Report di Tilman Zülch
Estratto dalla parte I [Fact-Finding Mission di Tilman Zülch, 04.08 - 18.08.1999]
Uomini e donne dalla pelle scura, appartenenti alle minoranze Rom ed Ashkali, non possono mostrarsi senza pericolo di vita nelle strade e nelle piazza delle città del Kosovo d'oggi.
Gran parte della popolazione kosovara-albanese, per un decennio vittima della politica di apartheid della Serbia, appoggia, sostiene, giustifica una politica di stretta separazione "razziale". In soli tre mesi gran parte della minoranza di antica origine indiana dei Rom e degli Ashkali, stanziata in Kosovo da secoli, è stata espulsa dai luoghi natali e cacciata dalla regione. La maggioranza delle loro case, dei loro villaggi e quartieri è stata distrutta. Circa tre quarti dei Rom e degli Ashkali sono costretti a sopravvivere in campi profughi o in baraccopoli nei paesi limitrofi: Montenegro, Serbia, Bosnia-Erzegovina, Macedonia ed Albania. A migliaia tentano la pericolosa traversata per l'Italia su sovraffollate e pericolose "carrette del mare". Non pochi di loro sono annegati nell'Adriatico. Molti dei Rom ed Ashkali rimasti in Kosovo sopravvivono in campi dell'ACNUR per "displaced persons". Si tratta di profughi in patria.
PRESENTAZIONE
In qualità di presidente dell'Associazione per i Popoli
Minacciati (APM), Tilman Zülch ha visitato il Kosovo tra il
4 ed il 18 agosto 1999: parlando con profughi Rom ed Ashkali in
un campo gestito dall'ACNUR per queste minoranze, e raccogliendo
testimonianze oculari e notizie confermate su saccheggi e
devastazioni di insediamenti e quartieri Rom ed Ashkali da parte
della popolazione albanese ivi rimasta ovvero rientrata. I
risultati di queste indagini sono riportati nella prima parte
della relazione.
ANCHE GLI
ALBANESI SONO STATI VITTIME IN KOSOVO
Prima dell'espulsione delle minoranze Rom ed Ashkali da parte
albanese-kosovara, la popolazione albanese era stata vittima, a
partire dal marzo 1998, dei peggiori crimini dell'esercito, della
polizia e delle milizie serbe. Si deve oggi valutare
realisticamente che fino a 20.000 persone sono state uccise dalle
truppe serbe. Altri 20.000 albanesi - vecchi, malati, feriti,
handicappati, bambini e neonati - non sono probabilmente
sopravvissuti alla cacciata nei paesi vicini ed alla fuga sulle
montagne e nei boschi del Kosovo. Queste persone non sono con
tutta probabilità comprese nelle statistiche, neanche in
Kosovo, ma sono anch'esse vittime di genocidio. Il regime di
Milosevic è responsabile pure della loro morte.
La Società per i Popoli Minacciati, già nei primi giorni di giugno del 1999, prima dell'ingresso delle truppe KFOR nel Kosovo, ha documentato nel rapporto "Genocidio in Kosovo" (in tedesco e inglese) il fatto che l'armata serba, la polizia speciale ed i paramilitari hanno violato la convenzione delle Nazioni Unite per la prevenzione e la repressione del genocidio.
La lunga repressione in Kosovo, a partire dall'incorporazione della provincia nel regno di Serbia dopo le guerre balcaniche del 1912-13, ha determinato un forte sentimento etnico tra gli albanesi di Jugoslavia, e spiega forse l'aggressivo nazionalismo che, dopo la liberazione del Kosovo da parte delle truppe della NATO, predomina in vasti strati della popolazione.
Tutte le strutture dell'autonomia albanese erano state gradualmente liquidate dal governo Milosevic a partire dal 1989. All'ingresso delle truppe KFOR nel Kosovo l'apparato statuale serbo imposto al Kosovo si è sfasciato in pochi giorni. Così, per settimane e mesi dopo la fine della guerra nel giugno 1999, e fino ad oggi, nella regione ha dominato l'anarchia, solo parzialmente limitata dall'intervento delle truppe KFOR.
