Di Thomas Benedikter
Saint Vincent, 13 ottobre 2007
INDICE
Introduzione | Una "Camera dei
popoli" per l'ONU | Una Corte di Giustizia
mondiale degna di questo nome | Il Consiglio
dei diritti umani ONU dipende troppo dagli stati | Nuovi spazi per l'UNESCO nelle realtà
regionali | "Cosa succede a Ginevra, resta a
Ginevra ..." | L'Unione Europea trascura le
Regioni | L'indipendenza l'unica risposta
possibile? | Conclusioni
L'esistenza e le finalità delle istituzioni internazionali sono percepite come una necessità per garantire la convivenza e la pace. Ma il loro funzionamento dal punto di vista dei cittadini comuni spesso presenta molte carenze. Molte istanze soffrono lo sfasamento fra la società civile e le istituzioni chiamate a rappresentarla. Invece di servire alla società, le istituzioni spesso sembrano servire soprattutto a se stesse. Da molti anni si diffondono voci crescenti che ne richiedono una profonda riforma. Una delle lacune principali è la rappresentatività democratica di molte di queste istituzioni e gli scarsi meccanismi di partecipazione, intervento e decisione che permettono ed applicano. Numerosi gruppi, etnie, popoli interi non hanno nessun accesso diretto alle istituzioni internazionali, dalle quali si sentono esclusi deliberatamente dai poteri statali che li tengono sotto stretto controllo. È in questo contesto che la VII CONSEU, la Conferenza delle nazioni senza stato d'Europa (vedi box), ha voluto discutere la sua posizione a Saint Vincent in Val d'Aosta il 12 e 13 ottobre 2007. Circa 50 rappresentanti di organizzazioni e forze politiche di almeno 15 nazioni senza stato si sono riuniti per discutere possibili riforme per migliorare la rappresentatività democratica di queste istituzioni e per essere inclusi e sentiti nelle aule delle istituzioni internazionali. Qui, in massima sintesi, alcuni cenni su questo evento.
Cos'è la CONSEU?
La Conferenza delle Nazioni senza stato d'Europa (CONSEU)
è un forum di dibattito e riflessione composto da
organizzazioni politiche, culturali e civiche con l'obiettivo di
promuovere un'Europa rispettosa delle diversità nazionali,
linguistiche e culturali, e di conseguenza anche per i diritti
collettivi che ne formano la base.
La CONSEU vuole dar spazio alle diverse sensibilità delle
nazioni senza stato e dei gruppi etnici, come pure ai movimenti
autonomisti delle regioni con particolari caratteristiche
etnico-linguistiche nonché movimenti che rivendicano la
loro piena sovranità in forma di un proprio stato. In
tutti i casi il fondamento è sempre il diritto
inalienabile dei popoli all'autodeterminazione. Perciò la
CONSEU è tesa a raccogliere tutta la gamma ideologica dei
movimenti delle nazioni a condizione che siano rispettati i
principi democratici ed il diritto all'autodeterminazione.
Gli obiettivi generali della CONSEU sono i seguenti:
Subito dopo la 2. Guerra mondiale gli stati vincitori hanno
fondato le principali istituzioni internazionali creando un nuovo
assetto di equilibrio fra gli stati per mantenere la pace e la
sicurezza da una parte, e per garantire i diritti umani
individuali nonché quelli allo sviluppo economico e
sociale dall'altra. Questi stati si sono autoproclamati gli unici
attori legittimi a livello internazionale, esordisce Xosé
Manuel Beiras della Fundación Galiza
Sempre, della Galizia. Ma l'ONU è rimasta un club di
soli stati a cui i popoli non rappresentati a livello di stato
membro non hanno nessun accesso. Si tratta quindi degli "Stati
Uniti" del mondo e non delle "nazioni unite". Inoltre, è
risaputo che anche all'interno dei 192 stati membri sono gli
stati più potenti a dominare i processi decisionali, e
poco disposti a dividere queste posizioni nelle istanze
più importanti quali il Consiglio di Sicurezza. Di
conseguenza i progetti di riforma dell'ONU non prevedono nessuna
rappresentazione dei popoli in quanto tali, ma le riforme si
concentrano su un riequilibrio interno fra gli stati grandi e
medio-grandi. La risposta a questa centralizzazione nell'ONU,
secondo il gallego Beiras, dev'essere una sua decisa
democratizzazione, istituendo una seconda "Camera dei popoli"
all'interno dell'ONU, che possa essere espressione di centinaia
di popoli oggi non rappresentati a livello internazionale.
