Dicembre 2003
Nel dicembre del 2001 si tengono i lavori del 13°
Congresso confederale del S.A.V.T.. Il Segretario uscente, Guido
Corniolo, sviluppa - in una relazione puntuale ed articolata -
l'analisi delle problematiche della Valle d'Aosta e del S.A.V.T..
È una occasione per ricordare alcune vicende della storia
recente, per rileggere in chiave moderna ed attuale i riferimenti
ideali che hanno ispirato la vita del S.A.V.T., per proporre una
rilettura della questione linguistica secondo un'ottica di grande
apertura all'Europa. L'Italia è governata da un
centro-destra che si ispira ad un liberismo che non esita a
mettere in atto strategie che mirano ad indebolire i lavoratori e
le loro organizzazioni. Il fenomeno della mondializzazione si
presenta con tutti i suoi pericoli e il S.A.V.T. si appresta a
celebrare il suo 50° anniversario nel segno della
continuità e del rispetto degli ideali che ne ispirarono
la costituzione.
"En l'espace de quelques mois - dice Guido Corniolo nella sua
relazione al Congresso - tout récemment, une série
de faits a bouleversé totalement le cours de l'histoire:
en Vallée d'Aoste, en Italie, en Europe et dans le monde
entier, les événements se sont
succédé à un rythme serré et ont
radicalement modifié les contours de cet avenir meilleur
que nous pensions voir se dessiner devant nous. Nous nous
retrouvons aujourd'hui plongés dans un climat de guerre,
la pire des catastrophes que l'humanité puisse trouver sur
son chemin. Les équilibres économiques sont en
pleine mutation et, le mois prochain, les pays européens
vont se doter d'une monnaie unique, l'euro. Du point de vue
politique, une révolution ou, du moins, l'évolution
de bon nombre de pays porte au pouvoir des forces
néo-libéristes, c'est-à-dire de centre
droite, avec lesquelles les travailleurs ont rarement entretenu
des rapports faciles. Et ici, en Vallée d'Aoste, nous ne
nous trouvons pas seulement en butte aux conséquences de
la situation internationale: nous devons aussi faire face aux
problèmes locaux causés par la fermeture du tunnel
du Mont-Blanc, après le tragique incendie de 1999 et ses
dizaines de victimes; et aussi à la catastrophe de l'an
passé, lorsque l'inondation a semé la mort et la
dévastation dans notre région. Ces deux
événements ne nous ont guère permis
d'accroître nos ressources économiques, ni de
développer l'
Je ne parle donc pas simplement d'une crise, comme il nous est
déjà arrivé d'en évoquer au cours de
précédents congrès, alors que nous
cherchions à approfondir notre réflexion et
à inventer des solutions. Nous ne traversons pas
simplement l'un de ces moments de crise comme nous en avons
déjà connus: il nous est arrivé, par le
passé, de devoir affronter des périodes difficiles,
voire graves. La situation actuelle est totalement
différente. Autrefois, nous pouvions analyser les
problèmes à surmonter, envisager une intervention
du Gouvernement dans un sens ou compter sur l'aide de
l'Administration régionale dans l'autre, pour
atténuer les difficultés en attendant que les
choses évoluent et que nous parvenions ainsi à
surmonter la crise. Mais le contexte actuel est mouvant, fait
d'incertitudes et d'insécurité, et les solutions
que nous pouvons imaginer aujourd'hui seront probablement
dépassées demain. Dans le climat actuel, notre
adversaire n'est plus simplement le patronat "traditionnel", avec
ses intérêts et ses stratégies, que nous
connaissons bien. Non, nous devons maintenant faire face à
des entités globales dépourvues de nom, mais dont
l'influence s'étend au-delà des pays.
J'ai du mal à trouver les mots pour définir ce
type de pouvoir économique, selon la logique duquel un
conseil d'administration, réuni Dieu seul sait où -
peut-être même au bout du monde -, peut
déterminer du jour au lendemain la fermeture d'une petite
entreprise de la basse Vallée d'Aoste, par exemple. Alors,
je me pose la question, et je vous la pose aussi: le mouvement
syndical dans son ensemble et le S.A.V.T., notre S.A.V.T.,
sont-ils brusquement devenus inadéquats, obsolets? Et il
me semble plus honnête - du point de vue culturel autant
qu'intellectuel - de dire franchement que nous
préférons ne pas générer un grand
mouvement de foule, mais plutôt susciter en chacun une
prise de conscience de la gravité de la situation.
Entendons-nous: je ne cherche pas à vous dépeindre
un tableau apocalyptique... ll y a malgré tout quelque
chose qui peut nous réconforter et nous rassurer: c'est
notre histoire ".
È in questo clima che il
S.A.V.T. celebra il proprio 50 anniversario... Il documento
congressuale del dicembre 2001 propone una rilettura dell'impulso
ideale, evidenziando in che modo rispetto alla questione
linguistica, all'Europa, al Federalismo - temi portanti del
S.A.V.T. - ci si possa porre oggi, nella certezza che se i
fondatori hanno visto lontano, e se il pensiero di Chanoux resta
ancora di grande attualità, i mutamenti epocali che si
stanno determinando comportano anche per la Valle d'Aosta, anche
per il S.A.V.T., la necessità di attrezzarsi ad affrontare
il "nuovo". Il S.A.V.T., del resto, non ha mai avuto timore delle
sfide storiche. Il Documento Congressuale chiarisce,
altresì, l'esigenza di riscrivere per gli anni 2000 un
nuovo patto sociale. I temi in discussione sono molteplici, li
sintetizziamo qui di seguito in quello che potrebbe essere
definito il Libro Bianco del S.A.V.T.
