Sono a favore di una pace giusta in Medioriente e si
considerano come un movimento ebraico che si schiera contro il
regime di Sharon. Loro, che sono parte del gruppo ebraico che
comprende più di 20 paesi europei, sostengono il movimento
di pace israeliano come gruppo ebraico europeo per una pace
giusta (European Jews for a Just Peace, EJJP).
Il EJJP rimprovera a Sharon di attuare una politica repressiva
nei confronti dei palestinesi e che, a lungo termine, minaccia la
sicurezza di Israele. L'occupazione israeliana della West Bank e
della striscia di Gaza così come la costruzione degli
insediamenti contravvengono alla Convenzione di Ginevra. La
costruzione del muro di separazione, che invade in
profondità i territori della West Bank separando in tal
modo i palestinesi dai loro cari, dai loro luoghi di lavoro,
dalle scuole e dagli ospedali, rappresenta una forma di
"punizione collettiva".
Per il EJJP, sia la sicurezza degli israeliani sia quella dei
palestinesi costituiscono i punti fondamentali. Il gruppo ebraico
per la pace lavora con organizzazioni per i diritti umani in
Israele e Palestina ma anche con i gruppi palestinesi che operano
per porre fine agli attentati diretti ai civili israeliani ed
agli attentati suicidi.
Il movimento ebraico per una pace giusta richiede al governo
tedesco di adoperarsi affinché il Tribunale Internazionale
costituisca una commissione che operi riguardo la
legittimità della costruzione del muro divisorio; il
giudizio sulla violazione dei diritti umani attraverso la
costruzione del muro nei territori palestinesi; il sostegno di un
processo di trattative pacifiche, che in linea con la convenzione
di Ginevra rafforzi tutte le azioni volte a rafforzare un
processo di pace giusto ed infine il rafforzamento del Parlamento
europeo.
EJJP
L'accordo della comunità ebraica è legato ai valori
ebraici come la tolleranza ed il rispetto per il prossimo. I
gruppi pacifisti ebraico-europei sono preoccupati per una
sicurezza di Israele duratura, che la destra del regime di Sharon
sta seppellendo.
Il EJJP comprende la difficoltà del governo tedesco a
schierarsi a favore di misure unilaterali. Tale difficoltà
è dovuta al passato della storia tedesca, su cui ricalca
sempre il ministro degli esteri Fischer. Tenendo conto del
passato così come delle preoccupazioni per il futuro di
Israele, il EJJP chiede alla Germania di allearsi con altri paesi
democratici al fine di schierarsi contro la costruzione del muro
e contro ulteriori violazioni dei diritti umani da parte del
regime israeliano (soprattutto per quanto concerne le esecuzioni
mirate). Secondo la voce ebraica per una pace giusta nel vicino
oriente, l'esistenza legittima e sicura dello Stato di Israele
dipende anche da quanto lo stesso saprà garantire una vita
degna ai vicini palestinesi.
Di Lev Grinberg
Come figlio del popolo ebraico e come cittadino israeliano
coinvolto, giudico le esecuzioni mirate un fatto riprovevole ed
invoco la comunità internazionale per salvare Israele da
se stesso. In particolar modo chiedo che l'Unione Europea si
senta coinvolta al fine di evitare una situazione di reciproco
spargimento di sangue. Il legame complicato tra Unione Europea ed
Israele non è ancora rotto e questo è il tempo per
dialogare e trattare.
E' necessario operare non per un senso di colpa verso il passato,
bensì per un senso di responsabilità verso il
futuro. Ogni popolo ha i propri simboli, leader nazionali ed
istituzioni, una patria, passate e future generazioni e delle
speranze. Tutto questo rappresenta simbolicamente un popolo.
Israele sta operando per rovinare, distruggere ed annullare
sistematicamente tutto questo.
I territori palestinesi sono stati derubati attraverso gli
insediamenti, i blocchi stradali e sono stati divisi dai confini
di sicurezza. E' praticamente un'eliminazione graduale delle
ultime riserve di terra che il popolo palestinese sperava
potessero servire come base territoriale per la costruzione di
uno stato indipendente. La presa di posizione di Sharon è
che nessuna trattativa può essere condotta in tempi di
attacchi terroristici. Ma quando i palestinesi nel dicembre 2001
e nel luglio 2003 attuarono una tregua unilaterale, Sharon si
rifiutò ancora di sostenere il processo di pace.
Un altro volto della reazione si concentra sul diritto di Israele
a difendersi. Ma cosa significa realmente questa autodifesa dopo
ben 37 anni di occupazioni. Come è possibile definire
l'occupazione come difensiva? L'unica difesa legittima da parte
di Israele è quella dei propri confini legali, all'interno
di tali confini e non attraverso l'occupazione di territori e di
conseguenza togliendo la libertà ad un intero popolo. Il
terrorismo è da leggersi come una reazione a questo. E'
una orribile, crudele, inumana ed immorale reazione ma una
reazione. E' necessario trattare la causa di questa situazione e
non concentrarsi sulle conseguenze.
