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Riunione del Consiglio di Sicurezza dell'ONU sulla violenza in Libia

Le Nazioni Unite dovrebbero far intervenire la Corte penale internazionale contro il regime di Gheddafi

Bolzano, Göttingen, 22 febbraio 2011

Profughi respinti in Libia nel porto di Tripoli. Foto: CIR. Profughi respinti in Libia nel porto di Tripoli. Foto: CIR.

L'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) si è rivolta al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite per chiedere l'intervento della Corte Penale Internazionale nel caso in cui il regime di Gheddafi non fermi immediatamente le violenze contro i manifestanti in Libia. Secondo l'APM, il regime di Gheddafi deve sapere senza mezzi termini che non si possono violare impunemente i diritti basilari enunciati nella Convenzione internazionale dei Diritti Umani. Dopo l'indignazione espressa dal Segretario generale dell'ONU Ban Ki Moon per l'escalation di violenza, oggi il Consiglio di Sicurezza dell'ONU si riunisce per consultarsi sulla situazione in Libia.

Secondo il mandato della Corte Internazionale, questa è autorizzata ad intervenire con l'autorizzazione del Consiglio di Sicurezza nei casi in cui non vi sia - come appunto in Libia - un sistema giudiziario indipendente e la popolazione subisca una giustizia arbitraria e la continua impunità di chi commette reati. Nel caso della Libia, il caso del cantante Abdullah Ashini illustra bene come Gheddafi utilizzi i giudici per mantenere il proprio potere. Dopo aver partecipato a un festival di musica berbera alle isole Canarie, in dicembre 2010 l'artista berbero è stato arrestato e condannato per "migrazione illegale". Dalla partecipazione al festival spagnolo, il cantante non può più produrre dischi in Libia per paura che la sua musica possa rafforzare il movimento della minoranza berbera del paese.

Nessun altro paese si è scagliato contro la Corte Penale Internazionale come la Libia. Nel marzo 2009 Gheddafi ha definito la Corte Penale come "una nuova forma di terrorismo" intenta a ricolonizzare i paesi in via di sviluppo. Allora Gheddafi convinse 30 paesi africani che avevano ratificato lo statuto di Roma della Corte di minacciare la propria fuoriuscita se la Corte avesse emesso un mandato di arresto a carico del presidente sudanese Omar Hassan al Bashir.