Il S.A.V.T. si propone:
1 - la realizzazione di un nuovo progetto di concertazione e
contrattazione che tenga conto delle esigenze di decentrare la
contrattazione in chiave regionale superando l'attuale concetto
di semplice momento integrativo al nazionale, ampliando quindi la
sfera della competenza decentrata delle Organizzazioni
Sindacali;
2 - la salvaguardia a livello centrale della concertazione
relativa ai diritti generali dei lavoratori (riscrivere e
attualizzare lo Statuto dei Lavoratori);
3 - il rilancio di una nuova politica per lo sviluppo integrato
territoriale e nazionale che abbia per linee guida la
sostenibilità e la ecocompatibilità del progetto e
dei finanziamenti;
4 - l'ampliamento delle potenzialità del mercato del
lavoro con la valorizzazione delle risorse professionali e delle
competenze acquisite dai lavoratori, vera ricchezza che consente
di vincere la sfida economico-produttiva del mercato
globale;
5 - la necessità tra le parti di concertare processi che
tendano a favorire lo sviluppo e la coesione sociale come fattori
determinanti per aumentare l'efficacia del nostro sistema
socioeconomico;
6 - la rideterminazione con tutti i soggetti interessati della
progettazione del nuovo sistema scolastico nazionale e regionale
che abbia per obiettivo: la riqualificazione del personale
docente; il riordino dei cicli di studio, degli indirizzi e delle
specializzazioni; l'implementazione delle risorse strumentali
(edilizia scolastica, materiali didattici, biblioteche
scolastiche, informatizzazione, creazione di centri specializzati
didattico-pedagogici); l'identificazione delle risorse
economiche- finanziarie da determinare annualmente all'interno
del bilancio dello Stato; la definizione dei rapporti tra scuola
pubblica e privata; quantificazione delle risorse da destinare a
quest'ultima;
7 - la rivalutazione del patrimonio artistico archeologico e
culturale come risorsa primaria dello sviluppo
turistico-imprenditoriale del nostro Paese (l'Italia possiede il
70% del patrimonio artistico mondiale);
8 - la difesa dello stato sociale con la creazione di un nuovo
progetto di "solidarietà sociale" con la ridefinizione
degli ammortizzatori sociali predisposti fino ad oggi, con
particolare attenzione agli aiuti alla famiglia da considerare
come primo nucleo di diffusione e salvaguardia dei valori civili
e sociali del nostro Paese;
9 - l'apertura di una nuova concertazione e la sottoscrizione di
impegni comuni per una seria e necessaria definizione della
"riforma pensionistica" partendo finalmente dalla separazione tra
i trattamenti di previdenza e i trattamenti di assistenza. Lo
stesso governo afferma nel "documento Brambilla" che le riforme
sin qui concordate hanno dato i loro frutti. È quindi
necessario proseguire su questa strada ed incentivare seriamente
lo sviluppo della previdenza integrativa, unica risposta valida
alle carenze di risorse economiche del sistema previdenziale
pubblico;
10 - la definizione delle quote del
trattamento di fine rapporto e la loro utilizzazione al fine
della costruzione e dell'ampliamento dei fondi di previdenza
integrativa, soprattutto territoriali, al fine di creare anche
nuove risorse finanziarie per la progettazione e l'investimento
nelle regioni di competenza. A questo proposito non posso non
segnalare gli sforzi fatti dal nostro sindacato e da parte
istituzionale per cercare di far decollare il fondo territoriale
regionale per i dipendenti valdostani "FOPADIVA". Purtroppo
è ancora troppo accentuato il disinteresse dei lavoratori
e malgrado gli sforzi fatti dalle Organizzazioni Sindacali per
inserire a livello contrattuale la possibilità di aderire
al fondo con versamenti paritetici tra lavoratore e datore di
lavoro, rischiamo per l'esiguità delle richieste di non
veder decollare il nostro progetto. Troppo poca è
l'attenzione e la visione globale del problema da parte di tutti
i soggetti interessati;
11 - la riorganizzazione di tutta la sanità pubblica.
Come sindacato non possiamo permettere che la spesa sanitaria
nazionale e regionale creino situazioni di disavanzo economico
finanziario al limite della bancarotta aziendale e che solo i
ripianamenti regionali permettano il funzionamento delle aziende
sanitarie locali. È necessario ed urgente una
riqualificazione della politica di programmazione socio-sanitaria
al fine di garantire una distribuzione equilibrata dei servizi
che faciliti l' accessibilità della stessa a tutti i
cittadini. È necessario, altresì sviluppare la
diffusione e la qualità dei servizi socio-sanitari in
armonia con le responsabilità gestionali, soprattutto per
il sociale, degli Enti Locali e determinare chiaramente il ruolo
fondamentale di indirizzo e coordinamento delle regioni. È
indispensabile mettere in atto una seria verifica attraverso un
monitoraggio preciso del processo di aziendalizzazione delle USL
e se questo riesce ad assicurare una crescita del servizio
sanitario in generale;
12 - la necessità di ridisegnare il mercato del lavoro
è un'esigenza improrogabile che deve avere per obiettivo
principale la capacità di aumentare le occasioni
occupazionali, di migliorare la qualità e la sicurezza del
lavoro. Noi riteniamo che la flessibilità così come
oggi normata sia più che sufficiente a garantire
elasticità al mercato del lavoro italiano. Non ci spaventa
comunque concertare nuove possibilità di ingresso nel
mondo del lavoro se queste garantiranno ai lavoratori i diritti
fondamentali che devono esistere in una società civile
inserita nel contesto del mercato europeo. È chiaro che
una revisione completa che porti ad una semplificazione delle
mille tipologie dei contratti oggi esistenti non è
più rinviabile e il sindacato deve presentare progetti
specifici di riforma.
Restano in sospeso, in questa elencazione, temi cruciali che
dovremo affrontare come la sicurezza, il mezzogiorno, la
criminalità e altri ancora che generano in tutti noi un
senso di incertezza. Per dare certezza e identità è
necessario determinare uno sviluppo cui tutti i lavoratori in
varia maniera partecipino. L'Italia è il paese più
sindacalizzato del mondo, elemento questo che ci dovrebbe portare
ad una constatazione finale sulla voglia di fare patto,
cioè di creare rapporti pattizi nel nostro paese.
Altri oggi sostengono l'esistenza di un individualismo
esasperato: "basta con la spesa sanitaria, con la scuola
pubblica, con l'industria di Stato" affermano; premono per
distruggere il Patto Sociale, fino a far dichiarare: "è
finito il secolo della protezione sociale. Sia il secolo dei
singoli individui". L'Europa ci sta spingendo verso il mercato
della competizione diretta tra i singoli, ma ancora oggi
l'unità del modello sociale che abbiamo cercato di creare
come organismi intermedi della nostra società in questi
anni, non ha, come i sistemi partecipativi democratici
parlamentari, modelli sostitutivi. Noi in un nuovo patto, con
tutte le aperture possibili, non potremo mai accettare il modello
neoliberista americano senza abdicare alla difesa dello stato
sociale (welfare) che abbiamo sostenuto e costruito.
Faremmo torto al difficile lavoro che
il S.A.V.T. svolge se in occasione del 50 Anniversario non
dessimo la parola ai membri della Segreteria ed ai funzionari che
oggi ne guidano le sorti; certo le loro osservazioni non hanno
ancora il valore storico di altre testimonianze, poiché
l'attualità ha bisogno di alcuni anni di sedimentazione
per poter essere poi analizzata e per potervi evidenziare
ciò che di storico essa contiene; affidiamo,
perciò, questi brevi contributi alla lettura dei
contemporanei e, come disse il poeta, "ai posteri l'ardua
sentenza".
Claudio Apparenza tiene a sottolineare come la risposta
del S.A.V.T. al mutamento della situazione sociale ed economica
che avrebbe potuto ridimensionare il ruolo e lo spazio del
sindacato nel suo insieme, è stata precisa e puntuale: "da
molti anni il S.A.V.T. fornisce agli iscritti l'assistenza
fiscale che non è soltanto una prestazione occasionale, ma
un servizio tecnicamente ben strutturato e gestito
professionalmente". Nel suo lavoro complesso ed impegnativo,
Claudio Apparenza è coadiuvato, oltre che da alcuni
collaboratori e volontari, in particolare da Cristina, Maria,
Miranda, Carla, Fiorella ed Helga precise e competenti, ma anche
capaci di trasformare l'impegno lavorativo allo sportello ed il
contatto diretto con l'utenza, in un'occasione per regalare un
sorriso, una battuta o una parola positiva. "Devo ricordare -
dice Claudio - che è stato Ennio Pastoret, già vice
Segretario del S.A.V.T., a mettere in piedi questo settore
operativo, impostando per primo l'elaborazione computerizzata
della dichiarazione dei redditi".
