In: Home > DOSSIER > Birmania. La difficile transizione un anno dopo la vittoria del partito di Aung San Suu Kyi
Lingue: ITA
Arianna Miorandi
Bolzano, dicembre 2016
90.000 Rohingya sono ammassati in campi a Sittwe capitale dello Stato di Rakhine / Myanmar, settembre 2013. Foto: © Mathias Eick, EU/ECHO.
Da marzo di quest'anno Aung San Suu Kyi è Ministro
degli Esteri e Consigliere di Stato della Birmania [1]. Finalmente al potere dopo anni di lotte, ma non nel
posto che le sarebbe spettato, quello di Presidente del suo
Paese. A chi ha parenti stretti di nazionalità straniera
la Costituzione impedisce di diventare Presidente. Aung San Suu
Kyi è l'unica esponente di spicco ad avere tali
caratteristiche: vedova di un marito inglese [2] e i suoi figli hanno il passaporto britannico. I
militari, al potere fino al novembre 2015, hanno accettato la
transizione verso la democrazia, ma hanno temuto il potere della
Lady [3] tanto da cambiare la Costituzione nel
2008.
La lunga battaglia per la democrazia di Aung San Suu Kyi, figlia
del generale Aung San, uno fra i più importanti eroi
dell'indipendenza birmana, iniziò nel 1988 quando, dopo
aver completato gli studi a Oxford, tornò in Birmania e
fondò la Lega nazionale per la democrazia (Lnd). Nel 1990
vinse le elezioni ma l'esercito ignorò il risultato
elettorale e costrinse Aung agli arresti domiciliari che durarono
venti anni.
L'8 novembre 2015 il suo partito Lnd ha ottenuto la maggioranza
dei voti (quasi l'80%) nelle prime elezioni libere dal 1990.
Presidente del Paese è diventato Htin Kyaw, importante
esponente dell'Lnd, uomo di fiducia e amico di infanzia di Aung ,
sempre al suo fianco dopo che le furono revocati gli arresti
domiciliari nel 2010. Tuttavia, i militari si sono riservati un
ruolo politico importante nel Paese grazie alle modifiche
costituzionali che, da soli, hanno approvato nel 2008.
L'attuale Costituzione garantisce, infatti, all'esercito il 25%
dei seggi in parlamento. Vice presidente è invece un uomo
dell'esercito, Myint Swe e i militari hanno creato un Consiglio
nazionale della difesa e della sicurezza, composto per la
maggioranza da ufficiali dell'esercito, che può dichiarare
lo stato d'emergenza e sospendere il governo eletto. Si sono
tenuti, inoltre, il controllo del Ministero degli Affari Interni
e della Difesa.
In Birmania vivono ancora 120.000 Rohingya in campi profughi. Foto: CC-by-nc-nd Mathias Eick EU/ECHO gennaio 2013.
Tuttavia, nonostante i vincoli costituzionali e le misure
adottate dalla giunta militare, in Birmania e nel mondo tutti
sanno che è Aung San Suu Kyi la leader de facto al vertice
del potere.
Il Presidente, Htin Kyaw, nel giorno del suo giuramento davanti
al Parlamento il primo aprile del 2016, ha dichiarato che "il
governo lavorerà per la riconciliazione nazionale, per la
pace nel Paese, per una nuova costituzione che apra la strada a
una unione democratica e per migliorare lo standard di vita della
popolazione" [4].
E in questi primi sei mesi di governo, Aung San Suu Kyi ha
cercato, prima di tutto, di rafforzare i legami internazionali
per garantire al Paese aiuti e investimenti esteri, grazie ad una
serie di viaggi all'estero.
Si è recata in Giappone, da anni uno dei principali
investitori che non ha mai posto sanzioni al Paese, nemmeno
durante la giunta militare [5], e in Gran
Bretagna, Paese a cui Suu Kyi è legata dopo il suo
matrimonio con un britannico e per i suoi studi a Oxford. A
metà settembre è stata ricevuta da Barack Obama
alla Casa Bianca, durante l'incontro il Presidente americano ha
dichiarato che gli Stati Uniti sono pronti a togliere tutte le
sanzioni economiche imposte alla Birmania durante gli anni del
governo militare. Aung San Su Kyi si è impegnata nel
difficile dialogo con i due giganti confinanti, la Cina, primo
partner commerciale e l'India, per consolidare i rapporti
commerciali. Ha provato a rinsaldare il legame con la Thailandia
dove, tuttavia, i militari sono tornati al potere nel 2014 e il
Paese appare ancora più instabile dopo la recente
scomparsa del re Bhumibol.
