Bolzano, Göttingen, 5 luglio 2005
In occasione del 70. compleanno del Dalai Lama l'Associazione
per i Popoli Minacciati (APM) accusa i politici dell'UE di
comportamento ipocrita sulla questione tibetana. Tutti i bei
discorsi e le lodi fatti al Dalai Lama in occasione del suo
compleanno costituiscono uno spettacolo indecente di fronte al
poco impegno dei politici per il raggiungimento di una soluzione
pacifica del conflitto in Tibet. Il silenzio dei politici di
fronte alla distruzione del Tibet non fa altro che accelerare la
scomparsa della cultura tradizionale tibetana.
L'APM critica il fatto che dopo nove anni dall'approvazione del
Parlamento Tedesco della risoluzione sul Tibet, il governo
rosso-verde non ha realizzato nemmeno una frase di quella
risoluzione: tra i vari aspetti considerati c'erano il sostegno a
un dialogo costruttivo tra il Dalai Lama e Pechino, la
liberazione del Panchen Lama rapito da Pechino e l'interruzione
del flusso migratorio verso il Tibet sostenuto dalla Cina. Anche
l'Unione Europea non reagisce alla crescente minaccia al Tibet
dovuta all'immigrazione cinese incoraggiata da Pechino, alla
distruzione della cultura tradizionale e alla limitazione
nell'esercizio della religione buddista.
Se la Comunità internazionale non vuole affrontare un
inasprimento del conflitto in Tibet, deve finalmente reagire e
impegnarsi nei confronti del governo cinese affinché dia
inizio a trattative credibili con il Dalai Lama. L'individuazione
di una soluzione pacifica è possibile solamente insieme al
Dalai Lama che ha ancora sufficiente influenza sulla popolazione
tibetana da convincerla ad accettare un modello di autonomia
elaborato insieme a Pechino. L'attuale regolamentazione per
l'autodeterminazione del Tibet esiste in realtà solo sulla
carta e qualsiasi decisione dipende tuttora dall'approvazione
dell'occupante cinese.
Da anni il Dalai Lama propone al governo cinese trattative
incondizionate, e gli ambasciatori del leader politico e
religioso si sono recati diverse volte a Pechino. Ma Pechino ha
sempre sminuito l'importanza di queste visite e non ha mai
ricevuto adeguatamente gli ambasciatori del Dalai Lama. Con la
morte del Dalai Lama i Buddisti tibetani rischieranno una rottura
definitiva visto che il governo cinese ha già annunciato
di voler intervenire nella scelta del prossimo Dalai Lama. Si
tratterebbe di un'intromissione in questioni religiose
inaccettabile per tutti i Buddisti tibetani.