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INDICE
> PARTE I
> PARTE II / CAP. 1
> CAP. 2
> CAP. 3
> CAP. 4
> CAP. 5
> CONCLUSIONE
> LE FOTO
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Mauro di Vieste
3.1. IL PROBLEMA ARMENO
La spietata politica di Abdul Hamid II, non a caso soprannominato
il sultano rosso, dopo che l'ultimo focolaio nazionalista curdo
era stato spento, cambiò energicamente direzione. Ormai
c'era ben poco da reprimere in campo curdo e il problema
più grosso rimaneva quello degli Armeni, non perché
artefici di sistematiche rivolte ma piuttosto perché
rappresentavano un potenziale polo di attrazione per le potenze
straniere e per la loro ingerenza negli affari interni
dell'impero ottomano: questa paura non era infondata
poiché la penetrazione dei missionari europei era stata
capillare al punto da condizionare la politica ottomana
già durante la rivolta di Bedir Khan.
Prima di passare agli avvenimenti che, a torto, hanno reso agli
occhi del mondo i Curdi nemici giurati degli Armeni, diamo un
brevissimo sguardo alla storia del popolo armeno e ai rapporti
con il mondo islamico. Prima dell'avvento del cristianesimo, gli
Armeni adoravano tre divinità: Aramazt era il creatore di
tutto, Anahid rappresentava la giustizia, la saggezza, la
bellezza e la misericordia mentre Vahakn la forza e il potere.
Questa concezione religiosa si adattò in modo
assolutamente indolore alla nuova religione di Cristo che
presentava anch'essa una divina trinità.
L'Armenia fu evangelizzata già nel 33 d.C. e nel 301 d.C.
venne fondata la Chiesa Nazionale Armena, che incontrò non
poche difficoltà di sopravvivenza in un mondo inizialmente
pagano e successivamente musulmano. Fondata dagli apostoli San
Taddeo e San Bartolomeo, la Santa Chiesa Apostolica Armena ha
avuto da allora fino agli inizi del XX secolo, con una
successione ininterrotta 137 "Catholicos", i Supremi Pontefici,
residenti nell'"Etch-Miadzine", il grande monastero ai piedi
dell'Ararat. Tutti gli Armeni, all'epoca di Abdul Hamid,
appartenevano alla Chiesa Madre, tranne centomila fedeli
affiliati alla Chiesa Cattolica e Protestante.
Durante il periodo più prospero dell'impero ottomano,
cioè dal XVI al XIX sec. gli Armeni non avevano avuto
grossi problemi di convivenza etnica. Grazie alla riforma agraria
attuata dalla Sublime Porta, nel 1858 gli Armeni furono in grado
di divenire piccoli proprietari terrieri; da un lato ciò
migliorò notevolmente la condizione socio-economica della
comunità cristiana, ma dall'altro peggiorò i
rapporti con le tribù curde.
I primi problemi si presentarono durante la terza guerra
russo-turca del 1877-78, che vide i primi massacri armeni da
parte ottomana (ricordiamo che i Curdi non parteciparono alla
guerra se non con il piccolo contingente di Sheikh Obeidullah, di
cui abbiamo già parlato). Fu allora che il Patriarca
armeno di Costantinopoli chiese per la prima volta ad Abdul Hamid
una forma di autonomia per le province armene dell'impero. Ma
come abbiamo visto, il Sultano stava realizzando una politica
accentratrice, sintomo delle difficoltà che l'impero
ottomano incontrava nel mantenere il controllo su tutto il
proprio territorio, come dimostrerà l'umiliante pace di
Santo Stefano con la Russia (3 marzo 1878).
In questo contesto cominceranno a crescere le tensioni a livello
locale tra Curdi e Armeni; infatti nel 1890, ad un primo raid di
125 partigiani del Dashnak armeno (che trenta anni dopo troveremo
alleato del movimento indipendentista curdo) capeggiato da Sarkis
Googoonian e proveniente dalla Russia, ne seguirono altri, tutti
nel territorio dell'impero ottomano e contro tribù
curde.
Secondo Sarkisyanz, uno dei grossi problemi dell'Anatolia
settentrionale, dove convivevano Curdi e Armeni, era l'estrema
indigenza della popolazione, e chi si trovava in condizioni
migliori, era soggetto a pesanti esazioni tributarie da parte di
alcune tribù curde nomadi che non facevano distinzioni di
razza o religione, ma di ricchezza. Nella maggior parte dei casi
ad essere derubati erano i contadini armeni che si trovavano in
una condizione economica decorosa, ma la stessa sorte poteva
capitare anche ai pochi contadini sedentari curdi o turchi e
quindi musulmani. Durante l'ultimo decennio del XIX secolo la
politica di Abdul Hamid fu tesa ad esacerbare i confronti tra
Curdi ed Armeni, cosa che era chiara già al tempo delle
rivolte di Sheikh Obeidullah.
3.2. L'HAMIDIYE E LA PRIMA STRAGE
ARMENA
Nel novembre del 1890 il Sultano stabilì con un decreto la
creazione di un reggimento curdo di cavalleria, noto con il nome
di Hamidiye. I cavalieri curdi venivano reclutati nelle zone di
Erzurum, Bitlis e Van, che oltre ad essere i distretti di confine
con la Russia erano anche quelli che meno di tutti avevano dato
problemi all'impero; il resto del corpo era di origine turcomanna
come anche il comandante in capo, Zeki Pasha. Il reclutamento
delle forze veniva effettuato su base tribale ed i capi
tribù erano incaricati dalla Sublime Porta di fornire gli
uomini richiesti sia all'Hamidiye,nel qual caso dovevano
possedere un cavallo, sia all'esercito. Ma fin dal 1893, prima
ancora che l'Hamidiye fosse utilizzata in battaglia, alcuni
ufficiali curdi appartenenti al corpo furono scoperti a
collaborare con le forze armene.
Nel 1894 cominciarono i massacri voluti dal Sultano-Califfo ed
appoggiati dalle forze religiose islamiche a lui devote. La
scintilla fu la rivolta armena di Sassoon nel 1894, che era
scoppiata non per motivi religiosi, ma come segno del malcontento
armeno per i continui soprusi delle tribù curde contro le
quali erano iniziati sporadici atti di aggressione da parte di
partigiani armeni provenienti dalla Russia e guidati da Murat
Poyadjian.
Infatti molti Curdi a Sassoon come anche a Dersim, si schierarono
dalla parte degli Armeni e in altre occasioni fornirono armi e
munizioni ai ribelli. La spaccatura tra le forze dell'Hamidiye e
la popolazione civile curda era evidente, ma nonostante questo,
nel settembre del 1895, il piano della Sublime Porta aveva
raggiunto lo scopo: quasi duecentomila Armeni erano stati
massacrati in tutta l'Anatolia orientale.
I massacri terminarono improvvisamente nel febbraio 1896, segno
evidente che corrispondevano ad un disegno ben preciso del
Sultano: tra le preoccupazioni della Sublime Porta, forte era il
timore di una penetrazione russa in Anatolia giustificata proprio
dalla presenza dell'elemento armeno. La presenza armena divenne
un'arma per i Russi da usare per ottenere eventuali vantaggi
territoriali. Queste tensioni sfociarono infine nel massacro
armeno del 1915 perpetrato dal governo ottomano.
Tra gli ufficiali curdi dell'Hamidiye, Ibrahim Pasha, della
tribù Milli del sud dell'Anatolia, addirittura protesse
gli Armeni nel territorio da lui controllato, e gli stessi Armeni
parteciparono ad una sorta di associazione economica tesa a
favorire gli scambi con nuovi mercati che Ibrahim Pasha andava
creando sul suo territorio, con il tacito consenso del
Sultano.
Oltre all'Hamidiye, tra i progetti di Abdul Hamid c'era la totale
integrazione dell'elemento curdo nell'impero ottomano. Già
dopo la metà del XIX secolo praticamente tutti gli
affiliati della setta Sufi dei Qadiri avevano i loro contatti
alla corte del Sultano: per questo motivo la setta più
rivoluzionaria diventerà la Naqshebendi. Abdul Hamid
assicurò posti di riguardo a tutti i notabili curdi che se
non fossero stati dalla sua parte sarebbero stati certamente
contro di lui: Bahri Bey, figlio di Bedir Khan fu nominato
aiutante di campo del Sultano; Sheikh Abdul Qadyr, figlio di
Sheikh Obeidullah, divenne presidente del Senato ottomano nel
1908 e i discendenti di Abdur Rahman Baban ebbero posti
importanti nell'amministrazione e nell'università proprio
durante il sultanato di Abdul Hamid.
3.3. LA DETRIBALIZZAZIONE
A coronamento dell'opera di detribalizzazione, Abdul Hamid
distribuì titoli terrieri per legare ancor di più i
capi e le tribù curdi al sistema di esazione delle tasse e
facilitarne di conseguenza il controllo. Queste misure non ebbero
dappertutto lo stesso effetto: in alcune regioni prosperò
il fenomeno del banditismo e la continua mobilità di certe
tribù impedì l'efficace intervento dell'esercito
ottomano.