Ma è sulla politica interna che Aung San Suu Kyi sembra
incontrare le maggiori difficoltà mettendo a rischio il
travagliato percorso verso la riconciliazione nazionale. Il
processo di pace è una priorità del suo governo ed
è il tema sul quale sono alte le aspettative sia
all'interno del Paese che nella comunità internazionale.
Una delle questioni più spinose che Aung San ha dovuto
affrontare riguarda, infatti, la questione dei rapporti con le
minoranze etniche presenti del Paese. L'ultimo presidente
militare, Thein Sein, ha cercato in tutti i modi di ottenere un
accordo nazionale di cessate il fuoco, senza riuscirvi. La
Birmania è percorsa da anni da tensioni etniche: il
principale conflitto riguarda i Rohingya, una minoranza
musulmana, soggetta a persecuzione, a cui i militari negarono la
cittadinanza a partire dal 1982 [6]. Secondo le
Nazioni Unite i Rohingya sono considerati una delle minorazione
etniche più perseguitate al mondo [7] e
non sono riconosciuti fra le 135 minoranze del Paese [8], perché ritenuti dalla maggioranza buddhista
immigrati illegali provenienti dal Bangladesh.
Il nuovo governo ha istituto, il 30 maggio, il Central Committee
on the Implementation of Peace, Stability and Development of
Rakhine State, guidato dalla stessa Aung San Suu Kyi, con
l'obiettivo di "potare la pace, la stabilità e lo sviluppo
a tutte le persone dello stato di Rakhine", dove, si stima,
vivano circa 1,1 milione di persone in gran parte della minoranza
musulmana Rohingya.
Tuttavia, a inizio ottobre, l'esercito birmano ha lanciato una
offensiva militare nello stato di Rakhine, uno delle aree
più povere del Myanmar. L'attacco armato è stato
giustificato dai militari con la necessità di colpire i
responsabili di disordini alla frontiera con il Bangladesh.
Durante le operazioni militari, secondo i residenti e alcuni
difensori dei diritti umani i soldati sono stati protagonisti di
abusi nei confronti dei civili con esecuzioni sommarie, stupri e
incendi appiccati alle case [9].
Non è la prima volta che scoppiano le violenze in questa
area della Birmania. Nello stato di Rakhine gli scontri fra
musulmani e buddisti si sono intensificati nel 2012 [10], provocando, in quell'anno, la morte di oltre 110
persone. Da allora circa 120.00 musulmani Rohingya sono costretti
a vivere, in condizioni di estrema povertà e senza alcun
diritto, in campi profughi o in zone controllate dell'esercito
senza libertà di movimento. Secondo le Nazioni Unite,
numerosi sono stati i casi di arresti arbitrari, torture,
esecuzioni e violenze ai danni di centinaia di Rohingya [11]. Chi riesce tenta la fuga disperata via mare verso
la Thailandia o la Malesia [12]; molti muoiono
durante le traversata o, non avendo documenti di identità,
finiscono nelle mani di trafficanti di uomini [13]. Malesia e Indonesia hanno allestito campi
temporanei di accoglienza dove i profughi rimangono detenuti per
molti mesi senza alcuna prospettiva.
Aung San Suu Kyi è stata criticata per essere rimasta
in silenzio e non aver preso misure efficaci sulla questione dei
Rohingya.
La Lady ha negato qualsiasi abuso durante le operazioni militari
iniziate ad ottobre, sebbene abbia ribadito che i militari
debbano agire secondo la legge e di attendere le indagini prima
di dichiarare qualcuno responsabile degli eventuali illeciti
[14].
I parlamentari dell'ASEAN per i diritti umani hanno sollecitato
il governo birmano affinché conduca indagini imparziali
per capire se sono stati commessi abusi contro i civili e lasci
libero accesso agli operatori umanitari e ai giornalisti nelle
aree dove vive la minoranza musulmana. [15]
Gli Stati Uniti hanno chiesto chiarimenti alla stessa Aung San
Suu Kyi e hanno invitato le autorità birmane a fare
chiarezza su quanto accaduto e a punire i responsabili [16].