Michel Martinet tesse le fila di un intero comparto: il
comparto pubblico valdostano che con l'ultimo contratto di lavoro
siglato in A.R.R.S. (Agenzia Regionale per le Relazioni
Sindacali) nel giugno 2000, ha assunto una dimensione unitaria
del lavoro, raggruppando l'Ente Regione, gli enti locali e tutte
le istituzioni e gli enti aventi carattere pubblico: "averne
uniformato i diritti, il trattamento economico e la
professionalità di tutti i dipendenti - dice Martinet -
è stato un passo estremamente faticoso, ma un passo che
era indispensabile fare per trasformare l'apparato burocratico in
uno strumento di intervento e di supporto efficace nell'interesse
della intera comunità". "Non ho ricordi diretti e
personali di quelli che nel S.A.V.T., prima di me, si sono
occupati della pubblica amministrazione. Certo è che
ritrovo ancora il segno del positivo impegno portato avanti per
anni da Lino Grigoletto e da Graziano Vallet per i comunali;
Guido Corniolo che si è occupato della categoria prima di
me, mi ricorda spesso il ruolo svolto da Remo Sarteur, un
'regionale' che scrisse non pochi difficili contratti; e nel
corso dell'ultimo Congresso Confederale, Claudio Magnabosco ha
ricordato la figura di Pierino Danna, un altro 'regionale' la cui
prematura scomparsa ha lasciato molti rimpianti".
Walter Riblan ed i suoi collaboratori vedono passare tra
le loro mani circa 3.000 pratiche l'anno; "quello del patronato -
ricorda Riblan - resta un problema delicato ed ancora irrisolto;
molti passi sono stati fatti da quando il S.A.V.T. nasceva e non
aveva alcun riconoscimento, ma la battaglia più difficile
sembra essere proprio questa: ottenere libertà d'azione
nell'ambito del Patronato: il S.A.V.T. non resta con le mani in
mano, tuttavia, ed in modo efficiente ha sempre affrontato la
questione, inventando via via soluzioni efficaci volte ad
assicurare, in ogni modo, ai lavoratori del S.A.V.T. una piena
assistenza". "Il patronato - osserva - opera anche in diverse
sedi della Bassa Valle e Alta Valle; nel corso degli anni hanno
attivamente prestato la loro opera, Martino Borettaz, rimpiazzato
poi da Piero Priod che scomparve prematuramente in un incidente
stradale; successivamente hanno collaborato con il Patronato, per
diversi anni, Gino Agnesod, Giuseppe Soudaz e Laura Luchena. Agli
inizi dell'attività del Patronato vi operavano Elsa
Coquillard e Rosalia Usel".
Claudio Nicco opera in uno dei settori più
delicati, l'ambito della salute pubblica, un settore vasto e
complesso, moltiplicando i propri sforzi per non far pesare la
condizione di precariato cui è ancora costretto;
diversamente da altre categorie che hanno un proprio
rappresentante distaccato presso il S.A.V.T., Claudio Nicco deve
ancora dedicare alla categoria il proprio tempo libero e fruire
di permessi limitati: "sento la responsabilità di operare
non solo per rappresentare i lavoratori del settore sanitario, ma
anche per evidenziare la responsabilità che pesa su tutti
loro: di essere i diretti referenti della gente che, quando
è insoddisfatta del funzionamento dei servizi, non manca
di sottolinearlo, magari contestando l'efficienza di questo e
quel settore, dimenticando poi di sottolineare ciò che,
invece, funziona. Migliorare le condizioni di lavoro per
migliorare i servizi, questo è il nostro compito ed
è molto più di uno slogan che possiamo cucirci
addosso per le occasioni celebrative: è il nostro impegno
svolto giorno per giorno nell'interesse di tutta la
comunità". "Non posso dimenticare - conclude - che ad
occuparsi del settore, a livello di coordinamento, prima di me
c'è stato, per molti anni Lino Grigoletto che mi è
stato di notevole aiuto ed insegnamento. Della categoria si
occupò, in passato, con particolare impegno Lucien
Bionaz".
Vilma Villot, responsabile del settore Scuola, culla
l'ambizione di "poter traghettare gli insegnanti del S.A.V.T.
verso la conquista di una piena collocazione europea, in una
scuola che sia valdostana e che alla preziosa esperienza di
avanguardia legata al bilinguismo, aggiunga programmi scolastici,
piani di formazione degli insegnanti, organizzazione generale
della scuola, contratti di lavoro e trattamento economico degli
insegnanti dimensionati a livello europeo". Il S.A.V.T.-
École, proprio per la sua natura e per la sua
particolarità di settore "culturale", sente il peso di
rappresentare sì gli insegnanti, ma anche di portare
avanti un lavoro che interessa direttamente l'intera
società, le famiglie e gli studenti. La scuola non
è una realtà fine a se stessa, ma una realtà
di rete, nella quale per rappresentare adeguatamente interessi e
diritti specifici è indispensabile valutare come questi si
armonizzino con le esigenze generali di miglioramento della
società civile. Proprio perché voce della scuola e
della cultura, come S.A.V.T.- École abbiamo il dovere di
contribuire a formare i ragazzi di cui siamo insegnanti,
affinché siano gli uomini di domani, coscienti di
appartenere ad una comunità ricca di storia, di cultura e
di tradizioni. Quello del S.A.V.T.-École è un
settore "storico": nasce nel 1960, quando il professor Eugenio
Corniolo organizzò i maestri e, da allora in poi, via via,
Carlo Jordaney, Dino Viérin, Rosina Rosset, Nadia Savoini,
Pierre Grosjacques, Daniela Sarteur, Elisa Jeantet, Liliana
Bertolo, Anna Bioley, Maria Lorenza Gal e Renata Perret, prima di
me, hanno fatto vivere e crescere la categoria. Un ruolo
particolare è stato svolto anche da Alexis Bétemps
che, pur essendo di estrazione scolastica, si occupò di
settori e di problematiche diversi, costituendo sempre un punto
di riferimento culturale (in particolare per quanto concerne la
difesa linguistica) di prestigio.
Stefano Enrietti è al S.A.V.T. da 7 anni e si
è occupato di diversi settori: forestali agricoli,
commercio/turismo e terziario ed ufficio vertenze; ha seguito
direttamente la costituzione della Association Valdôtaine
des Consommateurs et Usagers, cui il S.A.V.T. aderisce. Da un
anno si occupa del settore degli edili e degli impianti a fune
"due settori importanti per la Valle d'Aosta - dice - se si tiene
conto del ruolo specifico che assumono nella nostra
comunità: si pensi che il settore costruzioni contribuisce
al valore aggiunto regionale per il 6,4% del totale, una media
rilevante che supera di gran lunga la media nazionale che
è del 4,9%; ci sono Comuni della Valle d'Aosta nei quali
l'edilizia rappresenta il 30% delle imprese attive e ci sono 24
Comuni nei quali il settore rappresenta 1/5 delle imprese
operanti. La categoria degli impianti a fune - precisa - è
di fondamentale importanza per il turismo, soprattutto per il
turismo invernale, ma ha anche una specifica importanza per il
suo particolare radicamento nella realtà locale e per la
diretta incidenza che l'occupazione in questo settore assume dal
punto di vista sociale: con i posti di lavoro che garantisce,
contribuisce infatti ad evitare lo spopolamento delle Valli
laterali. Lavorando al S.A.V.T. ho conosciuto due dei miei
predecessori, Paolo Cheney e Mauro Chamonin che si occuparono di
questi stessi settori a lungo; non ho conosciuto, invece, Egidio
Borre che in quanti sono al S.A.V.T. da più tempo di me,
ha lasciato un buon ricordo".
