Nel 1989 e 1990 Milosevic liquida le autonomie del Kosovo e della Vojvodina. Dopo tre guerre di aggressione contro la Slovenia (1991), la Croazia (1991) e la Bosnia-Erzegovina (1992-1995), dopo i crimini di guerra nella Slavonia orientale e il genocidio in Bosnia il regime di Milosevic nel marzo 1998 ha scatenato un'altra guerra di aggressione, stavolta contro la popolazione albanese della provincia autonoma del Kosovo.
Per dieci anni quasi due milioni di albanesi del Kosovo, guidati dal loro presidente liberamente eletto Ibrahim Rugova, si sono difesi esclusivamente con mezzi non violenti e con forme di resistenza pacifica contro i soprusi e la repressione quotidiana. I governi occidentali, invece, non hanno minimamente premiato questo atteggiamento politico, anzi, hanno assistito passivamente alla continua violazione dei diritti umani e politici in Kosovo e all'aumento dei flussi di profughi albanesi verso i paesi dell'Europa centrale (inclusa l'Italia) che dal 1990 fino ad oggi ha superato 300.000 persone, e quindi notevolmente più persone di quante ne fossero arrivate in Italia dall'Albania in tutto questo periodo.
Il principale responsabile per l'aggressione e il genocidio in Bosnia, Slobodan Milosevic, alla fine del 1995 a Dayton venne promosso dai governi del Gruppo di contatto a "uomo di stato, partner per la stabilità e la pace nei Balcani". Nel 1996 questi stati (con l'eccezione degli USA hanno riconosciuto la nuova "Repubblica Federale della Jugoslavia" senza insistere minimamente sul ripristino dell'autogoverno del Kosovo. In tal modo oggi sono già consolidate le condizioni di diritto internazionale che impedirebbero un intervento negli affari interni della Serbia. Gli Stati Uniti, invece, non riconoscendo ancora la nuova Jugoslavia priva di una soluzione adeguata alla questione del Kosovo, hanno evitato questo errore. Inoltre, il Senato statunitense nel luglio 1998 ha chiesto all'unanimità che il presidente jugoslavo venisse formalmente incriminato davanti al Tribunale Internazionale dell'Aia per i crimini di guerra e per il genocidio in Jugoslavia.
Dopo l'accordo di Dayton le sanzioni economiche di primo livello contro la Jugoslavia vennero ritirate. Anche l'Italia, da allora, si è fortemente impegnata per rilanciare i rapporti commerciali e politici con la Jugoslavia. Il Ministro degli Affari Esteri, Lamberto Dini, ha dedicato un particolare interesse al governo Milosevic. L'impegno italiano è culminato nel luglio 1997 nell'acquisto di quasi metà del pacchetto azionario della TELECOM serba da parte della STET italiana che ha versato circa 1.000 miliardi di Lire nelle casse di Milosevic. Inoltre, sta per andare in porto ora il rilevamento dell'impresa statale dell'energia della Serbia da parte dell'ENEL.
Altri paesi dell'Europa occidentale, che ospitano numerosi profughi albanesi del Kosovo come la Germania e la Svizzera, hanno stipulato accordi con il governo di Belgrado per il rimpatrio forzato di 120.000 (Germania) e 15.000 (Svizzera) persone verso la Jugoslavia. Quest'operazione si è protratta per mesi, benché, da subito, si moltiplicassero le notizie di torture e maltrattamenti in fermo polizia, e di sparizioni di persone rientrate e arrestate nel Kosovo. Profughi rimpatriati sono stati assassinati dalla polizia serba dopo il loro rientro con la complicità dei governi occidentali.
La guerra in Kosovo è stata un'operazione premeditata. Il regime serbo già dal 1995 ha preparato l'attuale campagna contro gli albanesi del Kosovo, scegliendo un momento possibilmente propizio come quello della nuova crisi in Iraq all'inizio del 1998. Nel novembre 1997 si percepivano i primi segnali d'allarme nella Vojvodina. I rappresentanti della minoranza ungherese riportavano notizie sulla mobilitazione di reclute ungheresi: le loro proteste caddero nel vuoto. Il 28 gennaio 1998 il presidente della vicina Macedonia, Kiro Gligorov, forse per sbaglio, durante una conferenza stampa si lasciò scappare l'affermazione che la Macedonia doveva essere pronta ad una guerra nel Kosovo e che sarebbe stato disponibile a creare un "corridoio umanitario" verso l'Albania. Quando il rappresentante USA per i Balcani, Robert Gelbard, il 22 febbraio a Belgrado, si pronunciò favorevolmente in merito alla "lotta contro il terrorismo", involontariamente diede "disco verde" alla nuova guerra di Milosevic nel Kosovo. Una settimana più tardi iniziò l'offensiva serba a Skenderaj/Srbica: le truppe serbe bombardarono vari villaggi della regione di Drenica e compirono i primi massacri di civili albanesi.
Dopo oltre mezzo anno di guerra nel Kosovo, dobbiamo tirare un bilancio drammatico: sono più di 400.000 le persone sfollate, cioè il 20% della popolazione residente del Kosovo. Almeno 1.000 persone sono state uccise, più di 250 villaggi albanesi sono stati distrutti, bombardati ed incendiati. Se la Bosnia dovesse ripetersi - affermavano voci autorevoli del mondo occidentale - si dovrebbe procedere ad una intervento per la protezione della popolazione civile albanese. Ma l'occidente sta ripetendo tutti gli errori compiuti durante la guerra in Bosnia. Non si impongono ultimatum seri a Milosevic e si esprimono minacce vuote. Si inviano commissioni di monitoraggio che confermano tutto ciò che già si sapeva prima. Si conducono trattative interminabili con i responsabili, pronunciando ammonimenti inutili; si coinvolge la Russia - come avvenuto in Bosnia - per avere il suo ostruzionismo scontato come pretesto comodo per le proprie titubanze irresponsabili.
Tilman Zülch
Presidente dell'Associazione per i popoli minacciati
Internazionale
La guerra nel Kosovo era premeditata e preparata
La nuova guerra del regime di Milosevic nel Kosovo non è
iniziata solo il 28 febbraio 1998 con i massacri nella regione di
Drenica. Anche se la maggior parte degli organi di informazione
italiani e internazionali, nonché i diplomatici
occidentali, presero per buona la versione della propaganda
serba, cioè che la polizia serba avrebbe semplicemente
reagito alle provocazioni e agli assalti dei terroristi albanesi;
già da mesi si percepivano segnali che Belgrado stava
preparando una nuova guerra. Dopo il ritiro delle sanzioni
imposte in concomitanza con la guerra in Bosnia, il regime
iniziò a risanare l'economia attraverso la privatizzazione
di imprese statali. Si cercò di favorire il rientro di
capitale straniero. Oltre al citato acquisto della TELECOM serba
da parte della STET e della compagnia greca OTE, il gruppo greco
MYTILNEOS nel 1997 rilevò la grande miniera di Trepca e
concluse un accordo di cooperazione con la ditta BOR che produce
rame. Il gruppo tedesco THYSSEN investiva nell'impresa serba
FERRONIKL localizzata proprio a Gllogovc (Glogovac, Kosovo) e
l'impresa britannica READYMIX si sta concretamente interessando
per le fabbriche di cemento BEOCIN sulle rive del Danubio.
Già alla fine del 1997 si registravano dei preparativi per la guerra contro gli albanesi del Kosovo. Due settimane prima dei massacri a Likoshan, Qirez e Prekaz alcuni membri dell'opposizione serba diedero l'allarme. Nenad Canak, presidente della Lega dei socialdemocratici della Vojvodina, già nel 1991 promotore di un referendum contro la guerra in Croazia, e Miodrag Isakov, presidente del partito della riforma democratica della Vojvodina, l'11 febbraio 1998, nell'ambito di una conferenza stampa a Novi Sad, affermarono di avere le prove inconfutabili per la mobilitazione delle forze armate nel Kosovo che ricordavano la mobilitazione per le guerra in Croazia del 1991. Il portavoce dell'ACNUR, Mons. Nyberg, già il 5 marzo 1998, pochi giorni dopo i primi massacri, protestò contro il reclutamento illegale di profughi serbi della Croazia al servizio militare in Kosovo. Anche membri di minoranze nazionali vennero spediti al fronte in Kosovo contro la loro volontà, come per esempio gli ungheresi della Vojvodina: "300 soldati della minoranza ungherese sono costretti a combattere nel Kosovo. Si faccia il possibile nei confronti del governo di Belgrado per evitare che una minoranza nazionale venga aizzata contro l'altra". Anche la minoranza dei Rom è oggetto di reclutamento forzato. Gazmend Malshaj e altri giovani Rom della zona di Istog scapparono il 2 luglio 1998 dopo essere stati ripetutamente minacciati di morte.
La resistenza in Jugoslavia contro questa nuova campagna è debole. In Montenegro, invece, cresce l'indignazione nei confronti di Milosevic. Per paura di un attacco della NATO e di nuove sanzioni economiche il parlamento montenegrino il 17 giugno 1998 ha condannato la politica serba nel Kosovo e ha chiesto il ritiro dei soldati montenegrini, ma senza successo. Quando il 23 giugno nei pressi della capitale Podgorica, a pochi chilometri dal confine con l'Albania, ebbero inizio delle manovre dell'esercito jugoslavo, fioccarono le critiche. Novak Kilibard, presidente del partito popolare, si appellò al governo ed al parlamento della Repubblica di Montenegro affinché venissero "protetti" tutti gli aeroporti e venisse proibito il loro uso da parte delle forze aeree serbe per evitare eventuali attacchi della NATO contro il Montenegro. Il premio Pulitzer Roy Gutman già mise in guardia da una futura crisi in Montenegro, ancora più grave di quella attuale nel Kosovo. Fino alla fine di agosto 27.000 profughi, sfollati dal Kosovo anche per opera di soldati montenegrini, si sono rifugiati nel Montenegro.
Il giornalista serbo Stojan Cerovic il 20 giugno 1998 sul
settimanale Vreme scrisse: "Il Kosovo sarà la nostra
Cecenia". Il piccolo movimento pacifista serbo il 17 giugno
manifestò a Belgrado davanti al quartier generale delle
forze armate serbe. Madri serbe richiesero la "riconsegna" dei
loro figli schierati nella campagna del Kosovo. "La gente
è stanca della guerra. Vogliono un futuro. Vogliono carte
di credito, conti in banca e vacanze. Non vogliono il Kosovo,"
affermò uno dei portavoce degli studenti serbi, Zdravko
Jankovic. La attivista per i diritti umani serba Sonya Biserko,
assieme ai suoi colleghi dei Comitati Helsinki del Kosovo,
Montenegro, Albania, Macedonia e Grecia lanciò vari
appelli al gruppo di contatto affinché il Kosovo non
venisse considerata una questione interna della Serbia e
affinché venissero inviate delle truppe di pace dell'ONU o
della NATO nel Kosovo, secondo quanto previsto dal capitolo VII
della carta dell'ONU.
Disertori
Le truppe serbe hanno l'ordine di non risparmiare la popolazione
civile. Questo fatto viene confermato da disertori, ma anche da
soldati intervistati da giornalisti stranieri, mantenendo
l'anonimato. Il 21 giugno l'"Esercito di liberazione del Kosovo"
(UCK) nella località albanese di Bajram Curri
consegnò due disertori musulmano-bosniaci, cittadini
serbi, all'OSCE. Fahrudin Muric (26) e Fahrudin Avdic (29)
raccontarono di aver ricevuto l'ordine dagli ufficiali di colpire
i civili. Alla fine di giugno si moltiplicarono i casi di
disertori. Il 27 giugno sei soldati montenegrini disertarono in
un bosco vicino a Fushe Kosove (Kosovo Polje) sotto il fuoco dei
loro ufficiali. A metà luglio decine e decine di reclute
montenegrine scapparono dal Kosovo e centinaia di poliziotti
serbi rifiutarono di recarsi al fronte. Il 14 luglio abitanti
albanesi di Stari Trg (Kosovo) assistettero ad una sparatoria fra
la polizia serba e soldati dell'esercito jugoslavo che stavano
per disertare. A Mitrovica la stessa notte vennero osservati dei
soldati che si rivolgevano ai passanti per avere abiti civili per
poter nascondersi dalla polizia serba. Anche se l'impiego delle
forze armate contro la propria popolazione in ogni paese del
mondo rappresenta una violazione del diritto umano, neanche
questo coraggioso atto di obiezione nei paesi occidentali non ha
avuto un riconoscimento visto che disertori delle forze armate
jugoslave non sono riconosciuti come rifugiati politici.