L'operazione militare ha acuito la tensione fra il governo e i
militari, responsabili della sicurezza. Negli scorsi mesi Suu Kyi
si è detta disponibile a sostenere il lavoro di una
commissione consultiva, creata dal governo il 24 agosto per
occuparsi del tema dei Rohingya. L'organismo, formato da nove
personalità internazionali e sei nazionali [17], sarà guidato dall'ex Segretario Generale
dell'Onu, Kofi Annan e si è dato un anno di tempo per
studiare la situazione e proporre una soluzione.
Le violenze nello Stato di Rakhine, tuttavia, continuano con
l'uccisione a inizio novembre di almeno venticinque
persone.
Human Rights Watch ha mostrato, attraverso l'analisi di alcune
immaginari satellitari, la distruzione, avvenuta nelle scorse
settimane, di numerosi edifici in tre villaggi nelle aree
più remote di Rakhine e ha affermato la necessità
di istituite una commissione di indagine guidata dalle Nazioni
Unite [18].
Così a un anno dalla vittoria del suo partito, sul governo
piovono le critiche internazionali, mentre si avvicina un altro
anniversario importante per la Lady, i venticinque anni dalla
vittoria del Premio Nobel della Pace, vinto il 10 dicembre del
1991, premio che Suu Kyi non poté ricevere personalmente
perché si trovata agli arresti domiciliari ma che la
proiettò sulla scena internazionale.
Oggi la difficile gestione della minoranza musulmana sembra
oscurare la sua lunga battaglia che l'ha fatta conoscere al mondo
come icona per la democrazia e i diritti umani.
Note:
[1] Birmania o Myanmar come fu
ribattezzato il Paese nel 1988 dalla giunta militare.
[2] Michael Aris, professore di cultura
tibetana e marito di Aung San Suu Kyi dal 1972, morì nel
1999 a Oxford mentre Aung si trovava in Birmana senza
possibilità di lasciare il Paese. Aris non ottenne mai un
visto dalla giunta militare per entrare nel Paese e incontrare
Aung.
[3] Nel 2011 il regista francese Luc
Besson ha diretto il film "The Lady" sulla vita della leader
birmana.
[4]
www.theguardian.com/world/2016/mar/30/myanmar-swears-in-htin-kyaw-as-first-civilian-president-in-decades
[5] www.toyokeizai.net/articles/-/143173
[6]
www.fortifyrights.org/downloads/Yale_Persecution_of_the_Rohingya_October_2015.pdf
[7]
www.amnesty.org.au/rohingya-people-most-persecuted-refugees-in-world/
[8] U.N. Commission on Human Rights,
Report on the Situation of Human Rights in Myanmar, June
2016
[9]
www.reuters.com/article/us-myanmar-rohingya-exclusive-idUSKCN12S0AP
[10]
www.fortifyrights.org/downloads/Yale_Persecution_of_the_Rohingya_October_2015.pdf
[11] U.N. Commission on Human Rights,
Report on the Situation of Human Rights in Myanmar, June
2016.
[12]
www.fortifyrights.org/downloads/Yale_Persecution_of_the_Rohingya_October_2015.pdf
[13] United States Senate Committee on
Foreign Relations, Trafficking and Extortion of Burmese Migrants
in Malaysia and Southern Thailand, April 2009.
[14]
www.dw.com/en/myanmar-unrest-puts-pressure-on-suu-kyi/a-36259779
[15] Japan Times,
www.japantimes.co.jp/news/2016/11/02/asia-pacific/politics-diplomacy-asia-pacific/asian-mps-urge-probe-reported-myanmar-abuses-envoys-visit-troubled-rakhine/#.WCwc9ig7ZrN
e
www.hrw.org/news/2016/11/13/burma-massive-destruction-rohingya-villages
[16]
www.reuters.com/article/us-myanmar-rohingya-exclusive-idUSKCN12S0AP
[17]
www.thediplomat.com/2016/09/can-kofi-annans-commission-solve-the-rohingya-conundrum/
[18]
www.hrw.org/news/2016/11/13/burma-massive-destruction-rohingya-villages
Vedi anche in gfbv.it:
www.gfbv.it/2c-stampa/2016/160523it.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150813it.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2015/150528it.html
| www.gfbv.it/3dossier/asia/burma/burma-1it.html
| www.gfbv.it/3dossier/asia/burma/birmania.html
| www.gfbv.it/3dossier/asia/burma/burma-shan-it.html
in www:
www.ec.europa.eu/echo/files/aid/countries/factsheets/rohingya_en.pdf
|
www.caratteriliberi.eu/2014/01/29/mondo/la-transizione-birmana/
| www.irinnews.org |
www.orizzontinternazionali.org