L'Associazione per i popoli minacciati (APM), all'apertura del 16. Congresso del Partito comunista cinese, teme un ulteriore peggioramento della situazione dei diritti umani in Cina. Il neo-designato Segretario generale del PC Hu Jintao, come segretario di partito in Tibet ha camminato sui cadaveri pur di far carriera a Pechino. Hu Jintao non è un "liberale" ma impone le pretese di potere del partito con tutti i mezzi. Durante il suo mandato di Segretario di partito nella regione autonoma del Tibet a Lhasa (9.12.1988-19.10.1992) il Tibet ha vissuto il periodo di peggiore repressione degli ultimi venti anni.
Più di 200 dimostranti tibetani vennero uccisi o torturati a morte nel marzo 1989, in quanto in una manifestazione volevano ricordare la sollevazione tibetana contro l'occupazione cinese nel 1959. Dopo questo bagno di sangue e la successiva proclamazione della legge marziale, Hu Jintao ha riproposto fedelmente in Tibet il modello di gestione terroristica del potere adottato in Cina. É stato l'architetto della repressione con la quale la Cina, nei primi anni '90, ha deciso di ridimensionare l'influenza del Dalai Lama sul Tibet dal suo esilio indiano. In quel periodo si prodigò per la rieducazione forzata della popolazione. Agli impiegati tibetani venne vietata la partecipazione a cerimonie religiose e la possibilità di avere immagini del Dalai Lama. Inoltre inasprì la repressione nei confronti di monache e monaci buddisti. Dopo la sua nomina al Politburo del partito comunista a Pechino, sulla base delle sue indicazioni iniziò la campagna di rieducazione anche nei monasteri. Più di 20.000 monache e monaci a partire dal 1996 sono stati espulsi dai propri monasteri. Anche dopo la sua partenza dal Tibet, Jintao si è più volte espresso a favore di una politica del pugno di ferro nella regione tibetana.