Bolzano, Göttingen, Amburgo, 11 giugno 2008
In occasione della Conferenza sull'Afghanistan che si
terrà domani 12 giugno a Parigi, l'Associazione per i
Popoli Minacciati (APM) ha voluto ricordare l'attuale insuccesso
del Patto sull'Afghanistan. A due anni dalla firma dell'accordo
tra la Comunità Internazionale e il governo afghano, la
maggior parte delle promesse contenute nell'accordo sono ancora
lontane dall'essere realizzate. Elaborato dall'APM in
collaborazione con il giornalista afghano Yacub Ibrahimi,
è stato presentato oggi ad Amburgo un dossier sull'attuale
situazione dei diritti umani nel paese. Alla Conferenza di Parigi
i paesi finanziatori dell'Afghanistan e il governo del paese si
consulteranno sugli sviluppi nell'attuazione dei principi di
democrazia, legalità e sicurezza.
A questo proposito l'APM si appella alla conferenza di Parigi
affinché si smetta di dare un quadro della situazione in
Afghanistan migliore di quanto non sia in realtà e si
cominci finalmente ad affrontare realisticamente i molti e gravi
problemi del paese. Invece delle continue assicurazioni sul "buon
governo" del paese, è ora di affrontare il grave e
profondo problema del clientelismo e della corruzione del governo
e dell'amministrazione afghana che impediscono la realizzazione
di qualsiasi serio programma di sviluppo, favoriscono le
violazioni dei diritti umani e rendono inutili programmi per una
diminuzione della coltivazione e del commercio di oppio. Il
semplice aumento degli aiuti finanziari e dell'impegno militare
non aiuta la popolazione, lamenta l'APM, ma servono invece passi
concreti verso la realizzazione degli obiettivi fissati.
Particolarmente drammatica è la situazione delle donne e
dei bambini. L'87% delle donne dichiara di essere o essere stata
vittima di atti di violenza. Ogni anno qualche centinaio di donne
tenta il suicidio dandosi fuoco. I matrimoni obbligati di ragazze
anche dai 6 anni in su, i rapimenti e i casi di schiavitù
dovuta a debiti sono in costante aumento. Circa la metà
dei matrimoni obbligati avvengono con i creditori delle famiglie
indebitate e risultano essere l'ultimo disperato tentativo di
riscattare i debiti impagabili.
Il giornalista afghano Ibrahimi, esperto di questioni riguardanti
i signori della guerra afghani, ha fatto notare come il potere
dei signori della guerra continui incontrastato: essi continuano
a rapire donne e ragazze, ad acquistare armamenti e restano
impunite anche le peggiori violazioni dei diritti umani. Ibrahimi
infine chiede con forza l'immediato rilascio di suo fratello
Sayed Parvez Kaambakhsh, anche egli giornalista, che dopo un
processo farsa tenutosi nel gennaio 2008, è stato
condannato a morte. La sua condanna a morte mira in realtà
a mettere a tacere il fratello Ibrahimi, che nei suoi articoli
non manca di accusare i crimini commessi dai signori della
guerra.