Bolzano, Göttingen, 31 gennaio 2008
L'Associazione
per i Popoli Minacciati (APM) si è appellata al nuovo
Primo Ministro thailandese Samak Sundaraveij affinché si
impegni seriamente per la pace nel sud del paese e prevenga
un'ulteriore escalation della violenza. La tattica del governo
precedente di affidare l'ordine unicamente all'opposizione
militare al movimento ribelle operante nel sud thailandese,
prevalentemente musulmano, è stata evidentemente
fallimentare. Le razzie, gli arresti di massa arbitrari, i campi
di internamento e costanti aggressioni alla popolazione civile
hanno eroso qualunque fiducia nel governo e hanno solo
contribuito ad aumentare la spirale di violenza. Nel 2007 la
guerra civile è costata la vita a più di 860
persone e ogni mese si contano circa 200 aggressioni a sfondo
politico, che siano attacchi di movimenti di liberazione di
ispirazione musulmana o azioni di vendetta dell'esercito
thailandese.
La popolazione civile soffre l'inarrestabile diffondersi delle
violenze e si trova schiacciata tra i movimenti di liberazione e
l'esercito. Entrambi i partiti in lotta violano in modo massiccio
i diritti umani. 444 attentati dinamitardi, 2.025 atti violenti,
1.167 aggressioni a mano armata, 281 aggressioni con atti
incendiari, intimidazioni, minacce di morte, arresti arbitrari,
detenzioni lunghissime senza mandato né processo, arresti
di intere famiglie e tortura hanno portato alla disperazione la
popolazione civile e hanno praticamente immobilizzato la vita
pubblica nel sud del paese. Le locali organizzazioni per i
diritti umani temono le aggressioni dei militari che ostacolano e
opprimono qualsiasi indagine e documentazione indipendente sulle
violazioni dei diritti umani.
Il governo militare uscente, che era giunto al potere grazie al
colpo di stato del 19 settembre 2006, aveva più volte
promesso l'avvio di un processo di pace, ma alle parole non
è mai seguito nessun fatto. L'uscente primo ministro, il
generale Surayud Chulanont, si è addirittura scusato per
diversi massacri compiuti contro la popolazione di religione
musulmana nel sud della Thailandia. Ciò nonostante ha
continuato a puntare sulla forza militare e su una "soluzione
militare", senza impedire il ripetersi delle aggressioni militari
alla popolazione civile.
Secondo l'APM, i problemi della Thailandia nascono dal sistema
interno e le accuse di un collegamento tra i movimenti di
liberazione islamici con Al Qaeda sono del tutto fuori luogo. Da
decenni la popolazione musulmana di origine malese, che
costituisce il 4% dei 64 milioni di Thailandesi, si lamenta della
forte discriminazione da parte del governo centrale.
Finché a Bangkok è addirittura proibito parlare di
un eventuale autonomia per il sud del paese, è difficile
creare prospettive credibili per una soluzione pacifica del
conflitto.