INDICE >>> A. Ulrich Delius - I Berberi:
una lotta per la democrazia e i diritti umani B. Mohamed Tilmatine - Il movimento masiro ("berbero") in Algeria tra scissione ed integrazione I. Introduzione II. La cultura ed il commercio III. Il punto di vista arabo-islamico sullo stato
nazionale IV. La lotta per l'autonomia culturale V. Il movimento culturale masiro VI. I Masiri e i diritti umani VII. Quale futuro? C. Akli Kebaili - I Masiri
dell'Nordafrica sotto la pressione della politica
araba |
Ulrich
Delius
I "BERBERI": UNA LOTTA PER LA DEMOCRAZIA E I DIRITTI
UMANI
Nell'ottobre del 1994, in Algeria, 100.000 Berberi protestavano contro la violazione dei diritti umani e chiedevano il rilascio del cantante pop Lounes Matoub. L'artista, molto impegnato nel movimento per i diritti dei Berberi, era stato sequestrato il 25 settembre da estremisti musulmani del GIA (Gruppo Islamico Armato) che lo avevano immediatamente condannato a morte. Con uno sciopero generale che paralizzò la vita quotidiana nella Cabilia, la regione dove vive il maggior numero dei berberi, chiedevano l'immediato rilascio di Matoub.
In effetti, il cantante fu liberato due settimane dopo. Matoub è sopravvissuto al suo sequestro, ma dal 1992 in poi innumerevoli Berberi sono state vittime di attentati terroristici. I sei milioni di Berberi, pur rappresentando soltanto il 20% della popolazione totale, sono il bersaglio preferito degli estremisti musulmani, perché sono una delle forze motrici del rinnovamento democratico cominciato negli anni ottanta.
Oggi i principali esponenti dell'opposizione sono Berberi: Hocine Ait Ahmed, segretario generale del "Front des Forces Socialistes" (FFS), di tendenza socialdemocratica, così come Said Sadi, presidente del "Rassemblement pour la Culture et la Démocratie", si batte per un'Algeria democratica e laica, in cui non c'é posto per un movimento fondamentalista che si prefigge di realizzare una repubblica islamica. Molti Berberi sono attivi nel movimento democratico, perché temono che un'ulteriore islamizzazione dell'Algeria possa distruggere la loro cultura.
1. Chi sono i Berberi?
Prima dell'invasione araba i Berberi costituivano la popolazione
indigena del Nordafrica. Oggi, invece, vivono soprattutto in
Marocco ed Algeria. Il loro nome deriva dal greco "barbaroi", che
significa "estranei". Loro stessi, invece, si definiscono
"Masiri", cioè "uomini liberi". I più noti sono i
Tuareg e i Cabili, che insieme costituiscono i due terzi della
popolazione berbera dell'Algeria. I berberi hanno alle spalle una
storia millenaria, e la loro dispersione su territori vastissimi
ha favorito il formarsi di una lingua con grandi varietà
dialettali. Una lingua che si distingue nettamente dall'arabo e
che cerca di resistere all'assimilazione promossa dagli
arabofoni, che negano l'esistenza stessa di una cultura
berbera.
2. Discriminati e
perseguitati
Per quasi tre decenni i Berberi della Cabilia (Algeria
settentrionale) si opposero al colonialismo di Parigi,
dopodiché nel 1830 l'Algeria fu ufficialmente dichiarata
colonia francese. I Berberi cercarono di conservare le terre che
venivano via via invase dai coloni, ma invano. Alla fine del 1800
la Francia cominciò a sottolineare le differenze che
esistono fra Arabi e Berberi. Fedele al motto "divide et impera"
favorì gli scontri fra i due popoli, privilegiando
sistematicamente gli Arabi. I Berberi speravano che un'Algeria
indipendente avrebbe finalmente riconosciuto i loro diritti
culturali: questo spiega perché tanti sono stati attivi
nel movimento indipendentista "Front de Libération
Nationale" (FLN, Fronte di Liberazione Nazionale).
Nel 1962 l'Algeria ottenne l'indipendenza, ma la cultura berbera non registrò progressi significativi. L'FLN, divenuto partito unico, optò per l'arabizzazione e dichiarò l'arabo lingua ufficiale. Perfino nella Cabilia le autorità si rifiutarono di riconoscere il berbero come lingua ufficiale. Le canzoni, le pubblicazioni e i film in tamazight (la lingua berbera, ndt), così come le trasmissioni radiofoniche e televisive, furono proibite. Quando nel marzo del 1980 venne proibita la conferenza di uno scrittore sulla letteratura berbera, migliaia di cabili scesero in piazza per protestare contro la limitazione della libertà di opinione. Centinaia di manifestanti vennero arrestati e rinchiusi in prigione: alcuni ci restarono ben tre anni.
L'onnipotente FLN non aveva la minima intenzione di riconoscere il carattere pluriculturale dell'Algeria. Gli sforzi dei Berberi per conservare la loro cultura venivano quindi ostacolati: i militanti del movimento culturale venivano intimiditi con interrogatori ed arresti arbitrari, gli artisti venivano trattenuti in cella d'isolamento, gli studenti venivano esclusi dalle lezioni e agli attivisti venivano negati i passaporti in modo che non potessero espatriare. Nel giugno del 1985, quindi, alcuni cabili fondarono la "Lega per i diritti umani". Dopo neanche due settimane il consiglio direttivo di questa Lega venne arrestato con motivazioni pretestuose. Nel dicembre dello stesso anno 1985 23 dei 40 fondatori vennero condannati per "minaccia alla sicurezza dello stato" a pene detentive da sei mesi a tre anni. Secondo alcune testimonianze, in certi casi la polizia era ricorsa alla tortura.