Le tribù che più erano soggette a questa forma di
"disobbedienza aggressiva" al potere centrale erano gli Hamavand,
i Jaf e i Barzani. Gli Hamavand controllavano la valle di Bazyan
a nord di Suleimaniya ed intrattenevano buoni rapporti con le
tribù arabe delle pianure. Originariamente provenivano da
Qasr-e-Shirin al confine con la Persia che cedette i diritti
sulla tribù all'impero ottomano durante gli anni trenta
del XIX secolo. Pochi anni dopo erano già in rivolta
contro la Sublime Porta, come lo erano sempre stati contro lo
Shah, e saccheggiavano regolarmente il territorio a sud di
Sulemaniya fino a Khanaqin.
Fino alla fine del secolo la situazione rimase problematica e
nessuna spedizione ottomana riuscì a sedare
definitivamente le continue rivolte. Nel 1880 alla storia si
aggiunse la leggenda: l'esercito ottomano in una imboscata
riuscì ad isolare una parte della tribù che venne
subito deportata in Tripolitania, ma in sei mesi fu in grado,
armi alla mano, di far ritorno alla propria terra. Durante i
primi anni del XX secolo la situazione peggiorò e gli
scontri con l'esercito ottomano divennero continui.
Nel 1910 il Sultano concesse la grazia ad alcuni Agha, ma la
tregua fu breve e subito dopo gli Hamavand assediarono Chamchamal
(tra Kirkuk e Suleimaniya) che fu liberata dopo una lunga
resistenza dalle truppe ottomane provenienti da Bagdad e con a
capo Nadim Pasha.
La situazione nella zona di Suleimaniya rimase critica fino allo
scoppio della prima guerra mondiale. La posizione strategica
degli Hamawand era simile a quella dei Jaf, che controllavano la
zona di Halabja: diverso però era il loro modo di
intendere la tribù. Tra gli Hamavand non emergeva nessun
leader e la tribù nel suo insieme era l'istituzione in cui
si riconoscevano tutti i membri, mentre per i Jaf esistevano
delle figure guida, come lo era Mahamoud Pasha per la parte
nomade della tribù.
I rapporti tra i Jaf e la Sublime Porta erano buoni soprattutto
perché l'esercito ottomano poteva sempre usare la
tribù come deterrente per le questioni di frontiera non
risolte con la Persia. Infatti i Jaf con altre tribù
parteciparono, tra il 1907 e il 1912, insieme all'Hamidiye e a
truppe regolari ottomane, agli scontri con l'esercito persiano
per la sistemazione di vecchie dispute di frontiera nella zona
del Kurdistan persiano ad ovest del lago Urmia.
Le contestazioni furono infine mitigate dalla formazione, nel
1913, di una nuova Commissione di Frontiera turco-persiana, alla
quale, a differenza della vecchia commissione del 1847,
partecipavano anche i rappresentanti di Gran Bretagna e Russia.
Questa presenza era giustificata dal recente accordo anglo-russo
del 1907 che assegnava alla Russia una sfera d'influenza sui
territori persiani a nord di Teheran e alla Gran Bretagna sulla
zona a sud di Teheran. La tribù Barzan rappresentava,
rispetto ai Jaf e agli Hamawand, un caso a parte in quanto si era
formata solo agli inizi del XIX secolo dalla fusione di altre
piccole tribù della zona a Nord-Est dell'attuale Iraq. Il
primo Sheikh della tribù Barzan, Taj-ad-Din, era un Sufi
ed aveva ereditato il potere da Maulana Khalid, esponente
dell'ordine Naqshebendi: questa circostanza guadagnò un
largo seguito alla tribù per i motivi esposti in
precedenza, e spiega il ruolo di primo piano giocato dai Barzani
nella storia del Kurdistan del XX secolo.
3.4. LE PRIME ORGANIZZAZIONI
Agli albori del XX secolo un nuovo fenomeno caratterizzò
la vita politica sia curda, sia ottomana: si trattava della
nascita di una classe media curda, risultato della politica di
integrazione voluta da Abdul Hamid. Si trattava di una classe
borghese discendente dai principi curdi che avevano combattuto
l'impero ottomano durante tutto il XIX secolo, e che si era
formata a Costantinopoli dove si respirava aria di rivoluzione e
di nazionalismo e dove era possibile il contatto con le idee
borghesi provenienti dall'Europa.
Nell'aprile del 1898 nacque al Cairo "Kurdistan", il primo
giornale curdo, pubblicato in due lingue, turco e curdo. Il
fondatore era Midhat Bedir Khan, uno dei figli dell'emiro Bedir
Khan, la cui famiglia avrà un ruolo di primissimo piano
nelle vicende dell'inizio del secolo. Cerchiamo in questo schema
di riassumere la genealogia dell'emiro. Tra i figli più
noti di Bedir Khan c'erano Osman e Hussein che diressero la
rivolta di Sheikh Obeidullah del 1880: Hussein venne giustiziato
nel 1910 dal governo ottomano; Midhat fondò "Kurdistan",
il primo giornale curdo; Kiamil si alleò con i Russi,
sarà nominato "vali" di Erzurum nel 1917 e dopo la
rioccupazione ottomana vivrà a Tiflis, in Unione
Sovietica; Khalil sarà nominato "vali" di Malatiya;
Hassan, candidato alle elezioni del 1910 con il fratello Hussein,
dopo essere stato eletto, venne arrestato e torturato in carcere,
rimanendo mezzo sordo; Abdur Rahman pubblicò "Kurdistan"
dopo Midhat; Bahri collaborò alla rivolta di Sheikh
Obeidullah; Emin Ali, giurista, fu uno dei fondatori
dell'Associazione per lo Sviluppo e il Progresso del Kurdistan
nel 1908; Souleiman venne ucciso dalla polizia durante gli
scontri del 1912 in Bothan. Tra i nipoti più in vista di
Bedir Khan c'erano Abdur Razzak, figlio di Nejib, che uccise il
governatore di Costantinopoli e sarà a sua volta
assassinato a Mosul nel 1918; Sureya, figlio di Emin Ali,
pubblicò "Kurdistan" dopo lo zio Abdur Rahman; Djeladet,
figlio di Emin Ali, avrà un ruolo di primo piano nel
comitato Khoyboon durante la rivolta dell'Ararat; Kamuran, figlio
di Emin Ali, continuerà l'attività giornalistica
dei fratelli.
Il "Kurdistan" ebbe una vita travagliata fin dall'inizio: Midhat
venne sostituito dal fratello Abdur Rahman che lo
pubblicherà prima a Ginevra, poi a Londra, in ultimo a
Folkestone, dopodiché ricomparirà al Cairo durante
la prima guerra mondiale, pubblicato da Sureya Bedir-Khan, nipote
del fondatore.
Nel 1890, contemporaneamente alla nascita delle idee nazionaliste
curde, prendeva vita a Costantinopoli un nuovo partito
progressista, il "Comitato Unione e Progresso", tra i cui
fondatori c'erano due Curdi, Ishak Sukuti e Abdullah Cevdet e al
quale si associò Abdul Qadyr, figlio di Sheikh
Obeidullah.
Il C.U.P. tenne il suo primo congresso a Parigi nel 1902, con la
partecipazione di Abdur Rahman Bedir Khan e Hikmet Baban: quindi
nei primi anni di vita, il nazionalismo curdo si confondeva con
il nazionalismo turco, tanto che il "nuovo partito" divenne il
polo di attrazione di tutti gli intellettuali della
Costantinopoli più rivoluzionaria, ma anche di alcuni
ufficiali della "Armata di Macedonia" tra cui Mustafa
Kemal.
Al congresso di Parigi del 1902 era presente anche una
rappresentanza armena che era favorevole ad un diretto intervento
europeo che garantisse le riforme necessarie all'impero. La
questione provocò una spaccatura nel congresso, tanto che
emersero un'ala liberal-ottomana, capeggiata dal principe
Sabaheddin (1877-1948), ed una puramente nazionalistica con a
capo Ahmed Riza, il quale, pur appoggiando il processo di
occidentalizzazione dell'impero, riteneva che gli interessi delle
potenze europee non erano compatibili con quelli ottomani, e
quindi bisognava difendere l'indipendenza a tutti i costi.
Il C.U.P. si opponeva alla politica assolutista di Abdul Hamid,
che aveva sospeso la costituzione del 1876 e sciolto il
Parlamento nel 1878, ma al successivo congresso di Parigi del
1907, riemersero con forza le voci del nazionalismo turco e le
riforme liberali passarono in secondo piano.
