 'filo-comunista', la
strategia del Dipartimento statunitense risponde al crescente
interesse del capitale nazionale di promuovere le esportazioni
alla Colombia, intervenire direttamente nella realizzazione delle
imponenti opere programmate (dighe, centrali idroelettriche,
arterie stradali e fluviali), perpetuare il monopolio delle
compagnie nazionali nell'estrazione del petrolio e del
carbone.
La priorità di assicurare l'investimento straniero in
particolare nell'industria petrolifera è stata inserita
nel testo di emendamento al 'Plan Colombia', proposto dai
senatori democratici Dewine, Grassley e Coverdell. "Con gli
aiuti" - si legge nell'emendamento - "s'insisterà a che il
governo della Colombia completi le riforme urgenti orientate ad
aprire completamente la sua economia agli investimenti e al
commercio estero, particolarmente all'industria petrolifera". Lo
stesso senatore Coverdell ha giustificato gli aiuti alla Colombia
con lo scopo di "proteggere gli interessi petroliferi in
Venezuela paese strategico al centro di una profonda crisi
politica, sociale ed economica". Per sponsorizzare l'approvazione
del 'Plan Colombia', si è presentato in audizione al
Congresso il vicepresidente della 'Occidental Petroleum Company -
Oxy', Lawrence Meriage. Il responsabile della multinazionale
petrolifera su cui vanta una partecipazione per mezzo milione di
dollari l'ex vicepresidente degli Stati Uniti Albert Gore, ha
chiesto che gli aiuti militari non siano destinati solo "a
recuperare il controllo del sud della Colombia, dove pure stiamo
operando", ma anche alle aree più settentrionali, "come il
Nord di Santander, alla frontiera con il Venezuela, dove stiamo
per intraprendere le operazioni di trivellazione e dove le
coltivazioni di coca sono aumentate del 300%". Il vicepresidente
della 'Oxy' si è guardato bene dal riferire al Congresso
che la sua compagnia si trova a fronteggiare in Colombia la
resistenza del gruppo indigeno U'wa che si è visto
espropriare parte dei terreni per consentire l'insediamento di
nuovi pozzi, e che minaccia il suicidio collettivo come
purificazione contro l'indebita appropriazione di quello che
considera il "sangue delle terre ancestrali".
Il governo di Bogotá ha deciso di fornire le migliori
garanzie al capitale straniero, flessibilizzando
l'interpretazione delle norme costituzionali e legislative in
materia d'investimenti internazionali nel settore energetico.
L'impresa statale 'Carbocol' é stata venduta recentemente
ad un consorzio di aziende di Gran Bretagna, Sudafrica e
Svizzera, e si é deciso di affidare ai privati tutte le
attività relative al trasporto, all'immagazzinamento, alla
raffinazione ed alla distribuzione degli idrocarburi. La
compagnia petrolifera statale 'Ecopetrol' ha firmato nell'ultimo
anno 32 contratti con società estere (tra le più
note la 'Occidental Petroleum', la 'Canadian Petroleum', la
'Total', la 'Chevron' e la 'British Petroleum'), che investiranno
nel paese per il quadriennio 2000-2003 oltre 672 milioni di
dollari e che grazie ad iniqui 'contratti di associazione'
potranno rivendere alla compagnia statale colombiana il crudo
necessario per la raffinazione al prezzo internazionale di
mercato. Dalla privatizzazione del settore delle
telecomunicazioni, il governo colombiano spera di ricavare utili
per un miliardo di dollari. In corsa per accaparrasi le imprese
del settore, ancora una volta le statunitensi 'Bell South', 'Mci'
ed 'At&t', le stesse che lo scorso anno soffiarono alla
italiana 'Telecom' il controllo della principale società
statale di telefonia cellulare, la 'Celumobil'. Inoltre è
stato riformato il settore bancario per promuovere gli
investimenti esteri (oggi il capitale straniero controlla il 27%
degli istituti finanziari). In questo settore, in particolare,
sono forti gli interessi degli istituti di credito spagnoli (e
ciò spiega l'attivismo del governo iberico a favore del
'Plan Colombia'). Il 'Banco Santander' sta per acquisire
importanti sportelli pubblici, mentre il 'Banco Bilbao Vizcaya'
ha già assunto il controllo del 'Banco Ganadero',
già messo sotto attenzione dalle autorità
colombiane per sospette operazioni finanziarie a favore degli
uomini del Cartello di Cali.
Bogotá ha infine rinnovato gli accordi preferenziali di
mercato con gli Stati Uniti (l'effetto è stato il crollo
del prezzo dei prodotti agricoli tipici, cotone, caffè,
mais), dando il via alla fluttuazione del tasso di cambio con il
dollaro. Unico settore produttivo interno favorito dalle manovre
è quello dell'industria tessile che ha migliorato le
esportazioni al gigante nordamericano abbattendo i salari della
manodopera (non oltre i 150 dollari mensili per turni settimanali
che sfiorano le 60 ore). L'apertura al capitale internazionale e
il rafforzamento del trattato di libero commercio, sono forse la
contraddizione più grande del 'Plan Colombia', che nelle
intenzioni dell'establishment dovrebbe avviare attività
economiche di contrasto alle coltivazioni illegali e alla
'narcoeconomia'. Queste coltivazioni sono cresciute proprio a
seguito della liberalizzazione dell'economia dell'ultimo
decennio. La privatizzazione delle grandi banche e del mercato
dei cambi, l'ammodernamento del sistema finanziario e delle
telecomunicazioni, la privatizzazione dei porti e la creazione di
zone franche in tutto il paese (i punti cardine delle riforme
liberiste imposte dalla Banca mondiale e dal Fondo monetario
internazionale), come sottolinea l'Osservatorio Geopolitico delle
Droghe di Parigi, hanno favorito "l'espansione della
quantità di valuta originata dai traffici illeciti" che ha
fatto ingresso in Colombia, accelerando il processo di
'narcodollarizzazione' dell'economia. Un elemento talmente noto
nei circoli finanziari internazionali che a fine '98, in
occasione di un incontro con i funzionari del governo e del
'Banco de la República', il responsabile della delegazione
tecnica del Fondo monetario Michell Seruzier, ha suggerito di
"misurare l'impatto reale del denaro sporco nell'economia
colombiana per incorporarlo al sistema contabile nazionale".
L'evoluzione della percezione della
minaccia
La Colombia è senza alcun dubbio il paese del continente
americano più 'monitorato' dagli strateghi del Pentagono.