Vandalismi di ogni genere, atti di vendetta di civili albanesi, aggressioni mirate da parte di bande armate dell'UÇK, ed azioni di una mafia in formazione, in parte immigrata dall'Albania: tutto ciò è favorito dalla mancanza di polizia, tribunali ed amministrazione.
Tuttavia non è possibile giustificare il fatto che la
maggior parte della popolazione albanese si rivolge con azioni
barbariche contro minoranze "non desiderate".
La popolazione serba della regione è stata ingiustamente
considerata responsabile in massa della cacciata e del genocidio
degli albanesi. I crimini contro Rom ed Ashkali non possono
essere giustificati con presunti saccheggi e crimini di guerra di
singoli appartenenti a queste minoranze.
LA "PULIZIA
ETNICA" CONTRO ROM ED ASHKALI
Nel caso della "pulizia etnica" ai danni di Rom ed Ashkali non
è stato commesso un genocidio con le modalità
già usate dai serbi, ma si è dimostrato che una
fuga in massa si può ottenere anche soltanto attraverso
semplici minacce ed intimidazioni; e per mezzo di singoli atti di
maltrattamento, stupro, ed omicidio. Non è ancora
possibile escludere che la cacciata causi morie di massa nei
campi profughi dei Paesi vicini. Secondo l'art. II c) della
Convenzione delle Nazioni Unite sulla prevenzione e la
repressione del genocidio del 9 dicembre 1948 una simile
situazione potrebbe portare all'accusa di genocidio per gli
albanesi responsabili della cacciata in massa di Rom ed
Ashkali.
La popolazione albanese del Kosovo ed il suo movimento politico, che sotto la guida di Rugova ha messo in pratica per un decennio la resistenza non-violenta, stanno perdendo la propria buona fama. Centinaia di migliaia di albanesi devono avere assistito alle deportazioni degli "Zingari kosovari", ed hanno ogni giorno davanti agli occhi i quartieri Rom distrutti dai propri compatrioti. Ma gran parte della popolazione giustifica i maltrattamenti e le deportazioni. Fino ad ora s'è vista poca opposizione fra i giornalisti, gli intellettuali, i partiti albanesi, e nel movimento di resistenza armata UÇK, che è implicato nei pogrom in molteplici modi. Due terzi degli insediamenti e delle abitazioni di Rom ed Ashkali sono stati incendiati. Ogni giorno le distruzioni e le deportazioni proseguono.
Gli Europei non devono tollerare che una minoranza, il cui sterminio era stato iniziato da Adolf Hitler, che un popolo stanziato nel nostro continente da mille anni, venga perseguitato in massa in una parte d'Europa che è stata liberata grazie all'impegno dei Governi europei, e la cui popolazione cacciata ha potuto far ritorno in patria. Giacché un genocidio ai danni di Sinti e Rom è già avvenuto in Europa al tempo del nazismo, non si può tollerare che degli Europei, solo per aver la pelle un po' più scura degli altri kosovari, vengano perseguitati e messi in fuga.
L'APM denuncia anche il fatto che le truppe della KFOR
prendono così poco sul serio il proprio compito;
soprattutto il dovere di proteggere chi oggi rischia di esser
cacciato.
È ingiustificabile il fatto che alcuni degli insediamenti
Rom ed Ashkali ancora abitati, ma perennemente minacciati, non
siano protetti dalla KFOR 24 ore su 24.
ROM ED
ASHKALI DEL KOSOVO
Nel Kosovo vivevano, prima della cacciata, circa 150.000 Rom ed
Ashkali, di cui circa 30.000 erano emigrati come esuli politici
verso l'Europa occidentale negli anni precedenti lo scoppio della
guerra.
Dopo l'intervento della NATO estremisti albanesi, profughi
albanesi di ritorno, spesso vicini albanesi di Rom ed Ashkali, e
di sovente anche membri dell'UÇK armati e in uniforme si
sono rivolti contro le minoranze. Hanno intimidito e minacciato
di morte uomini, donne e bambini, intimando loro un ultimatum -
non di rado ad armi spianate - perché lasciassero le
proprie case ed i propri paesi. Spesso è stato loro
concesso un termine di poche ore o di pochi minuti. Molti Rom ed
Ashkali hanno potuto salvarsi coi soli abiti che avevano
indosso.