Il sollevamento delle truppe di Macedonia nel luglio 1908 impose
al Sultano il ristabilimento della Costituzione e tutti i
notabili curdi in esilio ottennero di poter tornare a
Costantinopoli. In questa occasione Sheihk Abdul Qadyr venne
nominato presidente del Senato ottomano, ed insieme a Emin Ali
Bedir Khan, Sherif Pasha e Ahmed Zulfiq, fondò
l'"Associazione per lo Sviluppo e il Progresso del Kurdistan":
nell'autunno del 1908, gli stessi fondarono anche una
associazione meno politica e più culturale,
l'"Associazione per la diffusione della cultura curda", aprendo
anche una scuola curda a Costantinopoli.
Durante lo stesso periodo venne pubblicato sempre dal gruppo di
Emin Ali il "Giornale del Progresso e del Mutuo Aiuto Curdo", tra
le cui pagine veniva sviluppato il discorso sull'importanza della
letteratura curda non scritta e sulla "necessità di
acquisire e mettere a punto una nuova lingua scritta, chiave
dell'educazione e della civilizzazione".
Durante questi mesi la vita politica conobbe un certo liberalismo
e tutti gli esiliati politici curdi fecero ritorno anche se
costretti a soggiornare a Costantinopoli; inoltre vennero aperti
altri club curdi a Bagdad, Mosul, Diarbekir, Bitlis, Erzurum e
Mus. Una delle prime conseguenze di tanto rapido successo dei
club curdi fu la spaccatura della leadership tra la famiglia
Bedir Khan e Sheikh Abdul Qadyr con i suoi seguaci, spaccatura
che indebolì il movimento proprio sul nascere: Abdul Qadyr
subito dopo pubblicò un proprio giornale, il "Sole
Curdo".
Nell'aprile del 1909, dopo meno di un anno di politica
relativamente liberale, i "giovani turchi" intrapresero il loro
cammino ultra-nazionalista: la scintilla fu la controrivoluzione
tentata dai fedeli del Sultano con l'appoggio dei Curdi della
tribù Milli. Il tentativo del Sultano fallì, e
Abdul Hamid venne deposto: i "giovani turchi" eliminarono anche
tutte le opposizioni, partendo proprio da giornali, associazioni
e scuole curdi. Alcuni intellettuali curdi furono arrestati, e
molti dovettero tornare in esilio per evitare le persecuzioni del
governo ottomano. Con la controrivoluzione del 1909, tramontava
il Sultanato sotto i colpi del nazionalismo emergente dei
"giovani turchi": tramontava anche il breve sogno curdo di una
patria comune per Curdi e Turchi.
3.5. GLI ANNI CHE PRECEDONO LA GUERRA
Nonostante l'impero ottomano avesse vissuto un periodo di
liberalismo grazie alla rivoluzione dei "giovani turchi", in
Kurdistan le rivolte erano continuate ugualmente. Durante tutto
il 1909 aveva avuto luogo la rivolta del Dersim che
terminò alla fine dell'anno, rimanendo però
localizzata.
Contemporaneamente si sviluppò una rivolta ben più
vasta nella zona di Mosul e Suleimaniya, guidata da Sheikh
Mahamoud Barzandji, lo stesso che, subito dopo la prima guerra
mondiale, si dichiarerà re del Kurdistan. Sheikh Mahamoud
era alleato delle tribù Barzan e Zibar, e forte di questo
appoggio militare, reclamò il controllo amministrativo
dell'area in questione, che sarebbe stata da lui governata come
sovrano indipendente.
Il IV e il VI corpo d'armata ottomano, inviati contro i ribelli,
non riuscirono a sedare la rivolta, e quindi la Porta ricorse ad
un compromesso, nominando governatore di Suleimaniya un parente
di Sheikh Mahamoud. La rivolta venne così domata, ma gli
avvenimenti della primavera del 1909 cambiarono nuovamente il
quadro politico ottomano. Abdul Hamid era stato destituito in
seguito al fallimento della controrivoluzione del 26 aprile e gli
era successo Mehmed V, che rimarrà al potere fino al
1918.
Dopo pochi mesi i Barzan (da non confondersi con Barzindja)
scesero nuovamente in guerra sotto il comando di Sheikh Abdul
Salam. Le forze ottomane vennero nuovamente sconfitte, e in breve
tutto il Kurdistan meridionale si rivoltò contro la
Sublime Porta. Tra le richieste di Abdul Salam c'erano
l'applicazione di riforme amministrative ed economiche e
l'ufficializzazione della lingua curda nella regione del Badinan
(Amadiya). Il governo ottomano temporeggiò, fece delle
promesse non mantenute, fino a quando riuscì a catturare e
giustiziare Sheikh Abdul Salam a Mosul nel 1914.
La rivolta di Bitlis, scoppiata nella primavera del 1910 e
guidata da Selim Ali e Moussa Bey, venne subito stroncata,
poichè era rimasta isolata, al contrario di ciò che
succedeva a sud, dove la ribellione era abbastanza estesa.
Preoccupato dell'evolversi della situazione in Kurdistan e fuori,
dove gli yemeniti in rivolta avevano mostrato una certa simpatia
per la causa curda, il governo ottomano fece un passo indietro e
adottò una politica più flessibile nei confronti
dei movimenti curdi. Nel 1912 venne legalizzata la società
segreta "La speranza curda" che era stata fondata due anni prima
da un gruppo di studenti tra cui Khalil Khayali Omar, Khadri
Djenil Zade, Fouad Temo di Van e Zeki Effendi di Diarbekir.
Il presidente della "Speranza curda" era Khalil Hassan Motki,
membro del parlamento ottomano, mentre l'ideologo era il dott.
Chukru Mehemed Sekban, che in seguito divenne un sostenitore
dell'idea che la formazione di uno stato curdo indipendente
avrebbe avuto degli effetti disastrosi rispetto ai reali
interessi del popolo curdo e che l'unica via rimaneva
l'integrazione.
La Società pubblicò anche un quotidiano a partire
dal 1913, "Il giorno curdo", che l'anno dopo fu ribattezzato "Il
sole curdo". L'attività della Società fu intensa e
tra i programmi, oltre alla riforma dell'alfabeto curdo, c'era la
propaganda di idee nazionaliste tra i lavoratori, soprattutto a
Costantinopoli, e i giovani che finanziavano le diverse
attività dell'associazione: perciò si ritiene che
"La speranza curda" fosse la prima organizzazione politica curda
con una struttura centralizzata. Contemporaneamente a "Il giorno
curdo" venne fondato "La vita", ennesimo giornale a sfondo
politico: tra i redattori c'erano Memdouh Selim e Kemal Fewzi,
che sarà giustiziato a Diarbekir nel 1925 per aver
attivamente partecipato alla rivolta di Sheikh Said. Durante il
1912 venne creata a Costantinopoli una "Associazione degli amici
del Kurdistan", che doveva occuparsi della diffusione delle
rivendicazioni curde tra l'opinione pubblica. Contemporaneamente
il deputato curdo Lutfi Fikri, da una scissione del C.U.P.,
fondò il "Partito del rinnovamento", che portò
avanti idee abbastanza rivoluzionarie per il tempo: il programma
veniva esposto sull'organo di stampa del partito, "L'opinione",
il cui direttore era Abdullah Cevdet (uno dei fondatori del
C.U.P.), intellettuale che rappresentava la contraddizione della
convivenza tra nazionalismo curdo e turco. Cevdet, nazionalista
curdo, era anche sostenitore del progresso a qualunque costo per
la società in cui viveva: per questo motivo vedeva nella
religione un pericolo ed affidava allo stato l'azione
civilizzatrice per una moderna società. A livello di
élite, non esistevano quindi grandi differenze tra Curdi e
Turchi: la realizzazione delle riforme predicate da Cevdet ebbe
successo presso i Turchi, poichè Kemal disponeva di un
apparato statale centralizzato, mentre le élite curde
restavano sottomesse ai capi tribali, che combattevano invece per
la conservazione. Questo periodo di ripresa della vita politica
curda segnò il passo nella primavera del 1913, quando i
giovani turchi presero formalmente il potere con il triumvirato
Talaat-Djemal-Enver, che l'anno dopo, al fianco della Germania,
parteciperà alla prima guerra mondiale.
3.6. LA PRIMA GUERRA MONDIALE
L'avventura nazionalistica di una guerra al fianco della Germania
si rivelò l'ultimo atto dell'impero ottomano, le cui
spoglie erano già state divise prima che la guerra
finisse. La Sublime Porta non era preparata militarmente per
affrontare una guerra e a nulla valse la dichiarazione della
Jihad da parte del Sultano-Califfo: ma oltre ai Turchi, anche
Curdi e Armeni pagarono col sangue il sogno folle del triumvirato
Enver-Talaat-Djemal.
La partecipazione alla guerra da parte delle tribù curde
non fu uniforme: le tribù del Kurdistan meridionale
parteciparono in minima parte, e quelle del Dersim la
boicottarono. Invece sul fronte russo ci fu un massiccio impiego
di forze curde reclutate in Anatolia, dove la coscrizione era
più semplice da imporre che non al sud e ci fu
naturalmente l'impiego dell'Hamidiye. Notizie più precise
sulla partecipazione dei Curdi in guerra non sono disponibili
nella letteratura occidentale, in parte perchè vengono
identificati come musulmani sia i Turchi sia i Curdi e le altre
minoranze islamiche, in parte perchè c'era un elemento di
identificazione politica tra la nuova élite curda e il
movimento di rinnovamento politico sociale che faceva capo al
C.U.P.
