Bolzano, 5 luglio 2002
Nel mondo ci sono
solo 200 Stati, di cui alcuni neanche riconosciuti a livello
internazionale, mentre il numero dei popoli ammonta a più
di 5000. La maggior parte di questi popoli vive all'interno dei
confini statuali di nazioni che hanno occupato il loro territorio
originario attraverso una politica di conquista, accordi
collusivi, interessi individuali, dubbia diplomazia, corruzione
ed altre forme di soprusi. La mancanza di sovranità
nazionale ha portato ad un generale decadimento di molti di
questi popoli, che non possono sviluppare né mantenere la
loro lingua e la loro cultura d'origine.
Il 6 settembre del 1990 a Tartu in Estonia si è tenuta la
conferenza che ha segnato la nascita dell'Organizzazione dei
Popoli e delle Nazioni non rappresentate: la UNPO in questo
ultimo decennio, per promuovere un innalzamento dei livelli di
autocoscienza dei popoli e per tutelarne le specifiche culture e
tradizioni, ha redatto una Dichiarazione Universale dei Diritti
dei Popoli, che è stata adottata durante l'Assemblea
Generale che si è riunita a Tallinn in Estonia il 17
febbraio 2001. Tuttavia, la Dichiarazione, in allegato al Libro
Rosso, non rappresenta una carta di diritto internazionale: ad
oggi, infatti, i diritti riconosciuti sono degli Stati e degli
uomini, non dei popoli e delle nazioni.
THE RED BOOK OF THE PEOPLES OF THE RUSSIAN
EMPIRE (finora in versione originale estone ed in
inglese), rappresenta il primo tentativo di richiamare
l'attenzione del pubblico su quei popoli dell'ex Unione
Sovietica, la cui sopravvivenza è seriamente minacciata:
l'opinione pubblica, infatti, può avere sentito parlare
dell'omicidio di massa a Khatyn o del patto Molotov-Ribbentrop,
ma molto poco si conosce del lavoro sistematico che i Russi hanno
portato avanti negli ultimi decenni per eliminare etnie e
culture. Un vero e proprio crimine contro l'umanità.
Nel libro, gli effetti deleteri della sovietizzazione vengono
illustrati sia in riferimento alle 'nazioni' con tradizioni
letterarie radicate (come gli Ingrians) sia in riferimento a
popoli più primitivi (come i Sami della penisola di Kola):
il punto di non ritorno nel processo di estinzione di un popolo
può evidenziarsi più facilmente proprio in
relazione a questi popoli primitivi, la cui sopravvivenza
è spesso legata all'ambiente in cui vivono e può
essere definitivamente compromessa dalla semplice (e silenziosa)
distruzione dello stesso.
Il libro non pretende di essere un catalogo esauriente delle
popolazioni a rischio dell'ex URSS: la vastità dell'area
geografica presa in considerazione, insieme alla
difficoltà di reperire materiale cartaceo (come nel caso
degli Assiri Moderni), sono solo alcune delle difficoltà
che gli autori hanno dovuto affrontare e che fanno di questa
pubblicazione un'indagine esplorativa che apre a successive
ricerche a lungo termine. Si tratta di una raccolta sui diversi
popoli a rischio di estinzione, nella quale è possibile
trovare alcuni dati sulle caratteristiche di ogni 'piccola
nazione', sullo status della loro lingua nativa, sulla
percentuale che rappresentano all'interno del loro territorio.
Più che un catalogo di popoli a rischio, è un
quadro sinottico delle diverse etnie presenti nell'ex URSS, con
una descrizione del sistema di vita di ognuna.
Nella prima fase del regime sovietico, (1917-metà degli
anni '30), la politica di collettivizzazione distruggeva le forme
originarie dei villaggi rurali a favore di una economia
centralizzata che sradicava le famiglie dalle loro terre (e dalla
loro relazione culturale con la natura) per abitare insediamenti
più strategici (per lo Stato). D'altra parte, il sistema
migliorava l'alfabetizzazione delle minoranze, dotandole, ove non
presenti, di sistemi di scrittura che ne preservassero le
tradizioni culturali. La situazione cambiò radicalmente
con l'avvento dello stalinismo, che cancellò qualunque
apparenza di liberismo e disperse gli intellettuali che non
uccise. La propaganda, che seguì nel dopoguerra,
annientò lo spirito nazionalistico dei popoli minoritari;
l'economia di sfruttamento dei territori fece il resto. Con la
distruzione della tundra, intere tribù nomadiche furono
costrette a stabilirsi e ad imparare nuovi lavori che ne
stravolsero l'identità sociale, mentre altri popoli
contadini cominciarono il loro vagare per le terre ostili
dell'Eurasia del nord.
