Bolzano, Göttingen, 19 ottobre 2005
L'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) ha definito
l'odierna pubblicazione del "primo Libro Bianco per la
democratizzazione della Cina" dell'Ufficio Stampa del Consiglio
Nazionale Cinese come un ripescaggio dei mali del socialismo
reale. Per l'APM, il Libro Bianco di fatto conferma l'assoluta
leadership del Partito Comunista che dovrà essere
mantenuta con ogni mezzo e la descrizione delle condizioni
vigenti nel paese sembra tratta da un libro di favole. In modo
alquanto sfacciato, il Libro Bianco sottolinea anche la
libertà di religione di cui godrebbero le minoranze
etniche in Cina, tacendo ovviamente le nuove ondate di
repressione messe in atto in particolar modo contro Tibetani e
Uiguri.
Di fatto, l'Autorità statale cinese per le religioni ha
ripreso già da aprile 2005 la sua campagna per la
rieducazione nei monasteri tibetani. Diversi monaci buddisti
fuggiti recentemente dal Tibet hanno raccontato delle espulsioni
di monaci e monache da monasteri buddisti: in giugno 44 monache
del monastero di Gyabdak sono state "invitate" a lasciare il
monastero poiché si erano rifiutate di farsi fotografare
dalle forze di sicurezza cinesi. In luglio altri 18 monaci del
monastero di Sera hanno dovuto lasciare il monastero
poiché durante i corsi di rieducazione non avevano
sostenuto la politica del Partito Comunista . Dall'inizio della
campagna di rieducazione in gennaio 1996 oltre 11.400 monaci e
monache buddiste sono stati espulsi dai loro monasteri.
Secondo le ricerche dell'APM la repressione religiosa procede
anche nella regione autonoma dello Xianjiang contro gli Uiguri
musulmani. Ai credenti viene impedito di recarsi in
pellegrinaggio alla Mecca, vengono chiuse moschee e bruciati
libri religiosi. Un esempio lampante del concetto di democrazia
dei governanti cinesi è dato dalla drastica censura di
siti web. Più della libertà d'informazione, la
leadership cinese teme proteste di massa spontanee favorite da
internet. Per questo motivo occupa circa 65.000 poliziotti con il
controllo e la manipolazione dei flussi di informazione in rete e
con la repressione di ogni critica. I detentori del potere in
Cina hanno evidentemente paura della propria popolazione e
così tentano di tacere la politica di repressione
facendola passare all'estero come processo di
democratizzazione.