Di regola le case sono state saccheggiate; il mobilio, gli elettrodomestici, le automobili ed in alcuni casi anche i trattori sono stati rubati. Con ironia alcune famiglie Ashkali, le sole rimaste nel loro quartiere, hanno riferito che il saccheggio "in stile albanese" è più radicale di quello "in stile serbo", perché sono state rubate anche le lastre di pietra e le tegole dai tetti. Spesso le vetture degli appartenenti alle minoranze sono rubate o "requisite".
Nella maggioranza dei casi le abitazioni sono state distrutte col fuoco o con altri mezzi, ma in non pochi casi se ne sono impossessati dei profughi albanesi, le cui case erano state distrutte dalle truppe serbe. Secondo nostre stime approssimative, sono stati distrutti circa i due terzi delle case di Rom ed Ashkali.
INSEDIAMENTI ROM DISTRUTTI
Disponiamo di informazioni sulla distruzione totale o parziale
degli insediamenti Rom ed Ashkali nei seguenti villaggi,
quartieri e città:
Berrnice (albanese)/Velika Brnica (serbo) Breko (a./s.) Brest/Bresje Brestovc/Brestovica Dobratin/ Mala/ Velika Dobraja Doran/Doranja Doshevac/Dosevac Fushe Kosova/Kosovo Polje Golesh/Goles Han i Elezit/Ðeneral Jankovic Kolubar/Kulobarska Landovic/Landovica presso Prizren |
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Lipljan/Ljipljane Magure/Magura Malisheva/Malisevo Medvegje/Medvec Mitrovica/Kosovska Mitrovica Obiliq/Obilic Plementin/Plementina Podujeva/ Podujevo Pomazatin/ Pomazatina Pristina |
Qungur/Cungur presso Peja/Pec Rahovec/Orahovac Rasadnik presso Mitrovice/Kosovska Mitrovica Skenderaj/Srbica Subotic (variante: Sobotic)/Subotica Uji Kuq/Crvene Vodica Vitomira presso Peja/Pec Vranidolle/Vranidol Vushtrri/Vucitern |
MORTI E
SCOMPARSI
Nella loro cacciata gli appartenenti alle minoranze non vengono
soltanto minacciati. Si è giunti di frequente a
maltrattamenti e a sequestri, uniti a torture, a casi di stupro e
ad omicidi. In più casi delle persone sono scomparse o
risultano disperse. In almeno un caso una persona, un Rom
handicappato, è arsa viva nella sua casa incendiata. Il
numero degli assassinati, o delle persone perite nella fuga,
è per ora difficile da quantificare. Ciò dipende
soprattutto dal fatto che i testimoni albanesi per il momento non
danno informazioni su crimini di questo genere né alla
KFOR, né a rappresentanti del Tribunale dell'Aia,
né a giornalisti occidentali. La maggioranza dei Rom ed
Ashkali si trova nel frattempo fuori dal Kosovo. Dobbiamo per ora
ammettere che il numero di omicidi ai danni di appartenenti a
queste minoranze è ancora sotto i 50, e che d'altra parte
numerose centinaia di Rom ed Ashkali sono "scomparsi". Altre
migliaia di Rom ed Ashkali, dall'inizio della cacciata della
minoranza, non hanno più contatti con i familiari.
In diversi casi dei vicini albanesi hanno tentato - in parte
con successo -, di impegnarsi in difesa di Rom ed Ashkali
minacciati di deportazione. Tuttavia in genere hanno avuto la
meglio gli estremisti albanesi, i vicini ostili o gli uomini
dell'UÇK. In alcune località, come ad esempio a
Podujevo, la popolazione ha impedito la cacciata delle minoranze.
Così a Podujeva/Podujevo sono potuti rimanere oltre 1.500
Ashkali. In qualche luogo anche gli uomini dell'UÇK hanno
tentato d'impedire simili atti.
Gli appartenenti alle comunità minoritarie hanno ceduto
quasi ovunque alle minacce e, presi dal panico, hanno lasciato i
luoghi natii. Pare che non si sia giunti alla violenza di massa
in tutti i luoghi ove gruppi di Rom od Ashkali non si sono
piegati alle minacce.