Tutto sommato la resistenza contro la politica di Milosevic in
Serbia è debole. Vuk Draskovic, un tempo leader
dell'opposizione anti-Milosevic, s'è completamente
allineato a Milosevic. Il 24 giugno Draskovic rivolse un appello
alla NATO per bombardare i "campi di addestramento dei
terroristi" albanesi in Albania. Il vescovo serbo di "Raska e
Prizren" Artemije Radosavljevic negò perfino che ci fosse
una guerra in Kosovo: "Il nostro esercito", affermò,
"cerca di proteggere la frontiera con l'Albania per impedire il
flusso di armi per i terroristi albanesi. Si tratta di
combattimenti fra terroristi albanesi e la polizia." Il 14 luglio
Zoran Djindjic (Partito Democratico), Vesna Pesic (Lega civica) e
Vuk Obradovic (Socialdemocratici) incontrò a Prishtina il
giornalista e politico albanese Veton Surroi, senza risultati
concreti.
Esodo forzato e pulizia etnica sistematica
Dopo l'offensiva serba nella regione di Drenica all'inizio di
marzo la zona di combattimento si ampliò rapidamente. Le
stime del numero effettivo di soldati serbi in campo, spaziano da
15.000 a 50.000.. Secondo altre stime dell'ECONOMIST i costi
della guerra nel Kosovo ammontano a due milioni USD per giorno.
Secondo il giornale croato Jutarnji List questi costi arrivano
perfino a 3 milioni USD. Fra le colonne delle truppe serbe
ripetutamente venne notata la presenza di veicoli blindati delle
truppe UNPROFOR olandesi, sequestrati dai serbi bosniaci durante
l'occupazione dell'enclave di Srebrenica nel luglio 1995.
Dopo gli attacchi ai villaggi nei dintorni di Skenderaj/Srbica, l'offensiva serba si rivolse verso le regioni di Peja/Pec, Decani/Decan e Gjakova/Djakovica, tutte vicine alla frontiera con l'Albania. A partire a metà giugno la guerra arrivò nella zona centrale del Kosovo. Alla fine di giugno raggiunse i distretti di Mitrovica e Fushe Kosova/Kosovo Polje vicino alla capitale di Prishtina. In luglio, dopo una visita del vice Primo Ministro serbo Vojislav Seselj, si registrarono combattimenti attorno alla seconda città del Kosovo, Peja/Pec (120.000 abitanti). A metà luglio si aggravarono i combattimenti nella regione di Mitrovica e Prizren. Venne osservato uno schieramento di truppe serbe anche nella regione di Opoje vicino alla frontiera con la Macedonia. A Gnjilane/Gjilan, Vitina/Viti e in altri distretti venne mobilitata la popolazione serba. Il 18 luglio a Rahovec/Orahovac scoppiarono duri combattimenti. Il 19 luglio truppe serbe lanciarono granate sul territorio albanese. Il 25 luglio truppe serbe lanciarono un'offensiva generale nel Kosovo centrale. Il 28 luglio venne conquistata la roccaforte dell'UCK, Malisheva. Il numero dei rifugiati entro pochi giorni salì a più migliaia. Nel periodo compreso fra il 5 e il 20 marzo 1998, stando a stime di attivisti per i diritti umani serbi, dalla regione di Drenica erano fuggite 6.000 persone, quasi esclusivamente donne e bambini. Dall'inizio di marzo all'inizio di luglio il numero dei profughi (albanesi, musulmani slavi e rom) che si erano rifugiati o all'interno del Kosovo o nei paesi confinanti ed in Europa occidentale era già salito a 160.000. E` vistosamente aumentato il flusso di profughi verso la Germania, l'Austria, la Svizzera e l'Italia.
Il 16 luglio le organizzazioni umanitarie albanesi indicavano in 200.000 unità il numero di profughi. Il Ministero degli Interni montenegrino parlò di 300 profughi al giorno. Il 21 luglio la Croce Rossa fornì due camion con medicinali e viveri: in presenza di decine di migliaia di profughi, poco più di un gesto simbolico. Ma dopo l'offensiva serba a Peja e dopo la caduta di Malisheva questo numero subì un'altra brusca impennata. Nel giro di tre giorni furono cacciati dalle loro case almeno 20.000 persone. Alla fine di luglio l'organizzazione umanitaria "Madre Teresa" stimò il numero degli sfollati interni in 263.000. Dopo ulteriori attacchi sia a Drenica nel nord del Kosovo che a Junik a ovest e nella zona tra Peja/Pec e Djakova/Djakovica fino alla fine di agosto il numero di profughi raggiunse il numero di 380.000 persone (stima dell'LDK, la Lega Democratica del Kosovo, maggior partito degli albanesi). I combattimenti di settembre hanno fatto superare la cifra di 400.000 profughi, cioè più del 20% della popolazione totale del Kosovo.
La Macedonia ha rifiutato l'accoglienza dei profughi albanesi servendosi di un trucco: all'ingresso i profughi vengono classificati come "turisti" e ottengono un visto per soli sei giorni. Di seguito vengono espulsi in Albania. Il dirigente del Corpo di protezione civile svizzero SKH, Charles Raedersdorf, recatosi in zona il 14 luglio, invitò a preparasi all'inverno, che in Kosovo si fa sentire già a metà ottobre. I locali disponibili per i profughi spesso accolgono 40 persone e più, in vani piccoli senza elettricità e acqua corrente.
Contemporaneamente aumenta anche il numero di serbi che
lasciano il Kosovo. Fino all'inizio di luglio, secondo una stima
del Cristian Science Monitor, fino a 60.000 serbi fra quelli
autoctoni e quelli insediati per forza, provenienti dalla Croazia
e dalla Bosnia. Molti di essi se ne vanno a mani vuote. A norma
di una legge speciale serba per il Kosovo i serbi non possono
vendere la loro terra agli albanesi. Il frate Sava, vice abate
del convento ortodosso di Decan, commentò la politica di
Belgrado con le seguenti parole: "Noi serbi del Kosovo siamo gli
ostaggi del regime di Belgrado. La politica di confronto nel
Kosovo a lungo termine vedrà perdere soprattutto i serbi."
L'armamento dei civili serbi sarebbe un'ulteriore
strumentalizzazione di persone già umiliate e frustrate
che avrebbero sofferto già troppo, afferma frate
Sava.
La dinamica degli attacchi
Secondo l'analisi dell'organizzazione per i diritti umani
Physicians for Human Rights (Boston), che ha intervistato
centinaia di albanesi, l'occupazione dei villaggi e l'esodo
forzato seguirebbe sempre la stessa dinamica. Gli attacchi
improvvisi iniziano ancora prima dell'alba sia con armi pesanti
come missili terra-terra, sia con granate sparate con mortai. Poi
si appostano i cecchini che impediscono ad ognuno di lasciare la
propria casa anche se si trattasse solo di procurarsi del cibo.
Perciò molti civili di giorno si nascondo nei boschi e
tornano la notte per procurarsi da mangiare.
Alla fine arrivano le unità di fanteria che bloccano tutti gli accessi stradali: coprono l'impiego dei "commandos speciali", vestiti di nero, armati di machete e fucili Skorpion di produzione ceca. Queste unità avrebbero commesso massacri. Mahije Kodra, madre di cinque figli e testimone sopravvissuta al massacro di Prekaz del 5 e 6 marzo 1998 descrisse l'avanzata serba come "attacco a tre anelli". L'avanguardia, seguita dai soldati neri armati di coltelli, coperti da altri agenti con armi leggere.
Dopo giorni e settimane di questo terrore i bombardamenti vengono esasperati, anche di notte, per costringere tutti gli abitanti di un centro abitato alla fuga. Per esempio nei villaggi di Carrabreq, Drenoc e Prejlep/Prilep nei distretti di Decan/Decani la mattina del 14 giugno furono contati 500 colpi di granate. Il villaggio di Lausha nel distretto di Skenderaj/Srbica fu bombardato lo stesso giorno per 18 ore di seguito. Dopo gli attacchi seguono di regola i saccheggi in grande stile, le case vengono date alle fiamme, il bestiame resta abbandonato o viene ammazzato.
L'inviato tedesco Erich Rathfelder, noto autore di libri sulle vicende balcaniche, intervistò nel Montenegro il profugo Naser Mulej (40 anni) del villaggio di Isniq (Isnic) nei pressi di Peja/Pec. Prima dell'attacco sarebbe stata tagliata la corrente e il telefono, poi le unità serbe sarebbero arrivate con artiglieria ed elicotteri, seguite dalla fanteria. Una casa dopo l'altra sarebbe stata incendiata, tutti gli abitanti sarebbero fuggiti. Al momento della sua fuga, già la metà delle 700 case dell'abitato sarebbero state distrutte. Anche la moschea sarebbe stata rasa al suolo. Tutte le persone rimaste nelle loro case sarebbero sparite. Sarebbero stati uccisi gli animali. Nel villaggio ci sarebbero stati 10.000 capi fra mucche, cavalli e pecore. Tutti i villaggi a ovest della strada Peja/Pec-Djakova-vica sarebbero stati "etnicamente puliti".
Un bilancio analogo riferì all'inizio di luglio l'inviato della Washington Post. "Ci vogliono tre giorni per distruggere un villaggio", gli raccontò un profugo amareggiato. "Il primo giorno lanciano granate per far scappare i civili. Il secondo giorno circondano il villaggio con carri armati e saccheggiano le case con trattori e camion. Il terzo giorno bruciano le case." Zalit, Ljubusa, Drenoc, Prejlep, Rastavica, Raancor, Junik, Morina... almeno 24 villaggi in un'area di 50 miglia fra Decani nel sudovest fino a Carralevo a 20 miglia da Prishtina sono spopolati e distrutti. Più di 85.000 persone ora sono senza casa. Carraleve una volta ospitava 1.400 persone. Ora non esiste più. La piccola moschea sarebbe distrutta da granate. In alcune case ci sarebbero state ancora i tavoli del pranzo pronti. In altri casi tutta la popolazione sarebbe stata invitata a lasciare il paese entro sei giorni. Il comitato Helsinki serbo, dopo un viaggio di ricognizione nella regione di Djakova e Peja constatò una matrice di distruzioni di proprietà privata e pulizia etnica di tipo bosniaco.
Secondo una statistica della nostra organizzazione, riportata in fondo di questo dossier, da marzo a luglio sono più di 250 i villaggi attaccati dalle truppe serbe, ora parzialmente o totalmente distrutti.
Per giorni e settimane le truppe serbe assediarono villaggi
albanesi e li bombardarono fino a ridurli in ruderi. La gente
scappò all'estero quando era possibile uscire dalle arre
chiuse dalle truppe serbe, oppure girovagavano nelle stesse zone
assediate. Il 15 giugno le truppe serbe chiusero i corridoi che
portano in Albania attraversando le montagne. Elicotteri con
l'emblema della Croce Rossa presero di mira i profughi che
s'erano nascosti in montagna aspettando la prima
possibilità per continuare la fuga. Decine di migliaia di
persone si trovarono in trappola. Già ora sono più
di centomila le persone che sono "IDP" (internal displaced
person) che girovagano all'interno del Kosovo. Lasciano i loro
villaggi per paura degli attacchi serbi, si rifugiano presso
amici e parenti, tornano appena si calma la situazione e subito
dopo vengono nuovamente cacciati. Il 19 luglio truppe serbe
colpirono con colpi di granate di mortai un autobus pieno di
profughi che a Brestovc (vicino a Rahovec stavano aspettando la
partenza per Prizren.
Stupri
Il 14 giugno la BBC World News indagò su alcuni casi di
donne albanesi che sarebbero state stuprate da membri delle
truppe serbe. Anche l'organizzazione per i diritti umani
americana Physicians for Human Rights che, durante una missione
investigativa tra il 15 e il 22 giugno intervistò
centinaia di profughi di Decan e Gjakova, confermò casi di
donne arrestate e stuprate e poi "sparite". L'attivista per i
diritti umani albanese del Kosovo Sevdije Ahmeti il 1 luglio
confermò al giornalista tedesco Erich Rathfelder che al
momento della conquista di Decan all'inizio di giugno 1998
sarebbero state violentate numerose donne. Nella società
albanese del Kosovo di questo non è ammesso parlare
pubblicamente. Due ragazze di 13 e 14 anni il 9 giugno avrebbero
commesso suicidio per vergogna di essere stati violentati da
quattro poliziotti serbi. A metà luglio dal villaggio
albanese Bajram Curri una donna albanese di nome Merita Vulaj,
fuggita il 3 luglio da Peja, affermò di avere visto con i
propri occhi lo stupro di ragazzine di 12-13 anni da parte di
membri delle truppe serbe.
Massacri, esecuzioni di massa, esecuzioni di civili
non-combattenti
Sin dall'inizio dell'offensiva di inizio marzo 1998 nella regione
di Drenica le truppe serbe - la polizia speciale, le forze armate
jugoslave e le unità paramilitari dei "cetnici", guidati
dai criminali di guerra Zeljko Raznjatovic detto "Arkan" e
Vojislav Seselj, l'attuale vice primo ministro della Serbia -
hanno continuamente commesso gravi crimini di guerra nei
confronti della popolazione civile albanese.