Piero Epiney è iscritto
al S.A.V.T. da venti anni, praticamente da quando ha cominciato a
lavorare e, dopo esser stato delegato di categoria, membro del
direttivo di categoria e poi membro del Comité Directeur
Conféderal, nell'anno 2000 ha iniziato a lavorare come
funzionario, impegnato nel settore che comprende commercio,
turismo e terziario; "Un settore davvero complesso - dice - che
è un poco il cavallo di battaglia di tutti i 'nuovi'
funzionari, buttati nella mischia del sindacalismo proprio in
questo settore. In questo periodo stiamo chiudendo il contratto
integrativo per gli impiegati/operai agricoli forestali
dipendenti della Regione; si tratta di un migliaio di persone;
sono in corso di trattativa anche le definizioni di altri due
contratti integrativi importanti: quello degli istituti di
vigilanza (che è il settore della mia provenienza
lavorativa) e quello delle cooperative sociali del settore
socio-assistenziale". Piero tiene molto a sottolineare di aver
trovato nel S.A.V.T. un clima ottimale nel quale le
difficoltà del lavoro sono compensate da un clima di
amicizia e di solidarietà davvero impagabili: "è
molto importante poter lavorare con serenità, soprattutto
quando i problemi sono molteplici e, a volte, sembrano
insormontabili; e, invece, il consiglio di qualcuno che ha
già lavorato nel settore, la parola di incoraggiamento dei
più 'vecchi', rendono le cose più facili. Nel mio
lavoro ho trovato il segno positivo del lavoro di tutti quelli
che mi hanno preceduto; ricordo il nome di Danilo Bionaz e prima
ancora di Camillo Brunet che io, però, non ho conosciuto:
il semplice citarlo è la controprova di quello che dicevo
prima: nel S.A.V.T. l'amicizia e la solidarietà vengono
prima di tutto e nessuno è mai dimenticato".
Mary Danna dal 1997 è stata chiamata a ricoprire la
carica di funzionaria sindacale della Bassa Valle. Pur non avendo
un'esperienza specifica nel sindacato, se non come membro del
direttivo, è comunque riuscita con l'impegno e con
l'ausilio di Pino Soudaz e degli amici del S.A.V.T. di Aosta a
garantire l'assistenza a lavoratori e pensionati della zona. Il
compito sindacale svolto a livello decentrato sovente non
è visibile come quello attuato nella sede centrale, ma
è altrettanto utile ed importante; a volte è
più difficoltoso svolgerlo in quanto ci si ritrova da soli
a rispondere a tutte le svariate richieste relative alle
problematiche sindacali come le vertenze, il controllo delle
buste paga, gli affitti, i problemi fiscali, le pensioni,
l'assistenza sociale, ecc.
Riccardo Borbey è il
funzionario S.A.V.T. del settore metallos, i metalmeccanici. "il
settore dei metalmeccanici - afferma - resta pur sempre il
settore delle conquiste storiche dei principali diritti dei
lavoratori, come lo Statuto dei Lavoratori. Opero con
serenità, ma nel mio sforzo di cercare di dare sempre il
possibile sento di avere ancora la spinta, l'impulso e
l'entusiasmo di alcuni sindacalisti del S.A.V.T. che hanno
operato per anni, anche assumendo ruoli di responsabilità
in segreteria provenendo dalla categoria dei metallos: penso a
Ivo Guerraz, a Valentino Lexert, ad Aldo Cottino, a
Léonard Tamone, a Ezio Donzel e a Firmino Curtaz; e mi
dispiace di non citarli tutti. La storia di questi 50 anni
è, deve essere la storia di uomini e del loro impegno, con
tutti i successi e le sconfitte, i contratti e gli accordi, le
battaglie unitarie del movimento sindacale e le sue divisioni che
si sono prodotti. Quello dei metalmeccanici credo sia uno dei
settori più difficili e non solo per la durezza delle
attività lavorativa vera e propria, ma perché
è il settore che, più di ogni altro, ha pagato la
crisi e le trasformazioni che si sono determinate sia per i
problemi dovuti alle ingerenze politiche nazionali sulla gestione
del settore, sia per i tagli produttivi causati dalle dinamiche
europee e, infine, per le logiche della mondializzazione.
L'alluvione dell'ottobre 2000 e la chiusura del Tunnel hanno
causato vittime ed ingenti danni per il settore industriale: la
Cogne ha subito danni per 40 miliardi di lire; l'Elelys e la
Feletti sono tra le aziende maggiormente danneggiate, ma anche la
Olivetti ha avuto pesanti conseguenze. Una trentina di aziende ha
conosciuto il ricorso alla C.I.G. "Cassa Integrazione Guadagno".
La presenza industriale è ancora di grande importanza e
deve essere meglio distribuita sul territorio: Pont-Sain-Martin,
Hône, Arnad, Verrès, Châtillon sono le aree
dove c'è una buona presenza industriale; una certa
debolezza, invece, sussiste ad Aosta, con la presenza della Cogne
e di poche altre aziende. Il S.A.V.T. condivide, per questo, il
progetto di reindustrializzazione dell'area Cogne e si augura una
rapida conclusione dei lavori affinchè vi si possano
insediare nuove attività produttive eco-compatibili con il
territorio, capaci di fornire nuovi posti di lavoro per uno
sviluppo duraturo".
Mario Gal racconta di essere arrivato al S.A.V.T. solo al
momento del suo pensionamento, anche se ricorda di essersi sempre
interessato alle questioni sindacali e che suo padre fu
addirittura candidato alle elezioni interne di fabbrica; "mi sono
occupato del patronato e devo dire che questa è stata una
delle esperienze più belle della mia vita; al S.A.V.T. ho
trovato una nuova famiglia e al S.A.V.T. ho dato tutto quello che
potevo dare, fino a quando la salute mi ha sorretto". I ricordi
che propone della sua esperienza di 14 anni nel sindacato sono
tutti tesi a sottolineare l'importanza della categoria dei
pensionati: "il fatto di essere fuori dalla produzione, non vuol
dire esser fuori dal lavoro e dalle sue problematiche;
l'esperienza di cui sono portatori i pensionati ha un valore ed
una importanza così forte che ha creato una categoria
capace non solo di affrontare le proprie specifiche
problematiche, ma anche di lottare con tutte le altre".
