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Bolzano, Göttingen, 6 agosto 2018
I due rivali al potere in Sudan del Sud, Salva Kiir e Riek Machar, hanno firmato a Khartum un nuovo accordo di pace. Foto: : UNMISS/ Eric Kanalstein via Flickr CC BY-NC-ND 2.0.
L'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) ha reagito con
molto scetticismo alla firma del nuovo accordo di pace per il
Sudan del Sud. Dopo il fallimento dell'accordo di pace del 2015,
lo scorso 5 agosto il presidente del Sudan del Sud Salva Kiir e
il leader dell'opposizione nonché ex-vicepresidente Riek
Machar si sono incontrati della capitale sudanese Khartoum per
firmare alla presenza di diversi capi di stato africani un nuovo
accordo di pace che dovrebbe mettere fine a cinque anni di
sanguinosa guerra civile. L'accordo, che regola la suddivisione
del potere nella giovane nazione africana, prevede che l'attuale
presidente Salva Kiir mantenga la sua carica presidenziale mentre
il leader dei ribelli Riek Machar venga reintegrato nel governo
di unità nazionale come primo vicepresidente.
La suddivisione del potere stabilita con la nuova intesa
ripropone quindi le stesse persone che già prima della
guerra ricoprivano quelle stesse cariche e la cui lotta per il
potere ha di fatto trascinato il paese in una guerra civile in
cui sono morte oltre 50.000 persone e, oltre ad aver raso al
suolo il paese, ha messo in fuga 2 milioni di abitanti su una
popolazione di 12 milioni.
Secondo l'APM, le basi su cui dovrebbe poggiare l'augurabile pace
duratura nel paese sono quindi molto deboli. Non solo
perché il paese continuerà ad essere governato da
coloro che per la propria brama di potere hanno scatenato la
guerra ma anche perché il governo dei vicini Kenya, Uganda
e Egitto sembrano poco interessati a porre fine alle violenze e a
impegnarsi per una vera pace in Sudan del Sud, e, in ultimo,
perché la suddivisione di potere fissata dalla nuova
intesa lascia poco spazio al perseguimento giuridico dei crimini
commessi. Entrambe le parti in causa sono infatti accusate di
crimini di guerra e di crimini contro l'umanità.
Reinsediati nelle loro posizioni di potere è difficile
pensare che i due leader permetteranno indagini serie, è
invece più probabile che ognuno tenterà di bloccare
le indagini sui crimini commessi dal proprio schieramento. Senza
una reale giustizia per tutte le vittime del conflitto, a
qualunque schieramento appartenessero, è difficile pensare
che le violenze nel paese possano cessare definitivamente.
Con gli accordi di pace del 2015, poi falliti, l'Unione Africana
(UA) era stata incaricata di istituire una corte penale mista che
indagasse sui crimini di guerra e contro l'umanità
commessi da entrambi gli schieramenti. Finora nulla è
stato fatto e ad una precisa domanda in tal senso
dell'ambasciatore statunitense in Sudan del Sud, il ministro per
la giustizia sudsudanese ha laconicamente risposto che il governo
"ne sta conversando con l'UA".
Vedi anche in gfbv.it:
www.gfbv.it/2c-stampa/2017/171222it.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2017/171215it.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2016/160710it.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2014/141016it.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2014/140504it.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2014/140217it.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2014/140127it.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2014/140123it.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2014/140107it.html
| www.gfbv.it/3dossier/africa/nuer-dinka.html
in www: it.wikipedia.org/wiki/Sudan_del_Sud