di Antonio Mazzucato
INDICE
STORIA | GEOGRAFIA | CHI SONO I PIGMEI | COME VIVONO I
PIGMEI | L'ECONOMIA | STRUTTURA SOCIALE DEL VILLAGGIO PIGMEO E SUE
ATTIVITÀ | VITA QUOTIDIANA | LA RELIGIONE | NOMADISMO
STORIA [ su ]
I pigmei sono molto probabilmente la popolazione più
antica che abbia abitato le foreste equatoriali e tropicali
africane.
Sui monumenti egiziani del secondo millennio a.C. compaiono
notizie scritte nelle quali i Pigmei sono chiamati "Danzatori
degli Dei" per la loro grande abilità nella danza.
I Pigmei hanno sempre ben accolto le popolazioni Bantu giunte
nell'area tropico-equatoriale verso l'anno 1000 d.C., stabilendo
con loro rapporti di scambio per baratto dei prodotti della
caccia con i prodotti dell'agricoltura, praticata dai Bantu. Con
il passare del tempo questo rapporto su base di parità si
deteriorò a svantaggio dei Pigmei, perché i Bantu,
profittando della loro superiorità tecnologica (arte
metallurgica ignota ai Pigmei, nonché la tecnica agricola,
poco nota e per nulla praticata dai Pigmei) ridussero in
servaggio e spesso in schiavitù i Pigmei.
Soltanto in questi ultimi decenni, grazie all'intervento di
missionari e antropologi, i Pigmei cominciano a godere di nuovo,
ma a poco a poco, dei loro diritti umani, pur tra gravi
violazioni ancora attuali di tanti loro diritti.
GEOGRAFIA [ su ]
1. Le popolazioni pigmee sono distribuite lungo tutta la zona
tropico-equatoriale di questi stati: Camerun, Repubblica
Centro-Africana, Gabon, Repubblica Popolare del Congo (capitale:
Brazzaville), Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire,
capitale: Kinshasa), EST Uganda e EST Ruanda (regione del
massiccio del Ruwenzori e dei vulcani che delimitano il confine
tra Uganda/Ruanda e la R.D. del Congo).
Alcune popolazioni Pigmee: BAKA (Camerun), BABINGA (Gabon),
BAMBUTI-BASHWA-BAEFE. BAPOO, BALESE (R.D. del Congo), BATWA
(Uganda-Ruanda), ecc.
2. La foresta equatoriale in cui vivono i Pigmei può
essere di due tipi:
a) FORESTA PRIMARIA: con alberi ad alto fusto (30-50 metri) e a
distanza ravvicinata tale da formare in alto un tetto quasi
impenetrabile ai raggi diretti del sole; il sottobosco è
poco denso e principalmente formato dai polloni dei grandi
alberi. La temperatura media si aggira tra i 25/32 °C diurni
e i 15/20 °C notturni, con una umidità costante tra il
77 e il 99%.
b) FORESTA SECONDARIA: è quella rispuntata in quelle zone
di foresta primaria abbattuta dall'uomo a scopo agricolo o
abitativo ed in seguito abbandonata. In essa crescono pochi
alberi ad alto fusto e molti alberelli, cespugli ed erbe di
sottobosco: è in questo tipo di foresta (secondaria) che
c'è sottobosco fitto, perché il precedente
disboscamento ha liberato l'accesso per via aerea (vento ed
uccelli) ai semi di molte altre specie di piante vegetali.
3. Nella foresta in cui vivono i Pigmei, vive anche un certo numero di animali tipici di quell'ambiente: leopardi, okapi, elefanti, antilopi di svariate famiglie, scimmie di ogni tipo e taglia, serpenti in buona parte velenosi ed alcuni velenosissimi (cobra nero, cobra nero e verde, vipere ecc.) e numerosi tipi di animali piú o meno piccoli di sottobosco (istrici, ricci, pangolini piccoli e grandi). Numerose sono le famiglie di formiche, tra le quali, le piú note sono le termiti divoratrici di legno, abiti di stoffa o di pelli; le formiche rosse divoratrici di animali, pesci e insetti e anche dell'uomo se non fugge; i formiconi neri e velenosi, le formichine rosse che sono le sole in grado di mettere in fuga le formiche rosse carnivore, ecc.
4. Nella foresta crescono anche alberi "preziosi" come il mogano, il teak e l'ebano, tutti ottimi per mobili di alto valore.
CHI SONO I PIGMEI [ su ]
1. Il nome di Pigmeo deriva dalla parola greca
"pygmâios" = alto un cubito, cioè piccolo. Infatti
gli uomini sono alti in media 140cm e le donne 130cm.
Essi non sono di razza nera, come si crede comunemente, ma sono
una razza a sé, dal colore della pelle marrone chiaro;
comunque è da tener presente che la categoria
antropologica di razza oggi non viene piú accettata dalla
scienza, eccettuati coloro che hanno ancora dei pregiudizi
razzistici.
2. In pratica possiamo dire che i Pigmei sono un insieme di popoli che fisicamente sono di piccola statura e di colore marrone chiaro e che vivono nelle foreste tropico-equatoriali africane nell'arco che va dal Camerun ai massicci montuosi e vulcanici che fanno da spartiacque tra il bacino del fiume Congo e gli altipiani ad Est di detti massicci e vulcani.