Documenta, infatti, che "in tutte le manifestazioni, gli scioperi
e le iniziative poste in atto dai sindacati sia a livello
nazionale, sia in Valle d'Aosta, la presenza del
S.A.V.T.-Retraités è sempre numerosa. Occuparsi del
patronato non ha significato per me solo mettere la mia
esperienza al servizio di altri per il disbrigo di pratiche e
documenti vari; spesso ho finito coll'esser coinvolto dalle
vicende interne alle famiglie, quasi che la mia parola potesse
apportare il conforto ed il consiglio di cui queste avevano
bisogno. Esserci riuscito è per me motivo di grande
soddisfazione". Gal ripete, così, che "il sindacato mi ha
dato di più di quanto credo di avergli dato io. In questa
famiglia ho incontrato un personaggio, Bioley, che è
l'unica persona che mi abbia ispirato soggezione; tutti nel
S.A.V.T. lo abbiamo rispettato per la sua esperienza e per il suo
impegno e credo che il suo averci insegnato che i pensionati
hanno un ruolo importante sia stato veramente prezioso. Ho visto
crescere il S.A.V.T.-Retraités, passando da mille a 3 mila
iscritti, non solo perché la crisi del settore industriale
ha determinato un certo numero di prepensionamenti, ma
perché complessivamente è cresciuta nei pensionati
la fiducia in ciò che il Sindacato può fare per
loro e in ciò che loro possono fare per il sindacato". Un
aspetto particolare che segna il mutare dei tempi riguarda il
fatto che nei retraités un tempo c'erano quali soltanto ex
metalmeccanici, mentre oggi al S.A.V.T.-Retraités si
rivolgono massicciamente anche pensionati che arrivano da altre
collocazioni lavorative; "così - sottolinea Gal - se oggi
Zublena, ex metalmeccanico, è il nuovo Segretario della
categoria, Georges Rollandin, che proviene dal pubblico
impiego, appena raggiunta la sua pensione ha messo la sua grande
esperienza al servizio del sindacato". "Tutto ciò mi
consola - dice Gal - perché oggi sono costretto a limitare
la mia attività per ragioni di salute, vorrei fare molto
di più, ma so comunque che il S.A.V.T.-Retraités
è in buone mani".
"Sono il funzionario S.A.V.T. del
settore Energie - dice Silvano Cuaz - un settore che ha
conosciuto negli ultimi anni grandi mutamenti: è caduto il
monopolio che l'E.N.E.L. esercitava sul mercato elettrico, le
leggi sulla liberalizzazione del mercato elettrico hanno
costituito una pietra miliare nel lungo e sofferto processo di
indipendenza energetica della Valle d'Aosta, permettendo la
creazione di un polo idroelettrico valdostano, base importante
per un futuro più autonomo; ed hanno finalmente trovato
respiro alcune cooperative valdostane che per lunghi periodi
avevano faticato a sopravvivere, mostrando lungimiranza e
volontà di Autonomia. Il S.A.V.T. è stato
all'altezza della situazione, ha saputo seguire puntualmente
l'evoluzione del settore idroelettrico e devo dire che se ho
assunto l'incarico di rappresentare i lavoratori di questo
settore, l'ho fatto con la serenità che mi veniva dal
sapere che all'interno del S.A.V.T., prima di me, per molti anni
ha lavorato Attilio Fassin, le cui battaglie non sono
riassumibili in questo poco spazio ed il cui consiglio ed apporto
sono ancora oggi preziosi. Prima di Attilio ad occuparsi della
categoria ci fu un'altra persona da ricordare: Aldo
Brédy". "In occasione del recente congresso di categoria e
al congresso confederale ho voluto sottolineare quella che
considero una aspettativa particolarmente importante, quella
legata alla autoproduzione, alla possibilità di
commercializzare l'energia ad un prezzo inferiore a quello
dell'E.N.E.L. e, in particolare, alla possibilità di
utilizzare non solo l'energia normalmente prodotta, ma anche
quella che è possibile trasformare in idrogeno,
estraendolo dalle stesse acque già utilizzate per produrre
energia idreoelettrica. Questa - dice - è la sfida del
futuro".
Bruno Dallou è nel S.A.V.T. da ormai 10 anni, "il
tempo di vivere da vicino - dice - l'accordo del luglio 1993 che
ha introdotto, tra le altre disposizioni, a livello nazionale il
metodo della concertazione, modificando segnatamente i vecchi
sistemi della contrattazione e sviluppando una nuova politica dei
redditi; accordo che l'attuale Governo respinge totalmente
cercando di imporre il sistema del dialogo sociale e di demandare
alle regole di mercato l'insieme delle problematiche inerenti il
mondo del lavoro". "Inizialmente mi occupavo del settore del
commercio e turismo, settore seguito successivamente da Dimitri
Demè. Durante il suddetto periodo di particolarmente
significativo, va evidenziata la nascita degli Enti Bilaterali
del Commercio e del Turismo. Il S.A.V.T. pur non essendo
firmatario dei contratti nazionali di lavoro, mediante un'intesa
tra le parti è riuscito ad ottenere il pieno
riconoscimento di rappresentatività all'interno degli Enti
Bilaterali. Opportunità, quest'ultima, che consente oggi
di lavorare per avere il pieno riconoscimento al S.A.V.T. di
firmare i contratti collettivi nazionali dei rispettivi settori
(commercio/turismo)". "Ho poi operato nel settore dell'industria
alimentare e del pubblico impiego nonché in singole
realtà lavorative come l'Institut Agricole, l'A.R.E.R. ex
I.A.C.P. e l'A.P.S. (enti strumentali dell'Amministrazione
Regionale e del Comune di Aosta). Quest'ultima è stata
un'esperienza interessante che ha consentito di realizzare (per
la prima volta in Valle d'Aosta) un contratto di lavoro di primo
livello per il comparto del pubblico impiego Regione-Enti Locali,
costruendo in questo settore un atto di concreto Federalismo
sindacale". "Da pochi mesi seguo anche il personale della Casa da
Gioco di Saint-Vincent che rappresenta per la Valle d'Aosta
un'impresa di grande rilevanza, sia per il numero degli occupati,
sia per le risorse economiche che mette a disposizione
dell'intera comunità". "Credo che il S.A.V.T. debba
confermare sempre di più le proprie caratteristiche di
sindacato di espressione della specificità valdostana
assumendo un proprio ruolo anche in abito europeo: questo
perché la specificità della Valle d'Aosta
può trovare un suo sviluppo nell'interesse di tutti i
lavoratori di questa regione, solo nell'ambito di un'Europa
federalista, rispettosa di tutte le diversità culturali,
sociali, economiche e amministrative. Oggi, sicuramente, è
sempre più difficile mantenere un equilibrio tra gli
interessi dei lavoratori e le logiche di mercato globalizzato che
- ci piaccia oppure no - avanza.
