Bolzano, Göttingen, Amburgo, 25 maggio 2007
In occasione della Conferenza dei ministri degli esteri
dell'ASEM (Asia-Europe Meeting) a cui parteciperanno 43 paesi
europei e asiatici e prevista per il 28 maggio ad Amburgo, l'APM
(Associazione per i Popoli Minacciati) ha accusato l'ASEM di aver
fallito sulla questione della Birmania. Le sanzioni imposte
dall'UE alla Birmania non sortiscono alcun effetto fintanto che i
paesi aderenti all'ASEM e la Cina continuano a riempire le casse
della giunta militare birmana grazie a una serie di nuovi accordi
economici. I Ministri degli esteri europei devono convincere i
loro colleghi asiatici ad assumere un comportamento coerente nei
confronti della Birmania in modo da costringere il regime
militare a porre fine all'ondata di violenze, persecuzioni e
dislocamenti forzati delle minoranze etniche in atto dalla
primavera 2006.
In particolare modo, l'ASEM dovrebbe impegnarsi affinché i
ca. 500.000 profughi possano essere assistiti senza problemi
dalle organizzazioni umanitarie presenti. I soprusi compiuti
dall'esercito negli scorsi mesi nei confronti dei cooperanti
internazionali hanno drammaticamente peggiorato la situazione
umanitaria. Secondo i dati dell'APM, dal 1996 ad oggi in Birmania
sono stati distrutti oltre 3.000 villaggi di minoranze etniche e
la popolazione dislocata forzatamente. Solo lo scorso anno ca.
50.000 persone, appartenenti alla popolazione Chin, ha dovuto
fuggire all'estero per sottrarsi alle violenze dell'esercito. Il
numero dei profughi Karen e Shan è addirittura ancora
più alto. Nel primo semestre 2006 ca. 28.800 Karen sono
stati dislocati forzatamente e 7.700 aziende agricole dei Karen
sono state distrutte. Stupri, tortura, saccheggi e lavori forzati
fanno parte della quotidianità di molte minoranze birmane.
Attivisti per i diritti umani che lavorano nella regione dei
Karen hanno registrato nel solo 2006 oltre 959 stupri, mentre un
numero imprecisato di membri delle minoranze etniche è
stato trasferito in uno dei 91 campi di lavoro forzato. Le
minoranze etniche e religiose, come i Karen, i cristiani o i
Rohingya musulmani lamentano continuamente le persecuzioni
sistematiche e le imposizioni limitanti la loro libertà di
culto. Attualmente gli oppositori politici al regime in carcere
sono più di 1.100.
Nonostante le gravi violazioni dei diritti umani, il 16 maggio
scorso la Thailandia ha chiuso l'ufficio dell'Alto Commissariato
per i Profughi delle nazioni Unite (ACNUR) e ha deciso di
chiudere le frontiere ai profughi provenienti dalla Birmania. Le
dichiarazioni di solidarietà espresse dalla Thailandia nei
confronti del premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, agli
arresti da 17 anni, sono solo parole vuote fintanto che il paese
non garantisce la tutela di tutti i profughi vittime della
dittatura militare.
Sia la Thailandia sia la Cina investono in Birmania per
garantirsi l'approvvigionamento con le risorse naturali e le
riserve energetiche birmane. Questa primavera la Cina ha
aumentato il proprio impegno nell'industria petrolifera e del gas
della Birmania. In aprile è stata annunciata la
costruzione di un oleodotto e di un gasdotto dal porto birmano di
Sittwe fino a Kumming in Cina. Inoltre la Cina e la Thailandia si
sono guadagnate gli appalti per la costruzione di quattro dighe,
la cui realizzazione finora ha comportato il dislocamento forzato
di centinaia di migliaia di Karen e Shan. 300.000 Shan erano
già stati cacciati dalle proprie terre per fare posto alla
diga di Tasang e altri 500.000 Mon, Karen e Shan sono vittime
dirette delle conseguenze di questo mega-progetto. Per la diga di
Tasang, la più grande diga mai progettata nel sudest
asiatico, è previsto l'allagamento di diverse centinaia di
chilometri quadrati di terreno attualmente adibito
all'agricoltura. Inoltre si teme che la costruzione della diga
venga completata con i lavori forzati imposti ai membri delle
diverse minoranze etniche, come d'altronde era già
avvenuto per la realizzazione di altri progetti.