COME VIVONO I PIGMEI [ su ]
1. L'ABITAZIONE
I Pigmei vivono in villaggi detti piú propriamente
accampamenti, che sono di due tipi:
- IL VILLAGGIO vero e proprio, situato vicino
ad un villaggio di agricoltori (bantu loro padroni) con i quali
fare scambio/baratto dei prodotti della caccia - pesca - raccolta
frutti della foresta, con i prodotti agricoli dei bantu ed anche
con prodotti tessili e altri manufatti artigianali.
- L'ACCAMPAMENTO DI CACCIA: capanne di rami e
foglie costruite nelle zone di caccia, in piú accampamenti
distanti circa un'ora di marcia l'uno dall'altro, secondo le
esigenze della caccia.
Ogni gruppo di Pigmei comprende circa 60-80 persone,
cioè 10-15 famiglie (circa sei membri per famiglia in
media: papà, mamma e almeno 4 figli vivi, cioè
devono metterne al mondo 7-8 per averne vivi in etá adulta
almeno 4-5, data l'alta mortalità infantile e la dura
selezione naturale che la foresta impone!). Perciò ogni
villaggio è composto di 15-20 capanne delle quali 10-15
sono abitazioni di singole famiglie e le altre per usi sociali
diversi: una per i ragazzi e una per le ragazze dall'altra parte
del villaggio, una senza muri (tettoia) per la vita comunitaria
del villaggio (tribunale, scuola, incontri per canti e racconti
popolari, conversazioni serali attorno al fuoco, consigli
comunitari ecc.); infine talvolta una per gli ospiti di
passaggio.
Le capanne del villaggio o dell'accampamento sono disposte a
cerchio attorno alla barza (tettoia), lasciando uno spazio
abbastanza largo per le danze.
Le capanne sono costruite cosí:
quelle dell'accampamento di caccia sono circolari, di un
diametro di circa 3-4 metri ed alte circa 1,5-2 metri. L'entrata
è volta al centro dell'accampamento e viene chiusa per
aprirla sul retro quando la famiglia che vi abita ha dei diverbi
seri col gruppo, e viene riaperta verso il centro del campo solo
dopo la riappacificazione. Queste capanne sono costruite con rami
o alberelli (FITU) conficcati nel terreno ed intrecciati insieme
nel punto di incrocio alla sommità della capanna a
semisfera. Su questa prima intelaiatura vengono intrecciati altri
"fitu" lungo tutta la circonferenza e orizzontalmente; su questi
"fitu" vengono infine infilate le foglie tipo "mangungu" lunghe
anche oltre un metro e larghe circa 50-60 cm, intagliando prima
il gambo in modo da fissarlo così sul "fitu". Si parte dal
basso verso l'alto, cosi che lo strato superiore copra la parte
alta delle foglie (un po' come le scaglie dei pesci), onde
impedire alla pioggia di penetrare dentro alla capanna. Questo
tipo di capanna può durare uno o due mesi in condizioni
d'una abitabilità limitata a rifugio per la notte: i
Pigmei non vivono nelle capanne (così anche i Bantu delle
zone rurali) ma all'aria aperta. La pioggia è soltanto una
gradevole occasione di una doccia ristoratrice, dato che la
pioggia è per lo più un temporale violento ma di
non più di due ore, dopo le quali il sole equatoriale
asciuga rapidamente i corpi o i vestiti.
Le capanne del villaggio sono invece di pianta rettangolare,
lunghe circa 5-6 metri, larghe circa 3-4 metri ed alte circa
2-2,5 metri. Si comincia col piantare sul perimetro una fila di
pali a circa 20 cm di distanza l'uno dall'altro. Questi pali
detti "NGUZU" sono di alberelli grossi come un braccio di ragazzo
e di specie d'alberi resistenti a lungo all'opera devastatrice
delle termiti. Su questi pali vengono legati orizzontalmente sia
all'interno che all'esterno del perimetro dei "fitu", legatura
fatta con liane di foresta (di liane esistono centinaia di tipi)
e la gabbiatura così ottenuta serve a sostenere il fango
dei muri postovi a mano in un solo giorno e da tutta la
comunità riunitasi a tale scopo. Il tetto è
costituito da una carpenteria di pali leggeri (detti MAKOMBOMOJA)
fissati al centro sulla MWAMBA, che sarebbe il pignone e sui pali
dei muri, sempre con liane. Orizzontalmente si legano dei "fitu"
distanti circa 10-15 cm l'uno dall'altro e sui quali saranno
fissati con i gambi le foglie "mangungu", come nella capanna
tradizionale sopra descritta. (Attualmente nei villaggi che
accettano di partecipare al Progetto Pigmei di P. Antonio
Mazzucato, queste capanne sono ricoperte di "onduline" dette
MANJANJA, lamiere ondulate di 3 metri di lunghezza e 90 cm di
larghezza).
