Bolzano, Göttingen, 3 novembre 2003
L'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) protesta
vivamente per la punizione disumana di un ragazzo sudanese di
sedici anni, decisa da un tribunale speciale della Provincia di
Darfur nel Sudan Occidentale. Il giovane arabo Mohamed Hassan
Hamdan avrebbe partecipato ad una rapina a mano armata, ma a
tutt'oggi egli nega la sua partecipazione al crimine. La condanna
è pesante: Mohamed dovrà subire l'amputazione del
braccio destro e della gamba sinistra. L'APM ricorda che questa
punizione disumana, la cosiddetta amputazione a croce, viola
l'articolo 37 della Convenzione Internazionale sui Diritti dei
bambini. Il processo a carico del ragazzo, svoltosi nella
cittadina di Nyala, non ha rispettato nemmeno i criteri minimi di
correttezza: così ad esempio al momento del pronunciamento
della condanna l'avvocato del ragazzo non era presente in aula.
Nel frattempo altri cinque imputati dello stesso crimine, tutti
adulti, sono stati rilasciati.
La condanna di Mohamed è un terribile esempio della
situazione nel Sudan Occidentale, caratterizzata dalla non
osservanza dello stato di diritto e dalla violazione dei diritti
umani. Da febbraio 2003 la popolazione civile di Darfur vive
sulla propria pelle l'inasprirsi dei combattimenti tra l'esercito
sudanese e la Sudan Liberation Army (SLA), sollevatasi per lo
stato di trascuratezza che la regione subisce da decenni. Finora
300 comunità sono state distrutte e 500.000 persone hanno
dovuto fuggire dalla regione.
Il 4 settembre 2003 l'esercito e la SLA hanno firmato un
armistizio, ma la popolazione arabo-musulmana subisce
costantemente aggressioni da parte dei nomadi armati
dall'esercito. Le prospettive di pace per Darfur sono
scoraggianti perché le trattative di pace finora non hanno
portato a nessun risultato concreto. Dopo il bombardamento del 1
novembre dell'aviazione sudanese contro postazioni della SLA si
teme la ripresa dei combattimenti.