Già a partire dal 1993, l'area andina settentrionale
veniva inserita tra le quattro zone del pianeta, insieme a Medio
Oriente, il sud-est asiatico ed i Balcani, "potenzialmente
più conflittive tra il 1992 e il 2010". E' in queste aree
che gli Stati Uniti percepiscono la maggiore minaccia al 'nuovo
ordine internazionale' sorto dopo il crollo del muro di Berlino e
la guerra del Golfo. Cinque anni più tardi, maggio '98, i
vertici dello Stato maggiore Usa si davano appuntamento
all'Università della difesa nazionale di Washington per
esaminare gli sviluppi del conflitto armato in Colombia. Una
seconda riunione veniva organizzata a fine '98 dal dipartimento
dell'Us Army presso il proprio College di Carlisle, in
Pennsylvania. Sei mesi dopo, si svolgeva una terza riunione per
mettere sotto attenzione geostrategicamente il paese
sudamericano. Per quest'ultimo appuntamento era la Cia ad
incaricarsi dell'organizzazione: ai lavori prendevano parte
più di cinquanta ufficiali del Pentagono, del Dipartimento
di stato, dell'Fbi, della Dea e dell'agenzia d'intelligence. I
tre incontri testimoniavano il progressivo stato d'allarme
manifestato dagli alti vertici militari di Washington. Mentre nel
primo incontro la Colombia fu percepita come un "problema per
l'area", a Carlisle il paese venne identificato come un "grave
fattore di destabilizzazione della sicurezza regionale". Nel
terzo incontro il giudizio fu di aperto pessimismo e gli analisti
prospettarono la possibilità di una "guerra totale",
dell'"estensione del conflitto" e perfino di una sua
"balcanizzazione".
Come se non bastasse, a metà novembre '99, il responsabile
del Comando Sud degli Stati Uniti, generale Chales Wilheilm,
dichiarava pubblicamente che "la Colombia ha preso il posto di
Cuba come principale minaccia alla pace nell'emisfero
occidentale...". A conferma dell'importanza strategica assunta
dal paese andino nei piani di ridefinizione del proprio ruolo di
'dominus' dell'emisfero, la Colombia veniva eletta a meta
preferenziale delle visite dei maggiori esponenti della politica
militare statunitense. Uno dopo l'altro giungevano a
Bogotá lo 'zar antidroga' Barry Mc Caffrey, il segretario
della difesa William Cohen, il sottosegretario di stato Peter
Romero, la direttrice del Centro Emisferico per gli Studi della
Difesa (istituzione creata dal Pentagono nel '97 per "seguire gli
eserciti del continente"), Margaret Daly Hayes, e lo stesso
generale Charles Wilheilm, che per le sue 'attenzioni' alla
Colombia ha ricevuto la massima onorificenza della Repubblica, la
Croce d'oro bolivariana. Ad avviare i programmi di 'aiuto
militare' alle forze di sicurezza colombiana è intervenuto
direttamente il capo di Stato maggiore delle forze armate Usa,
generale Henry Shelton, uno dei maggiori pianificatori
dell'intervento in Kosovo, già comandante di divisione in
Vietnam, durante la guerra del Golfo e della Special Force che
intervenne ad Haiti nel 1994. Infine, nell'agosto 2000, a
sugellare la politica d'intervento nel conflitto interno
colombiano, il presidente Bill Clinton si é incontrato a
Cartagena con Andrés Pastrana. "Noi non abbiamo intenzione
di trovarci coinvolti con l'insorgenza che la Colombia affronta
da decenni" ha dichiarato Clinton, respingendo qualsiasi ipotesi
di 'vietnamizzazione' del conflitto. "Il nostro aiuto
migliorerà la eradicazione delle coltivazioni illecite, la
distruzione dei laboratori e gli sforzi d'interdizione, e
fornirà appoggio logistico e di 'intelligence' alle
missioni antidroga dei reparti colombiani".
L'opinione pubblica può dunque stare tranquilla. Nessun
militare statunitense perderà la vita durante la 'nuova
crociata contro il narcotraffico'. Eppure un misterioso incidente
verificatosi poco più di un anno fa a Patascoy, nella
selva meridionale della Colombia aveva confermato
inequivocabilmente che le forze armate Usa sono direttamente
coinvolte da tempo nel 'conflitto a bassa intensità' del
paese sudamericano. Un velivolo speciale dell'Us Air Force 'Rc-7
DeHavilland' per l'intercettazione delle comunicazioni
radiotelefoniche, era infatti precipitato tra le montagne e
cinque militari statunitensi e due ufficiali dell'aeronautica
colombiana erano morti in mezzo alle fiamme. Sulle cause
dell'incidente e sugli scopi della presenza di un velivolo
nordamericano in una zona sotto il controllo delle Farc era stato
posto il più assoluto riserbo. Sotto la pressione di
alcuni congressisti, il Dipartimento della difesa ha dovuto
ammettere che dal 1998 "il personale specializzato degli Stati
Uniti ha il compito di addestrare in sofisticate attività
d'intelligence ufficiali dei servizi segreti dell'aeronautica e
dell'esercito colombiano nelle basi di telecomunicazione di
Bogotá, San José del Guaviare e Santa Marta, nel
nord del paese". Secondo il responsabile per gli Affari
internazionali anti-droga Rand Beer, il personale Usa lavorerebbe
"per accrescere la capacità delle forze di sicurezza
colombiane a raccogliere ed analizzare le informazioni sulle
attività dei narcos e su quelle dei gruppi insorgenti che
potrebbero minacciare le forze anti-droga".
"Sono 67 gli ufficiali della Special Operation Force che operano
in Colombia" - ha aggiunto il funzionario statunitense - Essi
fanno parte del gruppo Interforze coordinato dal Comando Sud per
le operazioni speciali (Socsouth), di stanza presso la base
navale di Roosvelt Road (Portorico), che assiste oltre 1.500
membri delle forze di sicurezza in alcuni settori specifici, come
la fanteria leggera, il trasporto elicottero, ecc.". Il Pentagono
è stato poi costretto ad ammettere l'esistenza di proprie
basi radar e stazioni d'ascolto terrestri (Gbr) nelle regioni
meridionali di Guaviare (San José), Amazonas (Leticia) e
Vichada (Marandúa). "Altri due radar della rete dei
Caraibi dell'Us Air Force operano dalla penisola settentrionale
della Guajira (Rioacha) e dall'isola di San Andrés, di
fronte alla costa nicaraguense. Una quarta stazione radar Gbr
è in fase di allestimento presso la base di Tres Esquinas
(Putumayo)".
Formalmente queste installazioni radar sono sotto il controllo
delle forze armate colombiane, ma l'elaborazione dei dati viene
gestita da team di tecnici nordamericani, composti ognuno da
36-45 unità. L'eco per l'incidente al velivolo-spia,
consentiva inoltre la 'scoperta' di altri particolari inquietanti
sull'impegno militare statunitense in Colombia. Il settimanale
'Newsweek' documentava la presenza nel paese di 300 militari, tra
cui "almeno un centinaio di agenti della Dea e della Cia", e
aggiungeva che gli avieri dell'RC-7 non erano le prime vittime
Usa della 'guerra alla coca': "A partire dal 1997 sono morti tre
piloti della società privata DynCorp (Virginia) contattata
dal Pentagono per missioni di intercettazione antidroga. La
DynCorp che conta in Colombia su 90 impiegati, in coordinamento
con la Polizia nazionale ha lanciato tonnellate di defoglianti
chimici sulla selva e ha effettuato incursioni in elicottero
contro i laboratori di trasformazione".