Inizialmente l'autorità ha operato per distruggere le
istituzioni e le infrastrutture dell'autorità palestinese
ed ora sta cercando di spazzar via anche le ultime speranze. Si
uccidono leader e civili, donne e uomini, vecchi e bambini e si
ritiene che gli obbiettivi delle esecuzioni mirate si nascondano
dietro ai cittadini. Il regime di Israele rende i palestinesi un
popolo di martiri ed il conflitto in Vicino Oriente una guerra
santa in stile crociato.
Questa è una politica pericolosa. Essa rappresenta una
minaccia esistenziale per il popolo palestinese ma anche per lo
stato di Israele e per i suoi cittadini e mette in pericolo tutto
il Medioriente. Il governo invece di costruire un futuro, sta
trascinando il popolo ad un confronto radicato nel desiderio di
vendetta. Finché non esisterà un'autorità o
una forza militare in grado di difendere i palestinesi contro
Israele, vi sarà solamente una soluzione: un intervento
internazionale ed un rapido invio di una forza di pace delle
Nazioni Unite al fine di proteggere sia i palestinesi sia gli
israeliani. Fino a che i palestinesi saranno in pericolo nemmeno
noi saremo sicuri in quanto loro reagiranno con attacchi
terroristici.
Ma vi è un ulteriore punto da chiarire visto che, fino a
quando da parte palestinese non verrà fatto nulla di
importante sul piano politico, non vi sarà alcuna
possibilità di terminare il conflitto. Solamente sotto un
mandato internazionale, potremo cominciare a parlare di una
soluzione di pace duratura. Senza interrompere la spirale di
violenza e di vendetta tribale in cui ci troviamo ora, è
impossibile operare per la pace. E' responsabilità
mondiale e soprattutto europea quella di fermare il governo
israeliano. Un paio di mesi di embargo sarebbero sufficienti per
convincere la maggioranza degli israeliani della saggezza degli
interventi internazionali.
Lev Grinberg è sociologo all'Università
Ben Gurion, Israele.
Le 300 attiviste dell'organizzazione cercano di fungere da
mediatrici ponendosi tra i soldati israeliani ed i civili
palestinesi alle stazioni di controllo. La prospettiva che si
arrivi ad un aumento dello spargimento di sangue non è
purtroppo difficile da provarsi. Dopo l'attacco a Yassin è
divenuto chiaro un'ulteriore sviluppo preoccupante: visto che
Yassin era un'importante e famosa guida spirituale, la protesta
potrebbe espandersi ben oltre i confini palestinesi.
Purtroppo Sharon in Israele gode ed ha sempre goduto di un grande
supporto. I suoi sostenitori pensano apertamente che attraverso
la politica delle esecuzioni mirate la sicurezza di Israele si
rafforzi. Vi sono alcune inchieste che rivelano come oltre la
metà della popolazione sia a favore di questa politica.
Gli attacchi suicidi da parte palestinese hanno fatto sprofondare
il desiderio di pace nella popolazione israeliana. La paura ha
portato gli uomini a sostenere Sharon. Tutte le morti sono dunque
più che controproducenti quando si cerca una risoluzione
pacifica del conflitto.
Gush Shalom (il blocco per la pace) si concentra
sull'organizzazione delle proteste e la pubblicazione di
informazioni. La mia organizzazione "Checkpoint Watch" in cui vi
sono organizzate circa 300 donne, si occupa di osservare le
stazioni di controllo militari. Contro queste stazioni di
controllo si schierano giornalmente molti altri gruppi di pace
israeliani. Queste stazioni di controllo non si occupano,
infatti, di controllare i palestinesi e le palestinesi nella loro
entrata in Israele, al contrario rendono a queste persone
impossibile spostarsi sul territorio palestinese. Rendono
impossibile l'applicazione nei territori palestinesi di una
regolamentazione della vita civile ed un futuro di
prosperità economica.
Le persone sono impossibilitate ad andare al lavoro, non hanno
quasi accesso agli ospedali o alle scuole. Al fine di passare
tali controlli necessitano di un pass rilasciato dalle
autorità palestinesi e ne vengono rilasciati pochissimi.
Le persone sono dunque regolarmente rinchiuse nei territori
palestinesi. In questi punti di controllo vengono mandate spesso
reclute con scarsa esperienza e che attuano un regime di polizia
rigidissimo. A causa di ciò, le persone sono costrette ad
attendere ore o anche pomeriggi interi ai posti di sicurezza. Noi
sappiamo inoltre, che a causa di questa situazione, ben 53 donne
palestinesi in avanzato stadio di gravidanza sono state costrette
a partorire in condizioni non igieniche e sotto gli occhi dei
presenti. Trenta di queste donne sono morte a causa della
mancanza di assistenza medica.
Fonte: Jungle World