Il Tribunale ONU per i crimini di guerra in ex-Jugoslavia dell'Aia il 12 giugno comunicò di aver avviato le indagini sui crimini commessi in Kosovo. Durante gli attacchi contro i presunti "terroristi albanesi" le truppe serbe non risparmiano minimamente la popolazione civile. Mentre l'esponente dell'opposizione serba Stojan Cerovic in presenza di questo atteggiamento ricordò quello delle truppe russe in Cecenia, il giornale americano "Boston Globe" scoprì nella tattica di Belgrado "echoes of Hitler", cioè la tattica della Wehrmacht nella seconda guerra mondiale contro i partigiani: la popolazione viene punita per metterla in contrapposizione con la resistenza armata.
Organizzazioni per i diritti umani albanesi e serbi
nonché Human Rights Watch, Amnesty International,
Physicians for Human Rights e gli osservatori dell'ONU in base
agli accertamenti compiuti sul posto e alle testimonianze
raccolte fra i profughi hanno documentato vari massacri,
liquidazioni sommarie ed esecuzioni di persone non combattenti. I
loro rapporti confermano quanto riportato immediatamente dopo i
fatti da parte del Kosova Information Center (albanese) di
Prishtina e del governo albanese del Kosovo in esilio.
28-2/1-3-1998 Qirez/Cirez e Likoshan/Likosan
Il primo massacro si verificò il fine settimana del 28
febbraio e primo marzo nei pressi di Skenderaj/Srbica, quando le
unità speciali serbe con carri armati, blindati,
elicotteri ed armi pesanti attaccarono i villaggi di Qirez e
Likoshan. A Qirez morirono i seguenti membri delle famiglie
imparentate Sejdiu e Nebiu: i fratelli Bekim e Beqir Sejdiu (23 e
28 anni), i gemelli Nazmi e Bedri (24) e i fratelli Ilir Xhemsir
Nebiu e la moglie di Xhemsir Rukije.
Il cugino di Bebeqir Sejdiu, Sefer Nebiu (62 anni), ex lavoratore emigrato in Germania, che si trovava in visita a Qirez, durante il massacro venne gravemente ferito e salvato da medici albanesi. Fra i due assassinati si trovavano anche due dei suoi figli. Ilir Nebiu venne mutilato mentre era ancora vivo: i soldati gli tagliarono varie estremità e lo mutilarono anche da morto. La moglie di Xhemsir, Rukije Nebiu, incinta all'ottavo mese, venne uccisa con un colpo in faccia. Inoltre, durante questo massacro, le truppe serbe uccisero gli ospiti della famiglia Ibish Rama e Behram Fazliu, Ismail Behrami, Bekim Beqir Deliu nonché il 63enne Ajet Rexhepi.
A Likoshan le truppe serbe lo stesso fine settimana
trucidarono tutti i membri maschi della famiglia Ahmeti e due dei
loro ospiti: Ahmet (51), Gani (46), Hamyz (40), Driton (24), Naim
(23), Lumni (21), Shemsi (20), Basri (20), Elhami (17), Behram
Fazliu (50) da Gradica, e Shaban Muja (32) da Gradica. Nella casa
a fianco vennero uccisi il 70enne Muhamet Gjeli e suo figlio
Naser (37 anni). Sul posto dell'assassinio collaboratori
dell'organizzazione serba Humanitarian Law Fund due giorni dopo
trovarono una pozza di sangue e un'ascia. I cadaveri di quattro
membri della famiglia Ahmeti, separati dal resto della famiglia,
vennero scoperti il giorno dopo nella casa mortuaria di
Prishtina. Gli stessi attivisti umanitari serbi il 3 marzo nella
casa della famiglia Ahmeti trovarono parti di corpi, denti e
pezzi di indumenti. Un disegno e una scritta sulla parete
indicò la "firma" del massacro. Questa indicò che i
killer erano gli stessi cetnik già all'opera durante la
guerra in Bosnia.
5 e 6 marzo 1998, Prekaz
Il 5 e 6 marzo le unità speciali serbe a Prekaz vicino a
Skenderaj/Srbica commisero altri massacri. Furono trucidati
almeno 56 persone, dal bambino di 5 anni al nonno 74enne, quasi
tutti membri della grande famiglia Jashari. L'attacco
iniziò il 5 marzo alle ore 5.30 per opera delle
unità speciali di stanza nella fabbrica di munizione di
Skenderaj/Srbica. Immediatamente prima dell'attacco Prekaz venne
circondata da carri armati e con armi pesanti. Per parecchie ore
tutto il casolare venne bombardato. Nelle case distrutte
irruppero le truppe speciali. I sopravvissuti dovettero uscire
sul cortile e vennero fucilati sul posto. Nazmi Jashari dovette
inchinarsi prima di essere ucciso con un colpo alla nuca. Le case
di Shaban e Hajdar Jashari nonché quella di Beqir Lushtaku
vennero date alle fiamme. Di seguito ruspe militari rasero al
suolo tutto per confondere le tracce. Il cadavere di Shaban
Jashari risultò essere mutilato e ricoperto di ferite di
baionetta. I suoi occhi erano scavati. I figli Blerim, Bujar e
Abdulah di Zene Jashari (48 anni) vennero condotti nel quartier
generale delle truppe serbe nella fabbrica di munizione di
Skenderaj/Srbica. I loro cadaveri mostrarono segni di tortura con
oggetti tronchi. Sei membri della famiglia di Sadik Jashari
finora sono ancora dispersi.
I loro cadaveri potrebbero trovarsi sotto i ruderi di Prekaz. Sono vittime del massacro i seguenti 42 membri della famiglia Jashari (solo i nomi):
Shaban Murat (74), Zahide (72), Hamez Shaban (47), Adem Shaban
(42), Zarife Bahtir (49), Feride (43), Adile Bahtir (40),
Hidajete Rifat (18), Igball Rifat (13), Igballe Rifat (11),
Valdete Rifat (14), Selvete Hamez (20), Besim Hamez (16), Afete
Hamez (17), Blerim Hamez (12), Fatime Hamez (8), Blerina Hamez
(7), Lirije Hamez (14), Fitim Adem (17), Kushtrim Adem (13),
Elheme, Blerim Zene (16), Bujar Zene (12), Abdullah Zene, Hajser
Zimer (20), Halit Imer (65), Qazim Osman (47), Nazmi Zuke (26),
Sinan Ramadan (66), Ali Ramadan (68), Feride Ramadan (43), Beqide
Bajram (43), Halil Bajram (35), Sherif Brahim (47), Bahtije
Muharrem (45), Murtez Zymber (22), Faik Tahir (30), Qerim Huse
(54), Sale Hajzer (60), Kajtaz (44), Hamit (65), Hamide
(70).
23 marzo 1998: Gllogjan/Gloxhan
Il 24 marzo 1998, mentre a Bonn si riunisce il Gruppo di
contatto per la Bosnia, le truppe serbe lanciano una nuova
offensiva contro i villaggi nei dintorni di Decani/Decan. Il 23
aprile due cadaveri vengono portati all'ospedale di Djakova, ma
solo dopo tre giorni la polizia permette l'accesso alla casa
mortuaria. I morti vennero identificati come Gazmend Hysen Metaj
(20) e Agron Nimon Mehmetaj (19) da Gllogjan/Gloxhan. Dopo il
ritiro delle truppe serbe venne ritrovato nella sua casa Ymer
Zene Sylaj (65), gravemente ferito ed in coma.
23 aprile 1998: Zhara
Il 23 aprile 1998, stando al rapporto di un testimone oculare i
seguenti 19 albanesi furono ammazzati nel corso di un'esecuzione
sommaria nel villaggio di Zhara nei pressi di Batusha a Sud di
Decan a 4 chilometri dal confine con l'Albania: Shefqet Selim
Aliaj (29), Bekim Sali Aliaj, Hasan Bajram Tahiraj, Skender Qazim
Hajdari (29), Gazmend Hasan Ramaj (26), Ukë Misin Shabani
(28), Sadik Lush Aliaj (37), Hajdar Ramadan Thaci (26), Vehbi
Hasan Hasanaj (31), Veli Noci, Astrit Xhafer Hadërgjonaj
(21), Beqe Binak Lokaj (30), Imer Isuf Lokaj (28), Bekë
Sefer Hadërgjonaj (23), Tahir Abaz Mazrekaj (36), Bekim
Shefqet Mazrekaj (22), Selman B. Lokaj (48), Hajdar Lokaj (23) e
Xhemajl Mazrekaj (29).
29 aprile 1998, Drenoc
Quando il 29 aprile a Roma si stava riunendo il Gruppo di
contatto, la polizia serba sulla strada di Prejlep/Prilep a
Drenoc (distretto di Decani) liquidò un partecipante ad un
funerale, il 26enne Bilall Idriz Mazrekaj. Insieme ad un gruppo
di donne stava per raggiungere il corteo funebre di tre albanesi
ammazzati tre giorni prima. Mazrekaj venne separato dalle donne e
ucciso sul posto.
25 maggio 1998, Lubeniq/Ljubenic
Il 25 maggio gli abitanti di Lubeniq/Ljubenic vicino a Peja/Pec
alle ore 7 sentirono una sparatoria sulla via principale. Secondo
testimoni alcuni guerriglieri dell'UCK avevano fermato una
macchina con cinque persone, di cui quattro civili. Quando il
conducente cercò di sfondare il blocco, gli albanesi
aprirono il fuoco. Verso le ore 13.30 un'unità serba forte
di 300 uomini da Strellc/Strelac, arrivati con autobus, camion,
fuoristrada e blindati circondarono il villaggio di Lubeniq. Dopo
colpi di artiglieria i poliziotti serbi, in tuta da
combattimento, entrarono nel paese. I 130 bambini della scuola
elementare furono presi come "scudi umani". Una testimone
osservò che la polizia fece uscire dieci uomini all'aperto
e li dipose in linea. Dovettero spogliarsi prima di essere
ammazzati. Poi le case albanesi vennero saccheggiate. Alle ore
15.30 le truppe lasciarono il villaggio. Secondo il testimone
Ardeshir Gogaj (25 anni) la polizia era arrivata a mezzogiorno a
Lubeniq, avrebbe pestato chiunque si trovasse per strada, prima
di recarsi alla casa di Shaban Husku, dove questi ed altri nove
uomini si erano nascosti. Mentre lui stesso sopravvisse ferito,
accanto a lui morirono dieci membri delle famiglie Hamzaj e
Gogaj: Haxhi Mehmet Gogaj (24), Zeqe Hisin Hamzaj (68), i suoi
figli Gani Zeqe (25) e Rifat Zeqe (24), i fratelli Brahim Uke
(64) e Dervish Uke Hamzaj (51), Ymer Deli Hamzaj (53) e suo
figlio Bashkim Ymer Hamzaj (23), Hysen Daut Alimehaj (40) e il
suo ospite Haxhi Mehmet Gogaj (famiglia Gogaj-Cacaj).
31 maggio 1998, Poklet i Ri
Nel corso della conquista del villaggio di Poklet i Ri nel
distretto di Gllogovc/Glogovac il 31 maggio verso mezzogiorno
furono ammazzate le seguenti persone: Ardjan Haxhi Deliu (18),
Ahmet Berisha (40), Fidaim Berisha (17), Sefer Qorri (55), Sahit
Qorri (57), Hajriz Hajdini (45), Muhamet Hajdini (50), Blerim
Shishani (16), Ferat Hoti, Rame Asllam (51). Profughi di questo
paese, più tardi, raccontarono a Vasileva che la polizia
speciale serba aveva assediato il villaggio, aperto il fuoco con
mortai e mitragliatrici e dato alle fiamme 29 case.
All'organizzazione albanese per i diritti dell'uomo CDHRF, un
testimone raccontò che accanto ai cadaveri degli uccisi
aveva visto organi umani. La polizia collocò alcune armi a
fianco dei corpi per presentarli al mondo come "terroristi" e li
fotografò. Poi tutti i corpi furono portati via su di un
camion, tranne quello di Ardian Deliu. Gli investigatori dell'ONU
che visitarono il luogo il 28 giugno e interrogarono testimoni,
confermarono le informazioni del CDHRF.
Inizio giugno 1998, Drenoc nei pressi di Decan
Il New York Times il 16 luglio 1998 riportò di fucilazioni
sommarie avvenute all'inizio di giugno nelle località di
Drenoc e Vokshit, vicino a Decani. Un testimone oculare di nome
Ndue Biblekaj, un albanese che prima aveva combattuto nelle
truppe serbe, ma che aveva, poi, cambiato fronte, dopo aver visto
le atrocità commesse dalle sue truppe, raccontò che
un'unità speciale serba con berretti neri presero 13
civili e li fucilavano. I cadaveri di seguito vennero mutilati.
Con una ruspa vennero sepolti in una fossa comune. "Non
dimenticherò mai questo momento", disse Biblekaj, "Ho
assistito anche ad altre esecuzioni, di donne, bambini, anziani.