Mi rendo conto che ci sono difficoltà che sembrano
insormontabili perché si producono nel momento in cui
viviamo mutamenti epocali; eppure il Sindacato, come strumento di
mediazione e di contrattazione, deve prendere atto della
realtà; ci sono situazioni come il mutamento delle
attività lavorative che determinano ad esempio con
l'affermarsi di nuove forme di flessibilità nei rapporti
di lavoro (lavoro interinale ed altre), problematiche con le
quali occorre confrontarsi per tutelare i diritti di questi
lavoratori. In questa situazione, sono anche tra quelli che
affermano la necessità di ragionare sullo stesso Statuto
dei Lavoratori per renderlo più rispondente alle diverse
tipologie di lavoro: il problema è la difficoltà di
metter mano a questo cambiamento con un governo centrale
espressione di una politica liberista, tendente a cancellare i
diritti acquisiti e a far fare passi indietro al sindacato ed ai
lavoratori. Guardo avanti, quindi, ma non dimentico quello che
è stato - in passato - uno dei settori economici
determinanti (e, comunque, anche attualmente importanti) per la
Valle d'Aosta: l'agricoltura; ho fatto in tempo a vedere nel
S.A.V.T. le ultime attività dell'Union des Paysan.
Nous allons vers un rendez-vous d'une
portée significative, puisque l'année qui vient
nous permettra de fêter le 50e anniversaire du S.A.V.T.;
... ceux qui fondèrent notre mouvement, il y a maintenant
près d'un demi-siècle, prirent cette
décision à un moment difficile, durant un autre
tournant de l'histoire. La seconde guerre mondiale touchait
à sa fin et la situation politique internationale semblait
vouloir se stabiliser, pour laisser place à un monde
divisé en deux grandes entités opposées, le
bloc communiste d'une part, et les démocraties
occidentales, de l'autre. Les structures économiques qui
prenaient un nouvel élan suivaient encore une logique de
marché inspirée par des formes de protectionnisme
national, de concurrence entre états et de domination
incontestée, exercée par les grandes puissances
mondiales et des Etats les plus influents, de ceux que l'on
appellerait bientôt les pays "en voie de
développement ". Quelques-uns de ces derniers allaient
d'ailleurs devoir faire face au douloureux processus de la
décolonisation. La Vallée d'Aoste, quant à
elle, émergeait exangue des dévastations du second
conflit mondial, meurtrie dans sa culture et dans sa
société par les attaques d'un fascisme qui avait
fait de son mieux pour en gommer l'identité. Dans une
Italie où le concept de "patrie" oscillait entre les
idées faussement nationalistes de la culture fasciste et
les valeurs issues du sursaut patriotique voué à la
libération de la péninsule du joug nazi fasciste,
l'identité valdôtaine relevait de l'anomalie.
Combien de chemin avons-nous dû parcourir avant que tous
comprennent enfin qu'une unité imposée par les uns
et subie par les autres n'a tout simplement aucun avenir - et ce,
que nous parlions de société, de culture, de
politique, d'institutions ou de syndicalisme. Parce qu'il n'y a
d'unification possible et durable que sur la base du respect de
la diversité.
La notion de "l'unité dans la diversité" fut l'un
des principes fondateurs du S.A.V.T., la réponse du
nouveau mouvement au défi historique de ces
années-là. Aujourd'hui, alors que se dresse devant
nous le spectre d'une guerre qui, espérons-le, ne
dégénérera pas en un troisième
conflit international, mais qui oppose deux mondes ou deux
religions apparemment inconciliables; aujourd'hui, que
l'identité de peuples sont mises au pilori parce que -
nous dit-on - porteuses de tensions éventuelles;
aujourd'hui que l'Europe monétaire voit le jour, alors que
les travailleurs des différents pays qui la composent
n'ont ni les mêmes salaires, ni les mêmes droits;
aujourd'hui, nous relançons le même défi
qu'hier: l'unité dans la diversité. L'unité
dans la diversité, comme une réponse à la
globalisation des égoïsmes. L'unité dans la
diversité des cultures, des religions et des
civilisations. L'unité dans la diversité de tous
les peuples d'Europe. L'unité dans la diversité des
organisations syndicales entre elles et au sein
d'elles-mêmes. Tout difficile qu'il soit, le moment
historique que nous traversons n'est pourtant pas plus terrible
que ce qu'ont vécu ceux qui ont connu la deuxième
guerre mondiale et les vicissitudes de l'après-guerre.
Tout ce qu'il nous faut, c'est du courage. D'une certaine
façon, ce congrès a pour but de réaffirmer
ce que le S.A.V.T. disait, il y a quelques années, dans
une de ses publications: "NOUS SAVONS LE CHEMIN". Oui, nous
savons quel est le chemin à suivre et la route qu'il faut
emprunter pour faire face aux grands défis de notre temps
et les relever.
... Questi 50 anni sono la nostra storia, una storia di battaglie
vinte e perdute, una storia che ci inorgoglisce perché se
è vero che oggi ci troviamo di fronte ad una situazione
molto difficile, 50 anni or sono la Valle d'Aosta era povera ed
impoverita e nessuno avrebbe scommesso sul suo sviluppo, sul
livello di sviluppo che la Valle d'Aosta ha raggiunto oggi. Ci
sentiamo partecipi di questo sviluppo, sappiamo di aver fatto la
nostra parte, l'abbiamo fatto con passione e con entusiasmo.
Eravamo appassionati ed entusiasti anche quando ci sentivamo in
difficoltà e non riuscivamo ad ottenere i risultati che
avremmo voluto ottenere. Eravamo appassionati ed entusiasti anche
quando inseguivamo con costanza il raggiungimento di obiettivi
che faticavamo a raggiungere, come il diritto di poter operare
con gli stessi diritti delle altre Organizzazioni Sindacali, come
il diritto di poter operare all'interno di tutti gli ambienti di
lavoro, nessuno escluso. Il percorso del nostro riconoscimento
non è ancora concluso e sarà nostro dovere operare
per raggiungere il traguardo di un Autonomia completa.
In questi ultimi tempi abbiamo assistito al dibattito sulla
riforma dello Statuto di Autonomia, con tutte le polemiche
innescate dalla decisione governativa di imporre, alla Valle
d'Aosta come alle altre Regioni, un sistema elettorale per
l'elezione delle Giunte regionali uniforme; tra le tante
argomentazioni che sono state proposte in questa fase difficile
del dibattito c'è stata l'affermazione che lo Statuto di
Autonomia della Valle d'Aosta avrebbe un carattere pattizio,
sarebbe - cioè - la risultante di un accordo paritario
raggiunto tra Stato e Regione, accordo per questa ragione troppo
importante per poter esser violato da decisioni centralistiche.
Ci siamo schierati col fronte del "no" al referendum
costituzionale per protestare contro l'ingiustizia della
negazione di questo semplice principio di uguale dignità
di rappresentanza. Ebbene, proprio riflettendo sulla storia del
S.A.V.T. e sulle difficoltà che è stato necessario
affrontare per ottenere il diritto ad operare come tutti gli
altri sindacati, noi abbiamo tratto una considerazione politica:
lo Statuto di Autonomia non ha o non ha ancora un carattere
pattizio, altrimenti quelle difficoltà e le altre
incontrate in ambito economico-istituzionale-culturale, neppure
si sarebbero poste. Il nostro sforzo, quindi, è stato
quello di tentare di far comprendere a tutti che il miglior modo
per assicurare una tutela adeguata ai lavoratori e a tutti i
cittadini della Valle d'Aosta, è quella di entrare nello
spirito dell'Autonomia e dell'autonomismo, farne un valore di
tutti, farne uno strumento per la crescita di tutti. Si tratta di
constatare che o si affermano i principi del Federalismo - che
tutti in Italia oggi dichiarano di voler concretizzare - e allora
le autonomie non potrebbero che essere davvero pattizie, oppure
lo sviluppo economico e la difesa dei diritti dei lavoratori non
avranno altro tavolo che quello delle trattative romane o quello
ben più difficile da gestire dei consigli di
amministrazione globalizzati, tanto lontani geograficamente da
poter determinare il nostro futuro senza il nostro consenso.
