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Bolzano, Göttingen, 6 dicembre 2021
Un campo profughi dei Rohingya in Bangladesh. Foto: EU/ECHO/Pierre Prakash via Flickr.
Le notizie sul colpo di stato militare in Myanmar e la
persecuzione legale di Aung San Suu Kyi hanno fatto passare in
secondo piano la sofferenza dei Rohingya. Ma il genocidio contro
questo gruppo etnico continua senza sosta, con milioni di
sfollati che soffrono nei campi profughi, come ha riferito oggi
l'Associazione per i popoli minacciati (APM). I media occidentali
hanno semplicemente dimenticato il genocidio contro i Rohingya. I
crimini contro questo gruppo etnico sono iniziati già
sotto l'ultima dittatura militare. Quando è arrivata ai
vertici del potere da quasi capo di stato, Aung San Suu Kyi ha
giustificato e difeso il genocidio. Ora le accuse inventate
contro di lei oscurano i crimini molto più grandi contro i
Rohingya.
Quasi due anni fa, la Corte internazionale di giustizia (CIG)
aveva ordinato al Myanmar di "prendere tutte le misure in suo
potere per prevenire tutti gli atti" cui si riferisce la
Convenzione sul genocidio. Questi includono "l'uccisione di
membri del gruppo" e "l'imposizione intenzionale al gruppo di
condizioni di vita che possono portare alla sua distruzione
fisica in tutto o in parte". Il Myanmar deve fare rapporto alla
corte ogni sei mesi. Secondo la Burmese Rohingya Organisation UK
(BROUK), la giunta militare resiste all'attuazione delle misure
ordinate. Anche i gruppi etnici Karen, Chin e Shan stanno
soffrendo sotto il dominio brutale dei militari. Dopo il colpo di
stato militare del febbraio 2021, circa 1.500 manifestanti
pacifici sono stati assassinati. Più di 10.000 persone
sono state arrestate.
I generali impediscono qualsiasi trasparenza e controllo
pubblico. Questo mina l'efficacia delle misure ordinate dalla
CIG. I militari si sentono apparentemente liberi di continuare a
commettere atti di genocidio contro i Rohingya e atrocità
contro il resto della popolazione. La persecuzione legale di un
singolo leader non dovrebbe oscurare la nostra visione di questa
triste realtà. L'ONU, gli stati ASEAN e l'intera
comunità internazionale devono fare di più:
sanzioni contro i generali e un embargo sulle armi sarebbero il
minimo. I Rohingya e altri gruppi etnici minacciati avevano
bisogno di qualcosa più che semplici parole, servivano
cioè azioni concrete. I governi del Gambia e
dell'Argentina hanno mostrato la strada: il Gambia con la
denuncia davanti alla Corte internazionale di giustizia dell'Aia
e l'Argentina con la storica decisione di perseguire i crimini
gravi attraverso il principio della "giurisdizione universale",
anche se non sono stati commessi sul loro territorio.
Vedi anche in gfbv.it:
www.gfbv.it/2c-stampa/2021/210824it.html |
www.gfbv.it/2c-stampa/2021/210301it.html |
www.gfbv.it/2c-stampa/2021/210211it.html |
www.gfbv.it/2c-stampa/2021/210202it.html |
www.gfbv.it/2c-stampa/2021/210201it.html |
www.gfbv.it/2c-stampa/2020/201009it.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2020/200909it.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2018/181129it.html
| www.gfbv.it/3dossier/asia/burma/burma-1it.html
| www.gfbv.it/3dossier/asia/burma/birmania.html
| www.gfbv.it/3dossier/asia/burma/burma-shan-it.html
in www: www.un.org/apps/news/story.asp?NewsID=56103
|
www.ec.europa.eu/echo/files/aid/countries/factsheets/rohingya_en.pdf
| www.lifegate.it/persone/news/land-grabbing-myanmar