Nelle capanne non c'è alcun mobile né
suppellettile, riducendosi anche il letto a una o due grandi
foglie di banano stese a terra, attorno al punto centrale della
capanna, dove di notte si alimenta un piccolo fuoco o braci
dormendovi tutti attorno in semicerchio e normalmente nudi o
quasi. I vestiti vengono appesi a corde di liane tese tra i pali
dei muri. (I Pigmei che partecipano al Progetto hanno anche
coperte o vestiti pesanti per la notte, ed è previsto di
fornire loro dei letti fabbricati da quelli che stanno imparando
l'arte del falegname nella scuola di falegnameria del Progetto).
Pentole e tegami vari sono deposti a terra in un angolino, quando
non li si lascia tranquillamente fuori, sul luogo dove
abitualmente si cucina il cibo quotidiano.
2. LA SOCIETÁ PIGMEA
- La società pigmea è costituita e basata solo
sulla famiglia, anzitutto la famiglia "nucleare" (padre, madre e
prole) poi dalla famiglia "allargata" o parentado (nonni/e,
zii/e, cugini/e), che ha un ruolo subalterno a quello della
famiglia nucleare. Nella cultura sociale dei Pigmei il valore
supremo è la PERSONA-INDIVIDUO al cui servizio è
posta la famiglia nucleare così come al servizio di questa
è posta la famiglia allargata o parentado. (Nella
società bantu è invece l'individuo al servizio
della famiglia e questa al servizio del parentado e questo al
servizio del clan, mentre invece "il clan" non ha alcun peso
nella società dei Pigmei).
- Nella famiglia pigmea vige la parità dei diritti tra
uomo e donna pur nella diversità delle funzioni ed
attività. L'uomo non ha diritto di decidere o comandare
né così la donna, ma decisioni ed ordini sono presi
previo accordo dei due; senza tale accordo ognuno agisce secondo
il proprio parere, ma senza imporlo né imporsi alla
controparte...
n.b.: La costruzione della capanna
tradizionale (circolare) è compito e soprattutto diritto
esclusivo della donna, cui spetta anche la scelta del luogo dove
costruire. Cuocere il cibo invece può essere fatto sia
dalla donna che dall'uomo, secondo i bisogni del
momento.
- L'educazione dei figli/e è compito di tutti e due i
genitori diversificandosi in "papà-ragazzi e
mamma-ragazze" verso i 5 anni.
- Ragazzi/e vicini alla pubertà vengono alloggiati in
rispettive capanne sotto la sorveglianza di un anziano, onde
evitare contatti "prematrimoniali" immaturi ed eugeneticamente
pericolosi per il gruppo.
- Per le ragazze giunte a maturità sessuale (alla
comparsa delle prime mestruazioni) si fa una danza notturna
comunitaria, in cui i ragazzi e le ragazze mimano il
corteggiamento reciproco sotto lo sguardo sorridente e
compiaciuto degli adulti. Alla ragazza sarà inciso sul
petto un tatuaggio segnalante la sua maturità sessuale e
quindi la disponibilità al matrimonio.
- IL MATRIMONIO:
- Nella società africana ed anche pigmea è sempre
il maschio che cerca la femmina: "E' l'antilope che va all'acqua
e non viceversa!" dice un aforisma africano.
- Il ragazzo va a cercare la ragazza in quei villaggi che non
abbiano sicuramente alcun legame di parentela diretta né
indiretta (questa almeno fino a cugini di 5° grado), dato che
il ridotto numero di membri di ogni gruppo rischierebbe di
deteriorarsi rapidamente sul piano genetico (nascita di figli/e
fisicamente o psichicamente menomati) in matrimoni tra
consanguinei.
- Messisi d'accordo i due "fidanzati", il ragazzo ne informa la
famiglia che a sua volta, dopo inchiesta sulla "moralità"
della famiglia della ragazza (la cui famiglia fa discretamente la
stessa inchiesta sulla famiglia del ragazzo) informa la famiglia
e il villaggio della ragazza che hanno una ragazza da inviare
sposa da loro, se così piace loro. Questo significa che
oltre ai "regali" al papà e alla mamma della ragazza",
invece della "dote" di prassi presso di Bantu, i Pigmei fanno
scambio di persona, così da mantenere stabile il numero
degli abitanti nei rispettivi villaggi. Questo numero è
imposto sia dal fatto che ogni gruppo ha a disposizione un'area
vitale di foresta per il suo sostentamento (= cibo) sufficiente
per 60-80 persone, cioè quante necessarie per una caccia
comunitaria fruttuosa; sia, appunto, dalla tecnica di
caccia.
Una volta siglato l'accordo anche tra le due famiglie, i ragazzi
e le ragazze del villaggio del fidanzato vanno al villaggio della
ragazza a passo di danza e di canti nuziali. Con loro anche i
ragazzi/e del villaggio della ragazza accompagnano costei e
resteranno al villaggio del ragazzo fino al giorno delle nozze
vere e proprie.
Il giorno delle nozze saranno presenti tutti i parenti e amici
d'ambo le parti ed avverrà lo scambio pubblico delle due
ragazze ai rispettivi sposi, o la ragazza del villaggio del
ragazzo, al fidanzato del villaggio della sposa. E si
danzerà tutto il giorno e tutta la notte...: è la
finale pratica del matrimonio pigmeo riecheggiante le parole
finali delle nostre fiabe "... e vissero felici e
contenti.."