Dopo la frantumazione dell'Unione Sovietica, all'URSS è
subentrata la Federazione Russa, che ha costituito con undici
delle ex-repubbliche la Confederazione degli Stati Indipendenti
(CSI). Malgrado l'apparente dissolvenza del potere dell'ex blocco
sovietico, è sempre l'esercito russo che presiede ai
confini con l'Afghanistan tagiko, sono russe le truppe che
stazionano in Moldavia e in Abkhazia, ed è russa la flotta
con base nei porti ucraini del Mar Nero. Se si escludono gli
Stati Baltici che hanno raggiunto una vera indipendenza, l'impero
russo continua ad esistere nella sua forma quasi
originaria.
Durante i primi anni '90, molte leggi furono emanate a tutela
delle minoranze: basti ricordare quella di 'Riabilitazione delle
Nazioni Represse' (26.4.91), quella delle 'Lingue del Popolo
delle Repubbliche Federali Socialiste Sovietiche Russe'
(25.10.91), quella sulle 'Misure Urgenti di Protezione dei
Territori e delle Attività Economiche delle Piccole
Nazioni Artiche' (22.4.92) e la Convenzione firmata nel '94 dai
leader della CSI per la 'Difesa dei Diritti delle Minoranze
Nazionali'. Tuttavia, in una regione così vasta, le
riforme adottate dopo il crollo dell'ideologia comunista
sembrarono più rifarsi a mutamenti di facciata, (i
simboli, i nomi ecc), che a reali cambiamenti nell'economia e
nell'organizzazione socio-politica: così molte di queste
leggi rimasero sulla carta. A causa della nuova
instabilità politica e del deteriorasi della situazione
economica si è spesso interrotta la coesistenza pacifica
tra i popoli delle aree nordcaucasiche, transcaucasiche e
dell'Asia centrale.
Nuove forme di 'russificazione' stanno tuttora avvenendo. La
crisi economica sta portando i cittadini a ritornare nelle
campagne e a 'colonizzare' con la mentalità russa anche
gli ultimi villaggi isolati di alcune etnie (vedi le nazioni
ugro-finniche). Grandi gruppi industriali stanno acquistando
intere regioni siberiane e artiche dagli aborigeni, in cambio di
cibo in scatola, combustibile ed altri beni di prima
necessità. Gli effetti dello sfruttamento petrolifero
delle regioni settentrionali sta prendendo le forme di un vero
sfruttamento delle tribù indigene che vi abitano,
attraverso metodi violenti e coercitivi, spesso impuniti: e solo
la recessione dell'industria petrolifera della Siberia
Occidentale, a causa del crollo dei prezzi del greggio, sta
allentando la tensione sui territori dei popoli artici.
La Russia è e continua ad essere una potenza mondiale, che
non conosce i sistemi del liberismo moderno né delle
democrazie occidentali: in una situazione in cui l'economia di
mercato non riesce a radicarsi, in cui sopravvive il sogno di
un'economia fortemente controllata, il Paese sembra orientato al
suo tradizionale sistema autocratico. Le ragioni che fanno di
questo Libro una raccolta ancora aggiornata (malgrado siano
già passati otto anni dalla prima pubblicazione in estone)
stanno proprio nell'immobilismo del sistema politico, sociale ed
economico cui si riferiscono, che nell'ultimo decennio, e forse
anche nel prossimo, non dà segni di vera innovazione.
Quando una nazione termina di essere un tutto armonico fatto di
cultura, organizzazione sociale ed economia si riduce ad un
semplice gruppo, più o meno esteso, i cui membri sono
accomunati da qualche variabile etnica: i Ciukci non possono più
dirsi una nazione o un popolo se sono obbligati ad abbandonare la
caccia alla balena come mezzo primario di sussistenza. Strappati
al loro sistema naturale di sopravvivenza, quel che rimane (i
costumi, le leggende, i proverbi) è solo il fantasma della
loro originaria grammatica etnica.
Pur tuttavia, un rimedio al disastro totale è possibile:
si possono ridurre gli effetti della modernizzazione
dell'economia, dello sfruttamento esasperato delle risorse,
attraverso politiche di tutela delle tradizioni delle minoranze e
di sviluppo sostenibile. Questo il senso di una rassegna che
intende sensibilizzare il grande pubblico al rispetto dei popoli
minacciati della regione euro-asiatica. Il libro si concentra su
85 popoli e la sua compilazione ha richiesto 7 anni di lavoro
scientifico e professionale.
Contatti: E-mail: webmaster@eki.ee; Toomas Väli, GSM: +372 56 614 699.