3.7. IL GENOCIDIO ARMENO
Le ostilità della prima guerra mondiale cominciarono l'1
novembre 1914 ed il "casus belli" fu l'attacco ai porti russi del
mar Nero di due navi ex-tedesche, vendute all'impero ottomano,
cui seguì l'invasione dell'Anatolia nord-orientale da
parte russa.
Il fronte anatolico, grazie alla rinnovata terza armata, era
stato ben rinforzato da Enver, che ricopriva la carica di
Ministro della Difesa. Una questione che è rimasta poco
chiara è la posizione degli Armeni nei confronti
dell'eventuale conflitto russo-turco. Secondo alcuni autori, gli
Armeni dell'impero ottomano avevano una evidente simpatia per i
Russi, e questo avrebbe sicuramente reso difficoltose le
operazioni di guerra nei territori armeni. Secondo altri, invece,
il comportamento degli Armeni, sia prima sia durante la guerra,
fu abbastanza leale verso l'impero ottomano.
Certo è che i rapporti fra Armeni e C.U.P. prima della
guerra erano buoni, poichè i cristiani avevano una
rappresentanza in Parlamento (ripristinato nel 1908) e lo stesso
Enver aveva partecipato all'ottavo congresso del partito armeno
Dashnak tenutosi ad Erzurum nell'agosto 1914. Enver avrebbe
voluto che il Dashnak organizzasse delle bande che penetrassero
in Transcaucasia, ma i dirigenti armeni rifiutarono: ciò
accrebbe i sospetti di Enver.
A guerra iniziata non esisteva alcun sentore di ciò che
sarebbe successo agli Armeni nel giro di un anno. Ciò che
sconvolse i piani dei "giovani turchi" fu la lenta ma inesorabile
avanzata dei Russi fino a Kars e l'annientamento della terza
armata, decimata dal freddo e dal tifo. Fu a questo punto che
cominciò a prendere forma l'idea dello sterminio: eventi
che erano stati considerati normali fino allo scoppio guerra,
assumevano ora un'altra portata.
I piccoli atti di terrorismo da parte armena rientravano da tempo
nella "normalità", come "normali" erano gli scontri tra
Curdi ed Armeni. Questi fatti, uniti alla versione falsa che era
stata data dai rappresentanti del governo sui risultati del
congresso di Erzurum, secondo cui gli Armeni in ogni caso
avrebbero appoggiato i Russi nella loro avanzata in cambio
dell'appoggio per la costituzione di uno stato indipendente,
furono la molla che fece scattare inizialmente la propaganda
anti-armena. L'elemento più influenzabile da questa
propaganda era quello curdo, che divideva con l'elemento armeno
buona parte dell'Anatolia nord-orientale; il fanatismo religioso
esasperato dalla dichiarazione della Jihad (novembre 1914), fece
il resto. Nel febbraio 1915 cominciarono le provocazioni di
massa, organizzate da un Comitato per le Deportazioni, con a capo
Midhat Shukru, ed eseguite dalla polizia locale con l'aiuto di
irregolari, in gran parte delinquenti comuni senza una precisa
estrazione etnica. I militari armeni che combattevano
nell'esercito ottomano, furono allontanati dal fronte, impiegati
nella costruzione di strade o ferrovie (era in costruzione la
Berlino-Bagdad) e poi fucilati a gruppi.
Nell'aprile 1915 scattarono le deportazioni di massa e il
pretesto fu un incidente a Zeytun dove rimasero coinvolti una
ventina di giovani armeni e il distaccamento di polizia locale:
venne subito dato l'ordine di deportare l'intera cittadinanza. Ma
l'incidente che venne usato ufficialmente dal governo per
dimostrare che era in atto una diffusa ribellione armena, fu la
difesa di Van da parte di un gruppo di irregolari armeni che, in
seguito ai ripetuti soprusi ordinati nelle ultime settimane da
Jevdet, nuovo governatore di Van e cognato di Enver, avevano
deciso la resistenza ad oltranza visto che il loro destino era
ormai segnato.
Gli Armeni riuscirono a resistere fino all'arrivo dei Russi in
maggio e quando l'esercito ottomano, in luglio, fu in grado di
riconquistare le posizioni perdute, più di
centocinquantamila Armeni passarono dalla parte russa.
Il programma di deportazione scattò a metà maggio
con un decreto del Consiglio dei Ministri che nelle apparenze
dava un volto di legalità all'operazione, garantendo la
salvaguardia dei beni e della stessa vita dei deportati. Le cose
andarono altrimenti: le numerose testimonianze confermano che si
trattò di un vero e proprio genocidio. A nulla valsero le
accuse congiunte di Francia, Gran Bretagna e Russia contro la
feroce politica del governo ottomano, come anche le proteste
dell'ambasciatore americano Morgenthau e dello stesso
ambasciatore tedesco von Wolff-Metternich, che accusava, fra
l'altro, il governo ottomano di consapevole sabotaggio degli
sforzi bellici destando così il sospetto che ci fosse
l'intenzione di perdere la guerra.
La notte del 24 aprile, in seguito ai fatti di Van, vennero
arrestati a Costantinopoli 650 Armeni, che rappresentavano
l'élite politico-culturale della capitale ottomana: da
quella data in poi, gli ordini di deportazione scattarono per i
vilayet di Trebisonda, Erzurum, Bitlis, Diarbekir, Kharput e
Sivas. Il governo scelse i percorsi che dovevano seguire le
colonne dei deportati e le destinazioni finali che in genere
erano le zone desertiche della Siria e della bassa
Mesopotamia.
Dove possibile, cioè nei centri più remoti e meno
popolati, venne uccisa l'intera popolazione dei villaggi armeni;
la maggior parte degli uomini validi vennero uccisi in piccoli
gruppi al momento della cattura, così che le colonne di
deportati erano formate quasi esclusivamente da donne, vecchi e
bambini.
Le deportazioni si trasformarono in sicuro metodo di sterminio,
poichè sotto il sole estivo, senza acqua e con misere
razioni di cibo, solo poche persone arrivarono a destinazione. Le
squadre speciali (chetes) addette alle deportazioni, non fecero
nulla per difendere i deportati dalle violenze esterne perpetrate
più che altro da bande di irregolari musulmani (Curdi,
Arabi e Turchi) incitate dalla propaganda governativa antiarmena.
D'altra parte tutti i tentativi di soccorrere gli Armeni da parte
della popolazione civile musulmana (ed è forse il caso di
sottolineare che anche i Curdi facevano parte dei soccorritori),
vennero severamente puniti dalle forze di polizia.
Dei circa 1.200.000 Armeni che abitavano l'Anatolia orientale,
trecentomila trovarono rifugio in Russia e solo cinquantamila
sopravvissero alla deportazione. Tutto ciò fu completato
in poco più di tre mesi e alla fine del luglio 1915,
l'ordine fu esteso anche alla Cilicia, dove, vista la lontananza
dal fronte, non poteva essere invocato il pericolo armeno per lo
svolgimento delle operazioni militari. L'ultimo ordine di
massacro arrivò durante l'estate 1916 per gli Armeni che
erano stati deportati nei campi di raccolta lungo le rive
dell'Eufrate e della ferrovia Costantinopoli-Bagdad.
Alla fine del 1916 erano stati massacrati 1.200.000 Armeni: i
sopravvissuti, circa seicentomila, erano quelli che avevano
trovato rifugio in Russia, coloro che erano riusciti ad
organizzare una strenua difesa ad Urfa, Shabin-Karahisar,
Musa-Dagh ed erano poi stati tratti in salvo dalle forze
dell'Intesa e infine quelli che erano stati tenuti nascosti da
amici curdi e turchi, nonostante l'espresso divieto del governo.
Si era consumato il primo genocidio del XX secolo.
3.8. LE OPERAZIONI DI GUERRA
Il fronte anatolico fin dallo scoppio della guerra assunse una
particolare importanza poichè in quell'area si scontravano
sia gli interessi dei Russi, che oltre alla conquista
dell'Armenia e del Kurdistan settentrionale, cercavano lo sbocco
nel Mediterraneo tramite il controllo di Costantinopoli, sia
quelli degli Unionisti le cui ambizioni nazionalistiche
panturaniane miravano non solo a recuperare i confini dell'impero
precedenti alle amputazioni stabilite al congresso di Berlino del
1878, ma puntavano alla conquista dei territori abitati da Turchi
nel Caucaso e nell'Asia Centrale. Il genocidio del popolo armeno
fu in parte causato dalle forti tensioni provocate da queste
folli aspirazioni. Ciò che è meno noto è che
anche i Curdi furono soggetti a deportazioni: il fine del C.U.P.
era di evitare che i Curdi dopo la guerra, tornassero in un
territorio la cui importanza strategica per l'impero ottomano era
aumentata in seguito alla dura sconfitta di Sarikamis.