- VITA MATRIMONIALE E DI FAMIGLIA
Come detto sopra, nel matrimonio dei Pigmei vige la
parità di diritti tra uomo e donna pur nella
diversità dei compiti. Per esempio: la costruzione della
capanna tradizionale (circolare) è compito proprio della
moglie che sceglie anche il posto dove costruirla, così
che il sito dell'accampamento/villaggio è scelto dalla
donna. L'uomo può collaborare ma non imporre alcuna scelta
in materia.
Per la costruzione invece delle capanne rettangolari con i muri
di fango, gli uomini sono incaricati del taglio e messa in sito
dei pali, sia dei muri che del tetto, così come della
raccolta in foresta delle liane e del taglio dei "fitu" per la
gabbiatura. Il taglio invece delle foglie di copertura del tetto
è compito delle donne, ma sono poi gli uomini a fissarle
sul tetto. Infine per la messa in gabbia del fango nella
gabbiatura dei muri, gli uomini hanno il compito di preparare il
fango e le donne del trasporto dell'acqua, dal fiume o dalla
sorgente, per l'impasto del fango fatto dagli uomini. Donne e
uomini infine fisseranno il fango nelle gabbiature dei
muri.
I rapporti tra marito e moglie sono retti da rigorose norme
sociali di cui le principali sono:
I. - rigorosa eterogamia: come detto sopra esiste interdetto rigoroso dell'incesto, del rapporto omosessuale. Da ricordare che è interdetto anche il matrimonio fra cugini fino al 5° grado!
II. - Il numero dei figli è calcolato in base al numero
di abitanti del villaggio che, come detto sopra, deve restare
costante sui 60-80 individui per esigenze di sopravvivenza del
gruppo nella sua area vitale di foresta e di tecnica di caccia. A
questo scopo concorrono due fattori:
- la selezione naturale rigorosa imposta dalla vita di foresta:
la mortalità infantile (0-5 anni) si aggira sul 40%;
perciò per avere 4 figli vivi e adulti, bisogna metterne
al mondo 7-8 almeno!
- il distanziamento di una nascita dall'altra, sia con
l'astensione ai rapporti sessuali tra marito e moglie da quando
questa è incinta fino all'età di 2-3 anni del
bimbo, sia con l'uso di preparati vegetali (farmacopea
tradizionale), che regolano la fecondità della donna e in
certi casi anche dell'uomo e ciò senza alcun pericolo di
cancro come sembrano provocare i contraccettivi ed
anticoncezionali della farmacopea occidentale.
III. - educazione e formazione dei figli/e:
- Nel periodo dell'infanzia (0-4/6 anni) è ugualmente
compito di tutti e due i genitori.
- Nel periodo della fanciullezza e dell'adolescenza le madri si
dedicano principalmente alle bambine e i padri ai bambini, senza
con questo lasciare d'interessarsi anche agli altri figli/e.
L'educazione-formazione è basata su tre principi:
1. LIBERTÁ: lasciano il bambino imparare facendo le esperienze dirette delle persone, delle cose, dell'ambiente, senza mai escluderlo dalle attività degli adulti sia al villaggio che alla caccia in foresta ed intervenendo soltanto non per impedire ma per insegnare l'uso corretto anche delle cose pericolose, come il machete, l'arco e la lancia, il fuoco e gli attrezzi di cucina (coltelli e tegami). Così si può vedere un bimbo/a anche di soli due anni col machete in mano... senza che la mamma glielo tolga precipitosamente di mano sgridandolo anche (!: come fanno qui troppi genitori superprotettivi).
2. INIZIATIVA: i bimbi sono stimolati a prendere le più svariate iniziative nella conoscenza ed apprendimento della vita sia del villaggio che della foresta e delle attività quotidiane della vita sia individuale (educazione sessuale) che sociale (attività venatorie). Il tutto s'impara soprattutto "GIOCANDO" sia tra bambini/e che con gli adulti,che non giocano con i bambini per far loro piacere (le mamme non fanno mai ridicoli bamboleggiamenti ai figli/e né storpiano mai le parole imitando il bambino/a!) ma giocano "seriamente" come i bambini, perché per i Pigmei IL GIOCO E IL RIDERE SONO COSA SERIA!
3. RESPONSABILITÁ: il bambino/a impara presto che ogni
sbaglio in foresta ha come immediata ed inevitabile conseguenza
la punizione che è fisica: se marciando non guardo
attentamente dove metto i piedi posso anche pestare un serpente
che mi morderà immediatamente; se non guardo dove metto la
mano sulla vegetazione, posso toccare una liana spinosa e
velenosa che immediatamente mi ferisce e mi inocula il suo veleno
almeno dolorosissimo quando non è addirittura mortale. LA
FORESTA NON CONOSCE PERDONO NE' AMMETTE IGNORANZA DELLE SUE
LEGGI, NE' TANTOMENO LA LORO VIOLAZIONE. Così nella vita
tra i Pigmei, che dalla foresta traggono tutto il necessario alla
sopravvivenza ed al sostentamento quotidiano, da ottenere nella
conoscenza e nel rispetto delle leggi della foresta.