Nei luoghi in cui le comunità Rom ed Ashkali sono rimaste nei loro paesi e quartieri, i loro appartenenti devono tuttavia fare i conti con discriminazioni e violazioni dei diritti umani non appena lasciano il proprio insediamento. Così a Podujeva/Podujevo gli Ashkali lamentano di non potersi recare al lavoro fuori città, e sono pesantemente minacciati. Per esempio una famiglia Ashkali di 16 persone, che ha salvato la vita ad una famiglia albanese di Pristina nei mesi della guerra, non può lasciare la propria minuscola fattoria. Ad ogni tentativo di uscirne, anche solo per fare la spesa, i suoi componenti sono pesantemente intimiditi e perfino aggrediti. Chi abbia oggi la pelle scura e si lasci vedere sulle strade del Kosovo deve mettere in conto di essere offeso, vilipeso, provocato ed anche maltrattato.
GIUSTIFICAZIONI DI PARTE ALBANESE
Gran parte della popolazione albanese, anche se non ha
partecipato a simili atti, giustifica o legittima tuttavia la
persecuzione collettiva di questi gruppi minoritari con la
presunta partecipazione di Rom ed Ashkali ai saccheggi, alla
sepoltura od all'occultamento di cadaveri di Albanesi uccisi;
ovvero con la loro corresponsabilità in relazione a
crimini di guerra. Tuttavia soltanto in due casi gli albanesi che
sollevavano accuse del genere hanno potuto confermare di essere
testimoni oculari di tali atti.
Il contegno prevalentemente ostile della popolazione di etnia albanese nei confronti delle minoranze rende possibile la loro cacciata collettiva in massa. Tutto ciò è favorito dalla mancanza, durata mesi, di una polizia, di una giustizia, di un'amministrazione locale.
La KFOR in molti casi non ha protetto a sufficienza le minoranze; non ha garantito una presenza militare continuativa nei loro insediamenti. Contro le persecuzioni di Rom ed Ashkali la KFOR spesso non è intervenuta, od ha arrestato i soli scontri, senza imporre il diritto all'abitazione ed all'incolumità delle persone minacciate, e più volte ha scortato costoro nei paesi vicini, favorendone così la deportazione.
La parte estremista della popolazione albanese ha praticato apertamente, con l'appoggio o la tolleranza di larghi settori dell'UÇK, una politica di "pulizia etnica" ai danni delle due minoranze etniche di antico insediamento dei Rom e degli Ashkali; e tale politica è stata in gran parte conclusa con successo.
Come "pulizia etnica" intendiamo qui la cacciata in massa di un gruppo etnico, senza il carattere genocida che ha assunto la politica della "pulizia etnica" in Slavonia Orientale (1991-92), Bosnia-Erzegovina (1992-95), nella Krajina croata (1995) e nel Kosovo (1998-99). Dobbiamo concludere che questa cacciata in massa di Rom ed Ashkali kosovari ha carattere sistematico ed è stata pilotata o quantomeno tollerata dalla dirigenza dell'UÇK.
LA
DIRIGENZA DELL'UÇK È CORRESPONSABILE
Certo la fuga e la cacciata in massa di Rom ed Ashkali nei mesi
seguenti all'ingresso delle truppe della KFOR a metà
giugno 1999 è stata accompagnata da casi di crimini come
torture, sequestri, stupri ed omicidi. Tuttavia in questo caso
non si può parlare di un genocidio pianificato.
In ogni caso i colpevoli, tra i quali larga parte dell'UÇK e probabilmente anche la sua dirigenza, attraverso azioni od omissioni, devono assumersi la responsabilità non soltanto della cacciata in massa, ma anche della morte di singoli individui, neonati, bambini, vecchi, malati, handicappati e feriti, che sono morti o che moriranno in conseguenza della fuga o della loro cacciata.
Tra questi ultimi vanno calcolati anche quelli che sono annegati nell'Adriatico tentando di raggiungere l'Italia. Le condizioni di vita nei campi profughi, particolarmente di quelli in Serbia e Montenegro, fanno temere che in inverno vi possano avvenire morie di massa. Si sono già manifestati i primi casi di epatite.