Ho potuto vedere i cadaveri di 15 persone stesi lungo la
strada."
18 luglio 1998, Padesh sulle montagne della zona di
Decani/Decan
Il 18 luglio 1998 le truppe serbe aprirono il fuoco su una
colonna di profughi nelle montagne alla frontiera con l'Albania,
vicino a Padesh (distretto di Decan). Almeno 60 persone rimasero
uccise, soprattutto donne, bambini ed anziani. L'attacco, da
parte della propaganda serba e di molti organi di informazione
internazionale, venne presentato come operazione militare contro
un gruppo di 1.000 guerriglieri dell'UCK, nel corso della quale
avrebbero perso la vita 100 guerriglieri albanesi. Secondo le
informazioni dell'organizzazione per i diritti umani albanese
CDHRF si trattava invece di un convoglio di 120 profughi che
volendo rientrare in Kosovo attraversarono la frontiera intorno
alle 2.30. Il convoglio fece scoppiare una mina terrestre. Di
seguito tutto il gruppo venne cannoneggiato con armi pesanti da
tre lati per una mezza ora. Le truppe serbe spararono anche dei
missili di illuminazione. Vennero uccisi circa 30 cavalli con in
sella donne e bambini e più di cento persone vennero
ferite. Non gli fu prestato alcun tipo di soccorso.
18-22 luglio 1998, Rahovec/Orahovac
Sugli avvenimenti nella cittadina di Rahovec/Orahovac (20.000
abitanti), durante la conquista da parte delle truppe e
unità paramilitari serbe dal 18 al 22 luglio 1998, sono
stati forniti dei rapporti particolareggiati soltanto da parte
albanese. Quando i giornalisti il 22 luglio poterono entrare
nella cittadina le tracce dei crimini erano già
cancellate. Jeffrey Smith della Washington Post per il suo
servizio scelse il titolo: "La città è distrutta,
ora i serbi possono salvarla".
Già il 23 e il 30 giugno fonti albanesi riportarono l'arrivo di nuovi contingenti della polizia speciale. Il 10 luglio 200 poliziotti serbi presero posizione nell'Hotel Park. Vennero appostati cecchini e tiratori scelti. Nel quartiere periferico di Bellacerke/Bela Crkva (2.500 abitanti) il 18 luglio ci furono delle sparatorie fra la polizia e l'UCK, che aveva scavato delle trincee. Mentre gli abitanti serbi dei quartieri Retia e Repterusa si arresero, quelli del villaggio di Hoca chiamarono le forze armate jugoslave. Secondo la versione fornita dal sindaco serbo, Angelo Kolasinc, l'UCK sarebbe entrata a Rahovec/Orahovac il 17 luglio per occupare la stazione di polizia. Le linee telefoniche, l'acqua e la corrente sarebbero state tagliate. Migliaia di cittadini avrebbero abbandonato la città in direzione Malisheva, controllata dall'UCK.
Il 18 luglio a Rahovec/Orahovac vennero portate ingenti unità speciali serbe e il gruppo paramilitare di "Arkan". Gli abitanti rimasti nella città si trovarono in trappola. Domenica, 19 luglio, la città venne bombardata per più ore. Poi soldati pattugliarono tutta la città. I rifugiati raccontarono ai giornalisti che la milizia avrebbe ucciso tutti senza distinzione. Alla Croce Rossa Internazionale venne negato l'accesso.
Secondo una testimonianza oculare del segretario della comunità islamica, Halit Shala, numerose donne e bambini avevano trovato rifugio nella casa di preghiera musulmana (masjid). Sarebbero stati massacrati. Dappertutto nelle strade ci sarebbero stati morti e feriti. I cadaveri di albanesi sarebbero stati appesi ai piloni della corrente elettrica. In piazza Tumba sarebbero stati stesi sei cadaveri resi irriconoscibili dalla calce fresca.
In piazza Bllata ci sarebbero visti altri cinque cadaveri. L'Imam della moschea, Shani Sylka, sarebbe stato ferito. secondo fonti albanesi almeno 21 case sarebbero state date alle fiamme, mentre l'inviato della Washington Post ne contò 30. Illeso rimase invece il quartiere abitato prevalentemente da serbi. Nei quartieri periferici di Bellacerke/Bela Crkva tutte le case sarebbero state distrutte. Altri sopravvissuti raccontarono all'inviato della Neue Zürcher Tageszeitung di un test di paraffina applicata a tutti gli albanesi maschi allo scopo di accertare chi avesse sparato con un'arma da fuoco. I Serbi minacciarono un gruppo di uomini di essere fucilati sul posto se il test avesse dato un risultato positivo. Tutti i risultati furono negativi.
All'inviato della Washington Post i sopravvissuti Hidajete Ramaj e Skender Sylka raccontarono di un massacro compiuto il 20 luglio 1998, di sette uomini. Sylka si sarebbe nascosto per tre giorni con altri 14 uomini nella cantina di una casa. Sarebbero stati disarmati e disposti ad arrendersi. Prima sarebbe uscito il marito di Hidajete gridando verso i poliziotti serbi che avevano coperto il viso coperto con sciarpe color grigio: "Dobbiamo parlare, qui ci sono donne e bambini". A questo punto i serbi avrebbero aperto il fuoco ammazzando sette uomini. Gli altri si sarebbero nuovamente ritirati nella cantina. Poi i serbi avrebbero gettato una bomba a mano ferendo un bambino. La polizia avrebbe dato alle fiamme i cadaveri. Stando alle informazioni albanesi si trattava di nove uccisi fra cui due donne, i cui corpi vennero coperti di paglia e incendiati: Ramadan Këmdali (72), Qemail Rama (60), Faik Rama (52), NesimRama (30), Ekrem Rama (42), Sylka Rama, Fetije Mullaabazi (donna), Mejreme Mullaabazi (donna) e Baki Shehu. Anche al corrispondente della Neue Zürcher Tageszeitung i sopravvissuti raccontarono di un martirio durato giorni interi, chiusi nelle cantine di Rahovec/Orahovac.
La sera del 20 luglio, secondo informazioni del CDHRF, a Prizren arrivarono due camion con prigionieri albanesi (circa 80 persone). Donne e bambini vennero rilasciati, mentre gli uomini furono arrestati. Il 21 luglio vi furono trasportati, in tre momenti, 20, 40 e 31 prigionieri a Prizren - tra i camion se ne vide uno della ditta PROGRESS.
Fra i prigionieri vi sarebbero stati anche dei feriti. Secondo le testimonianze raccolte dalla Washington Post a Prizren il numero degli arrestati sarebbe stato di oltre 500. Donne e bambini sarebbero stati rilasciati subito mentre i 150 uomini sarebbero stati "internati" nell'edificio dei vigili del fuoco di Prizren. Solo pochi di essi sarebbero stati rilasciati. Il portavoce della polizia serba, Milan Sipko, nei confronti dei giornalisti, ammise che sarebbero stati arrestati 223 albanesi, dei quali 26 già rilasciati. Ma il CDHRF albanese registrò la liberazione di solo 108 albanesi.
All'inviato della Neue Zürcher Tageszeitung alcuni prigionieri raccontarono di essere stati torturati a Prizren. Samie Zeqiraj del Forum delle donne albanesi dell'LDK (il partito di raccolta degli albanesi del Kosovo) raccontò il 21 luglio di maltrattamenti durante l'arresto a Prizren. Fu arrestata la mattina del 19 luglio sull'autobus proveniente da Mamushe con altre 12 persone e avrebbe visto a Prizren dozzine di uomini albanesi in manette e sanguinanti, barbaramente torturati.
Uno degli uomini rilasciati raccontò che sarebbe stato arrestato in uno dei nascondigli in cantina e portato a Prizren Muse Kasapi e suo figlio, Metush Canziba e suo figlio, e Beqir Haxhimusa e Mazllum Haxhimustafa sarebbero stati trasportati verso il confine con l'Albania per essere - cosí avrebbe affermato la polizia stessa - fucilati.
Nella cappella mortuaria di Prizren il 21 luglio vennero portati 12 cadaveri. Il 22 luglio il servizio di sicurezza serbo nel cimitero di Prizren scavò due fosse comuni e interrò un numero non precisato di morti, portati sul posto con un camion della ditta LIRIA e con due trattori.
Nel corso di un sopralluogo a Rahovec/Orahovac il 22 luglio un inviato della Washington Post raccontò di centinaia di case e negozi danneggiati, saccheggiati e bruciati; parecchie case erano distrutte fino alle fondamenta. Prima dell'arrivo dei giornalisti le truppe serbe avevano "ripulito" tutto; un unico morto era ancora steso per la strada. I giornalisti scoprirono un gruppo di 50 persone fra cui 20 bambini sotto cinque anni che uscivano dal loro nascondiglio dopo 5 giorni. Uno dei pochi uomini del gruppo raccontò di aver osservato la polizia che, poco prima dell'arrivo della stampa, aveva caricato cadaveri su dei trattori. Il quotidiano tedesco Die Welt il giorno dopo scrisse: "Centinaia di figure estenuate sono stipati in uno spazio ridottissimo, quasi non c'è acqua, cibo e tutto questo da più di una settimana. In una delle cantine ci sono solo cadaveri. I fuoristrada dell'UNHCR in questa città sembrano piuttosto una fata morgana".
Stando alle informazioni del Kosova Information Center a
Rahovec sarebbero stati uccisi almeno 34 albanesi. L'inviato
della Washington Post in presenza delle distruzioni ebbe
l'impressione che dovevano esserci stati almeno alcune centinaia
di vittime. La TV bosniaca indicò il numero di morti da
parte albanese con 150, da parte serba con 30. I 20.000 abitanti
della città sarebbero fuggiti. I giornalisti arrivati sul
posto non ne dubitavano, visto che non c'era proprio nessuno
fuorché i poliziotti.
27 luglio 1998, Junik (distretto di Decani)
Durante l'offensiva serba contro i territori controllati dagli
albanesi nell'ultima settimana di luglio, le truppe serbe -
secondo informazioni del KIC del 28-7-1998 trucidarono tutti i 20
membri di una famiglia a Junik che poco prima si era arresa. I
nomi delle vittime erano ancora segrete per poter informare i
parenti.
Lager (campi di internamento)
Ci sono indizi secondo i quali nella base delle truppe serbe
all'interno della fabbrica di munizione di Skenderaj/Srbica
fossero stati internati, torturati e probabilmente uccisi dei
prigionieri albanesi. Stando ad informazioni del Comitato di
Helsinki greco e Human Rights Watch, profughi indicarono
ripetutamente la scuola secondaria e l'edificio "Dekor" di Decani
come "lager di internamento per uomini albanesi".L'inviato
tedesco Erich Rathfelder, che nella seconda metà di giugno
poté visitare la città di Decani completamente
distrutta e spopolata, ispezionò un magazzino commerciale
che gli era stato indicato come edificio di internamento.
Riuscì ad individuare un testimone che gli confermò
che ci sarebbero internati 38 uomini, in un secondo momento
portati via dalla polizia. Ma al testimone non era permesso dire
di più. Nel carcere di Gjilan/Gnjilane i prigionieri
albanesi vengono torturati cosí brutalmente che le loro
grida vengono regolarmente sentite anche per strada.
Sequestri di persone e "sparizioni"
Tutte le zone principali del territorio del Kosovo si trovano
sotto il controllo delle truppe serbe che hanno costruito una
rete di checkpoint lungo tutte le strade principali, gli incroci
importanti, le stazioni ferroviarie e di autobus, le strade che
collegano città e villaggi circondanti. Si verificano
spesso casi di arresti di uomini in età adulta durante
controlli per strada, in primo luogo per opera delle truppe
serbe, ma anche da parte dell'UCK. Anche durante l'occupazione di
città e villaggi uomini di quest'età vengono
arrestati o presi come ostaggi. A metà di giugno 1998 il
numero di persone rapite fu stimato a 350, di cui 300 nell'area
di Decani. A metà luglio questo numero è arrivato a
400. Daan Everts, ambasciatore dell'OSCE in Albania, il 15 giugno
disse alla stazione TV olandese NOVA che profughi arrivati a
Decani avevano riportato ripetutamente casi di arresti arbitrari
di uomini, di seguito spariti.
La persona da più tempo "sparita" è Idriz Idrizi, 46 anni, che il 23 gennaio 1998, un mese prima dello scoppio della guerra, sparì da Prekaz (distretto di Skenderaj/Srbica). Per l'ultima volta venne avvistato nei presi della fabbrica di munizione di Skenderaj/Srbicaa. Mai fu chiarita la sorte del medico Hafir Shala, attivista di un'organizzazione umanitaria a Gllogovc/Glogovac, che venne arrestato il 10 aprile insieme ai suoi collaboratori Hetem Sinani e Shaban Nezirin. Mentre questi ultimi vennero rilasciati, del Dr. Shala fino ad oggi non c'è traccia. Le autorità serbe negano di averlo arrestato.