Oggetto dell'educazione/formazione:
- la vita familiare, ivi compresa l'educazione sessuale oggi
impartita esplicitamente in un periodo di almeno un mese che gli
adolescenti trascorrono in foresta sotto la guida di un anziano
per la cosiddetta "INIZIAZIONE", nella quale il ragazzo viene
introdotto alla conoscenza delle tradizioni claniche e tribali.
Da notare che è sempre un anziano non-pigmeo e delle
tribù "padrona" che presiede tale iniziazione, prova che
essa non è di tradizione originaria pigmea ma bantu,
perché solo un appartenente al clan o alla tribù
avrebbe il diritto di partecipare a tale pratica.
- le tecniche di caccia, pesca e raccolta dei prodotti spontanei
della foresta (miele, funghi, insetti, erbe, radici e frutti
commestibili); giochi di gruppo.
- tecnica di costruzione dell'abitazione per le ragazze quanto
alla capanna circolare, per tutti per l'altro tipo di
capanna;
- danze e canti e tecnica di suonare il tamburo,
- TEMPO DI EDUCAZIONE/FORMAZIONE: dalla nascita al
matrimonio.
L'ECONOMIA [ su ]
- I Pigmei si procurano il cibo per la loro sussistenza con la
CACCIA, la PESCA, la RACCOLTA dei prodotti spontanei della
foresta.
- I Pigmei si procurano i mezzi per la caccia, la pesca, la
raccolta dei prodotti spontanei della foresta, la costruzione
delle abitazioni, i vestiti e tutte le attività sia
individuali sia comunitarie, tutto da quanto la foresta offre in
liane, legno, pellami, ossa, argille, ecc., in pratica i Pigmei
dalla foresta traggono non solo il cibo ma tutto il materiale
necessario alla confezione degli attrezzi indispensabili per
cercare e procurarsi il cibo e tutto ciò che renda
possibile la sopravvivenza in foresta.
- I Pigmei si procurano il cibo giorno per giorno, in pratica
solo nella quantità sufficiente per una giornata; sia
perché non hanno tecniche di conservazione del cibo per
più di una giornata, sia perché non praticano un
commercio di profitto ma solo di sussistenza proprio per la
deperibilità dei prodotti di foresta, e per scelta
culturale.
- IL LAVORO E' QUINDI SOLO IN ORDINE ALLA SUSSISTENZA (si lavora
per vivere e non si vive per lavorare!) e ALLA SUSSISTENZA
QUOTIDIANA, non per produrre dei beni di consumo e dei profitti
economici o sociali diversi dalla sussistenza. Non esiste il
diritto di proprietà né privata, né
pubblica. C'è il diritto di usufrutto del prodotto del
proprio lavoro.
- LA CACCIA: si effettuano due tecniche di
caccia, quella individuale e quella comunitaria.
CACCIA INDIVIDUALE: è compiuta da un solo individuo
armato di lancia o di arco o di tutti e due insieme e
accompagnato da un cane da caccia. I cani dei Pigmei sono
piccoli, a pelo raso, probabilmente di origine dai levrieri
arabi, ma spesso anche dai cani dei colonizzatori europei. Il
cane scova la piccola selvaggina del sottobosco e la preda viene
colpita da vicino a causa della folta vegetazione. Il frutto di
tale caccia appartiene interamente al cacciatore e alla sua
famiglia.
CACCIA COMUNITARIA:
- è effettuata da tutti gli abitanti del
villaggio/accampamento, compresi i neonati portati dalle mamme
sul dorso.
- Dura anche un mese o due o più.
- Si abbandona il campo vicino al villaggio dei Bantu e si va
nella zona di caccia riservata a quel gruppo di Pigmei, nella
quale nessun altro avrebbe diritto di caccia senza il permesso di
questo gruppo. Non si tratta di "proprietà-possesso" del
territorio, ma di area vitale, in quanto solo Dio ha diritto di
proprietà essendo soltanto Lui il Creatore.
- Nella zona di caccia esistono più accampamenti di
capannucce circolari, a distanza di circa un'ora di cammino l'uno
dall'altro.
- Appena giunti nella zona di caccia ci si raduna tutti in
cerchio attorno ad un alberello ai piedi del quale ciascuno
depone una pietra; si canta tutti insieme un canto agli antenati,
dicendo loro: "Vedete che i vostri figli non vi hanno
dimenticato, ma sono tornati là dove siete sepolti, in
cerca di cibo. Chiedete a Dio che ci faccia trovare la selvaggina
abbonante per il cibo e per lo scambio di altre cose di cui
abbiamo bisogno". Se c'è tra di loro una donna incinta,
questa si volta verso l'esterno del cerchio e dice con tono di
nenia: "Voi, nostri Antenati, ci vedete qui con voi e vedete come
non abbiamo cessato di continuare la vita ricevuta da voi. Dite a
Dio che possiamo coltivarla sempre come il fiore dal quale le api
produrranno il miele".
