Bolzano, Göttingen, 18 marzo 2008
L'Associazione per i Popoli
Minacciati (APM) accusa la Cina di voler risolvere con la
violenza la questione delle nazionalità sul suo
territorio. Rifiutando il dialogo con il moderato Dalai Lama e
accusandolo di essere il fautore delle proteste, il governo
cinese ha chiaramente dimostrato di voler inasprire ulteriormente
il conflitto. La strategia cinese da un lato viola i fondamentali
diritti umani e dall'altro mette in pericolo la stabilità
dell'intero paese. Per evitare il propagarsi delle proteste delle
nazionalità minoritarie il governo cinese ha ordinato il
coprifuoco notturno anche in due città della provincia di
Xinjiang, la cui popolazione è a maggioranza uigura.
Nel fine settimana le proteste della popolazione tibetana si
erano allargate anche alle provincia di Gansu, Qinghai e Sichuan,
a maggioranza cinese. Il governo cinese non potrà
però continuare a zittire Tibetani e Uiguri con la
violenza e Pechino deve accettare che alla lunga non ci
sarà alternativa al dialogo con il Dalai Lama e i
rappresentanti della popolazione uigura.
Da almeno dieci l'APM chiede alle autorità cinesi di
avviare finalmente un dialogo serio e credibile con il Dalai Lama
e mette in guardia dal pericolo di una escalation del conflitto
in Tibet. Le autorità cinesi non possono perdere
l'occasione del dialogo con l'attuale moderato Dalai Lama,
poiché l'attuale gioventù tibetana è molto
meno disposta ad accettare compromessi con il regime cinese.
L'altissima tensione in Tibet risulta evidente anche dalla
reazione dei Tibetani i quali, dopo giorni di proteste pacifiche,
hanno iniziato a lanciare sassi e ad armarsi di aste in
ferro.