Le cifre disponibili variano da 100.000 a 700.000 Curdi deportati
durante l'inverno tra il 1916 e il 1917, il che significa
praticamente massacrati date le rigide condizioni climatiche
descritte dai testimoni oculari.
La pressione russa sul fronte del Caucaso doveva servire a
distogliere l'attenzione delle truppe ottomane dai Dardanelli per
facilitare alla Gran Bretagna la conquista di Costantinopoli;
l'impero ottomano sarebbe uscito dalla guerra e questo avrebbe
facilitato alle truppe britanniche il controllo del Mediterraneo,
la salvaguardia delle posizioni egiziane e l'invio di
rifornimenti alla Russia attraverso il mar Nero, anche se gli
Inglesi avevano sperato fino in fondo nella neutralità
della Sublime Porta.
Le operazioni cominciate nel febbraio 1915 dalla Gran Bretagna
non ebbero successo data la massiccia presenza di truppe ottomane
nella zona degli Stretti; il 25 aprile gli Inglesi cominciarono
le operazioni di terra, sbarcando a Gallipoli con l'ausilio di
truppe australiane, neozelandesi e francesi. Durante l'estate gli
Alleati tentarono nuovamente di forzare i Dardanelli, ma anche
questo tentativo fallì: in dicembre gli Inglesi riuscirono
ad attestarsi sulla riva occidentale della penisola di Gallipoli,
ma nonostante ciò la situazione rimase statica. Nel
gennaio 1916, dopo aver subito pesanti perdite, le truppe Alleate
furono costrette a lasciare Gallipoli: il tentativo di
conquistare Costantinopoli non era riuscito.
Il fronte della Mesopotamia vide il maggior impegno delle forze
inglesi che dovevano proteggere i campi petroliferi persiani, e
possibilmente arrivare fino a Mosul e Kirkuk, dove da poco si era
scoperto il petrolio: la presenza di tribù arabe nelle
zone petrolifere a sud della Persia conferiva particolare
importanza a questo fronte, poichè forte era il timore che
queste popolazioni aderissero alla Jihad. Dopo la conquista
inglese di Basra e di Fao nel novembre 1914, gli Inglesi, sotto
il comando del generale Townshend non riuscirono a sfondare il
fronte ottomano di Bagdad, cosa che avrebbe permesso il
congiungimento alle forze russe.
Alla fine del 1915 il comando delle forze di Bagdad venne preso
dal generale tedesco von der Goltz ed Enver fu in grado di
spostare alcuni contingenti dal fronte anatolico per rafforzare
quello iracheno. La lenta avanzata inglese fu così
bloccata a Kut e nell'aprile 1916 l'esercito ottomano fu in grado
di infliggere una pesante sconfitta all'esercito britannico.
Enver decise quindi di lasciare una sola brigata a Bagdad per
spostare il resto dell'armata nuovamente sul fronte anatolico;
gli Inglesi passarono il resto dell'anno a riorganizzare le forze
e soprattutto a migliorare le vie di comunicazione: fu
così ampliato il porto di Basra, costruiti canali, strade
e ferrovie di collegamento con il porto e migliorata la
navigazione di tutto il basso Tigri e dello Shatt-al-Arab. Solo a
questo punto gli Inglesi, sotto il comando del generale Maude,
considerarono la possibilità di attaccare, poichè
l'esercito russo, dopo la riconquista ottomana di Van alla fine
dell'estate 1916, non era più in grado di congiungersi a
quello inglese in Mesopotamia. Le operazioni cominciarono in
dicembre, e gli Inglesi, seppur lentamente, furono in grado di
avanzare; nel febbraio del 1917 ripresero Kut, dove erano stati
sconfitti un anno prima, e l'11 marzo entrarono a Bagdad senza
che fosse opposta loro una gran resistenza.
La mossa successiva fu quella di tentare di ricongiungersi con le
truppe russe, ma il caldo eccessivo prima, la morte di Maude
dopo, bloccarono gli Inglesi a Bagdad. La rivoluzione russa,
impedì una sostanziale collaborazione dell'esercito
zarista all'avanzata inglese verso il Nord: le truppe britanniche
procedettero ugualmente, e agli inizi di ottobre arrivarono alle
porte di Mosul, che fino all'armistizio rimase in mani turche. I
primi contatti tra la popolazione curda e gli Inglesi si ebbero
nella primavera del 1918 a Suleimanya, dove venne organizzato un
incontro tra notabili locali e rappresentanti dell'esercito
britannico: in tale occasione Sheikh Mahamoud Barzindja,
portavoce dei notabili della città, iniziò le
trattative per un mandato inglese sul Kurdistan.
Dopo la firma del trattato di Brest-Litovsk nel marzo 1918 tra la
Germania ed il nuovo governo sovietico, la Sublime Porta non fece
segreto del suo programma panturanico: i sovietici cedevano
all'impero ottomano i distretti di Kars, Ardahan e Batum e la
presenza turca nella regione caucasica venne favorita dalla
popolazione azera, mentre la Georgia preferì una alleanza
politico-economica con la Germania. L'esercito inglese non
disponeva di forze sufficienti per affrontare una campagna
militare nel Caucaso; fu così che il generale
Dunsterville, comandante della spedizione, si avvalse della
collaborazione di forze assire disponibili in Persia.
Le comunità assire erano principalmente due: una viveva in
Persia nei pressi del lago Urmia e l'altra, la tribù Jelu,
formata da 25.000 persone, per lo più guerrieri, viveva
tra i monti Zagros ed il lago Van. Quest'ultima tribù
aveva raggiunto il lago Urmia temendo le ritorsioni delle
tribù curde della loro regione, Barwar, Artush, Chal e
Oramar, in seguito alla collaborazione assira con i Russi.
Il reggimento inglese, noto con il nome di "Dunster Force",
rinforzato da 20.000 assiri, quasi tutti della tribù Jelu,
arrivò a Baku a metà agosto 1918, ma al primo
scontro con l'esercito ottomano dovette ritirarsi, poichè
sprovvisto di qualunque copertura. L'esercito ottomano
conquistò Baku, ma non fu in grado di preparare l'avanzata
verso l'Asia centrale, e realizzare così il sogno
panturanico, poichè dopo pochi mesi terminò la
guerra. Il generale Dunsterville fece ritorno alle postazioni
inglesi in Mesopotamia, ma non avvenne la stessa cosa per gli
assiri, i quali correvano un grave pericolo sia se fossero
tornati nella loro zona d'origine in territorio ottomano, sia
nella nuova dimora in Persia: una unità Jelu, sotto il
comando di Agha Petros, decise di seguire gli Inglesi, mentre il
grosso della tribù, sotto il comando sia spirituale sia
temporale del Mar Shimun (titolo ereditario dei capi religiosi
assiri) decise di far ritorno in Persia. Una volta arrivati, il
Mar Shimun chiese di parlare con Ismail Agha, conosciuto come
Simko, capo della potente tribù curda degli Shikak, per
discutere sulla sistemazione degli assiri: il risultato fu
l'assassinio del Mar Shimun da parte di Simko e il massacro degli
assiri.
Il popolo assiro veniva così in gran parte distrutto nel
1918, anche se il totale annientamento avverrà nel 1933 in
Iraq. Tutti gli assiri che rimasero, un terzo circa della
popolazione di prima della guerra, furono raccolti dagli Inglesi
e portati insieme a 20.000 Armeni nel campo profughi di Baquba in
Mesopotamia nel settembre 1918.
Sul fronte egiziano la dichiarazione della guerra santa (Jihad)
da parte del sultano Mehemet V, ebbe una grossa eco, e
soprattutto i Senussi libici condussero una guerriglia
ininterrotta contro le truppe inglesi ed italiane, fino alla fine
del 1916, quando gli Inglesi occuparono l'oasi di Siwa, che era
la base di partenza dei ribelli .
Alla fine del 1914, fu deposto il Khedive egiziano, che aveva
garantito alla Sublime Porta la collaborazione musulmana; la
forte presenza militare inglese in Egitto non concesse alcuno
spazio ad eventuali rivolte nel nome dell'Islam. L'esercito
ottomano non riuscì quindi ad utilizzare il richiamo della
Jihad per contrastare la lenta ma inesorabile avanzata
dell'esercito inglese oltre Suez, che aveva visto la prima
affermazione britannica. Alla fine del 1916 venne ricostituita la
Settima Armata Ottomana, battezzata "Yildirim" e posta sotto il
comando del generale tedesco von Falkenhayn, affiancato da
Mustafa Kemal. Un primo tentativo inglese di forzare il fronte in
Palestina fallì (gli Inglesi furono respinti da Gaza nel
marzo 1917, dopo che l'avevano conquistata due mesi prima). Dopo
aver sostituito il generale Murray con Allenby, l'esercito
inglese riprese l'avanzata, appoggiato dagli Arabi dell'Hejaz;
agli inizi di novembre fu conquistata S. Giovanni d'Acri ed il 9
dicembre il generale Allenby entrò a Gerusalemme.
