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Bolzano, Göttingen, 29 gennaio 2014
In Birmania vivono ancora 120.000 Rohingya in campi profughi. Foto: CC-by-nc-nd Mathias Eick EU/ECHO gennaio 2013.
L'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) denuncia la
creazione di un ghetto nella città di Sittwe (stato
federale di Arakan/Rakhine) in cui sono di fatto rinchiuse 4.300
persone appartenenti alla minoranza dei Rohingya. Negli scorsi
giorni la polizia e le forze di sicurezza birmane hanno
definitivamente isolato il quartiere di Aungmingla costruendo una
palizzata di bambù e bastoni. I Rohingya, di fede
musulmana, che da decenni vivono nel quartiere, non possono
più uscire, non possono accettare lavori in altri
distretti né ricevere visite. L'unico modo per entrare nel
quartiere è corrompere gli agenti di guardia. Due volte in
settimana sei persone possono lasciare il ghetto in compagnia
degli agenti di sicurezza per andare a fare provviste per
l'intera comunità mentre l'assistenza medica viene fornita
da Medici senza Frontiere che possono entrare nel ghetto tre
volte in settimana. Le visite però non bastano e non vi
è alcuna assistenza per le emergenze.
Le autorità birmane hanno giustificato la creazione del
ghetto con motivi di sicurezza e di protezione dei Rohingya. La
presunta salvaguardia dei Rohingya è però
un'evidente menzogna visto che le autorità non hanno
avviato alcun processo di pacificazione tra i gruppi etnici dei
Rakhine buddisti e dei Rohingya musulmani. L'APM teme che la
creazione del ghetto, che costituisce una gravissima violazione
dei diritti umani dei Rohingya, ne impedisce la libertà di
movimento e mette a rischio la loro salute, sia invece un primo
passo verso la deportazione dei Rohingya dal quartiere in cui
vivono ai campi profughi allestiti fuori dalla città di
Sittwe. La creazione del ghetto sarebbe dunque parte di una
politica più ampia che mira all'allontanamento forzato dei
Rohingya di fede musulmana dal paese.
Il governo birmano nega i diritti civili tra cui la cittadinanza
ai quasi 800.000 Rohingya che vivono nel paese e li accusa di
immigrazione clandestina dal vicino Bangladesh. In realtà
le tensioni tra Buddisti e Rohingya musulmani sono riportate
già a partire dagli anni '40 del secolo scorso e a partire
dall'indipendenza della Birmania nel 1948 i Rohingya sono stati
ripetutamente vittime di grandi operazioni militari che hanno
distrutto i loro villaggi e causato innumerevoli morti. Con la
legge sulla cittadinanza del 1982 che non riconosce i Rohingya
come uno dei 135 gruppi etnici del paese, i Rohingya hanno perso
il diritto alla cittadinanza e con esso ogni diritto
civile.
L'APM ha chiesto alle autorità birmane e alla Premio Nobel
per la Pace Aung San Suu Kyi di prendere una chiara posizione a
favore del rispetto dei diritti umani così come sanciti
dalla Convenzione dei Diritti Umani di Ginevra. Al governo
birmano l'APM chiede inoltre di rispettare la Convenzione
internazionale sui Diritti dell'Infanzia, firmata e ratificata
dal governo bimano, secondo la quale nessun bambino può
essere discriminato e svantaggiato in base alla sua fede o quella
dei suoi genitori e di eliminare immediatamente le barriere che
creano il ghetto in cui vengono trattenuti i Rohingya, di
ristabilire la loro libertà di movimento e di tutelare
quella che l'ONU definisce la minoranza più perseguitata
al mondo tramite reali e concrete politiche di pacificazione e di
rispetto dei diritti. L'APM infine chiede alla comunità
internazionale di non continuare a restare in silenzio di fronte
alle spaventose discriminazioni dei Rohingya nel paese
asiatico.
Vedi anche in gfbv.it:
www.gfbv.it/2c-stampa/2014/140121it.html |
www.gfbv.it/2c-stampa/2013/130529it.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2013/130220it.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2013/130215it.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2013/130127it.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2013/130118ait.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2013/130107it.html
| www.gfbv.it/3dossier/asia/burma/burma-1it.html
| www.gfbv.it/3dossier/asia/burma/birmania.html
| www.gfbv.it/3dossier/asia/burma/burma-shan-it.html
in www:
www.caratteriliberi.eu/2014/01/29/mondo/la-transizione-birmana/
| www.irinnews.org |
www.aiutaresenzaconfini.org