Inizialmente il contratto firmato dal Dipartimento di stato
prevedeva che la 'DynCorp' curasse l'addestramento del nucleo
della polizia antidroga colombiana e autorizzava la
partecipazione di sei piloti e di uno staff di circa dodici
persone, quasi tutti veterani della guerra in Vietnam. A fine
'96, il contrattista assunse direttamente la partecipazione nelle
operazioni di eradicazione; solo che per mantenere 'coperta' la
missione, il personale nordamericano utilizzò velivoli
colombiani e uniformi dell'esercito nazionale. In seguito alle
proteste di alcuni settori dell'aeronautica colombiana, la
'DynCorp' iniziò ad impiegare per le operazioni di
fumigazione avionette di proprietà, ottenendo
altresì un contratto per la manutenzione dei velivoli
'Turbo Trusch T-65' della polizia colombiana. A conferma
dell'escalation delle operazioni di fumigazione chimica della
Colombia, il valore del contratto firmato dal Dipartimento di
stato con l'impresa privata della Virginia è passato dai
19,6 milioni di dollari del '96, ai 68 milioni del '98.
Nell'ultimo anno gli aerei della 'DynCorp' hanno fumigato oltre
65.000 ettari nei dipartimenti meridionali di Guaviare e
Caquetá, utilizzando il glifosato, un composto altamente
tossico. Ne vedremo in seguito con quali effetti sociali e
ambientali.
Aerei ed elicotteri "per la lotta contro la
droga"
Parallelamente al finanziamento delle operazioni di eradicazione
aerea delle coltivazioni di coca, la Casa Bianca ha autorizzato
un programma di riarmo delle forze di sicurezza colombiane che
non ha paragoni con quanto fatto in passato in altre 'regioni di
crisi' del continente americano. Solo negli ultimi tre anni,
Washington ha inviato oltre mezzo miliardo di dollari in armi
pesanti alla Colombia; il paese è divenuto così il
maggior destinatario nel mondo dell''assistenza militare' degli
Stati Uniti, accanto ad Israele ed Egitto.
"La presenza militare e gli aiuti degli Stati Uniti sono quasi
nove volte maggiori di quelli che erano nella metà degli
anni novanta" denuncia il rapporto presentato dai ricercatori
Adam Isackson e Joy Olson del 'Center for Internacional Policy',
uno dei maggiori centri indipendenti statunitensi sulle relazioni
nazionali con il sud America. "La Colombia riceve oggi più
assistenza militare da parte degli Stati Uniti in addestramento,
armi ed equipaggiamenti di quanto è ricevuto
congiuntamente da tutti i paesi dell'America Latina e dei
Caraibi. Le missioni delle Forze speciali Usa nel paese andino
sono passate dalle 20 del 1998 alle 34 dell'anno successivo. Se
sino al 1995 la Colombia riceveva annualmente 30 milioni di
dollari per la lotta al narcotraffico, nel 1999 si è
raggiunta la cifra di 294 milioni di dollari". La quota maggiore
degli aiuti militari è stata fornita dall''International
Narcotics Control' (Inc), l'agenzia antidroga del Dipartimento di
stato, che nel '99 ha stanziato per la Colombia 203 milioni di
dollari, 195 dei quali finiti direttamente alle forze armate e
alla polizia per migliorare l'operatività dei velivoli
cargo C-130 e C-26 e dei pattugliatori veloci delle coste e dei
fiumi interni.
Anche buona parte delle voci di spesa del 'Plan Colombia' sono
indirizzate all'ammodernamento della componente aerea ed
elicotteristica delle forze di sicurezza. Si prevede infatti il
trasferimento alle forze armate di 16 elicotteri Uh-60
'Blackhawk' e 30 elicotteri Uh-1h nella nuova configurazione
'Super Huey', che si aggiungeranno ai 18 velivoli della stessa
tipologia consegnati alla Colombia a fine '99. Inoltre
sará avviata la modernizzazione del velivolo A-37 in
possesso dell'aeronautica colombiana (il cosiddetto 'aereo
fantasma' con funzioni similari al velivolo-spia Usa 'Rc-7
DeHavilland' precipitato nella selva), grazie a nuovi speciali
visori infrarossi che ne rafforzeranno l'operatività
notturna. Attraverso un finanziamento supplementare di 99,5
milioni di dollari preannunciato da Clinton in occasione della
sua recente visita in Colombia, alle forze armate locali
potrebbero essere consegnati alcuni velivoli antispionaggio, tre
velivoli da trasporto 'Bufalo' e apparecchiature sofisticate per
il potenziamento della rete radar e d'intelligence. Si sta
trattando altresì la fornitura di velivoli d'attacco A-10
'Warthog' per il supporto aereo alle truppe terrestri, e di
elicotteri d'assalto 'Cobra', già utilizzati nelle
operazioni di guerra in Kosovo. Uno di questi velivoli è
stato filmato dall'emittente nazionale 'Rcn' all'interno di un
hangar dell'aeroporto militare di Bogotá dopo essere stato
messo a disposizione di alcuni piloti locali.
Il Dipartimento della difesa interverrà altresì per
ampliare la flessibilità operativa della polizia nazionale
colombiana, fornendo sistemi di comunicazione, armi e munizioni,
e finanziando la costruzione di un imprecisato numero di "basi
anti-droga" alla frontiera con Perú ed Ecuador. Nonostante
il riconosciuto fallimento della politica di 'fumigazione' aerea
(le aree destinate alla coltivazione delle foglie di coca si sono
triplicate in meno di cinque anni), gli Usa forniranno alla
polizia locale 12 elicotteri 'Super Huey' e due elicotteri
'Blackhawk' che opereranno dall'aeroporto meridionale di
Guaymaral. Gli analisti militari sperano che la
versatilità di questi strumenti possa essere determinante
per vincere la resistenza delle basi nel sud della Colombia, nei
dipartimenti del Putumayo e del Caquetá, sotto il
controllo dei principali gruppi guerriglieri (Farc ed Eln).
A questi 'aiuti' già di per sé significativi, si
devono aggiungere i sistemi d'arma acquistati dal governo
colombiano attraverso il programma Usa delle 'Vendite militari
all'estero 1999' (11 elicotteri Uh-60 'Blackhawh', 12 elicotteri
d'addestramento Th-13 'Sioux', fucili leggeri, veicoli e
munizioni) per un valore di 28 milioni di dollari, più una
spesa di 40 milioni di dollari per le armi acquisite da imprese
private statunitensi. L'amministrazione Clinton ha notificato al
Congresso la possibilità di un ulteriore trasferimento di
armi alla Colombia sempre grazie al programma di 'vendite
all'estero 2000': si tratterebbe di un megacontratto di 221
milioni di dollari per 14 elicotteri 'Blackhawk' e differenti
tipi di munizioni. Per la commessa, è già pronto un
prestito a favore del governo di Bogotá di 20 milioni di
dollari da parte della 'Export-Import Bank' degli Stati Uniti. Le
forze di sicurezza colombiane potrebbero infine ricevere
munizioni ed equipaggiamenti supplementari attraverso uno
speciale 'fondo d'emergenza antidroga' di 58 milioni di
dollari.