Ramon Torrent dell'Osservatorio della Globalizzazione
dell'Università di Barcellona, parlando del riconoscimento
del diritto delle nazioni senza stato negli accordi
internazionali, denuncia che questi popoli sono completamente
ignorati nei grandi trattati internazionali. Nel WTO,
organizzazione mondiale del commercio, e nel GATS, l'Accordo
internazionale sul commercio di servizi, gli interessi dei gruppi
etnici, spesso direttamente interessati da questi trattati, non
sono minimamente menzionati. Quindi urgerebbe integrare questi
trattati, inserendo clausole complementari che possano rimediare
questa assenza. Torrent cita esempi che potrebbero ispirare anche
gli stati europei. Gli USA e Canada accordano un trattamento
preferenziale a singoli stati (o province) federati che possono
limitare l'impatto di determinate norme di libero scambio
commerciale o di servizi e di attività di società
multinazionali sul loro territorio per poter salvaguardare i loro
interessi economici regionali. Il Canada ha riconosciuto un forte
ruolo del Québec, che in molte istanze internazionali
è riuscito a piazzare i suoi rappresentanti all'interno
della delegazione canadese. Per contro, la Spagna non riserva
nessun diritto particolare alla Catalogna, ai Paesi Baschi o alla
Galizia all'interno della sua delegazione nelle grandi
organizzazioni mondiali. Pure nell'ambito dell'Unione Europea ai
popoli o alle nazioni senza stato non è assegnato nessun
ruolo specifico. Anche il nuovo trattato costituzionale dell'UE
non assegna nessun ruolo specifico alle nazioni senza stato.
Infine, negli accordi commerciali bilaterali i popoli quasi
sempre sono esclusi. Perché mai, si chiede Torrent,
l'Alberta o la Pennsylvania dovrebbero avere dei diritti
privilegiati negli accordi fra gli USA, la NAFTA e l'UE, mentre
popoli senza stato come i Catalani verrebbero totalmente
ignorati?
Iann Choucq, avvocato bretone, interviene sulla
riforma della Corte Internazionale di Giustizia (CIG) nell'ottica
delle nazioni senza stato. La CIG, fondata nel 1998 a Roma, si
occupa soprattutto di crimini di guerra e di crimini contro
l'umanità. 120 stati hanno già firmato il trattato
per la sua costituzione e gestione, mentre 104 sono i parlamenti
che hanno ratificato il suo statuto. Fra gli aderenti mancano
però stati molto importanti, quali la Russia, la Cina,
l'Iran, la Turchia. La CIG a sua volta è espressione di
una visione molto statalista nella lotta contro i crimini contro
l'umanità, perché sono comunque gli stati a dover
permettere l'attività della Corte sul loro territorio e
chiamati ad applicare le sue sentenze. Quindi la sua
capacità di intervento, per esempio a favore delle istanze
presentate da parte di minoranze etniche e popoli indigeni senza
stato, è molto limitata. Esiste anche la
possibilità di partecipare alla CIG in funzione di "membro
osservatore", ma anche questa funzione è riservata solo a
stati, non invece alle ONG e ancora meno alle nazioni senza
stato.
L'alternativa, afferma il giurista bretone Choucq, sarebbe un
"tribunale sovrastatale", in cui si possa esprimere una giustizia
indipendente dalla volontà e dagli interessi degli stati
membri. Occorrerebbe integrare tutte le Convenzioni principali
dell'ONU e sottoporre automaticamente ogni stato membro dell'ONU
a un potere giurisdizionale unico, o meglio alla Corte
costituzionale e penale dell'ONU. È l'idea di un tribunale
internazionale competente per tutte le convenzioni
internazionali, sia per i soggetti statali, sia per le persone
giuridiche e le persone fisiche. Infine le sentenze di una tale
"vera Corte di Giustizia mondiale" dovrebbero essere vincolanti
per ogni membro dell'ONU, tenuto poi ad applicarle sul suo
territorio.