Affermare i nostri diritti - e farlo attraverso una azione di
politica sindacale - ecco il termine che spiega il perché
di tutte queste considerazioni politiche che vi ho proposto,
significa restituire tutto intero ai lavoratori il controllo
dello sviluppo.
Credo che il S.A.V.T. sia pronto ad assumersi nuove
responsabilità e non solo quelle di intervenire nelle
vertenze, di gestire e rinnovare i contratti, di erogare servizi,
di rappresentare e difendere i lavoratori nelle controversie
lavorative. Émile Chanoux ci ha lasciato un enorme
patrimonio ideale e culturale, cui abbiamo attinto a piene mani,
talora vergognandoci di non riuscire ad interpretarlo al meglio,
talora rendendoci conto quanto fosse difficile mostrarsi coerenti
con esso. Chanoux ci ha lasciato insegnamenti politici,
culturali, sociali, economici e se è potuta esistere una
Valle d'Aosta valdostana, malgrado e dopo il fascismo, è
anche al suo pensiero che lo dobbiamo. So di scandalizzarvi e non
è con leggerezza che mi assumo la responsabilità di
affermare che avremmo bisogno di nuovi Chanoux, che il suo
pensiero è legato a tempi che sono lontani e che i
mutamenti cui si è fatto cenno in questa stessa relazione,
mostrano quanto grande sia stato il suo pensiero proprio nel
momento in cui constatiamo quanta difficoltà incontriamo
adesso che ci troviamo in una società, in un mondo diverso
da quello nel quale il suo pensiero si calava. So di
scandalizzarvi nel dirvi che noi dobbiamo preoccuparci quando
chiude una fabbrica e i lavoratori restano in cassa integrazione
o diventano dei disoccupati, ma che questa preoccupazione rischia
di essere sbagliata se non ci rendiamo conto che il vuoto
culturale, il vuoto di idee è più pericoloso della
chiusura di una fabbrica.
Se ci sono idee e prospettive, alla chiusura di una fabbrica
può corrispondere il nascere di qualcosa di nuovo che
soppianta e sostituisce ciò che non c'è più.
Se non ci sono idee non solo mancano le prospettive, ma si resta
in balia di chi le idee le ha, le impone, le afferma. Vi propongo
ed impegno il S.A.V.T. in questo senso, di accettare una sfida
culturale: riconoscere - almeno a partire da oggi - che tutti noi
siamo in cassa integrazione, che tutti noi siamo disoccupati
rispetto alla cultura delle idee. La sfida del S.A.V.T. è,
quindi, la sfida di un sindacato che vuole porsi al passo con i
tempi. Il S.A.V.T. dovrà saper produrre idee prima e
meglio di quanto non lo sapranno fare altri in ambito culturale,
sociale o politico. Certo non possiamo aspettare che le nuove
idee vengano solo dagli altri. Ci stiamo assumendo delle
responsabilità di fronte alla storia del S.A.V.T. ed io
personalmente sento di assumerne una particolare, nel segno di
una continuità, proprio per i miei trascorsi familiari
legati a questa organizzazione. Il fatto è che o ci
lasciamo travolgere dal senso di inadeguatezza, oppure accettiamo
la sfida. Allora la domanda che dobbiamo porci è: quale
ruolo dobbiamo giocare nella società valdostana? Vi dico
che dobbiamo accettare non solo di essere il sindacato dei
lavoratori valdostani, ma dobbiamo cogliere la sfida di essere un
elemento di avanguardia sociale e culturale, un modello se
necessario, un riferimento se possibile per tutta la
società valdostana.
Dovremo per questo avere a cuore anzitutto l'efficacia della
nostra azione, non lasciandoci trascinare dalla routine, non
ritenendoci mai soddisfatti del fatto che, comunque sia, gli
iscritti aumentano, i funzionari saranno sempre più
preparati, ecc. ecc. Dovremo per questo renderci conto che non
tutti i risultati che possiamo ottenere nell'immediato sono "per
sempre", perché l'esperienza ci dice che - invece - sempre
più spesso, sono perfino quelli che chiamavamo i diritti
acquisiti ad esser posti in discussione. Depuis la fin de la
deuxième guerre mondiale jusqu'à nos jours, la
question linguistique a représenté un des
problèmes culturels - et à la fois politiques -
qui, en Vallée d'Aoste, ont fait l'objet d'une très
grande attention. Le fait que d'une manière ou d'une autre
cette attention ait engendré des polémiques et des
oppositions témoigne de l'existence de positions
idéales que certains - à tort - jugent
dépassées, mais surtout de l'importance
fondamentale de ce problème. Il y a eu un temps où
le S.A.V.T. école soutenait l'idée d'une
école double, vu que le bilinguisme avait du mal a devenir
une réalité opérationnelle dans
l'école valdôtaine et que l'on continuait à
perdre un temps précieux qui aurait dû être
consacré à la protection et à la
valorisation de la langue française.
Il y a eu un temps où le S.A.V.T. a lutté pour
donner une dignité et une crédibilité
à une indemnité de bilinguisme attribuée
d'une manière trop généralisée dans
secteur de la fonction publique, craignant qu'une telle
initiative corresponde à la monétisation d'une
valeur - la langue - trop importante pour qu'elle puisse
être liée à une compensation
économique et qu'en définitive, l'octroi d'une
indemnité n'entraîne pas une meilleure
maîtrise ou une utilisation plus diffuse de la langue
française. Aujourd'hui, la position du S.A.V.T. par
rapport au problème de la langue et de l'école est
plus articulée et, peut-être, moins
catégorique et moins radicale. Nous ne nous sentons pas
pour autant moins cohérents, au contraire nous estimons
être en mesure de répondre aux situations
contingentes. Ce qui n'est pas toujours simple: lors des
contestations relatives à l'examen de maturité, le
S.A.V.T. a joué un rôle de médiateur social
et a tenté de retrouver le bon sens là où il
n'existait qu'opposition et instrumentalisation politique et ce,
sans partager le climat de "dernier combat" qui semblait
caractériser les comportements opposés des parties.
Il est difficile, je le répète, d'œuvrer
concrètement lorsque l'on a à faire avec les
préjugés, et il est difficile, dans une telle
situation, de parler d'une école valdôtaine qui soit
une école pour tous, une école en mesure de passer
d'un bilinguisme non encore parfait à un plurilinguisme
inévitable et moderne. Au sein du S.A.V.T., nous avons
toujours utilisé le francoprovençal, qui est une
sorte de langue "sous-entendue", utilisée couramment dans
les discussions, les débats et les confrontations,
même si les documents du S.A.V.T. sont
rédigés en français ou en italien.