In realtà l''affaire Colombia' si sta trasformando in un
immenso business per le aziende private statunitensi che operano
nel settore militare. I colossi 'United Technologies' del
Connecticut e la 'Bell-Textron' del Texas si sono aggiudicati la
megacommessa per la componente elicotteristica del 'Plan
Colombia', con un fatturato di oltre 320 milioni di dollari. Non
a caso i manager delle due industrie avrebbero esercitato una
forte pressione di lobbing su alcuni congressisti di ambo gli
schieramenti, versando 1.250.000 dollari in 'contributi
elettorali' nel periodo compreso tra il 1997 e il 1999. Accanto
alla società 'DynCorp' della Virginia, si stanno inserendo
in Colombia altre aziende specializzate nel fornire 'assistenza
tecnica' e 'consiglieri militari' alle forze armate colombiane,
favorite dal Pentagono per eludere le limitazioni degli
emendamenti del Congresso che fissano il personale statunitense
in Colombia a 250 addetti militari e 100 impiegati civili. Una di
esse è la 'Eagle Aviation Services and Technology Inc.'
che nella base aerea di Patricks starebbe per avviare
l'addestramento di piloti colombiani da destinare alle
attività di fumigazione dei campi di coca.
L'ultima di queste aziende 'di servizio' ad aprire una filiale a
Bogotá è stata la 'Mpri' (Military Professional
Resources Inc.), anch'essa con sede in Virginia, contattata per
il sostegno logistico e l'addestramento della polizia e delle
forze armate. La 'Mpri', il cui manager è il generale in
pensione Ed Soyster, già direttore della Dia (la Defense
Intelligence Agency), è una delle società private
più note nelle aree di conflitto: essa ha fornito supporto
logistico ad una serie di operazioni militari nei Balcani, in
Medio Oriente e in Africa. Fondata appena dodici anni fa nella
città di Alexandria, conta su un giro d'affari annuo di
circa 12 milioni di dollari, con 160 dipendenti full-time, tra
cui una serie di ex alti ufficiali delle forze armate
statunitensi, come i generali Carl Vuono che guidò
l'esercito durante l'operazione 'Desert Storm' e Crosbie 'Butch'
Saint, ex comandante delle operazioni Usa in Europa.
La 'Mpri', in particolare, è stata impegnata nel
rifornimento di munizioni e nel sostegno operativo agli eserciti
croato e bosniaco durante le loro offensive contro le
unità serbe. Le attività della 'Mpri' si sono
incrociate con quelle della 'DynCorp' nel teatro di guerra dei
Balcani: a quest'ultima società infatti, gli Stati Uniti
hanno affidato nell'autunno '98 il compito di verificare il
ritiro delle unità serbe dal territorio del Kosovo, dopo
il rifiuto del leader yugoslavo Slobodan Milosevic di ammettere
la presenza di monitor 'militari'. I dati raccolti dai 150 uomini
contrattati dalla 'DynCorp' sono stati determinanti per
l'operazione Nato di bombardamento in Kosovo e Serbia la
primavera successiva.
Aiuti Militari Usa alle Forze armate e alla Polizia colombiana (anni 1996-2000)
Programma | 1996 | 1997 | 1998 | 1999 | 2000 richiesto |
International Narcotics Control | |||||
Fondi per equipaggiamento, addestramento, eradicamento ed altri programmi della Sezione anti-droga del Dipartimento di Stato | $16,000,000 | $33,450,000 | $57,000,000 | $203,160,000 | $636,000,000 |
Attività di formazione ed addestramento militare (Fondi per corsi diretti da personale Usa) |
$147,000; 32 studenti |
$0; 0 studenti |
$885,000; 261 studenti |
$900,000; 265 studenti |
$900,000; 265 studenti |
Aiuti d'emergenza | |||||
Autorizzazioni della Presidenza per attrezzature d'emergenza da prelevare dagli arsenali Usa | $40,500,000 | $14,200,000 | $41,100,000 | $58,000,000 | |
Attività anti-droga (Sezione 1004) Addestramento, miglioramento dell'equipaggiamento ed altri servizi forniti dal Dipartimento della difesa | $0 | $7,411,000 | $11,775,000 | $27,731,000 | $136,000,000 |
Attività anti-droga (Sezione 1033) Addestramento unità fluviali, equipaggiamento ed altri servizi forniti dal Dipartimento della difesa | $0 | $0 | $2,172,000 | $12,623,000 | $20,000,000 |
Totale | $83,561,000 | $110,232,000 | $294,464,000 | $791,900,000 |
Trasferimenti sistemi d'arma Usa alla Colombia (anni 1996-2000)
Programma | 1996 | 1997 | 1998 | 1999 | 2000 (previsione) |
Vendita diretta da governo a governo di sistemi di difesa, addestramento e servizi | $55,878,000 | $96,142,000 | $76,879,000 | $18,000,000 | $18,000,000 (Vendita elicottero BlackHawk) |
Vendita armi programma anti-droga, addestramento e servizi | $28,571,000 | $6,935,000 | $10,782,000 | $10,000,000 | $10,000,000 |
Vendite di aziende private autorizzate dal governo Usa | $33,470,542 | $85,835,667 | $85,025,792 | $40,122,462 |
(Fonte: Department of State, "Background Notes: Colombia", Washington, January 1999)
Il Plan Colombia varato dal Congresso Usa
Voce di spesa | Milioni di dollari USA $ |
Totale aiuti alla Colombia | 862,3 |
Aiuti ad altri paesi | 180 |
Aiuti alle agenzie USA | 276,8 |
Interventi segreti | 55,3 |
TOTALE | 1,374.4 |
Offensiva nel sud della
Colombia
16 elicotteri 'Blackhawks' (234 milioni di dollari) - 30
elicotteri 'Huyes' per l'esercito (60 milioni di dollari)
Intelligence e sistemi di comunicazione per i battaglioni
antinarcotici (12 milioni di dollari)
Sviluppo alternativo nel sud del paese (10 milioni di
dollari)
Sostegno a favore dei rifugiati nel sud del paese (15 milioni di
dollari)
Finalità: "Aiutare il governo ad assumere il controllo
della zona sud delle coltivazioni di coca, dominata dalla
guerriglia, addestrare ed equipaggiare tre battaglioni
antinarcotici addizionali, cooperare in attività di
intelligence per appoggiare questi battaglioni, fornire
assistenza, abitazioni e lavoro alle persone che saranno
'sfollate' durante queste operazioni".