- La caccia viene effettuata di volta in volta nei tratti di
foresta attorno all'accampamento, in modo da battere tutta la
zona circostante in una o due settimane, dopo le quali si va ad
un altro accampamento, e così di seguito fino ad aver
percorsa tutta la zona di caccia riservata a quel gruppo di
Pigmei. Ciò è dovuto al fatto che la selvaggina
fugge dalle zone dove si sia effettuata una o due battute di
caccia, ma nello stesso tempo non esce fuori dai confini della
sua area vitale che corrisponde più o meno alla zona di
caccia di quel gruppo di Pigmei.
Gli strumenti di caccia sono l'arco con frecce di legno la cui
punta è imbevuta di veleno vegetale il cui effetto mortale
giunge una mezz'ora circa dopo aver colpito la preda; la lancia e
la rete, di cui è fornita ogni famiglia o quasi, e infine
i cani da caccia. Questi sono stati addestrati fin da piccoli
anche con l'inoculare negli occhi e nelle narici dei preparati
vegetali (dolorosi e in presenza di pelli di vari animali,
sì da creare un riflesso condizionato di
aggressività contro di essi).
Tecnica di caccia comunitaria:
- La caccia è anzitutto guidata dal capo-caccia, uno dei
Pigmei particolarmente stimato come cacciatore (quindi non
necessariamente il capo-villaggio!), il quale sceglie i vari
posti in cui tendere le reti.
- Le reti vengono tese a semicerchio appendendole ai rami dei
cespugli e alberelli del sottobosco. Gli uomini, armati di archi
o di lance, si appostano dietro agli alberi vicino alla rete e
dalla parte esterna del semicerchio. Le donne, i bambini e i cani
chiudono il semicerchio e al segnale del capo - caccia cominciano
a gridare e a battere il sottobosco con frasche, avanzando verso
la rete e sospingendo così la selvaggina nascosta nel
sottobosco contro la rete.
- L'animale impigliatosi nella rete, viene liberato e portato un
po' discosto da essa e lì viene ucciso, evitando che il
suo sangue bagni la rete rendendola così inutilizzabile
per ulteriori battute di caccia.
- Una volta uccisa, la preda viene sollevata in alto, in un
gesto di offerta e di ringraziamento agli antenati e a Dio.
- Le donne possono essere armate di bastoni o del machete,
essendo arco e lancia riservati agli uomini. Stessa cosa per i
bambini e le bambine che partecipano alla caccia come gli adulti.
I bambini ancora troppo piccoli per partecipare autonomamente
alla battuta di caccia, o restano al campo affidati agli anziani,
o partecipano comodamente portati sulla schiena delle mamme.
Così fin dall'infanzia il bambino/a impara la
caccia.
- La preda uccisa viene spartita in parti uguali tra tutti i
partecipanti, ma al proprietario della rete spetta una zampa
intera (coscia compresa) e a colui o colei che l'ha ucciso spetta
il collo.
- Il primo giorno di caccia è di norma consumare tutte le
prede uccise, in modo da cavarsi la voglia di carne. Le prede
uccise nei giorni successivi saranno in parte mangiate (interiora
e pelle) e in parte "bucanate" (cioè affumicate) per
poterle portare al mercato del villaggio dei Bantu ed averne
prodotti agricoli (manioca, riso, banane, olio di palma,
pomodori, cipolle, fagioli) e sale, con cui accompagnare la carne
del pasto quotidiano.
La pesca
- I Pigmei praticano la pesca come sussidiaria della caccia e
non come attività principale che resta sempre e solo la
caccia.
- Anche per la pesca c'è quella individuale e quella
comunitaria.
- La pesca individuale è praticata indifferentemente da
tutti, anche dai bambini più piccoli, come quelli di 3 - 4
anni e senza distinzione tra maschi e femmine.
- Attrezzi per pescare: anticamente erano lance con la punta di
legno (le punte di metallo provengono dai Bantu). Si va di notte
quando i pesci "dormono" a mezz'acqua e li si infila con la
lancia. Oggi pescano anche con gli ami metallici (comprati al
villaggio dei Bantu) sia di giorno che di notte. Come esca oltre
ai vermi di fiume, si usano insetti vari del sottobosco, quando
non si preferisce "mangiarceli noi stessi" dicono sorridendo i
Pigmei.
- La pesca comunitaria è praticata soprattutto dalle
donne e consiste nella raccolta dei pesciolini che si riesce ad
imprigionare in stagni o pozze artificiali e prosciugate
preventivamente, il tutto con ceste o con le sole mani.
- Soltanto il prodotto della pesca individuale appartiene
all'individuo che lo ha pescato; il prodotto della pesca
comunitaria è fraternamente condiviso con tutti i
partecipanti alla pesca.
La raccolta dei prodotti della foresta
- RACCOLTA QUOTIDIANA: è individuale ed è quella
che effettuano le donne (ma possono farla anche gli uomini ed
anche i bambini/e) quando vanno in foresta alla cerca di tali
frutti per il pasto quotidiano.
Si raccolgono funghi, radici, erbe e frutti selvatici, piccoli
animali e insetti (formiche) commestibili. Si "raccolgono" anche
piccoli animali del sottobosco che si riesca a catturare,
soprattutto quelli nascosti nei buchi del terreno e dei tronchi
delle piante. Per evitare la morte da morso dei serpenti nascosti
sovente in tali tane, i Pigmei si inoculano per via cutanea una
polvere nera (preparato di una decina di erbe e radici e teste di
serpenti velenosi debitamente inceneriti e amalgamati con formule
e riti segreti). Tale "medicina" viene inoculata "prima" ed
è efficace per uno o due mesi.
