Bolzano, Göttingen, 26 maggio 2004
Secondo l'Associazione per i Popoli Minacciati (APM), per i
popoli indigeni e le minoranze etniche la crescente richiesta di
petrolio avrà conseguenze catastrofiche. In occasione
della conferenza sulle energie rinnovabili a Bonn, l'APM ha
ricordato che la sopravvivenza di oltre quattro milioni di
indigeni e appartenenti a minoranze etniche in Siberia, Camerun,
Cina, Angola, Ecuador e Perù, come in tanti altri paesi,
è gravemente minacciata dallo sfruttamento di nuovi pozzi
petroliferi e dalla costruzione di oleodotti. Inoltre la corsa al
petrolio alimenta conflitti e guerre anche in Nigeria, Angola e
Sudan.
Nell'enclave di Cabina, a nord dell'Angola, e lontano dagli occhi
dell'opinione pubblica mondiale, l'esercito angolano commette
crimini gravissimi contro la popolazione civile con lo scopo di
assicurarsi lo sfruttamento del petrolio. Secondo organizzazioni
per i diritti umani angolane e le testimonianze del vescovo
cattolico, 300.000 Cabindi sono minacciati da stupro, arresti
arbitrari, fucilazioni e torture. La popolazione civile del
piccolo stato di Cabinda è stretta nella morsa della
guerra tra l'esercito e il movimento di liberazione. Grazie allo
sfruttamento petrolifero davanti alle coste del Cabinda, l'Angola
è diventata nel 2004 il secondo fornitore di petrolio
degli USA.
Nonostante il costante aumento dello sfruttamento petrolifero nel
delta del Niger in Nigeria, la popolazione civile continua a
impoverire. La violenza è in preoccupante aumento e la
regione si trova sull'orlo di una guerra civile. Solo lo scorso
fine settimana le autorità nigeriane hanno annunciato un
intervento delle forze di sicurezza che, secondo l'APM,
comporterà ulteriori tensioni etniche e una escalation
della violenza.
Nella Federazione russa, le minoranze siberiane dei Ch'ante,
Manze, Nenze nonché le popolazioni autoctone delle isole
Sachalin e Kamchatka, in totale 100.000 persone, sono certamente
le più colpite dallo sfruttamento del petrolio e del gas.
Il 10% dell'energia primaria mondiale arriva dalla Federazione
russa, dove giace il 15,6% delle riserve mondiali di energie
primarie di cui il 70% nelle regioni del nord abitate da
minoranze. Nella regione di Chanty-Mansi 100 fiumi sono
pesantemente inquinati, 11.000 ettari di pascoli per renne e
20.000 ettari di zone di riproduzione ittica sono
irreparabilmente distrutte. Nella regione di Yamal-Nenets la
pesca è diventata impossibile in 28 fiumi e decine di
laghi, 17.000 ettari di zone di riproduzione ittica sono
contaminati e oltre 500.000 ettari di bosco e pascoli sono stati
distrutti dallo sfruttamento energetico. Fino al 10% del petrolio
russo fuoriesce dagli oleodotti inquinando terra e falde
acquifere.
100.000 persone appartenenti a diversi popoli indigeni sono
colpite dalle conseguenze catastrofiche dello sfruttamento
petrolifero nella foresta amazzonica (regione dell'Oriente in
Ecuador). Negli scorsi anni oltre mezzo milione di barili di
petrolio sono passati attraverso le falle negli oleodotti
inquinando l'intero sistema fluviale che a sua volta ha
comportato una massiccia moria di pesce e malattie.