Intercettazione
Appoggio ai programmi d'interdizione (19,5 milioni di
dollari)
Aggiornamento aerei OV10 della Forza Aerea (10 milioni di
dollari)
Programma 'fluviale' (12 milioni di dollari)
Piste d'atterraggio (8 milioni di dollari)
Finalità: "Migliorare la capacità delle
autorità colombiane nell'intercettazione del traffico
della cocaina. Si destineranno risorse per aggiornare radar,
aerei e piste, così come si sosterranno le attività
di intelligence per permettere alla polizia e alle forze armate
di rispondere rapidamente ed adeguatamente. Insieme al
rafforzamento della capicità di monitoraggio e
intercettazione si sosterrà la base anti-droga realizzata
a Manta (Ecuador)".
Polizia
2 elicotteri 'Blackhawks' (26 milioni di dollari) - 12 elicotteri
'Huyes' (26 milioni di dollari)
Aerei addizionali per la fumigazione (20 milioni di
dollari)
Costruzione di basi (5 milioni di dollari)
Protezione dei Nuclei della polizia (5 milioni di dollari)
Finalità: "Appoggio alla Polizia Nazionale, per aggiornare
tecnologicamente i velivoli, acquisto di aerei per la
fumigazione, fornire sicurezza alle basi che s'incontrano
nell'area, appoggio alle attività di intelligence".
Sviluppo alternativo e Programmi
economici
Assistenza ai rifugiati (22,5 milioni di dollari)
Assistenza ai governi locali (12 milioni di dollari)
Programmi volontari di eradicazione (30 milioni di dollari)
Finalità: "Sviluppo alternativo alle coltivazioni di coca
e appoggio alle autorità locali nella loro risposta alle
necessità delle comunità".
Pentagono
Appoggio ai battaglioni antinarcotici e sviluppo
dell'intelligence (78,8 milioni di dollari)
Installazione radar a Tres Esquinas (13 milioni di dollari)
Finalità: "Addestramento e trasferimento di
equipaggiamenti alle forze armate colombiane".
Diritti Umani e Giustizia
Protezione delle attività a favore dei diritti umani e
sostegno ad istituzioni (11 milioni di dollari)
Istituzione delle unità delle Procure e della Polizia per
i Diritti Umani (25 milioni di dollari)
Formazione di giudici e procuratori (7,5 milioni di
dollari)
Riforma del sistema giudiziario e del codice penale (2,2 milioni
di dollari)
Defensoría del Pueblo (2 milioni di dollari)
Programma antisequestri (1 milione di dollari)
Programma di protezione dei testimoni (1 milione di
dollari)
Riabilitazione dei bambini soldato (2,5 milioni di dollari)
Finalità: "Aumentare la Governabilità. I programmi
saranno amministrati dall'Agenzia Internazionale per lo Sviluppo
(UsAid), dal Dipartimento di Stato e della Giustizia. I fondi
saranno destinati alla protezione dei diritti umani, alla riforma
del sistema giudiziario, al miglioramento della capacità
delle autorità colombiane nell'individuare e smantellare
il lavaggio del denaro sporco ed altre attività criminali
e alla formazione dei rappresentanti del governo colombiano per
le negoziazioni con gli attori armati".
I COSTI AMBIENTALI DELLA
GUERRA DELLE DROGHE IN AMERICA LATINA [
su ]
Impatto socio-ambientale del "Plan
"Colombia"
Il suo nome scientifico è 'Fusarium Oxysporum', un fungo
elaborato in laboratorio nelle isole Hawaii attraverso
esperimenti di manipolazione genetica degli scienziati del
Dipartimento dell'Agricoltura degli Stati Uniti grazie al
finanziamento dell'Agenzia delle Nazioni Unite per la lotta al
traffico di droga UNDCP. Il 'Plan Colombia' prevede il suo uso
massivo contro le coltivazioni di coca e oppio nell'area andina e
nei dipartimenti amazzonici. Una vera e propria bomba ecologica
la cui sperimentazione sarebbe già iniziata in Ecuador e i
cui effetti ambientali sono tutt'altro che ignoti, al punto che
il suo utilizzo è già stato proibito negli Stati
Uniti, in Perù e nella stessa Colombia, dove a fine anni
'70 il fungo colpì così gravemente le coltivazioni
di ortaggi e tuberose del dipartimento di Boyacà, che
l'Istituto colombiano per l'agricoltura fu costretto a proibire
la semina per venti anni.
Una ricerca dell'Università Nazionale di Medellín
effettuata per conto dell'Enlace, l'agenzia del ministero delle
comunicazioni, ha spiegato come il 'Fusarium Oxysporum', grazie
ad un patrimonio genetico "assai adattabile" a condizioni
climatiche differenti, sia in grado di attaccare le piante e i
microrganismi presenti nel suolo, sino a cinquanta centimetri di
profondità. In pratica, non si conoscono piante in grado
di sopravvivere all'uso del fungo ed i terreni 'trattati' "non
possono servire per alcun processo di coltivazione alternativa".
Gli effetti in larga scala del 'Fusarium' si sono fatti sentire
particolarmente nella valle superiore dell'Huallaga del
Perù, dove l'economia locale basata sulle coltivazioni di
coca, fu annientata dalla comparsa del fungo che colpì la
totalità delle altre specie seminate e costrinse la
popolazione contadina all'esodo forzato, accelerando il
trasferimento delle coltivazioni di coca dal Perù alla
Colombia nei primi anni '90. In particolare il 'Fusarium' produce
l'appassimento e la putrefazione della radice di molti ortaggi e
piante da frutto (il cosiddetto 'mal di Panama' che affetta i
banani, o la malattia 'secadera' del maracuyà) così
come il processo di cancrenizzazione degli alberi forestali. Il
problema maggiore starebbe nella particolare variabilità
genetica del 'Fusarium' e nella sua lunga vita biologica, tra i
venti e i quaranta anni, in latenza sul suolo. Ciò ha
conseguenze inimmaginabili sulle specie animali d'allevamento che
vengono a contatto con il fungo. Le tossine prodotte nelle
coltivazioni di mais, ad esempio, hanno generato conseguenze
gravissime nei suini, come "la degenerazione del sistema genitale
nota come 'sindrome estrogena'".
L'Università di Medellín nel suo rapporto sui danni
ambientali del 'Fusarium Oxysporum', avverte inoltre sui gravi
effetti alla salute umana: "il contatto con il fungo ha causato
irritazione della pelle e di organi vitali come polmoni e
stomaco". L'esposizione di animali ed esseri umani ha determinato
la presenza di 'nivalenola', un composto che genera febbri,
nausea, vomito, diarrea, leucopenia ed emorragie. In ben 244
aziende cocaleras situate nei dipartimenti di Putumayo,
Caquetà e Guaviare sono state rinvenute coltivazioni
gravemente danneggiate dal pericoloso fungo, a cui gli esperti
della 'Junta Fiscalizadora contra las Drogas', l'agenzia
investigativa antidroga della Procura colombiana, attribuiscono
la causa della "maggioranza delle infermità che attaccano
i contadini che si dedicano in queste zone alle coltivazioni
illecite". In Amazzonia, il Fusarium sarebbe all'origine
dell'esplosione dei casi di cancro e leucemia tra la popolazione
e della riduzione delle capacità di difesa dalle
infermità che derivano da affezioni virali o
denutrizione.