Nella notte del 9 giugno 1998 truppe serbe con artiglieria ed altre armi pesanti attaccarono il villaggio di Suhogerlle nel distretto di Skenderaj/Srbica. Su 53 case 50 vennero distrutte e date alle fiamme. Brahim Rushiti (70), Afrim Rushiti, epilettico, (36), Osman Osmani (45) e Rexhep Osmani (58) da allora sono spariti senza lasciare tracce. L'8 luglio una commissione dell'LDK riportò che a Gjakova erano stati arrestati numerosi albanesi.
Durante l'offensiva serba a Rahovec/Orahovac unità speciali serbe e gruppi di cetnik (Arkan) occuparono il quartiere periferico di Bellacerke/Bela Crkva. I fratelli Isuf, Ismet, Mejdi e Kollarin Bekeri, Masar Ejupi, Agim Canzibaj, Mustafe Kasapi, un insegnante di nome Bexhet e un altro albanese non conosciuto di nome proveniente da Prizren vennero arrestati dalle milizie di Arkan. Alisa Berisha (15) e Violeta Krasniqi (30), che fuggirono il 20 luglio con un gruppo verso Prizren, raccontarono che al checkpoint di Landovice la polizia serba separò le donne e i bambini dagli uomini che vennero arrestati. Fra questi si trovava anche il padre di Alisa, Ymer.
Il 18 giugno - una settimana dopo la conquista di Decani - abitanti di Novi Pazar, capoluogo del Sangiaccato, regione abitata prevalentemente da musulmano-bosniaci, furono testimoni di una scena inquietante. Tre autobus con prigionieri albanesi scortati dalla polizia si fermarono per un difetto al motore. I prigionieri erano visivamente feriti in testa e dovevano alzare le mani ammanettate. Con i loro mitra i poliziotti impedirono ai passanti di avvicinarsi.
Mentre da una parte manca ogni traccia di circa 400 albanesi,
dall'altra parte continuamente si ritrovano cadaveri di
identità sconosciuta oppure vengono portati dalla polizia
negli ospedali. Alcuni esempi: il 24 maggio viene ritrovato
massacrato il 70enne Zeke Azem Brahimi a Bokshiq. L'8 giugno la
polizia fece seppellire a Djakova tre albanesi sconosciuti. Lo
stesso giorno due Rom su ordine della polizia dovettero
seppellire a Peja/Pec il cadavere di Zymber Hysen Berisha (60) da
Kryshec che era stato rinvenuto morto in circostanze non chiarite
sulla riva della Bistrica. Il 3 giugno venne ritrovato il corpo
di Bajram Binak Aliaj (38) di Shushica ai piedi del monte Uca:
era partito il 28 maggio per raggiungere l'estero. Il 16 giugno
la polizia a Peja/Pec portò i cadaveri di tre uomini fra i
20 e 40 anni. Questo venne riferito dalla Comunità
islamica della città che, per ordine della polizia,
dovette seppellirli. Il 6 luglio a Pirane vicino a Prizren
vennero trovati in un campo i corpi mutilati di Muhamet Elshani
(56), suo figlio Afrim e Sali Gashi (20). L'8 luglio la ditta
statale "Higjiena" a Peja/Pec seppellì cinque persone non
identificate. Con un appello drammatico l'8 luglio 1998
l'organizzazione per i diritti umani albanese CDHRF fece appello
a tutte le parti di rispettare la Convenzione di Ginevra e di
rilasciare tutti i prigionieri. Il numero degli albanesi spariti
o dispersi venne indicato con 400, quello dei serbi dispersi con
30.
Lavoro forzato
Finora ci sono prove solo per un unico caso di lavoro forzato di
prigionieri. Il comitato albanese CDHRF riportò che dal 9
aprile al 15 aprile prigionieri albanesi di Smrekovnica vennero
costretti a scavare trincee attorno ai checkpoint di Ternavc,
Klina e Eperme, Lausha e Turiqevc.
Città ed area assediate
La situazione umanitaria da marzo in tutto il Kosovo è
molto tesa datoche ci sono decine di migliaia di profughi, dalle
zone di combattimento, da approvvigionare. La capitale Prishtina
di notte assomiglia di più ad una città assediata,
riporta l'agenzia di stampa albanese ARTA. A partire della
"riconquista" di Rahovec/Orahovac a Prishtina pattugliano forti
unità della polizia e paramilitari che fermano, molestano
e arrestano passanti in modo totalmente arbitrario. A questo
s'aggiungono altri tipi di angherie come, da esempio il blocco di
80 camion con beni di uso quotidiano e viveri alla frontiera con
la Serbia presso Rudare per opera delle autorità doganali
serbe. I beni umanitari delle organizzazioni internazionali quali
Mercy Corps (USA) o la Croce Rossa Internazionale vengono
sequestrati o fermati e non possono passare verso le zone di
combattimento.
Nei 12 distretti (regioni) del Kosovo, in primo luogo nella parte occidentale e sudoccidentale, il rifornimento di generi alimentari, medicinali e beni di prima necessità è bloccato parzialmente o interamente da marzo. La corrente elettrica e l'acqua sono stati interrotti temporaneamente: Skenderaj/Srbica, Glogovc/Glogovac, Klina, Peja/Pec, Gjakove/Djakovica, Decan/Decani, Shtimje/Stimlje, Rahovec/Orahovac, Malisheva, Malisevo, Istok, Suhareke/Suva Reka, Ferizaj/Urosevac. La popolazione di queste aree viene stimata con 750.000 persone dei quali 100.000 profughi.
Mentre i territori controllati dall'esercito di liberazione UCK, soprattutto nei dintorni di Malisheva, sono completamente isolati da parte delle truppe serbe, dal mondo esterno, la popolazione delle zone occupate dai serbi vive nello stato d'assedio. I cecchini serbi controllano ogni movimento: nessuno può entrare o uscire dalla zona. A Suhareka a metà luglio i poliziotti pattugliavano le strade con le facce tinte di nero.
La popolazione - in parte già da marzo scorso - vive di scorte o viveri forniti clandestinamente. Secondo informazioni della International Helsinki Federation IHF che visitò la zona all'inizio di luglio, oltre vari rifornimenti di viveri dell'organizzazione Medecins sans frontières non c'è più nessuna assistenza sanitaria. L'organizzazione umanitaria albanese "Madre Teresa" a Malisheva, che in tempo di pace assisteva le famiglie più povere (cioè famiglie con almeno cinque figli e senza reddito) lamenta che il numero di persone da assistere è aumentato da 8.000 a 20.000. Si ripetono i casi di convogli umanitari respinti e di arresti di collaboratori di organizzazioni albanesi sospettati di aver appoggiato "il nemico". Il 20 giugno a Vodic presso la miniera di Bardh te Madh/Belacevac, che venne "riconquistata" dalle truppe serbe alla fine di giugno, venne sequestrato un trasporto umanitario di "Madre Teresa" e arrestati due dei suoi addetti. Il 16 luglio 1998 la procura generale serba incriminò formalmente per "sostegno ai terroristi" gli albanesi Enver Hashani (48), Halit Sallova (38) e Ahmet Gjinovci (51), i quali avrebbero trasportato viveri e medicinali a Glogovc/Glogovac e Skenderaj/Srbica senza i necessari permessi. Il 12 luglio la presidente dell'ufficio di "Madre Teresa" di Gjakove/Djakovica, Fatima Bosnjaku, e due dei suoi collaboratori vennero arrestati. L'inglese Sally Becker, conosciuta come "angelo di Mostar" venne arrestata durante il tentativo di potare in salvo una famiglia di albanesi attraversando il confine serbo-albanese. Venne condannata a 30 giorni di reclusione per passaggio clandestino di frontiera. Il 27 luglio la polizia sequestrò 12 tonnellate di farina e 800 chilo di generi alimentari del magazzino di "Madre Teresa" a Vushtrri.
Si riesce ad intuire la dimensione della miseria da appelli di aiuto finora poco ascoltati dall'opinione pubblica mondiale. Alcuni esempi: il 10 giugno a Dollova, Grabanica, Bokshiq, Kepuz, Ceskova, Zajm, Jashanica i Eperm, Jashanica e Poshtme, Dush, Gjurgjevik i Madh, Gllareva, Rigjeva, Stapanica e Cerovic (distretto di Klina) erano esauriti i generi alimentari di base come farina, olio, zucchero. Il 24 giugno i convogli umanitari per la prima volta da marzo ottennero accesso a Djakove/Djakovica (100.000 abitanti di cui 50.000 profughi) e a Peja/Pec (120.000 abitanti di cui 60.000 profughi). Il 23 giugno un convoglio umanitario raggiunse la località di Junik, controllato dall'UCK e chiuso dalle truppe serbe. Dei 12.000 abitanti originari erano rimasti ancora appena 1.500 civili di cui 600 profughi. Secondo un'affermazione dell'Alto Commissariato dell'ONU per i rifugiati, Sadako Ogata, "i profughi soprattutto donne e bambini, si trovano in uno stato assai penoso".Il 1 luglio l'associazione umanitaria albanese "Madre Teresa" lanciò un appello di aiuto al mondo di aiutare la città. Dal 11 maggio non sarebbero più arrivati rifornimenti di generi alimentari nella città che ospita 21.000 persone di cui 5.500 profughi della zona di Drenica. Quattro trasporti umanitari sarebbero stati respinti a Nedakovc a 20 chilometri da Prishtina.
A Gradica, Godanc, Dobrashec, Likoshan, Krasmiroc, Qirez nella
regione di Drenica vicino a Skenderaj/Srbica, dove vengono
ospitati sfollati da Hade, Bivolak, Bardh, Hamide e Lajthishte il
3 luglio non c'erano più generi alimentari e medicinali. I
comitati di emergenza di Gjilan/Gnjilane e Suhareka/Suva Reka il
3 luglio denunciarono la mancanza di farina, olio, sale e
zucchero. A partire del 2 luglio questi viveri mancarono anche a
Rahovec/Orahovac. Il 5 luglio l'agenzia ARTA riferì della
città di Gjakove (100.000 persone), occupato dai serbi
"crescenti difficoltà di approvvigionamento" con generi
alimentari e medicinali, il 20 luglio a Gjakove non c'era
più pane. Un giornalista tedesco raccontò che il 24
luglio da Malisheva che i negozianti della piazza principale non
avevano altro che sigarette da offrire. Alla fine di luglio
truppe serbe a Glogovc incendiarono campi con grano maturo per la
raccolta.
Violazioni dei diritti umani da parte dell'UCK
L'esercito guerrigliero albanese del Kosovo (esercito di
liberazione del Kosovo UCK) che a metà luglio
affermò di disporre di 30.000 uomini in armi e
perciò più forte di numero dell'esercito albanese,
ha dichiarato di voler rispettare il diritto internazionale
umanitario. Finora non sono stati registrati casi di massacri o
l'impiego di artiglieria contro la popolazione civile. Il vice
abate del convento di Decani, frate Sava, confermò in
un'intervista a metà luglio che l'UCK aveva rispettato i
siti religiosi ortodossi del Kosovo, mentre le truppe serbe
avrebbero distrutto luoghi di culto musulmani.
Secondo le informazioni dell'Associazione per i popoli minacciati l'UCK partecipa però - benché in misura non paragonabile a quella usata dai serbi - al sequestro di persone come ostaggi, a maltrattamenti e sparizioni di civili serbi maschi e civili non combattenti. Mentre il Comitato albanese per i diritti umani CDHRF l'8 luglio indicò il numero di serbi dispersi con il 32, l'ambasciatore Richard Miles all'inizio di luglio stimò la cifra di serbi prigionieri dell'UCK a 50-60. Il "Media Centar" serbo di Prishtina, un'istituzione della propaganda governativa serba, indicò il numero dei dispersi civili con 59 (13 luglio). Il quotidiano filogovernativo serbo POLITIKA parlò di 140 serbi e albanesi "non leali" sequestrati. La portavoce della Croce Rossa Internazionale Beatrice Weber il 30 luglio parlò di 130 persone di nazionalità serba "sparite".Il 23 luglio la CRI comunicò che l'UCK aveva estradato 35 serbi fra cui una monaca e sette monaci.
Il portavoce dell'UCK, Jakub Krasniqi, in un'intervista con il giornale albanese indipendente Koha Ditore si pronunciò apertamente a favore della punizione dei collaborazionisti albanesi attraverso la pena capitale. Lo stesso giornale già il 24 luglio aveva citato il caso di cinque serbi rapiti che sarebbero stati uccisi. Già in marzo 1998 l'UCK ammise 50 esecuzioni, le cui vittime furono poliziotti serbi, ma anche albanesi "collaborazionisti". Sembra che anziani e donne da parte dell'UCK vengano rispettate, mentre uomini maschi in età di essere arruolati sono vittime di violazioni dei diritti umani. Durante i gravi combattimenti a Rahovec-Orahovac a metà luglio l'UCK avrebbe rapito 40 abitanti serbi della città.