Il basco Julen Azuaga dell'Osservatorio dei diritti umani dei Paesi Baschi (Behatokia) parte da un dato di fatto: il sistema del diritto internazionale è viziato dal suo statalismo, ma è l'unico che abbiamo e quindi occorre farne l'uso migliore per confrontare gli stati con le loro inadempienze. Behatokia, ad esempio, è riuscita a farsi accreditare come ONG presso il "Consiglio dei diritti umani" dell'ONU a New York e Ginevra, anche se gli spazi di intervento in questo ambito erano molto limitati. Questo nuovo organismo è chiamato a vegliare sul rispetto dei diritti umani fondamentali. Nell'applicazione dell'ICCPR (Trattato internazionale per i diritti civili e politici) i popoli minoritari non hanno nessuna possibilità di partecipare ai consessi dell'ONU. Quando i Baschi volevano emettere carte d'identità in lingua basca, racconta Azuaga, questo è stato negato dalle autorità spagnole e non c'era via di impugnazione o di denuncia di questa negazione di un diritto civile presso le istanze internazionali. In generale non ci sarebbero spazi ufficiali per i baschi di essere direttamente presenti nelle istituzioni, che pure sono ben organizzati anche all'interno della loro regione autonoma in Spagna. Quindi si può immaginare a quali livelli siano rappresentati centinaia di altre nazioni senza stato non dotate di tali infrastrutture politiche regionali.
Il sardo Diegu Corraine si sofferma sul ruolo dei popoli senza stato e dell'UNESCO citando l'esempio positivo del Québec, che è riuscito a essere obbligatoriamente parte della rappresentanza permanente del Canada presso l'ONU e nell'UNESCO. Anche la Catalogna in questo caso è riuscita a mettere un piede nell'istituzione dell'UNESCOCAT. Questa è un'istituzione creata nel 1984 come punto di riferimento dell'UNESCO in Catalogna per promuovere gli ideali dell'UNESCO in lingua catalana. UNESCOCAT ha un rapporto diretto con l'UNESCO e status consultivo con l'ECOSOC, il Consiglio economico-sociale dell'ONU a New York, nonché con il dipartimento ONU per l'informazione pubblica. I suoi obiettivi sono la promozione e la difesa dei valori culturali, soprattutto nei settori della pace, dei diritti umani, dello sviluppo, dell'educazione, dello sviluppo sostenibile, del dialogo interreligioso, della diversità linguistica e del patrimonio culturale. L'UNESCOCAT diffonde i programmi dell'UNESCO a livello della regione autonoma, offre materiali e supporto tecnico, rende visibili i progetti e programmi dell'UNESCO e collabora strettamente con le reti di librerie, università, scuole, associazioni e club della società catalana. Partendo da questa esperienza Corraine lancia un appello affinché la CONSEU si faccia portavoce per la realizzazione di nuovi uffici e club UNESCO a livello regionale fra le nazioni senza stato d'Europa. Tutte le lingue e tutte le culture dovrebbero avere pari opportunità e l'UNESCO sarebbe il portale potenzialmente più accessibile nell'architettura dell'ONU.
Il rappresentante dell'UNPO (Unrepresented Nations' and Peoples' Organisation) Keyvan Sayar interviene sul ruolo dei popoli non rappresentanti nello scenario dell'ECOSOC e del Consiglio dei diritti umani dell'ONU. L'UNPO, a cui aderiscono 69 popoli non rappresentati nell'ONU, nel settembre ha registrato un grande successo: finalmente, dopo più di un decennio di trattative e dibattiti, l'Assemblea Generale dell'ONU ha approvato la "Dichiarazione generale sui diritti dei popoli indigeni". Questo successo è dovuto anche al ruolo di una sottocommissione della Commissione dei i diritti umani dell'ONU, incaricata di seguire la causa dei diritti dei popoli indigeni. Invece della "Commissione per i diritti umani all'interno dell'ECOSOC, ora spetta al nuovo "Consiglio per i diritti umani" il compito di sorvegliare il rispetto dell'ICCPR e ICPSER e di altre convenzioni internazionali. Ci sono più di 2000 ONG, appartenenti a due categorie, che si contendono l'attenzione dell'opinione pubblica e quella dei rappresentanti degli stati in questa sede. Ma l'impatto delle ONG è limitato. "Si può fare molto all'interno del sistema ONU, ma ricorda il collaboratore dell'UNPO, gira il detto a Ginevra negli ambiti ONU: "Cosa succede a Ginevra, resta a Ginevra". L'ONU è soltanto una strada, le nazioni senza stato devono comunque far sentire la loro voce anche altrove. Gli stati arrivano perfino ad organizzare pseudo-ONG pilotate dall'esterno, che controbattono gli interventi delle ONG libere e organizzano eventi manipolati per influenzare altri stati.