Ciò nonostante, nell'ambito del vasto programma di
fumigazione implementato grazie ai finanziamenti del Plan
Colombia, il governo colombiano in collaborazione con
l'amministrazione di Washington e l'UNDCP guidata dall'italiano
Pino Arlacchi, ha avviato un progetto quadriennale per la
sperimentazione e l'utilizzo dell'agente di controllo biologico,
definito 'ambientalmente sicuro' per eradicare le piantagioni di
coca. Secondo la bozza del progetto, la Colombia s'impegna a
coprire i costi d'importazione, trasporto, immagazzinamento e
utilizzo del fungo, così come i costi relativi alle
attività d'indagine scientifica. Il paese sudamericano si
assume infine la responsabilità di fronte a qualsiasi
azione che paesi terzi potrebbero avviare contro l'agenzia delle
Nazioni Unite, per i danni causati dalle attività
sperimentali. Si avvia così la sperimentazione in vasta
scala di una vera e propria bomba biologica, trasferendone gli
oneri ambientali, sociali e monetari ad un paese che desidera
legittimarsi internazionalmente per occultare cause ed effetti
del conflitto interno, dopo decenni di violazioni dei diritti
umani, sociali e politici. Il progetto in atto è similare
a quanto successo in tema di lotta alla droga durante la
precedente amministrazione di Enesto Samper. Nel 1997,
l'utilizzazione di erbicidi chimici o 'naturali' alternativi al
vecchio glifosato sperimentato dalle compagnie private
statunitensi, accanto all'abrogazione della norma costituzionale
che vietava l'estradizione dei cittadini colombiani, furono le
due richieste fatte dall'amministrazione Usa per assicurare alla
Colombia la 'certificazione' di paese alleato nella lotta al
narcotraffico. Un prezzo elevatissimo che il governo di
Bogotà non si è sentito di rifiutare nonostante i
rischi di altri disastri socioambientali da aggiungere a quelli
causati da decenni di ininterrotte fumigazioni contro le
coltivazioni di droga.
Da quando nel 1978 il dipartimento antinarcotici degli Stati
Uniti ha imposto all'alleato l'eradicazione chimica delle
piantagioni di marijuana, in Colombia sono stati sperimentati i
più pericolosi erbicidi esistenti. Il primo di essi ad
essere utilizzato nella Sierra Nevada di Santa Marta è
stato il 'Paraquat', un composto chimico con una vita media
ambientale di venticinque anni, che si lega indissolubilmente
alle argille del suolo per cancellarvi ogni forma di vita. Nel
1985, sempre su pressione di Washington, l'Ica (Istituto
colombiano per l'agricoltura) intraprese l'applicazione nelle
vicinanze di San José del Guaviare dell'erbicida
'Triclopyr', caratterizzato dalla presenza del '2,4-D', il
cosiddetto 'agente arancio' utilizzato dalle forze armate
statunitensi contro le popolazioni vietnamite. L'anno successivo
fu provata la sua pericolosità e l'azienda produttrice
'Dow Chemical Corp' fu diffidata dal commercializzarlo in
Colombia. Ciò nonostante, il 'Triclopyr' è stato
utilizzato massicciamente dalle forze armate statunitensi
nell'area della selva venezuelana al confine con la Colombia, nel
corso di un'operazione bilaterale del 1994 contro le coltivazioni
di coca insediate dai narcos colombiani. A fine anni '80 è
stata la volta del defogliante 'Tebuthiuron', il cui uso era
già stato vietato in Perù dopo che l'impresa
produttrice, la statunitense 'Eli Lilly', lo aveva ritirato dal
commercio per i "danni irreversibili agli ecosistemi terrestri ed
acquatici, alla flora, alla fauna e agli stessi esseri umani,
data la sua alta mobilità ed una forte permeabilità
dalle acque superficiali a quelle sotterranee".
Ai defoglianti utilizzati "in via sperimentale" in Colombia negli
anni '80, si è aggiunto l'uso sistematico del 'glifosato',
etichettato dagli Stati Uniti come 'del tutto innocuo', ma di cui
è stata provata la pericolosità per la salute
dell'uomo e l'ambiente da parte di numerosi istituti scientifici
ed universitari. In occasione della sua prima utilizzazione
nell'84, l'esercito, per prevenire gravi pregiudizi alle
popolazioni indigene della Sierra Nevada, fu costretto a continue
e violenti evacuazioni dei villaggi. Il governo era entrato in
possesso di un documento in cui la compagnia produttrice di
glifosato, la 'Monsanto' di St. Luis, ammetteva che "piccole
quantità dell'erbicida possono causare danni e distruzione
della vegetazione e della fauna", specie in condizioni climatiche
del tutto simili a quelle della Sierra e di buona parte della
regione andina. Le attività di fumigazione danneggiarono
seriamente l'ecosistema della Sierra Nevada, causando processi di
deforestazione e di progressiva erosione del suolo, nonché
la distruzione delle coltivazioni di caffè e cacao per
decine di milioni di dollari. Alcuni ricercatori hanno provato
l'avvelenamento di pesci e animali d'allevamento e l'aumento di
casi d'anemia tra i gruppi indigeni. L'impatto del glifosato
sull'ecosistema della Sierra Nevada ha avuto come conseguenza la
sparizione di dieci dei trentacinque fiumi che fornivano le
risorse idriche ai dipartimenti di Cesar, del Magdalena e della
Guajira. Nel 1992, l'organizzazione ecologista internazionale
'Greenpeace' ha denunciato la presenza nel glifosato di "elementi
dispersi altamente tossici come la polyoxethylamine (Poea) e la
1,4-dioxane". Sempre Greenpeace ha rivelato come il laboratorio
chiamato a verificare la tossicità del glifosato avesse
"alterato l'80% delle 22.000 prove realizzate per conto del
governo degli Stati Uniti".
Dopo una breve attività di sperimentazione nella jungla
meridionale di Panama, a partire dal '94 la dispersione aerea del
glifosato si è estesa alle coltivazioni di coca dell'area
andina, con dosi superiori del 400% rispetto a quelle utilizzate
contro le coltivazioni di marijuana della Sierra di Santa Marta.
Il presidente Ernesto Samper, ormai compromesso nell'indagine sui
fondi elettorali del narcotraffico, tentò di utilizzare le
campagne di fumigazione con il glifosato per ricucire lo strappo
con Washington. Il governo firmò un accordo con la 'Nas'
(Sezione per gli affari antidroga degli Stati Uniti), che
fornì direttamente i velivoli e il composto chimico alla
polizia colombiana; l'allora ministro della difesa, Fernando
Botero, negoziatore con i padrini di Cali degli apporti
finanziari alla campagna di Samper, per sostenere
l'innocuità dell'erbicida, si fece fotografare accanto ai
depositi di glifosato alla vigilia delle prime operazioni aeree
di eradicazione.