Il 21 luglio l'UCK arrestò nove monaci, una monaca anziana e 30 profughi serbi nel convento di San Cosma e Damiano dopo che l'abate aveva issato la bandiera bianca. Vennero rilasciati dopo un intervento della Croce Rossa.
Due montenegrini di Dubrava, Dragoslav e Mijat Stojanovic,
vennero arrestati il 18 aprile da albanesi in uniforme e portati
nel quartier generale dell'UCK a Glogjan/Glodjane. Qui vennero
interrogati, pestati ed esposti ad un trattamento umiliante.
Entrambi, di seguito vennero rilasciati, ma Dragoslav Stojanovic
era ferito cosí gravemente che dovette subire un
intervento chirurgico. Il 21 aprile "sparirono" le sorelle Dara
(69) e Vukosava (65) Vujocevic, che non erano sfuggite al momento
dell'occupazione del villaggio di Gornji Ratic da parte dell'UCK.
Da allora i loro parenti non hanno più nessuna notizia di
esse. Il 22 aprile Novak Stijovic, in cerca di suo padre,
accompagnata dalla madre Rosa e di un conoscente di nome Stanisa
Radosevic, venne arrestata nei pressi di Glogjan da forze
dell'UCK e portato nel quartier generale. Qui venne perquisita
con un'arma alla tempia, pestata ed interrogata. Dal 22 aprile la
famiglia Vlahovic del villaggio di Gornji Ratic, conquistato
dall'UCK, denuncia la sparizione dei nonni Milovan (64) e Milka
(60). Mai chiarita fu la sorte di Milo (60) e Milica (59)
Radunovic di Dacinovac che venne occupata dall'UCK il 22 aprile.
I loro parenti fuggirono, i nonni invece si rifiutarono di
lasciare la casa. I vicini udirono degli spari nella casa dei
Radunovic e dopo la radio riportò la notizia del loro
arresto. Da allora manca ogni traccia di essi. Inoltre vengono
dati per dispersi: Radomir Ivanovic di Maznik dal 23 aprile,
Branko Stamatovic (69) sparito sulla strada a Prilep il 21
aprile, Zarko Spasic (35) di Sibovac vicino a Obilic, Dostana
Zmigic di Leocin nei pressi di Skenderaj/Srbica dal 18 maggio, il
poliziotto Dejan Stamenkovic di Ropotovo vicino a Kamenica dal 19
maggio, il Serbo Ivan Zaric e i Rom Gurim Bejta e Agron Berisa di
Dolac vicino a Klina dal 20 maggio, Miroslav Sulevic di Vidanje
(Klina) dal 21 maggio, l'ufficiale di polizia Ivan Bulatovic di
Glogovc che venne sequestrato in abiti borghesi dal treno, il
54enne Radomir Zmigic di Leocin vicino a Skenderaj dal 27 maggio,
la coppia Ratomir e Cetomirka Miljkovic da Pantine vicino a
Vushtrri/Vucitrn dal 25 maggio.
Appello dell'Associazione per i popoli minacciati
internazionale
Fermiamo l'aggressione serba in Kosovo!
L'Associazione per i popoli minacciati Internazionale (APM
Internazionale) lancia il seguente appello ai governi del
cosiddetto "Gruppo di contatto per la Bosnia", in particolare al
Governo italiano volto a fermare la "pulizia etnica" e a far
cessare le operazioni delle truppe serbe in Kosovo.
I governi del Gruppo di contatto devono porre un ultimatum alla dirigenza serba legato al compimento delle seguenti rivendicazioni:
L'APM internazionale, inoltre, si appella ai governi del Gruppo di contatto di richiedere dal movimento di resistenza albanese UCK il rispetto delle seguenti rivendicazioni:
L'APM internazionale si appella ai governi del Gruppo di contatto, in particolare a quello italiano, affinché il Tribunale ONU dell'Aia venga messo nelle condizioni per indagare più efficacemente sui crimini di guerra, le esecuzioni di massa e i massacri delle truppe serbe in Kosovo, di assicurare le prove e di mettere sotto accusa i responsabili, sia i responsabili politici che quelli materialmente esecutori.
L'APM internazionale, infine, si appella al presidente della Repubblica del Kosovo, al governo e al parlamento nonché a tutte le istituzioni politiche e militari degli albanesi del Kosovo di:
distretto amministrativo | città, villaggio | attacchi |
Decan/Decani | Decan | 24.3. l'offensiva prende il via mentre è riunito il gruppo di contatto; 12.4. spari nel sobborgo Dubovik; 20.4. offensiva aerea, si distribuiscono armi ai civili; 22.6. Decan è completamente distrutta, di 20.000 abitanti sono rimasti in città 200-300 persone, più che altro anziani. |
Decan | Baballoc, Baballoq, Babaloq | 24.3., 20.4. offensiva con carri armati ed aerei dell'esercito serbo; 22.4. attacchi a un team di giornalisti dell'AP; 24.4., 25.4. attacchi prolungati, 28.4., 29.4., 30.4., 1.5., 3.5., 4.5., 5.5., 9.5. attacchi dall'una alle 5 di mattina; 10.5., 14.5., 16.5., 17.5., 18.5., 21.5., 22.5., 24.5., 25.5., 150 granate all'ora; 21.6., 22.6. 62 granate; 25.6. attacco di più ore; 30.6. attacchi aerei; 2.7., 3.7., 5.7., 8.7., 11.7., 12.7.; cecchini in azione 16.7., 18.7., 20.7., 24.7. |
Decan | Beleg | 25.5., 30.6. trenta proiettili di grosso calibro e otto razzi terra-terra; 8.7., 27.7. |
Decan | Carrabreg i Eperm, i Poshtem | 23.5., 25.5., 8.7., 11.7.; il 14.7. attacchi di cinque ore; 18.7., 19.7., 24.7., 27.7., 28.7., 30.7. |
Decan | Dujaka | 27.7. |
Decan | Dubrave | 24.3., 25.5., 21.6. |
Decan | Firaje | 24.3. |
Decan | Glogjan, Gloxhan | 24.3. bombardamento dalle 10.30 alle 21.00, vengono bruciate e distrutte 17 case; 22.6., 29.6., 2.7., 5.7., 8.7. |
Decan | Gramacel | 24.3., 24.4., 28.4., 29.4., 30.4., 10.5., 25.5., 25.6., 29.6., 2.7., 3.7., 5.7., 8.7., 11.7., 12.7.; cecchini in azione il 16.7., 18.7., 24.7., 26.7., 28.7. |
Decan | Hulaj | 10.5. |
Decan | Isniq, Iznic, Izniq, Irzniq | 23.5., 21.6., 30.6. trenta granate e tre razzi; 5.7., 11.7., 14.7., 28.7. |
Decan | Kodrali | 27.7., 28.7. |
Decan | Lebushe | 28.7. |
Decan | Lloqan | 25.5. |
Decan | Lluke | 8.7. |
Decan | Pobergje | 25.5., 11.7. |
Decan | Prekulluke | 25.5. |
Decan | Prejlep, Prelep | 1.5. spari a un contadino; 23.5. grosso attacco; 25.5. 150 granate; 21.6., 25.6., 30.6. attacchi aerei; 2.7., 8.7., 11.7., 13.7., 14.7.; cecchini in azione il 16.7., 18.7., 19.7., 24.7., 27.7., 28.7., 29.7. |
Decan | Rastavica | 25.5. 150 granate; 21.6., 30.7. |
Decan | Shaptej | 24.3., 22.6., 2.7., 3.7., 5.7., 11.7., 24.7., 26.7., 28.7. |
Decan | Sllup, Slup | 20.4. attacco con razzi; 23.5., 25.5., 27.7. |
Decan | Strellc i Eperm, i Ulet | 4.5., 25.5., 22.6., 10.7. attacco alle due di mattina; 11.7. attacco di tre ore; 250 granate; 14.7., 19.7., 24.7., 27.7., 28.7., 30.7. |
Decan | Suke | 24.3. |
Decan | Voksh, Vokshi | 30.4., 3.7., 10.7., 11.7., 26.7., 26.7., 27.7. |
Ferizaj/Urosevac | Gllavice | 27.7. |
Ferizaj | Jezerc | 21.7. scambio di colpi; 24.7. |
Ferizaj | Manastirc | 28.7. |
Ferizaj | Mollopolc | 27.7. |
Ferizaj | Nerodime | 28.7. |
Fushe Kosova/Kosova Polje | Grabovc/Grabovac, Grebofc i Ulet, i Eperm | 13.7. carri armati, spostamenti di truppe |
Fushe Kosova | Shipitulle | 13.7. carri armati, spostamenti di truppe |
Gjakove/Djakovica | Batusha | 3.5. |
Gjakove | Berjah, Berjahe | 23.5., 24.5. artiglieria; 8.6., 22.6., 23.6., 28.6., 29.6., 10.7. elicotteri con l'emblema della Croce Rossa; 11.7., 16.7., 27.7., 28.7., 30.7. |
Gjakove | Brovine, Brovina | 3.5., 4.5., 24.5. artiglieria; 8.6., 22.6., 23.6. |
Gjakove | Deva | 7.5. spostamenti di truppe, arresti |
Gjakove | Dol | 1.5. il paese viene circondato |
Gjakove | Dushkaja-Region | il 20.4. vengono dislocate delle truppe, arresti |
Gjakove | Duzhnje | 20.6., 16.7. la scuola elementare e le case dei albanesi vengono bombardate e distrutte |
Gjakove, Has-Region | Goden | 7.7., 28.7. |
Gjakove | Herec, Hereq | 25.4. |
Gjakove | Junik | 3.5., 27.6. di 12.000 abitanti ne sono rimasti in città 1.500, di cui 600 dispersi nei boschi al confine con l'Albania; la città è circondata dalle truppe serbe, 130 case sono state distrutte da granate; 10.7. nuova offensiva, 11.7., 27.7., 28.7., 29.7. |
Gjakove | Koshare | 24.5. artiglieria, 11.7. |
Gjakove | Moglica | 1.5. il villaggio viene circondato |
Gjakove | Molliq | 3.5., 8.6., 10.6. |
Gjakove | Morina/Morine (da non confondere con Morina vicino a Skenderaj) | 20.4. dislocamento di truppe; 25.4., 3.5., 4.5., 7.5., 8.5., 15.5., 19.5., 23.5., 24.5. artiglieria; 25.5., 8.6., 21.6. carri armati; 22.6., 23.6., 28.6., 29.6., 2.7., 5.7., 8.7., 10.7. elicotteri con l'emblema della Croce Rossa; 11.7., 13.7., 14.7., 18.7., 30.7. |
Gjakove | Nec | 20.6., 22.6., 23.6., 25.6., 28.6., 29.6., 10.7. elicotteri con l'emblema della Croce Rossa; 11.7., 13.7., 14.7., 16.7., 18.7., 19.7., 20.7., 27.7., 28.7., 30.7. |
Gjakove | Nivokaz | 4.5., 24.5. artiglieria; 28.6., 27.7., 28.7., 30.7. |
Gjakove | Ponoshec | 19.4. l'esercito jugoslavo di Gjakove circonda il villaggio; 22.4. dislocamento di truppe negli stabilimenti della "Virginia Tabacchi", 3.5., 8.5. attacchi con armi di grosso calibro; 12.5., 14.5., 23.5., 24.5., 25.5. artiglieria. |
Gjakove | Popc; Popoc | 23.5., 24.5., 25.5. artiglieria; 8.6., 12.6. il villaggio viene bruciato, 37 case vengono distrutte completamente |
Gjakove, Has-Region | Prekoc | 15.7. razzia della polizia serba, un morto |
Gjakove | Prush | 7.7., 28.7. |
Gjakove | Raca | 1.5. il villaggio viene circondato |
Gjakove | Ramoc | 24.5. artiglieria; 11.7., 13.7., 16.7. |
Gjakove | Sheremetaj, Sheremet | 24.5. artiglieria; 27.7. |
Gjakove | Shishman i Bokes | 20.4. dislocamento di truppe; 1.7. il villaggio viene bruciato; 5.7., 11.7., 18.7. |
Gjakove | Skivjan | 9.6. |
Gjakove | Smolice/Smolica | 20.4. dislocamento di truppe; 3.5., 6.5., 8.5. attacchi con armi pesanti; 12.5., 14.5., 22.5., 23.5., 24.5. artiglieria; 25.5., 8.6., 20.6., 22.6., 23.6., 28.6., 29.6., 2.7., 5.7., 10.7. elicotteri con l'emblema della Croce Rossa; 11.7., 13.7., 14.7., 16.7., 18.7., 19.7., 20.7., 27.7., 28.7., 30.7. |