- RACCOLTA STAGIONALE: è quella del miele selvatico.
Oltre al miele delle api di foresta, c'è il miele di altri
insetti, tra gli altri di "api nere", insetti che fanno l'alveare
nel terreno ed il cui miele è leggermente tossico anche se
dolcissimo!
Tecnica di raccolta del miele
- Attrezzi: una liana da legare scorrevole attorno al tronco
dell'albero e attorno ai fianchi dell'uomo che salirà
sull'albero.
- Una piccola accetta/ascia.
- Un pugno di foglie verdi con dentro alcune braci accese.
- Una sporta/borsa di fibre vegetali in cui deporre i pezzi di
alveare estratti dall'albero.
- Procedimento: l'uomo sale sull'albero aiutandosi con la liana
avvolta sui fianchi e sul tronco: questa scorre sul tronco verso
l'alto quando si sale e verso il basso quando si scende,
alternativamente col movimento dei piedi appoggiati energicamente
sul tronco in modo che il corpo resti sospeso al tronco
sull'appoggio dei piedi (un po' come fanno certi rocciatori in
montagna); giunto al buco del tronco dentro cui è celato
l'alveare, l'uomo allarga il buco con l'ascia ed agita il pugno
di foglie dalle quali esce il fumo delle braci, in modo da tener
lontane le api (ma qualche ape riesce sempre a pungere l'uomo,
che sopporta stoicamente il dolore, tanto è grande la
brama del dolcissimo miele!). Una volta ottenuto un buco
abbastanza grande per il passaggio di una mano con relativo pezzo
di alveare in essa, l'uomo introduce la mano nel buco, strappa un
pezzo di alveare grondante di miele e questo primo pezzo lo
lancia verso la foresta, in segno di ringraziamento a Dio e agli
Antenati, poi procede all'estrazione pezzo a pezzo di tutto
l'alveare, riempiendosi anche la bocca di un pezzo da masticare e
da rendere così più sopportabile con la dolcezza
del miele il dolore della puntura delle api, e mette gli altri
pezzi dentro alla sporta.
- Durata del periodo di raccolta del miele: da giugno a fine
Agosto.
- Quando vanno alla raccolta del miele i Pigmei raccolgono anche
altri prodotti della foresta e cacciano anche, così quando
vanno alla caccia effettuano anche occasionalmente raccolta di
frutti della foresta.
- N.B.: a proposito di caccia all'elefante, tradizionalmente non
era un'attività abituale dei Pigmei, perché la
grande quantità di carne disponibile (3/4 tonnellate) era
superiore non solo ai bisogni nutrizionali del gruppo (60/70
persone) ma anche alla sua stessa capacità di consumarla
tutta prima che buona parte finisse coll'imputridire con uno
spreco notevole di cibo e ciò è inammissibile nella
mentalità dei Pigmei come per loro è inammissibile
l'omicidio: sprecare cibo o uccidere un essere umano è la
stessa cosa per un Pigmeo!
- Sempre a proposito di caccia: le punte di metallo delle frecce
e delle lance e il machete e le reti sono mezzi tecnici non di
origine pigmea ma bantu ed è anche attraverso questa
"superiorità" tecnica che i Bantu hanno potuto ridurre in
"schiavitù" i Pigmei.
STRUTTURA SOCIALE DEL VILLAGGIO PIGMEO E SUE ATTIVITÀ [ su ]
- Al punto n° 2 si è detto che la società
pigmea è essenzialmente basata sulla famiglia nucleare
più che su quella allargata.
- Un villaggio, costituito da circa 10/15 famiglie nucleari,
è quasi sempre una "famiglia allargata" in quanto i vari
capifamiglia sono imparentati fra di loro o in via diretta o
indiretta.
- L'AUTORIÁ che presiede alla vita del villaggio non
è quindi un capo - villaggio con poteri decisionali
né giudiziari, ma l'assemblea di tutti i membri del
villaggio, donne e uomini adulti e bambini, con la preminenza
"morale" dei capifamiglia.
- IL CAPO - VILLAGGIO è soltanto un uomo che si distingua
per saggezza di vita, grazie alla quale gode di autorità
"morale", cioè di stima presso tutti gli abitanti del
villaggio, che perciò seguono liberamente il suo esempio
ed i suoi consigli; ma egli non ha autorità di dare
ordini.
- IL TRIBUNALE non è altro che l'assemblea di tutto il
villaggio, bambini compresi ed i giudizi sono pronunciati
comunitariamente, sotto la guida "morale" dei capifamiglia.
- Nel giudizio si cerca la riconciliazione delle parti in
conflitto, in base al principio che il torto o la ragione non
sono mai totalmente da una sola parte. Così oltre al
risarcimento della parte lesa, si richiede anche a questa un
contributo alla riconciliazione. Concretamente la riconciliazione
si effettua con un banchetto in cui anche la parte lesa
(cioè quella che ha ottenuto la ragione) contribuisce con
una parte di cibo.
