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Tibet: situazione sempre più drammatica

Cinque persone si danno fuoco in una sola settimana

Bolzano, Göttingen, 14 agosto 2012

Il Monastero di Baiju nel distretto di Gyantse in Tibet. Foto: Gerhard Palnstorfer. Il Monastero di Baiju nel distretto di Gyantse in Tibet. Foto: Gerhard Palnstorfer.

L'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) mette in guardia dal drammatico aggravarsi della situazione in Tibet. Mai prima è successo che in una sola settimana cinque persone si siano date fuoco per protesta contro la politica cinese in Tibet. La comunità internazionale deve finalmente prendere sul serio questa disperata richiesta d'aiuto dei Tibetani e deve finalmente mettere sotto pressione la Cina affinché cambi la sua politica. Il rischio altrimenti è quello di un'escalation del conflitto in cui tutti - incluso il governo cinese - rischiano di perdere.

Lunedì 13 agosto due Tibetani della regione di Ngaba nella provincia di Sichuan si sono dati fuoco. Secondo i testimoni, le vittime sono un monaco del monastero di Kirti e un giovane Tibetano. Presumibilmente feriti gravemente, entrambi sono stati portati via dalle forze di sicurezza cinesi e non si è più saputo nulla del loro stato di salute. La settimana prima si era dato fuoco il monaco buddista Lobsang Tsultrim, anch'egli del monastero di Kirti. La stessa forma di protesta è stata usata lo scorso 7 agosto dalla Tibetana Dolkar Tso e tre giorni dopo, il 10 agosto, dal 24enne Nomade Choepa, morto il giorno dopo a causa delle gravi ustioni riportate.

Molti governi fanno tuttora finta di non vedere questa drammatica richiesta di aiuto oppure addirittura accusano i Tibetani di utilizzare questa forma di protesta per esercitare violenza. Qui però non si tratta di dare il proprio giudizio sulla pratica di darsi fuoco, ricorda l'APM. E' evidente che tutti noi ci auguriamo che nessuno scelga la morte volontaria, ma il drammatico aumento dei suicidi in Tibet ci mostra chiaramente quanto i Tibetani stessi considerino la propria situazione senza ormai alcuna speranza, e la comunità internazionale ne deve finalmente prendere atto.

Dal 2008 sono fortemente aumentate le persecuzioni nelle regioni a maggioranza tibetana. La repressione cinese riesce a reprimere ogni forma di protesta pubblica ma non riesce a evitare che molti Tibetani scelgano il suicidio come ultima e disperata via di uscita.