Oui, parce que l'utilisation de la langue italienne, à
côté du français et du
francoprovençal, a toujours été normale au
sein du S.A.V.T.. Tout cela naît d'une conviction intime:
chaque peuple a sa langue et il est difficile ou improbable qu'il
en en ait deux ou trois; lorsque cela ce produit, c'est parce que
les événements historiques ont provoqué -
à tort ou à raison - des stratifications ou des
superpositions linguistiques correspondant, sur le plan politique
ou culturel, à une opposition plus ou moins dure entre les
défenseurs de l'une ou de l'autre langue. Il est logique
et inévitable que lorsque l'on assiste à
l'augmentation non pas de la diffusion ou de l'utilisation de la
langue italienne, mais de l'utilisation instrumentale de celle-ci
en tant que preuve du fait qu'en Vallée d'Aoste il
n'existe aucune identité différente et
particulière, la sauvegarde des langues historiques de la
Vallée d'Aoste peut prendre un caractère plus
radical et il est possible d'entrevoir, dans les choix politiques
et administratifs du gouvernement régional, la
volonté de proposer une nouvelle francisation.
Mais en réalité cette volonté n'existe pas,
elle n'est qu'apparente, car la diffusion et l'utilisation du
français en Vallée d'Aoste sont à tel point
compromises que toute tentative de remédier à cette
situation risque de paraître fausse et forcée. Ceux
qui prennent la défense de la langue italienne pour nier
l'histoire et l'identité de la Vallée d'Aoste
trouvent un soutien en ceux qui ne sont pas contraires au
français, mais craignent que la sauvegarde de cette langue
puisse engendrer des discriminations. C'est ce qui s'est
passé à l'occasion des contestations de la loi
régionale sur l'examen de maturité, lorsque les
instrumentalisations politiques ont profité des
préoccupations objectives qui se posaient
spontanément. Lorsque le dialogue est suffoqué par
l'instrumentalisation politique, lorsque l'on ne veut plus le
débat mais uniquement le conflit, l'on oblige l'opinion
publique à choisir son camp, et les camps sont toujours et
seulement deux. Au sein du S.A.V.T. cela ne se produit pas, au
sein du S.A.V.T. il existe le respect pour les hommes, pour les
travailleurs, pour les Valdôtains - d'origine ou d'adoption
- qui vivent ensemble, qui ont les mêmes problèmes
lorsqu'il existe des problèmes, qui partagent le
même chômage, lorsqu'il existe le chômage, qui
sont touchés par les mêmes inondations et les
mêmes éboulements, lorsque ces catastrophes se
produisent et ce, indépendamment de la langue qu'ils
utilisent.
Nous n'avons pas peur des différences linguistiques, nous
avons peur des mauvais choix qui peuvent être
opérés même en parlant français ou
patois en revanche, nous respectons les bonnes idées,
indépendamment de la langue dans laquelle elles sont
formulées. Bien entendu, si la langue italienne est
protégée dans le but de prouver qu'il n'existe
aucune identité valdôtaine, si la langue italienne
est mise en opposition aux langues de la Vallée d'Aoste
uniquement pour prouver que celles-ci n'ont plus raison
d'être, le S.A.V.T. met les points sur les "i" et n'accepte
pas ce massacre culturel. Si toute la société
valdôtaine avait été
caractérisée par la tolérance linguistique
qui règne au sein du S.A.V.T. depuis toujours, il
n'existerait plus, il n'existerait pas, en Vallée d'Aoste,
une question linguistique. Il y a eu, en effet, une
superposition, une stratification, mais également une
intégration, non linguistique peut-être, mais des
consciences, une intégration d'hommes qui ont
décidé de se comprendre et de vivre ensemble d'une
manière civile. À tout prix. Même en
utilisant l'italien, qui n'était la langue de personne, ni
des autochtones ni des immigrés. Chaque peuple a sa
langue, je disais, et le peuple valdôtain a son
francoprovençal et son expression culturelle, le
français; toutefois, nous savons que les langues
maternelles des travailleurs qui soumettent leurs
problèmes au S.A.V.T. en italien sont les dialectes du
Piémont, de la Vénétie, du Frioul, de la
Sardaigne et de la Calabre.
La langue devient ainsi un outil de communication qui permet de
se comprendre et de parvenir, ensemble, à la
réalisation des objectifs fixés. Aujourd'hui, la
circulation des personnes, les migrations, la mondialisation,
l'Europe, etcetera font en sorte que la maîtrise de deux
langues ne suffit plus: il faudrait en connaître bien
davantage. Ce qui ne modifie pas la certitude que la langue d'un
peuple est une seule. Cependant nous sommes tous appelés
à partager le même territoire avec des personnes
appartenant à des cultures, à des religions et
à des peuples différents. Certaines de ces
personnes sont en Vallée d'Aoste depuis longtemps,
d'autres continuent et continueront d'arriver pour y vivre et y
travailler. Cette ouverture totale qu'est la nôtre ne
signifie pas faire un pas en arrière par rapport à
la revendication des droits de chaque langue, bien au contraire:
je fais référence à un document fondamental
- la Déclaration universelle des droits linguistiques -
qui affirme l'impossibilité de sauvegarder une langue si
l'on sauvegarde uniquement le droit de chaque locuteur et non pas
les droits de la communauté dans laquelle chaque locuteur
parle parce qu'il peut le faire avec quelqu'un. Ce passage de
l'exercice d'un droit du plan individuel au plan collectif est
fondamental pour comprendre toute bataille pour la sauvegarde et
la revendication des droits linguistiques. Voilà pourquoi
le S.A.V.T. lutte pour sauvegarder le français et le
francoprovençal et donne au mot sauvegarde une
signification qui n'a rien à voir avec l'opposition
à l'italien ou à toute autre langue.
En s'engageant pour la protection des droits des travailleurs
qui vivent en Vallée d'Aoste, le S.A.V.T. n'oublie pas que
l'oppression linguistique - dénoncée par Chanoux
dans la Déclaration de Chivasso - est un instrument pour
effacer les identités et mettre en œuvre une
homogénéisation: à l'échelon
national, cet effacement équivaut à priver les
populations autochtones non seulement de leur langue mais surtout
de leur territoire et de leurs richesses, en éliminant
toute possibilité politique de revendiquer le droit de
gouverner; à l'échelon mondial, cette
homogénéisation prend le nom de globalisation et,
en substance, il s'agit de la même chose. C'est dans ce
sens que la langue, l'identité, le territoire, les
richesses et les potentialités deviennent des biens que
nous protégeons non pas pour ce qu'ils sont mais pour ce
qu'ils représentent: notre diversité. Le S.A.V.T.
s'intéresse aux problèmes du travail et tous ceux
qui vivent en Vallée d'Aoste, y compris les
immigrés extra communautaires, trouveront toujours dans le
S.A.V.T. un syndicat qui les représente et les
protège afin de construire, ensemble, une Vallée
d'Aoste pour tous et de tous, d'opérer des choix libres,
de chercher des solutions et des perspectives de
développement en mesure d'assurer un avenir à la
Vallée d'Aoste.
Guido Corniolo (estratti dalle tesi del 13. Congresso
Confederale)