Gjakove | Stublla, Stubell, Stubel | 4.5., 7.5., 19.5., 23.5., 24.5. artiglieria; 8.6., 22.6., 23.6., 29.6., 10.7. elicotteri con l'emblema della Croce Rossa; 11.7., 16.7., 20.7., 27.7., 28.7., 30.7. |
Gjakove | Suka e Cermjanil | 24.4., 25.4. |
Gjakove, Has Region | Zylfaj | 7.7. |
Glogovc, Gllogoc/Glogovac | Città di Glogovc | 27.3., 1.4., 11.5., 7.6., 26.6. cecchini in azione |
Glogovc | Arllat | 9.5. attacchi con elicotteri; 27.7. vengono bruciate delle case |
Glogovc | Balince | 4.7. colpi dalla fabbrica di ferro-nichel di Glogovc |
Glogovc, Glogoc, Gllogovc | Citakova e Vjeter, e Re (da non confondere con Citakova vicino a Skenderaj) | 26.5., 7.6. |
Glogovc | Dobroshec, Dobrosh | 16.7., 27.7. |
Glogovc | Gjergjica, Gjergjice | 9.5., 26.7. |
Glogovc | Komoran - sobborghi | 14.7., 25.7., 27.7. vengono bruciate le case |
Glogovc | Korotica e Larte, e Ulet | 7.6. |
Glogovc | Krajkova | 13.5. attacchi con razzi |
Glogovc | Lapushnik, Llapushnik | 26.4., 30.4., 9.5. attacchi con elicotteri, 13.5. attacchi con razzi; 24.5., 7.6., 2.7., 3.7., 27.7. vengono bruciate le case; 28.7. |
Glogovc | Negroc, Negrofc, anche Nekovc o Nekofc | 27.4., 9.5. attacchi con elicotteri; 27.7. vengono bruciate le case |
Glogovc | Poklek i Ri, i Vjeter | 31.5. massacro, vengono bruciate 29 case; 7.6. colpi di artiglieria |
Glogovc | Poterk | 7.6., 25.7., 26.7. |
Glogovc | Vukoc | 7.6. |
Glogovc | Yabeli i Ulet | 7.6. |
Glogovc | Poklek e Vjeter | 26.5. |
Istog | Belice | 18.6. |
Istog / Istok | Kernine | 18.6. |
Kacanik | Città di Kacanik | 3.3. dislocamento di truppe |
Klina | Città di Klina | 3.3. la città viene circondata dalle forze di sicurezza |
Klina | Berkova | 24.5. |
Klina | Bokshiq | 17.5., 22.5., 24.5. assedio del villaggio; 25.5. il villaggio viene distrutto; 9.6., 12.6. |
Klina | Bubel | 28.7. |
Klina | Budisac | 19.6. assedio del villaggio |
Klina | Cabiq, Cabic, Qabiq, Qabic | 30.4., 13.5. attacco con quaranta granate; 17.5., 3.7. |
Klina | Callapek | 30.6. forte attacco con granate |
Klina | Carralluke | 28.7. |
Klina | Ceskova, Qeskova | 13.5., 17.5., 22.5., 24.5. assedio del villaggio; 25.5. artiglieria; 9.6., 12.6. |
Klina | Cupeve, Cupeva, Qupeva | 12.7. |
Klina | Doberdol | 17.5. |
Klina | Dollc | 25.5. artiglieria; 3.7., 12.7. |
Klina | Dollova, Dellova | 13.5., 17.5., 22.5. tutte le case del villaggio vengono bruciate; 24.5. assedio; 25.5. artiglieria, le case vengono abbattute, saccheggi; 9.6. colpi di artiglieria |
Klina | Domanec | 28.7. |
Klina | Drenoc, Dranoc | 1.5. a un funerale viene ucciso un partecipante; 23.5. attacco pesante; 28.6. il paese viene attaccato, anche se pieno di civili; 29.6., 30.6., 1.7. forte attacco, tutte le case subiscono dei danni; solo l'1.7. l'UCK riesce ad evacuare la popolazione civile; 11.7., 13.7., 19.7., 27.7., 28.7., 30.7. |
Klina | Dugajeve | 1.7. la popolazione si da alla fuga; 3.7. |
Klina | Dush | 23.6., 12.7. |
Klina | Gjurgjevik e Madh | 30.4., 17.5., 25.5. artiglieria; 23.6., 28.7. |
Klina | Gllareva, Gllarevo | 30.4., 17.5., 22.5. saccheggi; 25.5. artiglieria; 19.6., 3.7., 5.7. |
Klina | Grabanica, Grabanice | 17.5. vengono bruciate delle case; 19.5., 21.5. quattro morti ed undici case bruciate; 22.5., 24.5. assedio; 25.5. artiglieria; 9.6., 12.6. |
Klina | Gramnik, Gremnik | 25.5. artiglieria; 10.7. alle cinque della mattina: attacco di due ore con 60 mortai; 11.7.; il 12.7. il villaggio è sotto il presunto controllo dell'UCK; 23.7., 25.7. |
Klina | Jablanice | 1.7. la popolazione si da alla fuga |
Klina | Jagode | 30.6. |
Klina | Jashanica, Jashanice | 8.3., 25.4., 30.4., 1.5., 2.5., 25.5. artiglieria; 19.6., 22.6., 23.6., 3.7., 12.7., 25.7., 28.7. |
Klina | Jellovc, Jellofc | 25.4., 30.4., 22.6. la popolazione si da alla fuga; 23.6. il villaggio viene bruciato; 3.7., 12.7., 28.7., 30.7. |
Klina | Kepuz | 13.5., 22.5., 24.5. assedio del villaggio; 25.5. artiglieria; 9.6., 28.7. |
Klina | Kernice | 19.6., 27.7.: le case abbandonate vengono bruciate |
Klina | Klicine | 1.7. la popolazione si da alla fuga |
Klina | Kramovik | 13.5. |
Klina | Krusheve, Krusheva | 24.5., 19.6. assedio del villaggio |
Klina | Lecan, Leqan | 28.7. |
Klina | Llozica | 3.7. |
Klina | Lubizhde | 28.7. |
Klina | Ozrim | 19.6., 12.7. |
Klina | Pogragja, Pograxhe, Pograxha | 30.4., 24.5., 25.5., 28.7. |
Klina | Poterc | 30.6. |
Klina | Resnik | 25.4., 30.4., 1.5., 25.5. artiglieria; 22.6. la popolazione si da alla fuga |
Klina | Rosuje | 1.7. la popolazione si da alla fuga |
Klina | Rudice, Rudica | 24.5., 8.7. dieci uomini vengono arrestati e portati nel carcere della polizia di sicurezza dello stato di Peja/Pec |
Klina | Siceva, Siqeva | 25.4., 3.7. |
Klina | Sverk i Gashit | 11.7. numerose case di Albanesi vengono distrutte |
Klina | Shtupell | 23.5., 19.6. |
Klina | Turjaku | 28.7. |
Klina | Ujmir, Ujmire | 3.7. |
Klina | Volljak | 13.5. |
Klina | Zajm | 24.5. assedio del villaggio; 9.6. |
Klina | Zlakuqan | 19.6. assedio del villaggio |
Lipjan | Baice, Baica | 27.7. |
Lipjan | Leletiq | 27.7. |
Lipjan | Shala/Sedlar | 27.7. |
Lipjan | Vershec | 27.7. |
Malisheva/Malisevo | Bainca, Baince | 27.4. dislocamento di truppe; 8.5. |
Malisheva | Bubavec | 25.5. attacco di elicotteri da combattimento dell'esercito jugoslavo; 28.6. altri attacchi con elicotteri; 3.7., 4.7., 6.7., 19.7., 19.7.; 19.7. la moschea viene distrutta; 28.7. |
Malisheva | Cerovik/Cerrovik | 25.4., 27.4., 29.4., 30.4., 13.5. quaranta granate; 17.5., 24.5., 25.5. elicotteri da combattimento; 23.6., 5.6., 3.7., 5.7., 8.7., 25.7., 26.7., 28.7. |
Malisheva | Gllareve, Glareva, Gllareva | 17.5., 3.7., 25.7. |
Malisheva | Kijeva/Kijevo | 24.3. spari contro abitanti albanesi ; 3.7. offensiva contro postazioni albanesi |
Malisheva | Llazice, Llozice, Llozica, Llazica | 27.4. dislocamento di truppe; 8.5., 28.6. attacchi con elicotteri; 3.7. bombardamento del villaggio; 4.7., 28.7. |
Malisheva | Mlecan, Mleqan | 27.4. dislocamento di truppe; 8.5., 25.5. attacchi con elicotteri da combattimento dell'esercito jugoslavo; 28.6. altri attacchi con elicotteri; 3.7., 4.7., 6.7., 19.7., 28.7. |
Malisheva | Ponorc | 28.7. decine di migliaia di uomini vengono circondati dalle truppe serbe |
Malisheva | Rigjeve, Rigjeva, Rixheva, Rixheve | 17.5. vengono bruciate più case; 3.7. attacco con 50 carri armati, aerei da combattimento e razzi "Katjuscha"; 6.7., 25.7., 26.7., 28.7., 30.7. |
Malisheva | Shkoze, Shkoza | 18.7., 19.7., 30.7. |
Malisheva | Stapanica, Stopanica | 17.5. attacchi e saccheggi; 25.5. attacchi con elicotteri da combattimento; 3.7. attacco con razzi "Katjuscha", aerei da combattimento e 50 carri armati; 3.7., 6.7., 25.7., 26.7., 28.7. |
Malisheva | Zabergje, Zaberxhe (Klina) | 17.5., 3.7. attacco con razzi "Katjuscha", aerei da combattimento e 50 carri armati; 25.7., 26.7. |
Mitrovica | 16.7. dislocamento di truppe lungo la strada Mitrovica-Skenderaj, 72 mezzi militari | |
Mitrovica | Caber | 8.7. attacco di sette ore dalle 2 alle 9 della mattina; 11.7. |
Mitrovica | Bare | 11.7., 14.7., 16.7., 30.7. |
Mitrovica | Kutllovc, Kutloc, Kutloc, Kutlofc | 11.7., 16.7., 30.7. |
Mitrovica | Mazhiq | 11.7., 14.7., 16.7., 30.7. |
Mitrovica | Pasome | 14.7. |
Mitrovica | Rahove | 30.7. |
Mitrovica | Rashan | 14.7., 16.7., 30.7. |
Mitrovica | Stanterg/Stari Trg | grosso scontro nella miniera di Trepca dal 11.7. in poi; 14.7., 16.7., 30.7. |
Mitrovica | Terstene | 16.7. |
Mitrovica | Tuneli i Pare | 30.7. |
Mitrovica | Vidishiq | 11.7., 14.7., 16.7., 30.7. |
Obiliq/Obilic | Babinoc | 1.5. dislocamento di truppe |
Obiliq/Obilic | Bardh te Madh/Belacevac | 23.6. l'UCK occupa la miniera; la popolazione si da alla fuga per paura delle truppe serbe in arrivo; 28.6. vengono dislocati in postazioni chiave 140 carri armati serbi; 29.6. offensiva serba che provoca in poche ore 8.000 profughi, attacco massiccio di granate; 30.6. nuova offensiva; milizie paramilitari mascherate, 14 razzi Katjuscha; 1.7., 2.7., 5.7., 6.7., 7.7., 11.7., 14.7. attacchi da parte di gruppi paramilitari serbi e milizie di Arkan, carri armati |
Obiliq | Graboc | 13.7. dislocamento di truppe e milizie di Arkan con 30-40 carri armati |
Obiliq | Hade | 6.7., 7.7., 11.7. cecchini in azione |
Obiliq | Hamide | 19.7., 22.7., 29.7. |
Obiliq | Lajtishte/Leskosic | 6.7., 11.7., 22.7., 29.7. |
Obiliq | Lismir/Dobri Dub | 19.7. saccheggi |
Obiliq | Palaj/Vodica | 1.5. dislocamento di truppe; 11.7. |
Obiliq | Sibovc, Sibofc | 11.7. cecchini in azione; 12.7., 29.7. |
Peja/Pec | Città Peja | 13.7. dislocamento di truppe con mezzi provenienti dalla Vojvodina |
Peja | Quartiere Dardania | 18.7. cecchini in azione; la popolazione si da alla fuga a causa dei combattimenti nel vicino paese Loxhe |
Peja | Klicina | 14.5. |
Peja | Loxhe, Loxha, Logje, Logja, serbo: Lodja | 6.7. attacco dell'esercito jugoslavo e dei paramilitari "Seselj" al villaggio; cinque case albanesi vengono bruciate; la popolazione albanese si da alla fuga; 10.7. grossi scontri con molti morti; 11.7. alle 9 della mattina, razzi terra-terra; 18.7., 27.7. |
Peja/Pec | Raushic, Raushiq | 11.7. |
Peja/Pec | Streoce | 8.6. il villaggio è distrutto e disabitato |
Pristina | Pristina | 5.3. cecchini in azione nelle vicinanze della sede dell'ufficio di Rugova |
Prizren | Prizren, quartiere di Tusus | 15.7. |
Prizren | Billushe | 16.7. |