Il Presidente della Regione autonoma della Val d'Aosta, Luciano Caveri interviene sul futuro trattato costituzionale dell'UE, rimarcando l'assenza delle regioni e enti locali nella procedura della riforma di questo trattato. All'interno delle politiche comunitarie anche in settori chiave già tre quarti degli interventi dell'UE sono applicati e gestiti dalle regioni. Le regioni sono la "cinghia di trasmissione" della politica comunitaria verso gli stati, il raccordo tra l'amministrazione di Bruxelles ed i cittadini. Nonostante ciò la rappresentanza delle regioni, la "Consulta delle Regioni", fondata nel 1994, non ha mai guadagnato un profilo adeguato e ha poco potere all'interno dell'architettura dell'UE. La Commissione è obbligata a sentire questa Consulta su determinate materie, ma non è tenuta a rispettare i suoi pareri. Oggi a Bruxelles sono presenti più di 2000 rappresentanze regionali, impegnate nel lavoro di lobby a favore dei propri interessi. Gruppi di regioni più grandi si sono organizzati per avere più incisività, di cui alcune più grandi di parecchi stati membri, quali la Catalogna, la Baviera, la Westfalia e la Lombardia. Si può quindi abolire il Comitato delle Regioni? Nel nuovo trattato costituzionale le regioni sono state discriminate da parte del Consiglio Europeo che ha dato solo otto settimane di tempo alla Consulta per esprimere un suo parere, tempi troppo stretti per trovare un comune denominatore.
La battagliera nazionalista scozzese Roseanne
Cunningham (Scottish National Party SNP), membro del
parlamento scozzese, sottolinea che la Scozia durante i 300 anni
di appartenenza alla Gran Bretagna era sempre stata diversa, e ha
sempre rivendicato la sua specialità e i suoi diritti
nazionali. Grazie alla legge sulla devolution del 1998 ha
ottenuto una forte autonomia, lasciando all'Inghilterra il
controllo solo della difesa, degli affari esteri, della politica
macroeconomica, di una parte del sistema fiscale e della
sicurezza sociale. Nelle elezioni per il Parlamento scozzese del
maggio 2007 la SNP è diventata il primo partito, superando
il Labour Party ed il partito conservatore. Quindi la SNP ora
governa ad Edinburgh con un governo di minoranza con l'esplicito
obiettivo di portare la Scozia all'indipendenza. "La Scozia
è una nazione", afferma solennemente Cunningham, "non solo
una regione d'Europa. Il federalismo, il regionalismo o altre
forme di decentralizzazione per il SNP non sono interessanti,
conta l'indipendenza ed essere un membro indipendente
dell'UE."
Molto critica la nazionalista scozzese anche con le procedure di
riforma dell'UE. Nella nuova bozza di trattato dell'UE non si
attribuisce nessun potere di codeterminazione alle regioni. Sia
il Parlamento Europeo che le Regioni, rappresentate in
un'ipotizzabile "Camera delle Regioni", andrebbero investiti di
nuovi poteri. Ma dall'altra parte anche i parlamenti nazionali
non accettano che il loro ruolo venga ridotto. La Scozia, anzi,
vuole riappropriarsi di tutti i diritti nel settore della pesca e
dell'estrazione del petrolio, che rappresentano le sue risorse
economiche più importanti. Anche nelle politiche della
giustizia la Scozia non accetta più di essere sotto il
controllo di Westminster, ma vuole confrontarsi direttamente con
l'UE. Non stupisce che gli elettori scozzesi abbiano dato credito
alla proposta della SNP, cioè di poter trattare
direttamente con l'UE. Le nazioni senza stato sono prigioniere di
un sistema, sottolinea Cunningham, che non li rappresenta appieno
e non riflette la realtà e la varietà dei popoli
presenti sul continente.
Alla fine dei lavori della sua VII Assemblea la CONSEU ha prodotto una dichiarazione d'intenti, votata all'unanimità, che riproduciamo interamente qui di seguito:
Conclusioni della VII Assemblea della
CONSEU
Al termine della VII assemblea della CONSEU (Conferenza delle
Nazioni senza Stato d'Europa), che si è tenuta a Saint
Vincent (Valle d'Aosta) dal 12 al 13 ottobre 2007, i
partecipanti, provenienti da diverse nazioni senza stato
d'Europa, dopo aver studiato e dibattuto il temo "Le nazioni
senza stato e le riforme delle istituzioni internazionali",
dichiarano:
Thomas Benedikter, ha appena pubblicato presso la casa editrice ANTHEM Press London/New Delhi la prima monografia che presenta e confronta tutte le autonomie regionali del mondo. "The World's Working Regional Autonomies - An Introduction and Cmparative Analysis", London/New Delhi 2007.