Bolzano, Göttingen, 9 maggio 2008
L'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) accusa il governo
birmano di gravi violazioni del diritto umanitario ostacolando
pesantemente l'arrivo di aiuti umanitari nel paese. L'impedimento
mirato dell'assistenza umanitaria nel delta dell'Irrawaddy deve
essere considerata dalla comunità internazionale come un
crimine contro l'umanità. Quest'accusa viene rivolta al
governo birmano in considerazione delle difficoltà poste
nella concessione dei visti d'entrata per gli aiuti, della
politica mirante a fornire poca e scarsa informazione alla
popolazione circa la situazione, e della mancata concessione di
permessi per l'atterraggio e di lavoro per i membri delle
organizzazioni umanitarie.
Il governo impedisce in modo mirato l'arrivo degli aiuti
umanitari sia nel delta dell'Irrawaddy sia nelle zone orientali e
settentrionali del paese abitate prevalentemente da minoranze
etniche. In queste zone già duramente colpite dalla guerra
civile che imperversa da 60 anni, e in cui sono stazionati circa
100.000 soldati, il blocco degli aiuti si configura addirittura
come crimine di guerra.
Se il governo birmano vuole veramente aiutare la popolazione
colpita dall'uragano Nargis nel delta dell'Irrawaddy, allora deve
ritirare le forze militari dalle zone orientali e settentrionali
del paese per metterle a disposizione delle organizzazioni
umanitarie nazionali e internazionali. Nel delta dell'Irrawaddy
attualmente c'è un'estrema mancanza di persone che possano
contribuire a ristabilire la viabilità delle strade,
l'erogazione di elettricità e il funzionamento delle linee
telefoniche. Il mancato uso delle forze armate per aiuti
umanitari è un ulteriore prova del cinismo della giunta
militare che in questo modo si rende responsabile della morte di
decine di migliaia di persone.