3. Il governo strizza l'occhio ai
fondamentalisti islamici
Mentre i Berberi si battevano per il riconoscimento della loro
cultura e per la democratizzazione dell'Algeria, la popolazione
maggioritaria non desiderava tanto l'arabizzazione promossa dallo
stato, quanto piuttosto la netta separazione fra stato e
religione. Molti algerini non capivano perché dovesse
spettare proprio al FLN il diritto di nominare la guida
spirituale del paese. Negli anni Ottanta, i movimenti Berberi
trovarono sempre più sostegno nella popolazione,
rischiando così di compromettere il primato del FLN, delle
forze armate e della potente élite corrotta, tanto
è vero che i principali esponenti del movimento berbero
furono arrestati a più riprese. Successivamente coloro che
detenevano il potere decisero di indebolire il movimento
democratico favorendo i musulmani. L'Algeria fu infatti il primo
stato del Maghreb a riconoscere il partito dei fondamentalisti
islamici. Nell'ottobre del 1989 venne riconosciuto legalmente il
"Front Islamique du Salut"(FIS), mentre per i movimenti
democratici era assai difficile acquistare un riconoscimento
analogo. Il FIS poté organizzarsi sull'intero territorio
algerino e pubblicare un giornale. Soltanto dopo il suo successo
alle elezioni parlamentari nel dicembre del 1991, le
autorità si resero conto di averlo sottovalutato.
4. Terrore e controterrore
L'annullamento del primo turno elettorale e la messa al bando
del FIS scatenarono una spirale di violenza che pareva crescere a
dismisura, e che ad oggi (1997) ha già fatto oltre 60.000
vittime. Inizialmente gli estremisti arabi del GIA ed altri
gruppi terroristici ammazzavano soprattutto appartenenti alle
forze dell'ordine, dipendenti statali e giudici. Successivamente
cominciarono ad uccidere anche scrittori, professori, artisti,
giornalisti, medici, insegnanti ed avvocati e perfino stranieri.
Buona parte delle vittime non erano uomini di governo, ma
semplici cittadini che si impegnavano per la democratizzazione
del paese. Negli ultimi tempi, poi, si sono fatti sempre
più frequenti gli assalti ai villaggi della Cabilia
(Algeria settentrionale). Per questo gli abitanti hanno formato
dei corpi di autodifesa. Dal canto loro, le forze dell'ordine
reagiscono contro gli estremisti con durezza spietata. I presunti
terroristi vengono fucilati, ed i simpatizzanti muoiono spesso in
un bagno di sangue.
Ormai in Algeria infuria la guerra civile. Dal 1992 in poi, sono morte oltre 60.000. Le prime vittime sono i civili, e in particolare coloro che si battono per la democratizzazione del paese. Né il governo ne l'opposizione armata vogliono una democrazia parlamentare che garantisca il pieno rispetto dei diritti umani. Ciò che ostacola maggiormente la democratizzazione è la rigidità del sistema politico, che preferisce un'amministrazione centralizzata e nega la pluralità etnica. Ma i Berberi non possono aspettarsi niente di buono neanche dalla teocrazia proposta dal FIS. I Berberi preferiscono uno stato laico, perché gran parte della loro cultura è inconciliabile con la vecchia tradizione musulmana.
5. I Berberi garantiscono lo
sviluppo della democrazia
I due partiti d'opposizione più importanti, l'FFS e RCD,
i cui presidenti sono d'origine cabiliana, vorrebbero indicare
all'Algeria una terza via che rifiuta al tempo stesso la violenza
del governo e quella degli estremisti. L'FFS cerca un largo
consenso tra tutti i partiti dell'opposizione. Il 13 gennaio
1995, a Roma, dopo trattative con il FIS ed altri cinque partiti,
l'FFS ha firmato una dichiarazione con la quale si rivolgeva al
governo dichiarandosi disponibile per una composizione pacifica
del conflitto.
Il CD, dal canto suo, rifiuta di trattare con il FIS, perché lo ritiene responsabile dell'atmosfera di terrore e perché i Berberi non possono aspettarsi niente di buono dal fondamentalismo islamico. Da un lato RCD e FFS si vedono come partiti nazionali, che intendono difendere gli interessi della popolazione arabofona. Dall'altro lato non vogliono perdere gli elettori tradizionali della Cabilia e si battono per il riconoscimento della loro lingua e cultura. Ambedue i partiti possono mobilitare migliaia di Cabili, come hanno dimostrato le grandi manifestazioni per i diritti umani e per la conservazione della cultura berbera organizzate nel 1994. Finora c'è solo una piccola minoranza che chiede l'autonomia territoriale per i Berberi. Ma esiste anche un rischio: se il FIS dovesse iniziare a trasformare l'Algeria in uno stato teocratico, è scontata la radicalizzazione della reazione berbera.