Prizren | Brezne | 29.7. |
Prizren | Buqe | 29.7. |
Prizren, Has-Region (al sud di Gjakove al confine con l'Albania) | Gjonaj | 26.4. dislocamento di truppe, colpi di arma da fuoco, le donne e i bambini si danno alla fuga |
Prizren, Has-Region | Gorozhup | 26.4. |
Prizren | Hoce, e Qytetit | 16.7. |
Prizren | Jeshkove | 16.7. |
Prizren | Koshare | 10.7. di sera l'esercito combatte contro 30 albanesi |
Prizren | Landovice | 13.7. artiglieria |
Prizren | Leskovec | 16.7. |
Prizren, Has Region | Mazrek | 26.4. |
Prizren, Has Region | Planeje | 26.4. |
Prizren | Pllava, Pllava | 29.7. |
Prizren | Poslishte | 16.7. |
Prizren | Qafe e Prushit | 10.7. attacchi, morti |
Prizren | Vermice | 9.7. arresto di più medici albanesi del centro medico di Vermice; 11.7. la mattina presto attacco e razzia con 40 membri delle forze di sicurezza, quattro carri armati ecc., due morti; 28.7. |
Prizren | Zym | 26.4., 18.7. |
Rahovec/Orahovac | Rahovec - città con 20.000
abitanti, di cui 80% sono albanesi;
distretto ammin. Rahovec: 60.000 abitanti, di cui 92% sono albanesi |
10.7. dislocamento di 200 membri delle forze di sicurezza; sul tetto dell'albergo PARK si appostano anche dei cecchini; 18.7./19.7. offensiva, molti morti; non c'è più né luce né telefono; 25.000 profughi della città e dei paesi attorno; 20.7. la città viene presa d'assalto, si compiono massacri |
Rahovec | Bellacerka, Bellacerke, Bellaqerke, Bellaqerka | 14.5. cecchini in azione; 19.7. artiglieria pesante; 20.7. distruzione del villaggio |
Rahovec | Brestovc | 19.7. granate di mortai su un autobus con a bordo dei profughi |
Rahovec | Gexha, Geca, Gece, Gexhe | 14.5., 15.5., 17.5., 19.5., 23.5., 13.7. |
Rahovec | Gradisha | 17.5. |
Rahovec | Malesia e Vogel/Radosta | 14.5., 15.5., 23.5., 13.7. |
Rahovec | Opterushe | 19.7. |
Rahovec | Pastaselle | 30.7. |
Rahovec | Potocan | 19.7. |
Rahovec | Ratkoc | 12.5. attacco con elicotteri, due morti, tredici uomini vengono deportati; 14.5., 15.5., 17.5., 13.7. |
Rahovec | Reti | 19.7. |
Rahovec | Senoc | 30.7. |
Rahovec | Spanic | 19.7. |
Rahovec | Xerxa | 15.5. |
Rahovec | Zocishte | 19.7. |
Shtimje/Stimlje | nella regione di Shtimje | 20.4. dislocamento di truppe e 43 carri armati |
Shtimje | Belince, Belinc | 19.6. colpi di artiglieria, saccheggi; 20.6., 25.7., 27.7., 29.7. |
Shtimje | Biraq | 26.7. 300 granate |
Shtimje | Carraleva/Crnoljevo | 17.6. sessanta granate; 19.6. colpi di artiglieria, saccheggi; 20.6., 23.6., 25.7., 27.7. |
Shtimje | Krojmir | 18.6., 29.7. |
Shtimje | Luzhak | 18.7., 19.7. |
Shtimje | Pjetershnice, Pjetershica, Petrashtice | 18.6., 20.6., 27.6. |
Shtimje | Rance | 18.7., 19.7. |
Shtimje | Recak, Racak | 23.6., 18.7., 19.7., 25.7. |
Shtimje | Zborc, Zbore | 17.6. sessanta granate; 19.6. saccheggi; 20.6., 25.7., 26.7. 70% del villaggio è distrutto; 27.7. |
Skenderaj/Srbica | nel distretto di Skenderaj | 2.3. non c'è più corrente a Skanderaj ed altri 52 villaggi; 16.3. ancora forte presenza di polizia nella "fabbrica di munizioni"; 20.7. bombardamento del quartiere Lagija e re |
Skenderaj | Acareve, Acareva | 5.3., 6.3., 8.3.; 10.3./11.3. assedio del villaggio; 24.3. attacco con carri armati e mortai; 27.3., 8.4., 12.4., 20.4. artiglieria pesante; 24.4., 1.5., 14.5., 18.5. |
Skenderaj | Balinca | 5.3. tutti gli abitanti si sono dati alla fuga verso Mitrovica; 28.7. |
Skenderaj | Beqiq, Becic | 5.3. |
Skenderaj | Broja | 6.3., 8.3., 10.3. assedio del villaggio; 24.3. attacco con carri armati e mortai; 27.3., 8.4., 12.4., 17.4., 20.4. artiglieria pesante, saccheggi; 24.4., 25.4., 1.5., 7.5. saccheggi; 14.5., 17.5. forti attacchi; 18.5. |
Skenderaj | Citakova, Citakove (uguaglianza di nome con Citakova vicino a Glogovc) | 5.3., 6.3., 15.5. due morti, 18.5., 27.7. |
Skenderaj | Dubofc | 5.3. |
Skenderaj | Galice | 5.3. |
Skenderaj | Gradica | 1.3. tutti gli abitanti si sono dati alla fuga verso Cicavica vicino a Vushtrri |
Skenderaj | Kline e Eperme | 5.3., 26.7., 27.7. |
Skenderaj | Kline e Ulet | 5.3., 26.7., 27.7. |
Skenderaj | Kline e Poshtme | 2.3. la polizia occupa più case di albanesi per alloggiare alcuni suoi membri |
Skenderaj | Kopiliq, Kopilic | 6.3. alcune case vengono completamente distrutte; 8.3., 10.3., 11.3. assedio del villaggio; 26.3. attacco di artiglieria, saccheggi, devastazioni; gli abitanti si sono dati alla fuga, esclusi alcuni vecchi sopra i settant'anni; 31.3., 8.4., 12.4., 14.4., 20.4. attacchi di artiglieria, 72 granate; 24.4., 25.4., 26.4. colpi di arma da fuoco contro un diplomatico giapponese mentre passa un checkpoint; 1.5., 7.5. saccheggi; 14.5., 18.5. |
Skenderaj | Kopriva | 8.3. |
Skenderaj | Kotorr | 27.7. |
Skenderaj | Kozhica | 1.3. tutti gli abitanti si sono dati alla fuga verso Cicvica vicino a Vushtrri |
Skenderaj | Krajmiroc | 1.3. tutti gli abitanti si sono dati alla fuga verso Cicvica vicino a Vushtrri |
Skenderaj | Krasaliq | 5.3. |
Skenderaj | Laushe, Lausha, Llausha | 5.3. attacchi di artiglieria di più ore; truppe serbe penetrano nel villaggio; 6.3. artiglieria; 11.3., 22.3. un cecchino uccide Muhamet Spahiu, mentre si occupa del bestiame del suo vicino, datosi alla fuga; 24.3. dislocamento di un razzo a Gllavica vicino a Lausha; 27.3., 4.4., 8.4., 12.4., 21.4., 24.4., 1.5., 6.5., 7.5., 14.5., 18.5., 22.5., 24.5. artiglieria; 7.6 soldati sparano a partecipanti di un funerale; 9.6., 10.6., 21.6. l'assedio dura ormai da 100 giorni; 20.7., 21.7., 26.7., 27.7. |
Skenderaj | Lecine | 27.7. |
Skenderaj | Mikushnice | 5.3. attacchi di artiglieria di più ore |
Skenderaj | Morine, Morina, Marina (da non confondere con Morina vicino Decan) | 5.3. attacchi di artiglieria di più ore; 6.3., 25.3., 27.3., 6.5., 22.5., 10.6. |
Skenderaj | Padalishte | 15.5., 18.5., 27.7. |
Skenderaj | Polac, Pollac | 5.3. attacchi di artiglieria di più ore; 6.3., 11.3. assedio del villaggio; 12.3. il quartiere di Xanaj viene saccheggiato e distrutto; 29.3., 16.4., 17.4. la foresta vicino a Polac nella quale si nascondono molti abitanti del villaggio viene incendiata con razzi |
Skenderaj | Prekaz, Prekaz i Poshtem | 1.3. massacro, tutti gli abitanti si danno alla fuga o vengono ammazzati; 5.3. attacchi di artiglieria di più ore; truppe serbe penetrano il villaggio; 12.3. saccheggi nel quartiere di Dushkaja |
Skenderaj | Prelloc | 1.3. tutti gli abitanti si danno alla fuga |
Skenderaj | Rakinica | 5.3., 6.3., 11.3. assedio del villaggio; 25.4. attacchi con razzi; 1.5. |
Skenderaj | Rakosh | 27.7. viene bloccata la via di accesso al villaggio |
Skenderaj | Radisheve | 27.7. |
Skenderaj | Rezalla | 6.3. |
Skenderaj | Runik | 6.3., 27.7. |
Skenderaj | Suhogerlle, Suhogerrla, Suhogerle, Suhogerla | 7.6. dislocamento di truppe e gruppi paramilitari; di 52 case vengono bruciate 48, 3 morti, tra i quali l'invalido Rushiti; 27.7. |
Skenderaj | Ternavc, Ternac | 5.3., 8.3., 11.3. saccheggi; 29.6. colpi di arma da fuoco contro un autobus |
Skenderaj | Turicevc, Turiqevc | 5.3., 6.3., 10.3. e 11.3. assedio del villaggio; 27.3., 29.3., 8.4., 11.4., 25.4., 7.5., 14.5., 17.5. violentoattacco; 18.5. |
Skenderaj | Tushilla | 1.5. |
Skenderaj | Uce | 27.7. viene bloccata la via di accesso al villaggio |
Skenderaj | Vojnik | 5.3. attacchi di artiglieria di più ore; truppe serbe penetrano il villaggio; 6.3. spari; 8.3., 10.3. il villaggio viene circondato; 11.3. assedio del villaggio; 27.3., 8.4., 22.4., 25.4., 1.5., 7.5. saccheggi; 14.5., 18.5. |
Suhareke/Suva Reka | città di Suhareke | 4.7. un elicottero da combattimento con l'emblema della Croce Rossa gira sopra la città |
Suhareke | Bllace, Bllaca | 21.6., 23.6., 25.6., 25.7., 26.7., 27.7., 28.7. |
Suhareke | Budakove | 17.7., un morto (Raza Palushi, 12) |
Suhareke | Duhla, Duhle, Duhel | 1.5. colpi di arma da fuoco alla casa della famiglia Rrafshi; 25.7., 26.7., 28.7. |
Suhareke | Grejcevc | 6.7., 26.7., 27.7. |
Suhareke | Javor | 26.7. |
Suhareke | Krushice i Ulet, i Eperm, Krushica | 3.7. due carri armati e quattro altri mezzi militari attaccano; tre case vengono bruciate; 4.7., 5.7., 18.7. |
Suhareke | Luzhnice | 26.7. |
Suhareke | Muhlan | 5.7. |
Suhareke | Pecan | 13.7. bombardamento del villaggio con più morti; cecchini in azione; 23.7. |
Suhareke | Recan, Reshtan | 5.7., 28.7. |
Suhareke | Sllapuzhan | 23.7. |
Viti/Vitina | Debellde | 26.4. dislocamento di truppe |
Vushtrri/Vucitern | Bivolak | 11.6. |
Vushtrri | Brusnik | 19.4. dislocamento di 300 soldati serbi; 3.6., 5.7. il villaggio diventa una base militare delle truppe serbe; 5.7. spari contro alcune case di Albanesi |
Vushtrri | Cicavica | a Cicavica si rifugiano molti profughi; il 2.7. il villaggio viene bombardato da truppe serbe di Brusnik; 3.7. bombardamento del pozzo, dal quale la popolazione si rifornisce di acqua; 21.7. |
Vushtrri | Frasher/Svinjare | 23.6. la popolazione albanese viene cacciata dal paese; 30 di 130 case vengono distrutte; 10.7. quattro case di Albanesi vengono bruciate |
Vushtrri | Kolle | 3.7. |
Vushtrri | Novolan | 23.7. |
Vushtrri | Okrashtice, Okrashtiva | 26.6., 27.6., 28.6.; 10.7., 11.7., 12.7. dislocamento di gruppi paramilitari serbi e di serbi del Kosovo |
Vushtrri | Pantine, Pantina | 17.5. saccheggi; 26.6., 27.6., 28.6.; 24.6. 2.000 Albanesi vengono cacciati dal villaggio; 1.7., 3.7. attacchi di artiglieria; 10.7., 11.7., 12.7. |
Vushtrri | Shallc | 5.6., 3.7. |
Vushtrri | Shtitarice | 26.6. |
Vushtrri | Vernica | 23.7. |