VITA QUOTIDIANA [ su ]
- Al canto del gallo (verso le ore 5.30: all'equatore il sole
sorge alle ore 6.00 e tramonta alle ore 18.00, cioè ci
sono 12 ore di sole e 12 ore di notte durante tutto l'anno) il
capo - villaggio si alza e attizza le braci rimaste coperte dalla
cenere nella "barza" accendendo il fuoco dal quale tutti poi
accenderanno i fuochi di ogni capanna. Poi il capo - villaggio
passeggia in mezzo al villaggio dando avvisi e consigli ad alta
voce, in un dialogo a volte spassoso con la gente ancora dentro
alle loro capanne. Nel dialogo talvolta viene chiamato a
parteciparvi anche il Buon Dio, perché per i Pigmei non
è qualcuno che se ne sta "lassù" ma uno che vive in
mezzo a noi come uno di noi anche se non lo vediamo.
- Una volta tutti (o quasi) alzatisi, consumano, quando ne fosse
rimasto, il cibo della sera precedente, poi ognuno se ne va per i
fatti suoi: le donne alla cerca in foresta, gli uomini a caccia o
a pesca o ai campi quelli che hanno dei campi da coltivare in
questi ultimi anni, oppure vanno col capo - villaggio a compiere
con lui il lavoro o l'attività che aveva "consigliato"
negli avvisi mattutini ... Altri restano al villaggio a
rammendare le reti di caccia o a confezionare archi e frecce o
lance. Di tanto in tanto mangiucchiano una banana o una radice di
manioca arrostita; ma il vero "pranzo" sarà fatto alla
sera verso le h 18.00/19.00.
- Le attività "quotidiane" non durano più di due o
tre ore, dopo le quali le donne occupano il tempo a preparare da
mangiare o a prepararsi per le danze serali dipingendosi con
succhi di frutta la cui traccia nera o rossa perdura oltre ad una
settimana sulla pelle; gli uomini occupano il tempo libero o con
il gioco del pallone insieme con i ragazzi e i bambini o con
altri giochi oppure con il racconto delle imprese di caccia e i
fatti del villaggio sia dei Bantu che loro.
- La sera, dopo mangiato o danzano o passano allegramente il
tempo a chiacchierare attorno al fuoco sia nella "barza" che
davanti alla propria capanna.
- Le danze sono sia per il loro divertimento, sia in occasione
di matrimoni, di iniziazione di ragazzi o ragazze all'età
adulta e ci sono anche danze per la caccia all'elefante e danze
per la fioritura degli alberi i cui fiori forniscono il nettare
per il miele...
LA RELIGIONE [ su ]
- I Pigmei non hanno una RELIGIONE, cioè non hanno riti
né luoghi di culto, né persone addette al culto
né alcun tipo di istituzione o di struttura religiosa; ma
hanno invece una RELIGIOSITA' naturale spontanea e semplice, in
un rapporto personale con Dio ritenuto qualcuno di presente
realmente, del quale la foresta è il seno che li genera e
li nutre.
- Ci sono "riti" comunitari (vedere quanto riferito sopra a
proposito della caccia comunitaria) ma in essi non c'è una
rigida procedura rituale né un'autorità cui sola
competa l'azione rituale né un luogo specifico. Per
esempio, la preghiera attorno al fuoco acceso ai piedi di un
albero qualsiasi e non di un determinato albero e il fuoco si
accende con foglie del sottobosco senza preferenza di sorta... Le
preghiere che si fanno non sono formule fisse ma espressioni
spontanee di omaggio a Dio e agli Antenati e di richiesta di
aiuto, e chi presiede può essere il capo - villaggio, il
capo - caccia o il più anziano o chiunque voglia farlo...
Non esistono oggetti "sacri" e le cose impiegate (pietre, rami,
acqua) sono occasionali ogni volta, secondo le circostanze e
ciò che si vuole esprimere attraverso quegli oggetti e il
loro uso in quelle circostanze.
NOMADISMO [ su ]
I Pigmei sono considerati "nomadi" ma il loro nomadismo
è differente da quello degli Tzigani (zingari). Possiamo
classificare due tipi di nomadismo:
- NOMADISMO ITINERANTE: quello degli Tzigani: è un
viaggiare continuo senza una dimora fissa in nessun luogo.
- NOMADISMO STANZIALE: quello dei Pigmei: è uno spostarsi
da un "accampamento" all'altro all'interno di un'area vitale che
il gruppo non abbandonerà mai, salvo che ne venga cacciato
a forza o da eventi naturali o da invasioni di altri
popoli.
Il nomadismo oltre all'aspetto più esteriore del migrare
continuo, ha la caratteristica soprattutto della concezione del
tempo più centrato sul presente che volto al passato o al
futuro, a tal punto che il Pigmeo compie ogni atto totalmente
concentrato in esso, fisicamente, mentalmente e spiritualmente,
anche perché la vita di simbiosi con la natura (foresta)
comporta un'attenzione totale per poter sopravvivere in tale
ambiente.
Antonio Mazzucato, Bolzano, 13.3.2002