Djemal Pasha, che era stato nominato governatore della Siria,
lasciò Damasco per Costantinopoli come fece anche Kemal;
von Falkenhayn rimase solo sul fronte palestinese, dove
resistette fino al 18 settembre 1918, quando gli Inglesi vinsero
la battaglia decisiva a Mejiddo ed occuparono la Siria. Su questo
fronte era stata preziosa la collaborazione di Sherif Husayn
della Mecca, che nel giugno 1916 aveva dichiarato guerra
all'impero ottomano, iniziando così la "rivolta araba" in
cambio della promessa inglese per la formazione di uno o
più stati arabi indipendenti. La rivolta araba
garantì la collaborazione con le truppe inglesi, durante
tutta l'avanzata dal Sinai a Damasco, della popolazione araba:
inoltre parte dell'esercito arabo, guidato dai figli di Husayn
Abdullah, Ali e Zaid, assunse il controllo dell'Hejaz e dei porti
sul Mar Rosso; l'altra parte, guidata da Faysal, terzo figlio di
Husayn, si mosse verso nord fino a ricongiungersi a Damasco con
il grosso delle truppe inglesi nell'ottobre 1918.
Solo Mustafa Kemal riuscì ad impedire che le truppe
anglo-arabe passassero l'ultimo fronte ottomano ad Aleppo, cosa
che avrebbe aperto le porte dell'Anatolia. La guerra finì
il 30 ottobre 1918, ma l'Anatolia rimase sotto il controllo
ottomano e ben presto diventò il centro del nazionalismo
turco, che conservava ancora delle forze intatte sia in Anatolia
sia nella regione caucasica.
3.9. ACCORDI E TRATTATI DURANTE LA
GUERRA
Subito dopo lo scoppio della prima guerra mondiale, le Potenze
Alleate svolsero un'intensa attività diplomatica: gli
accordi intercorsi tra Francia, Italia, Gran Bretagna, Grecia e
Russia rimasero segreti e la maggior parte di questi trattavano
della spartizione dell'impero ottomano. Se da una parte la
neutralità della Porta sarebbe stata la soluzione ideale
per gli Alleati, è pur vero che tutti avevano qualcosa da
guadagnare dallo smembramento dell'impero islamico.
Il primo degli accordi stipulati nel corso della guerra, fu
firmato da Francia, Russia e Gran Bretagna nel marzo 1915 ed
è conosciuto come "accordo di Costantinopoli". Francia e
Gran Bretagna riconoscevano le aspirazioni russe sugli Stretti ed
alcune zone adiacenti, su Costantinopoli e sull'Armenia, lungo
una linea a sud che comprendeva Van e Bitlis; la Russia
acconsentiva alla liberalizzazione degli Stretti e riconosceva le
aspirazioni anglo-francesi nell'impero ottomano ed infine
ribadiva gli accordi con la Gran Bretagna del 1907 sulle zone di
influenza in Persia, sebbene con ampliamenti strategici (a favore
della Russia) verso l'Afghanistan. Con il Trattato di Londra,
firmato il 26 aprile 1915, l'Italia scendeva in guerra al fianco
degli Alleati ed in cambio le veniva riconosciuta la piena
sovranità sulle isole del Dodecanneso, la Libia e, secondo
l'art.9 del Trattato, avrebbe ricevuto "una giusta parte nella
regione mediterranea adiacente la provincia di Adalia" nel caso
si fosse arrivati ad una spartizione dell'impero ottomano.
Nei primi mesi del 1916, Francia e Gran Bretagna prima (le
trattative fra i due stati erano iniziate già nel 1915),
Russia dopo, perfezionarono quanto era stato stabilito
nell'accordo di Costantinopoli; l'accordo venne firmato il 9
marzo 1916 e servì da base per il successivo accordo
anglo-francese, conosciuto come accordo Sykes-Picot, dal nome dei
negoziatori, e firmato il 16 maggio 1916. L'accordo stabiliva
essenzialmente le zone di influenza inglese e francese nei
territori arabi dell'impero ottomano, mentre la Russia otteneva
quasi tutto il Kurdistan settentrionale lungo una linea che
corrisponde grosso modo all'attuale confine turco-iracheno. La
Francia si assicurava la zona costiera della Siria, la Cilicia e
la provincia di Adana; la Gran Bretagna riceveva la bassa
Mesopotamia (i due vilayet di Basra e Bagdad) e i due porti
palestinesi di Acri ed Haifa. Nelle zone di influenza inglese e
francese si sarebbe favorita la formazione di uno o più
stati arabi indipendenti: questa zona andava dalla Palestina al
Golfo Persico, comprendeva l'Hejaz, il Nejed, Mosul e l'interno
della Siria, e sarebbe stata sotto influenza francese dalla Siria
a Mosul e per il resto inglese. Alessandretta sarebbe diventata
un porto libero e la Palestina sarebbe stata
internazionalizzata.
Per quanto riguarda la regione araba, gli Inglesi, nel 1915,
iniziarono le trattative con Sherif Husayn della Mecca e Abdul
Aziz Ibn Saud del Nejed: i negoziati vennero condotti
separatamente dall'India Office con Ibn Saud e dal Foreign Office
con Husayn. Il trattato di amicizia con Ibn Saud fu firmato il 26
dicembre 1915: il trattato garantiva un sussidio annuale ad Ibn
Saud ed un aiuto militare in caso di attacco esterno, in cambio
di una politica neutrale nei confronti degli Alleati durante le
operazioni di guerra in Mesopotamia. Le trattative con Sherif
Husayn iniziarono nel luglio 1915 tramite scambio epistolare con
Henry MacMahon, Alto Commissario al Cairo: l'accordo dichiarava
la disponibilità inglese ad appoggiare l'indipendenza dei
territori etnicamente Arabi, tranne che nella zona costiera della
Siria, lasciando incerta la situazione della Palestina (oggetto
delle trattative con i sionisti per lo stabilimento "di un
focolare nazionale ebraico"), e garantendo l'inviolabilità
dei Luoghi Santi. Il risultato delle trattative con Husayn fu lo
scoppio della "rivolta araba" nel giugno 1916 che diede un
notevole appoggio all'avanzata degli Alleati sul fronte
egiziano.
Nel luglio 1916 l'Italia venne a conoscenza degli accordi
Sykes-Picot e reclamò, secondo quanto stabiliva l'art.9
del Trattato di Londra, una ridefinizione delle proprie
concessioni in Asia Minore; nell'aprile dell'anno successivo,
Italia, Francia e Gran Bretagna firmarono l'accordo di S.Giovanni
di Moriana, con il quale l'Italia riceveva gran parte
dell'Anatolia sud-occidentale da Konya a Smirne. L'accordo
sarebbe dovuto essere sottoscritto dalla Russia, cosa che non
avvenne a causa della rivoluzione che metterà fine
all'impero degli Zar.
Questi erano i principali accordi le cui decisioni avrebbero
dovuto costituire la base dei trattati di pace, ma l'entrata in
guerra della Grecia e degli Stati Uniti e l'uscita della Russia,
incisero sensibilmente su quanto era stato già deciso.
3.10. LA FINE DELLA GUERRA
L'uscita della Russia dalla guerra provocò un cambiamento
dell'atteggiamento degli Alleati nei confronti dell'impero
ottomano. Il primo a fare un passo indietro sulla questione delle
spartizioni, fu Lloyd George che dichiarò di non aver
nessuna intenzione di togliere alla Turchia la capitale ed il
territorio etnicamente turco. Questa nuova presa di posizione
inglese sottintendeva il diritto alla secessione di Siria,
Mesopotamia ed Arabia. L'atteggiamento inglese concordava con
quanto aveva affermato Wilson nel gennaio 1918, il quale nei suoi
14 Punti dichiarò l'intangibilità delle regioni
abitate da Turchi.
Prima delle vicende diplomatiche vediamo quale era la situazione
nell'impero ottomano negli ultimi mesi di guerra. Già dal
febbraio 1917 Talaat era stato nominato Grand Vizir sostituendo
così il dimissionario Sait Halim: il potere politico era
ora anche in senso formale nelle mani degli Unionisti.
Il 28 giugno 1918 morì il Sultano Mehemet V Rechad e venne
nominato al suo posto il fratello Mehemet VI Vahideddin; intanto
era cominciata l'avanzata degli Alleati su tutti i fronti e in
ottobre, persa Alessandretta, rimaneva solo l'Anatolia da
difendere. Ma non ci furono ulteriori battaglie poiché il
30 ottobre venne firmato l'armistizio di Mudros che metteva fine
alla prima guerra mondiale. Le trattative per l'armistizio si
svolsero ufficiosamente dai primi di ottobre, ma ebbero
ufficialmente inizio solo il 14 quando, dopo le dimissioni di
Talaat avvenute una settimana prima, fu nominato Grande Vizir
Izzet Pasha con lo scopo di firmare l'armistizio.