Da quel momento la dispersione di glifosato sul territorio
colombiano non si è più arrestata, la
quantità dell'erbicida utilizzata si è più
che quadruplicata in un paio di anni, così come si sono
quadruplicati i costi per le operazione di fumigazione. Nel solo
primo semestre del '98, per 'coprire' un'area di 38.600 ettari,
le forze di sicurezza hanno speso sei milioni e centotrentamila
dollari, a cui vanno aggiunti i costi del carburante fornito dal
Nas, e quelli sostenuti per l'acquisto del glifosato, oltre
cinque milioni e cinquecentomila dollari. Conti alla mano, la
eradicazione chimica oltre che inutile e dannosa, si conferma una
pratica notevolmente dispendiosa. Considerato che per fumigare un
ettaro di foglie di coca sono necessari quasi trecento dollari in
defoglianti, è possibile calcolare che negli ultimi sei
anni sono stati spesi in Colombia, inutilmente, oltre
cinquantatremilioni di dollari in glifosato.
A partire dal marzo '97 inoltre, le forze armate hanno iniziato a
sperimentare nuovi erbicidi granulari, l''Imazapyr', di cui sono
stati rilevati gli effetti contaminanti delle fonti d'acqua ed
irritanti per le principali vie respiratorie, e la 'Hexaxinona',
potente inibitore della fotosintesi, prodotto dalla
multinazionale 'Dupont', che causa danni irreversibili agli
occhi, alla pelle e all'apparato respiratorio delle persone che
entrano in contatto con esso. L'uso di questi due composti nelle
aree amazzoniche controllate dalle Farc è stato
autorizzato dal governo in cambio dell'offerta di Washington di
aiuti militari per cinque milioni di dollari. La
Defensoría del Pueblo, organizzazione statale per la
difesa dei diritti umani, è stata costretta a presentare
un rapporto e denunciare la violazione dei diritti ambientali
delle popolazioni soggette alle operazioni di fumigazione. La
Defensoría ha segnalato che non erano state assolutamente
rispettate le disposizioni tecniche per l'uso degli erbicidi e
che non erano state adottate misure in materia di prevenzione
della salute; ha constatato altresì la fumigazione di
abitazioni e scuole e i 'danni incalcolabili' all'economia di
sussistenza dei campesinos nella regione. "Nelle vicinanze di
Santa Rosa e nella Laguna del Quemado, dove non esiste alcun tipo
di coltivazione illegale, si sono distrutti centinaia di ettari
di bosco naturale", afferma il rapporto della Defensoría
del Pueblo. "Questo ecosistema lagunare è molto
particolare perché è il centro di deposizione delle
uova e di riproduzione di specie ittiche, è rifugio
ecologico di uccelli, mammiferi ed altri gruppi toxonomici". La
Defensoría ha inoltre raccolto una serie di dati sui danni
causati a villaggi e coltivazioni legali durante la campagna di
fumigazione eseguita nello stesso anno nel municipio di Puerto
Guzmán (Putumayo). Le forze armate avvelenarono 360 ettari
di coltivazioni di patate, canna, mais e banane, ed una
cinquantina di bambini frequentanti una scuola nel villaggio di
Alejandria furono colpiti da gravi problemi respiratori e da
lesioni e desquamazioni alla pelle.
Le più recenti campagne di fumigazione chimica hanno avuto
effetti ancora più drammatici. Sempre a Puerto
Guzmán, l'11 aprile 2000, la Polizia antinarcotici ha
causato la distruzione di centinaia di coltivazioni di platano e
mais, la morte di numerosi animali dimestici e infermità
tra la popolazione, costretta poi ad abbandonare i propri
villaggi. Enormi danni alle coltivazioni di frutta e legumi si
sono verificati nel dipartimento di Huila, in occasione di una
massiccia operazione di fumigazione con glifosato verso la fine
del maggio 2000, in una zona dove da alcuni anni erano state
eradicate tutte le piantagioni di papavero da oppio. Due giovani
ragazze indigene sono morte il 13 febbraio '99 in seguito ad
un'operazione di fumigazione della polizia, nel settore di
Caquiona, dipartimento del Cauca. Nel Guaviare, dove è
stata fumigata una superficie di 96.000 ettari di terra
(cioè quattro volte le aree che secondo le autorità
militari sono destinate nella regione alla produzione di coca),
ci sono stati mitragliamenti indiscriminati a danno dei
coltivatori e delle comunità indigene, e sono state
colpite decine di aziende agricole con danni incalcolabili alle
coltivazioni. Tra i più danneggiati, le beneficiarie del
progetto 'Donne rurali' finanziato dalla diocesi locale e dalla
cooperazione internazionale. Analogo il quadro delle violazioni
ai diritti umani in Caquetà, Meta ed in particolare nel
Vaupés, dipartimento che ha accolto a partire del '98 i
coltivatori fuggiti dal Guaviare, dove si sono registrate
ripetute fumigazioni di scuole e villaggi indigeni.
Nel Caguán, oggi sede dell''area di distensione' per la
trattativa tra le Farc e l'amministrazione Pastrana, a fine anni
'90 è stato distrutto il 17% delle coltivazioni destinate
alla produzione di caucciù e di altri prodotti indicati
come 'alternativi' alla produzione di coca. L'uso intensivo di
defoglianti ha contaminato le acque dei fiumi, con la conseguente
morte di pesci, uccelli acquatici e pollame, e un impressionante
numero di aborti tra le vacche. Anche nel Caguán sono
state colpite una serie di aziende sostenute dal programma di
'sviluppo alternativo' del vicariato di San Vicente-Puerto
Leguízamo, dedite in particolare alla coltivazione di
banane, mais, yuca e ortaggi destinanti alle mense scolastiche e
agli anziani.
Le popolazioni indigene, predominanti nei territori amazzonici,
sono coloro che stanno pagando più di tutte, dal punto di
vista culturale, economico e sociale le conseguenze della
fumigazione e dei processi legati alla produzione a al mercato
degli stupefacenti. Queste comunità, accanto alle famiglie
di coloni sfollate dalle operazioni militari, loro malgrado, sono
spinte all'inesorabile confronto con la guerra e il
narcotraffico. Ciò, secondo il ricercatore di
'Acción Andina' Ricardo Vargas Meza, sta conducendo ad una
"polarizzazione geografica e sociale" dei dipartimenti
meridionali ed amazzonici della Colombia, che "acquisiscono una
connotazione geopolitica nel contesto del conflitto armato con
una relativa maggiore legittimazione delle guerriglie,
poiché lo Stato non si presenta in questo processo come un
fattore esterno, ma legato ad un interesse di parte".
