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Bolzano, Göttingen, 19 febbraio 2018
Il 15 febbraio si è dimesso il Primo ministro etiope Hailemariam Desalegn, dopo uno sciopero generale di tre giorni dichiarato dagli Oromo. Foto: UNIDO via Flickr.
In seguito alla proclamazione dello stato d'emergenza in tutto
il paese, l'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) ha messo
in guardia la comunità internazionale sul pericolo di un
intensificarsi delle persecuzioni e della repressione in Etiopia.
Secondo l'APM, il nuovo stato di emergenza, proclamato a pochi
mesi dalla fine del precedente stato di emergenza nella regione
dell'Oromia, non servirà a garantire la pace e la
stabilità, come sostiene il governo etiope, ma rischia di
innescare solo ulteriori violenze. Durante i dieci mesi di stato
di emergenza valido solo per la regione dell'Oromia e terminato
nell'agosto del 2017 le forze di sicurezza hanno arrestato
arbitrariamente più di 22.000 persone appartenenti al
gruppo degli Oromo, di cui molti sono ancora in carcere.
Il paese segnato da gravi violazioni dei diritti umani e da
continua violenza non ha bisogno di un nuovo stato di emergenza
ma di riforme, di diritto e di reale democrazia. L'APM si appella
anche all'Unione Europea affinché condanni questa nuova
limitazione dei diritti umani e continui, come fatto finora, a
voltarsi dall'altra parte. Durante i 10 mesi di stato di
emergenza terminato lo scorso agosto (ottobre 2016 - agosto
2017), l'UE ha fatto finta di non vedere il grave peggioramento
della situazione dei diritti umani e sembra essersi accorta di
quanto succedeva nel paese africano solamente nel febbraio 2018
quando grazie ad un'amnistia sono stati liberati centinaia di
prigionieri politici. Lunedì 12 febbraio la cancelliera
tedesca Angela Merkel ha sentito telefonicamente l'allora premier
etiope Hailemariam Desalegn per congratularsi per la liberazione
dei prigionieri politici e auspicando maggiori riforme. A meno di
una settimana si temono ora nuove limitazioni della
libertà di movimento, nell'uso di internet, dei social
media e della telefonia mobile e nuovi arresti arbitrari.
Lo scorso 15 febbraio il premier etiope Hailemariam Desalegn, in
carica fin dal 2012, ha improvvisamente e a sorpresa rassegnato
le dimissioni. Poco prima le forze di sicurezza del suo governo
avevano represso nel sangue lo sciopero generale proclamato nello
stato federale dell'Oromia causando almeno dieci morti e tredici
feriti. Nonostante la politica di brutale repressione di ogni
protesta, dal 2014 si susseguono le proteste di massa di Oromo e
Amhara. Più di 2.000 persone sono morte durante le
proteste e diverse migliaia di persone sono state arrestate
arbitrariamente. Migliaia di persone risultano ancora
arbitrariamente detenute nonostante la recente amnistia.
La recente storia etiope è segnata da decenni di
impunità, arresti arbitrari, tortura, massacri e omicidi
politici. Se il paese intende veramente intraprendere la strada
della pace duratura deve fare luce sul proprio passato e dare
spazio alle organizzazioni per i diritti umani che finora sono
state sistematicamente messe a tacere. Senza delle riforme che
garantiscano lo stato di diritto e i fondamentali diritti umani
continuerà anche la fuga in massa di persone appartenenti
ai gruppi degli Oromo e degli Amhara. I 42 milioni di Oromo
costituiscono il maggiore gruppo etnico dell'Etiopia ma subiscono
da decenni una repressione sistematica che li spoglia dei loro
diritti e priva della loro base esistenziale. Il malessere
diffuso riguarda anche gli Amhara nel nord del paese e altri
piccoli gruppi nel sud dell'Etiopia.
Vedi anche in gfbv.it:
www.gfbv.it/2c-stampa/2016/161201it.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2016/161004it.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2016/160810it.html
| www.gfbv.it/3dossier/africa/oromo.html
| www.gfbv.it/3dossier/africa/anuak-it.html
in www: https://it.wikipedia.org/wiki/Oromia
| www.onlf.org