Il ritardo intercorso tra la formazione del nuovo gabinetto e la
firma dell'armistizio fu in gran parte dovuto alle mire
espansionistiche degli Inglesi, i quali asssunsero il controllo
degli Stretti e della capitale ottomana e occuparono Mosul,
contrariamente a ciò che era stato stabilito negli accordi
Sykes-Picot, secondo i quali Mosul doveva far parte della zona di
influenza francese: dal punto di vista formale già a
metà ottobre gli Inglesi dichiararono di non ritenersi
legati ad alcun accordo se non quello di Londra dell'aprile 1915,
visti i sopravvenuti cambiamenti quali l'entrata in guerra degli
Stati Uniti e l'uscita della Russia. L'armistizio di Mudros era
un vero e proprio diktat per l'impero ottomano, una serie di
obblighi ai quali la Porta doveva far fronte, e con prospettive
poco incoraggianti, giacché le sue spoglie erano
già state divise durante la guerra. Una delle grosse
contraddizioni comunque era il XII Punto di Wilson sulle
minoranze dell'impero, che era tanto incoraggiante per le
minoranze curde e armene, quanto vago nella realizzazione pratica
dell'"...assoluta sicurezza di esistenza e la piena
possibilità di sviluppo autonomo ...".
Prima dell'inizio della conferenza della pace a Parigi, la Grecia
aveva presentato le sue richieste: la Tracia con Costantinopoli,
che però si poteva anche internazionalizzare, l'Anatolia
occidentale con Smirne e tutte le isole dell'Egeo comprese quelle
del Dodecanneso e Rodi. Costantinopoli era occupata dalle forze
Alleate, ma il controllo politico ed amministrativo era tutto
nelle mani dell'ammiraglio Calthorpe, l'ufficiale inglese che
aveva firmato l'armistizio.
La fuga del Triumvirato Unionista e di altri suoi membri
strettamente legati al C.U.P. nella notte del 1° novembre,
segnò anche moralmente la fine di una guerra che era stata
combattuta per realizzare il sogno pan-turaniano e che invece
aveva messo in ginocchio tutto l'impero, cristiani e musulmani,
Arabi e Turchi, Curdi e Armeni.
3.11. LA CONFERENZA DELLA PACE
La Conferenza della Pace di Parigi cominciò i lavori nel
gennaio 1919 e fin dall'inizio fu chiaro che non sarebbe stato
facile raggiungere un accordo definitivo sulla sistemazione
dell'impero ottomano.
Come abbiamo visto, la Grecia aveva già formulato in un
memoriale le sue richieste; l'altro grande pretendente alle
spoglie dell'impero era il rappresentante arabo, l'emiro Faysal,
figlio di re Huseyn che era apertamente appoggiato dagli Inglesi,
i quali per assicurarsi la collaborazione degli Arabi durante la
guerra, avevano loro promesso la creazione di uno o più
stati arabi indipendenti.
La Gran Bretagna controllava di fatto la Palestina e la
Mesopotamia compresa la parte settentrionale, che sarebbe dovuta
essere francese, e indirettamente anche alcune parti della Siria;
la Francia cercava di estendere il più possibile la sua
influenza sulla regione siriana che nelle zone interne era sotto
controllo arabo; le aspirazioni dell'Italia venivano invece
ridimensionate dalle pretese greche. Il governo di Roma
cercò allora un accordo diretto con la Grecia, in base al
quale, in cambio delle isole del Dodecanneso, tranne Rodi, e
dell'appoggio per la Tracia orientale, otteneva il riconoscimento
alle sue rivendicazioni in Asia Minore.
A Parigi erano presenti anche i rappresentanti curdi e armeni; la
delegazione armena, guidata da Boghos Noubar, chiese la piena
indipendenza per uno stato che si sarebbe dovuto estendere dal
mar Nero al Mediterraneo: tale proposta incontrò il favore
inglese ma non quello francese, poiché nell'eventuale
stato armeno sarebbe stata incorporata anche la Cilicia.
Per quanto riguarda il Kurdistan non esisteva una netta posizione
nei confronti dell'impero ottomano: il capo della delegazione
curda era infatti Sharif Pasha Baban che apparteneva alla vecchia
guardia della diplomazia ottomana. Nel memorandum presentato il 6
febbraio 1919 alla Presidenza della Conferenza, Sharif Pasha si
fece promotore del progetto di un Kurdistan autonomo entro i
confini dell'impero ottomano che sarebbe dovuto rimanere integro:
la regione autonoma avrebbe dovuto comprendere i vilayet di
Dyarbekir, Kharpout, Bitlis, Mosul ed il Sangiaccato di Urfa;
inoltre egli stesso si propose come emiro del futuro Kurdistan.
Tali proposte non incontrarono particolare favore né tra
gli Inglesi, né tra i Francesi: i primi probabilmente
perché avevano interessi principalmente economici legati
alle concessioni petrolifere ed infatti le zone "interessanti"
erano già state occupate nell'ottobre 1918; i secondi
perché vedevano in Sharif Pasha una creatura inglese, ed
un eventuale emirato curdo era contrario ai propri interessi,
oltre al fatto che Clemenceau era più interessato
all'Europa e meno al Medioriente.
Per ottenere l'appoggio delle Potenze vincitrici, Sharif Pasha
firmò nel dicembre 1919 un accordo sulla sistemazione dei
confini curdo-armeni con il rappresentante armeno Boghos Noubar,
una mossa sbagliata per le reazioni che provocò tra i
Curdi e i Turchi, ma che non era affatto una novità,
giacché non solo i Curdi e gli Armeni, ma anche i Turchi
avevano collaborato tra loro durante i primi anni del C.U.P.,
quando il Comitato era indubbiamente progressista nei suoi
programmi.
Per la Sublime Porta un accordo curdo-armeno era un tradimento e
queste parole danno il senso del profondo risentimento ottomano
nei confronti di tale "compromesso": "Se v'erano due elementi che
a causa delle differenze di razza e di tradizioni non avrebbero
potuto andare d'accordo, questi erano precisamente i Curdi e gli
Armeni; durante le sommosse armene al tempo di Abdul Hamid le due
razze si combatterono ferocemente; in un conflitto a
Costantinopoli i Curdi, non disponendo di armi, strapparono le
inferriate nella piazza di Sultan Ahmed per assalire gli Armeni
armati di rivoltella". Il dissenso dei Curdi era causato
principalmente dalla posizione autonomista di Sharif Pasha che
escludeva la formazione di uno stato curdo indipendente; gli
Inglesi avevano favorito la partecipazione di Sharif Pasha come
"unico" delegato curdo alla Conferenza della Pace, bloccando a
Beirut e a Damasco i rappresentanti di Sheikh Mahamoud, i quali
si presentavano a Parigi con un programma indipendentista.
Nel maggio 1919 arrivò a Parigi anche la delegazione
ottomana guidata dal Gran Vizir Damad Ferid Pasha, il quale fu
ascoltato il 17 giugno: nel suo discorso egli riconobbe
l'uccisione di "un gran numero" di connazionali cristiani e
musulmani, ma dichiarò che la responsabilità di
questi misfatti era da attribuirsi ai membri del governo
unionista, già riconosciuti colpevoli nel processo tenuto
due mesi prima a Costantinopoli, e non al popolo turco.
La risposta di Clemenceau, in qualità di presidente della
conferenza, fu tanto decisa quanto scontata; la nazione intera
doveva rispondere dell'operato del governo che dirigeva la sua
politica estera e disponeva del suo esercito. Terminava
così il tentativo "diplomatico" di risollevare le sorti di
uno stato la cui sorte era già stata segnata,
indipendentemente da responsabilità ed errori.
In giugno furono nominate da Wilson due commissioni d'inchiesta
per accertare la volontà degli abitanti dei territori
arabi e dell'Anatolia: la commissione King-Crane che si occupava
della sistemazione dei territori arabi aveva un ruolo ben
più importante della commissione Harbord la quale nel suo
rapporto finale constatò che l'Anatolia era abitata
"prevalentemente" da Turchi poiché gli Armeni erano stati
in gran parte rimossi, come anche parte della popolazione curda,
che comunque d'estate si spostava con le greggi verso i pascoli
d'altura.
La commissione King-Crane rilevò come la maggioranza della
popolazione araba desiderasse l'indipendenza sotto mandato
inglese o statunitense e solo parte del Libano era favorevole ad
un mandato francese: inoltre nessuno voleva la formazione di uno
stato ebraico in Palestina.