Si devono respingere le accuse secondo cui Rom ed Ashkali
avrebbero commesso collettivamente violazioni dei diritti umani
nei confronti della popolazione albanese. I colpevoli sono sempre
singoli individui. Vi sono sì testimonianze secondo cui
singoli Rom od Ashkali avrebbero partecipato a saccheggi di
proprietà albanesi, ed a maltrattamenti od uccisioni
commessi dalle truppe serbe.
Ma vi sono anche testimonianze che provano che non pochi
appartenenti alla maggioranza albanese hanno saccheggiato e
devastato le proprietà di Rom ed Ashkali. Non ne sono
stati risparmiati nemmeno quei Rom ed Ashkali che erano stati
perseguitati dalle truppe serbe, che avevano avuto parenti uccisi
dalle unità serbe, che erano fuggiti nei paesi vicini od
in altre parti del Kosovo per timore delle truppe serbe, e che
erano tornati dopo l'intervento della NATO.
LA CAMPAGNA
DELL'APM
Nella sua storia, l'APM ha già sollecitato un svolta a
riguardo dei Rom. Si trattava della politica della Germania nei
confronti di Rom e Sinti. In quel caso si riuscì a
mobilitare per questa minoranza l'opinione pubblica di vari
Paesi, ed a determinare un mutamento della politica tedesca al
loro riguardo.
Ricollegandoci a ciò, questa documentazione, disponibile in lingua tedesca, inglese ed albanese, vuole far sì che si giunga ad un'azione di soccorso diretta a Rom ed Ashkali kosovari. Allo stesso tempo l'APM farà partire una campagna mirata sui diritti umani in favore di Rom ed Ashkali.
RACCOMANDAZIONI DELL'ASSOCIAZIONE
PER I POPOLI MINACCIATI
1 . I rappresentanti di NATO, ONU, UE ed USA,
nonché i governi europei, devono condannare con una
dichiarazione ufficiale la politica della "pulizia etnica",
cioè della cacciata in massa delle comunità etniche
Rom ed Ashkali, e contenere l'allarmante razzismo di gran parte
della popolazione albanese-kosovara.
2 . La continuazione degli aiuti al Kosovo deve dipendere
dal contegno della popolazione albanese nei confronti delle
minoranze.
3 . Si sollecitano le principali istituzioni ed i partiti
kosovaro-albanesi a condannare immediatamente i crimini contro i
gruppi etnici Rom ed Ashkali, a proclamarne pubblicamente la
protezione, ed a mobilitare i propri membri affinché nelle
città e nei villaggi siano presi provvedimenti contro
qualsiasi discriminazione od attacco contro queste minoranze.
Essi si devono inoltre impegnare per una riconciliazione tra la
popolazione albanese e quella rom ed ashkali.
4 . L'UÇK deve render noti i colpevoli dentro e
fuori delle proprie schiere e farne i nomi alle istituzioni
internazionali. All'UÇK si richiede inoltre di sostenere
con misure concrete il rimpatrio dei Rom e degli Ashkali fuggiti
o cacciati.
5 . La KFOR, insieme alla polizia internazionale, deve
prendere misure efficaci per la protezione degli insediamenti Rom
ed Ashkali ed imporre la possibilità di muoversi indenni
nelle città e nei villaggi del Kosovo. In tutti gli
insediamenti Rom ed Ashkali KFOR e polizia devono esser presenti
24 ore su 24 a protezione della popolazione minacciata.
6 . Elementi Rom ed Ashkali devono - proporzionalmente
alla loro consistenza percentuale nella popolazione - essere
arruolati nel corpo di polizia kosovaro in via di costituzione.
Negli insediamenti Rom ed Ashkali devono essere stanziati corpi
di polizia mista, in cui le due minoranze siano rappresentate
almeno dal 50% dei componenti.
7 . Rom ed Ashkali devono - proporzionalmente alla loro
consistenza percentuale nella popolazione - essere considerati
nell'impiego di forza-lavoro nelle imprese. Fino al ripristino
dell'ordine pubblico l'amministrazione ONU deve prestare
attenzione alla partecipazione delle minoranze non-albanesi del
Kosovo nella divisione dei posti.
8 . L'amministrazione ONU deve subito dichiarare
pubblicamente che le proprietà di Rom ed Ashkali fuggiti o
cacciati sono inviolabili e che ogni occupazione di case,
terreni, aziende ed altri beni delle minoranze verrà
considerata un atto criminale.
