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Bolzano, Göttingen, 26 settembre 2018
Medici bengalesi della missione ONU MINUSMA (Multidimensional Integrated Stabilization Mission in Mali) garantiscono consulenza medica gratuita a una comunità di pescatori a Bamako. Foto: UN Photo/Marco Dormino via Flickr CC BY-NC-ND 2.0.
Non trova pace il Mali, dove negli scorsi giorni sono stati
uccisi da un gruppo di assalitori non identificati almeno 19
nomadi Tuareg disarmati. Martedì 25 settembre un gruppo di
motociclisti ha attaccato due accampamenti di nomadi Tuareg del
gruppo degli Ibogholitane a 45 km dalla città di Menaka
nel nordest del paese. Gli aggressori hanno ucciso a colpi di
arma da fuoco 17 civili, tra cui diversi adolescenti. Solo pochi
giorni prima, sabato 22 settembre, nella città di Kidal
due capi clan dei Tuareg sono stati uccisi in strada da esponenti
di un gruppo radical-islamico. Anche in questo caso i due capi
clan, Saida Ould Cheik Cheick e Mohamed Ag Eljamet, sono stati
circondati e bloccati da motociclisti armati e poi uccisi.
Questi ultimi avvenimenti rischiano di deteriorare ulteriormente
il clima nella regione settentrionale del paese africano, dove
comuni banditi e seguaci radical-islamici continuano a seminare
violenza e tensione. Solamente lo scorso 22 settembre il
neo-eletto presidente del Mali Ibrahim Boubacar Keita aveva
annunciato che il ripristino della sicurezza nel paese
costituisce il primo e più importante punto del suo
programma. Sembra però che né le truppe di pace ONU
della missione Minusma né le truppe anti-terrorismo
francesi stazionate nella regione né tanto meno l'esercito
del Mali siano in grado di garantire la sicurezza della
popolazione civile.
Per interrompere la escalation di violenza ed evitare che questi
ultimi assassinii vadano ad alimentare ulteriormente la
pericolosa spirale di aggressioni mortali, l'Associazione per i
Popoli Minacciati (APM) chiede l'immediato avvio di un'indagine
indipendente in grado di far incriminare i responsabili degli
assassinii. L'APM chiede inoltre che le autorità
competenti, nazionali ed internazionali, sviluppino delle
strategie per una reale tutela della popolazione civile. Il primo
passo in tal senso dovrebbe essere l'effettiva attuazione
dell'accordo di pace con la popolazione Tuareg da parte del
governo maliano. Il governo finora ha attuato solo parzialmente e
in modo molto lento l'accordo di pace, dando l'impressione di non
volersene in realtà occupare. Secondo l'APM, in questo
modo il governo diventa uno dei principali responsabili del clima
di insicurezza, ma soprattutto del vuoto legislativo che si
è creato nella regione, e che a sua volta lascia liberi
comuni criminali ed estremisti di agire impunemente. Fintanto che
il governo non si assume le proprie responsabilità, attua
finalmente l'accordo di pace in tutti i suoi punti e ristabilisce
la legalità nella regione, la spirale di violenza in Mali
rischia di aggravarsi ulteriormente.
Vedi anche in gfbv.it:
www.gfbv.it/2c-stampa/2018/180810it.html |
www.gfbv.it/2c-stampa/2017/170119it.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2014/140725it.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2014/140211it.html
| www.gfbv.it/2c-stampa/2014/140110it.html
| www.gfbv.it/3dossier/ind-voelker/sud2010-it.html#r13
| www.gfbv.it/3dossier/popoli/pop1.html
in www: https://it.wikipedia.org/wiki/Mali