Le campagne aeree hanno generato un circolo vizioso: la
contaminazione dell'ambiente in seguito alla fumigazione ha
causato la migrazione dei coltivatori verso zone più
protette e difficili da controllare. Il trasferimento e
l'ampliamento delle coltivazioni illecite ha già
significato la deforestazione di 203.000 ettari di bosco; nel
Caquetá è già andato distrutto l'80% del
patrimonio forestale, mentre nella regione andina (dove alla
produzione di coca si sono sommati gli effetti dell'allevamento
estensivo), si è persa più del 74% della copertura
forestale e dei boschi secchi tropicali resta solo l'1,5%
dell'estensione originale. Il Ministero dell'Ambiente avverte che
sono tre le aree caratterizzate daIla spiccata
biodiversità ad altissimo rischio di distruzione: il
piedimonte amazzonico con 66.800 ettari, la Serranía de
San Lucas con 8.500 ettari e il Magdalena Medio con 7.800 ettari.
Il pregiudizio all'ecosistema è incalcolabile: in
Colombia, secondo Undp, sono a rischio di estinzione trentacinque
specie di mammiferi, settantaquattro di uccelli e quindici di
rettili.
Alle conseguenze dirette delle fumigazioni vanno poi aggiunti i
costi ambientali per l'uso dei composti chimici utilizzati per le
colture o durante il processamento della pasta di coca. Gli
esperti calcolano che annualmente vengono sparsi dai coltivatori
oltre 900 tonnellate di erbicidi responsabili della
sterilizzazione parziale del suolo e della trasformazione
qualitativa e quantitativa della microflora e dei composti
organici dei terreni. Ad essi si aggiungono 16.000 tonnellate di
fertilizzanti e 450 tonnellate di antiparassitari. E' stato
accertato l'uso massivo nel sud della Colombia di sessantuno
prodotti il cui uso è "fortemente sconsigliato"
dall'Agenzia per la protezione dell'ambiente degli Stati Uniti.
Essi giungono clandestinamente dal confinante Ecuador. Tra gli
erbicidi più noti per la loro tossicità sono stati
individuati il 'Roundup' (glifosato), il 'Thiodan' e il 'Faena';
tra gli insetticidi il 'Furadan', il 'Sevin', il 'Malation' e il
'Lorsban'.
"In queste aree si sta incubando una generazione di mutanti e di
ritardati mentali", hanno denunciato i ricercatori della 'Junta
contra las Drogas' colombiana. Secondo essi l'80% dei contadini
del Putumayo e del Caquetà, il cui salario non supera i
quattro dollari al giorno, utilizzano il 'Parathion' e il
'Tamaron', insetticidi composti da fosfati altamente tossici.
"Essi producono in coloro che li manipolano senza mezzi di
sicurezza difficoltà nell'articolazione del linguaggio,
perdita della coscienza, paralisi e stati di coma" afferma il
rapporto della Junta, che segnala altresì come "in 190
aziende è stato appurato l'utilizzo del 'Paraquat', sotto
la marca di 'Gramoxone', catalogato tra gli erbicidi più
tossici prodotti al mondo". Coloro che utilizzano periodicamente
il 'Paraquat' soffrono di ulcere alla pelle e desquamazioni alle
mani, trasformazioni nel colore e irregolarità delle
unghie e in alcuni casi persino della loro perdita. Inoltre sono
cronici il bruciore e la lacrimazione degli occhi, il vomito, la
tosse, il dolore muscolare generale e in alcuni casi il
sanguinamento dalle narici. La contaminazione degli occhi causa
inoltre congiuntiviti e opacità delle cornee e persino
cecità temporali o permanenti.
Nelle attività di trasformazione della coca entrano altre
sostanze altamente pericolose. La pratica di mescolare cemento ed
urea con le foglie tagliate, ad esempio, colpisce direttamente la
vegetazione che sorge accanto ai laboratori di trasformazione e
genera gravi problemi alle vie respiratorie degli addetti alla
produzione. Altrettanto nefasta la consuetudine di mescolare le
foglie trattate nei bidoni di benzina per estrarre l'alcaloide, i
cui scarti di lavorazione, ricchi di sostanze colloidali, vengono
riversati nei suoli e nelle fonti d'acqua. Altri due composti
entrano in attività nella fase finale di estrazione della
pasta di coca, l'acido solforico e il carbonato di sodio, i cui
residui vengono anch'essi versati in fonti d'acqua o dispersi nel
suolo. L'alto numero di queste sostanze chimiche utilizzate nel
processamento è all'origine di una serie di malattie
gastrointestinali e respiratorie ormai endemiche nelle regioni
cocalere e che colpiscono in particolare i soggetti più
giovani della popolazione.
Gli studiosi colombiani hanno calcolato che annualmente nelle
vari fasi di processamento sono impiegati 50.000 tonnellate di
cemento, 250 milioni di litri di benzina e 120.000 litri di acido
solforico. Siamo di fronte ad una tragedia ambientale di
dimensioni epocali, dove non risultano estranei gli interessi
economici di alcune delle maggiori compagnie multinazionali che
monopolizzano l'importazione in Colombia dei composti più
utilizzati per la produzione di cocaina. La 'Shell' ad esempio
è l'unica fornitrice di acetone, la cui importazione
è giustificata a favore di una propria fabbrica di
sigarette a Cali, mentre i giganteschi carichi di bicarbonato di
sodio che giungono in Colombia, vengono autorizzati per le
esigenze di alcune case di dentifrici, tra cui la Colgate.
Tuttora l'80% dei precursori chimici necessari per la
lavorazione della coca viene importato legalmente dagli Stati
Uniti, il 16% dall'Europa e il resto da Venezuela, Messico e
Cina. Ad essi si aggiungono i composti introdotti
illegalmente in Colombia (in particolare acetone ed etere), dalle
organizzazioni criminali strutturatesi in veri e propri 'cartelli
dei procursori chimici'. "Mentre si sovracriminalizzano i
produttori - commenta il ricercatore Ricardo Vargas Meza - si
lascia fuori ogni disposizione internazionale in tema di
riciclaggio e di contrabbando di armi e non si tocca il tema
dell'importazione nel paese di precursori chimici per il
processamento degli stupefacenti, diluendo così la
responsabilità dei paesi del Nord del mondo, loro
principali esportatori ".
La falsa cartina del territorio U'wa sul sito della OXY.
Questa immagine è stata recuperata dal sito della Occidental Petroleum Oxy (www.oxy.com) ed oltre a contenere dei dati errati, in quanto il pozzo Gibraltar si trova nel Territorio Sagrado e non all'esterno di esso ed il resguardo U'wa non è quello indicato, ma si trova esattamente sul confine con il Venezuela e più a nord; mostra chiaramente l'intento criminale e dichiarato di "desplazare" la comunità indigena in 4 parti diverse del paese. Ulteriori commenti non potrebbero che essere superflui ...