9 . L'amministrazione ONU deve subito incominciare la
ricostruzione degli insediamenti Rom ed Ashkali distrutti. Questa
ricostruzione deve essere sostenuta in toto dal fondo di
ricostruzione del Kosovo. Gli estremisti albanesi dovranno aver
chiaro che con la distruzione delle proprietà delle
minoranze essi comprometteranno anche l'impiego dei fondi per la
ricostruzione dei beni della maggioranza albanese.
10 . ONU e NATO sono sollecitate a dare inizio, insieme
alla ricostruzione, al rimpatrio di Rom ed Ashkali fuggiti dal
marzo 1998, ovvero dalla metà di giugno del 1999, tanto
nei paesi vicini (Serbia, Montenegro, Macedonia,
Bosnia-Erzegovina) quanto verso l'Italia e gli altri Stati
dell'Europa Occidentale.
11 . Si sollecita l'ACNUR a portare ad un livello
ragionevolmente accettabile le condizioni di vita nei campi
profughi per "displaced persons" in Kosovo, come ad esempio in
quelli di Obiliq/Obilic, di Zvecan presso Mitrovica e di
Gjakove/Djakovica.
12 . Si sollecita l'ACNUR a riconoscere i profughi Rom ed
Ashkali in Serbia e Montenegro come "displaced persons", a
registrarli e ad assisterli. Anche le persone fuggite verso la
Macedonia, l'Italia o gli altri Paesi dell'Europa Occidentale
devono essere registrate ed assistite con lo status di profughi
ACNUR.
13 . ACNUR ed IKRK devono istituire un servizio di
ricerca per la diaspora dei Rom cacciati e render loro possibili
i contatti con i congiunti sparsi per l'Europa.
14 . Si sollecitano i governi europei ad accogliere le
persone cacciate dal Kosovo e ad assisterle fino a quando il
rimpatrio non sia effettivamente possibile e sicuro.
15 . Si chiede ai Governi europei di non espellere verso
il Kosovo i profughi kosovari di etnia Rom ed Ashkali che prima
della guerra erano riconosciuti o tollerati come profughi, come
anche quelli che erano stati accolti durante i mesi della guerra;
e ciò fino alla soluzione della questione delle minoranze.
In Kosovo essi rischiano la vita.
16 . Poiché gran parte dei profughi e deportati,
dopo le persecuzioni, rifiuta ogni idea di rimpatrio, ci
appelliamo ai Governi europei, nordamericani e dell'Australia,
affinché si accolga una parte di costoro con lo status di
profughi.
17. La comunità internazionale deve documentare
con cura tutti i crimini di guerra commessi in Kosovo a partire
dal marzo 1998, indipendentemente dall'appartenenza etnica di
colpevoli e vittime. Solo in questo modo si possono correggere le
accuse di colpe collettive.
18 . Ci appelliamo in particolar modo ai governi della
Repubblica Federale Tedesca e dell'Austria, ricordando la
persecuzione di Sinti e Rom nel Terzo Reich, perché si
impegnino a livello europeo ed internazionale per Rom ed Ashkali.
La Germania, come anche l'Italia, deve utilizzare la propria
influenza in Kosovo a favore di queste minoranze
minacciate.
19. In un incontro a Pristina l'Associazione per i Popoli
Minacciati (APM) ha chiesto al Consiglio kosovaro per la Difesa
dei Diritti Umani e delle Libertà (Council for the Defence
of Human Rights and Freedoms, CDHRF), fondato da Adem Demaci, ad
impegnarsi coerentemente e con urgenza per i diritti delle
minoranze dei Serbi, dei Rom e degli Ashkali kosovari. Si chiede
in particolare al CDHRF di impegnare le ramificazioni della
propria rete, profondamente diffusa in Kosovo, per la sicurezza
di Rom ed Ashkali; di difenderli pubblicamente a livello locale,
di visitare regolarmente i loro insediamenti, di documentare le
violazioni di diritti umani in loro danno, e di appoggiare
attivamente il loro ritorno. Oltre a ciò l'APM si appella
al CDHRF affinché questa organizzazione impieghi
attivamente collaboratori appartenenti alle minoranze in
questione.