Tutta la fine dell'anno e i primi mesi del 1920 furono utilizzati
per decidere quanto era stato proposto durante le sedute della
conferenza: le decisioni più significative vennero prese
nella conferenza di Londra e poi in quella di S.Remo nell'aprile
1920 . La Tracia venne assegnata alla Grecia fino quasi a
Costantinopoli ( lungo la linea di Ciatalgia ) che rimaneva ai
Turchi ; gli Stretti vennero internazionalizzati; Smirne ed il
suo hinterland sarebbero andati ai greci dopo un plebiscito che
si sarebbe tenuto entro cinque anni; venne decisa l'autonomia del
Kurdistan i cui confini dovevano essere stabiliti, e
l'indipendenza dell'Armenia per la quale bisognava trovare la
potenza mandataria ; l'Anatolia meridionale venne divisa in zone
di sfruttamento economico tra l'Italia, nella zona di Adalia ed
Eraclea, e la Francia in Cilicia; infine l'impero ottomano
rinunciava ai suoi diritti su Cipro e sull'Egitto.
Tutto questo veniva stabilito senza tener conto del movimento
nazionalista turco, che controllava politicamente e militarmente
tutta l'Anatolia orientale e che dopo San Remo risultò
rinforzato, data l'asprezza delle condizioni di pace che gli
Alleati imposero all'impero ottomano.
3.12. IL TRATTATO DI SÈVRES
Il trattato di Sèvres sanzionò quelli che erano
stati gli accordi presi durante le conferenze di Londra e di San
Remo; queste decisioni risultarono estremamente gravose per
l'impero ottomano, e il tentativo turco di opporsi a tali
decisioni poteva essere considerato un "nazionalismo difensivo".
Le principali clausole del trattato prevedevano
l'internazionalizzazione degli Stretti, il mantenimento delle
capitolazioni e Costantinopoli soggetta a regime internazionale,
sebbene sotto sovranità ottomana. L'impero ottomano
perdeva le regioni arabe, Palestina, Siria e Mesopotamia, che
sarebbero state amministrate sotto mandato inglese e francese,
mentre l'Hejaz sarebbe diventato uno stato indipendente. La
Tracia passava alla Grecia fino alla linea di Ciatalgia, 40 km da
Costantinopoli; la Grecia otteneva anche Smirne e la regione
adiacente che sarebbero passate definitivamente sotto suo dominio
dopo cinque anni in seguito a plebiscito, se la popolazione
avesse espresso tale volontà; infine il governo ellenico
riceveva Imbros e Tenedos, le due isole all'imbocco dei
Dardanelli, oltre a parecchie isole dell'Egeo. All'Italia veniva
riconosciuto il possesso delle isole del Dodecanneso e Rodi, che
sarebbe stata soggetto a plebiscito nel caso in cui la Gran
Bretagna avesse ceduto Cipro alla Grecia; inoltre al governo
italiano venivano riservati dei privilegi per lo sfruttamento del
carbone di Eraclea e nella zona di Adalia.
Alla Francia venivano riconosciuti dei privilegi in Cilicia e
nella zona del Kurdistan occidentale, seguendo gli accordi
Sykes-Picot tranne che per Mosul; la Gran Bretagna riceveva
formalmente il protettorato sull'Egitto, che aveva già
assunto nel 1914.
All'Armenia venne riconosciuta la piena indipendenza; i confini
sarebbero stati determinati dall'arbitrato del presidente
americano Wilson, il quale assegnò al futuro stato il
territorio fino ad Erzincan, Trebisonda ed Erzurum, senza poter
assumerne il mandato a causa della mancata ratifica del Senato
americano.
Per quanto riguarda il Kurdistan, gli Inglesi avrebbero preferito
la formazione di uno stato indipendente (per il solo Kurdistan
settentrionale), e poichè sarebbe caduto sotto influenza
inglese, la Francia appoggiò il progetto di una larga
autonomia nei confini dell'impero ottomano. Questo e' il testo
dei tre articoli riguardanti il Kurdistan:
Il destino del Kurdistan era soggetto a tante incognite :
già previste dall'art.62 del trattato erano le amputazioni
del Kurd-Dagh e Alto Djezire, assegnati alla Francia; venivano
esclusi i distretti curdi ad ovest dell'Eufrate, dei quali il
più importante era Malatya, quelli che sarebbero rientrati
nei confini dell'Armenia, cioé Van, Bitlis, Erzurum e
Trebisonda, dove gli Armeni, anche se numerosi, non avevano mai
raggiunto la maggioranza della popolazione (facendo naturalmente
riferimento alla situazione antecedente ai massacri del 1915) ;
secondo l'art.64 l'annessione del vilayet di Mosul, praticamente
tutto il Kurdistan meridionale, era subordinata alla
volontà della popolazione curda, ma questo dipendeva da
una situazione del tutto arbitraria e cioè il consenso del
Consiglio della Società delle Nazioni, il quale avrebbe
dovuto stabilire se la popolazione curda fosse in grado di godere
dell'indipendenza; ultima, ma non meno importante amputazione,
era il Kurdistan persiano che non veniva affatto previsto nel
trattato.
Anche se difficile, la situazione negli anni compresi tra il 1919
ed il 1921 non era ancora disperata e un colpo di forza curdo
avrebbe probabilmente prodotto migliori risultati delle azioni
diplomatiche alle quali s'erano completamente votati gli
intellettuali e i capi curdi. Gli avvenimenti che renderanno
disperata la situazione curda negli anni che seguirono il
trattato furono principalmente due: la creazione dello Stato
iracheno e la guerra di liberazione nazionale di Mustafa
Kemal.
Vediamo ora come era organizzata politicamente la società
curda che, dopo un secolo di lotte, poteva sperare che gli eventi
volgessero finalmente a suo favore. Subito dopo la fine della
guerra risorsero i vari club curdi e nuovi furono creati: tra
questi c'erano da una parte "Liberazione del Kurdistan", fondato
da Seyid Abdullah, figlio di Sheikh Abdul Qadyr; dall'altra il
"Comitato per l'Indipendenza Curda", fondato al Cairo da Sureya
Bedir Khan, il quale continuava a redigere il giornale
"Kurdistan", che sarà un prezioso supporto durante le
rivolte degli anni venti. L'organizzazione che raccolse il
maggiore numero di notabili, intellettuali e gente comune fu la
"Società per la Ricostruzione del Kurdistan" (Kurdistan
Taali Djemyeti), fondata da Mullah Sait, Khalil Hayali e Hanza
Bey a Costantinopoli, dominata fin dall'inizio dalle due
principali fazioni di notabili presenti in Anatolia, i Bedir Khan
e i Qadyr, questi ultimi discendenti di Sheikh Obeidullah. Al
primo congresso di quest'ultima organizzazione, tenuto subito
dopo l'armistizio di Mudros, venne eletto presidente Sheikh Abdul
Qadyr, il quale, rientrato dall'esilio della Mecca, era stato
rieletto presidente del Consiglio di Stato ottomano, e faceva
quindi parte del nuovo governo di Damad Ferid del 4 marzo 1919;
allo stesso congresso vennero eletti vice presidenti Emin
Alì Bedir Khan e il dott. Fuad Pasha, mentre Hamdi Pasha
fu nominato segretario generale.
Tra i membri di questa associazione c'erano altre persone "in
vista" della vita politica di Costantinopoli, come il capo della
polizia, Khalil Bey, ufficiali dell'esercito e magistrati, tra i
quali Remzi Bey, Ekrem Bey, Djemil Zade, il dott. Shoukri Mehmed,
i generali Mustafa Pasha e Hamdi Pasha e gli ex deputati Mehmed
Bey e Hussein Amin Bey.
Alla Conferenza della Pace emerse una divisione tra i leader
curdi e si formarono due correnti: la prima autonomista, quindi
per l'amicizia turco-curda e pan-islamica, la seconda
indipendentista, meno sensibile al richiamo pan-islamico anche se
la questione strettamente religiosa non veniva messa in
discussione.
In questo periodo la posizione "ufficiale" curda era quella
autonomista, rappresentata a Parigi da Sherif Pasha, e a
Costantinopoli non mancarono i tentativi di conciliare le due
posizioni: durante i primi mesi del 1919 ci furono varie riunioni
ufficiali tra la rappresentanza curda, composta da Abdul Qadyr,
Emin Ali Bedir Khan, Emin Bey e Avni Bey e quella del governo di
Costantinopoli, di cui facevano parte lo Sheikh al Islam Haidari
Zade, capo della gerarchia religiosa islamica, e due ministri del
governo Damad Ferid, Abouk Pasha e Avni Pasha.
Il governo ottomano promise una larga autonomia al Kurdistan;
ciò che incise maggiormente sui colloqui a Costantinopoli
fu l'intervenuto accordo Sherif Pasha-Boghos Noubar, che poneva
l'accento sulla coincidenza delle cause curda e armena per il
raggiungimento dell'indipendenza. La reazione del governo
ottomano non si fece attendere e il "Partito Democratico Curdo",
espressione politica della "Società per la Ricostruzione
del Kurdistan", non venne autorizzato e Hamza Bey, direttore del
giornale curdo "La Vita", portavoce della tesi indipendentista,
venne processato e condannato a morte.
Sheikh Abdul Qadyr, nonostante la sua posizione autonomista,
venne costretto a dimettersi da Presidente del Consiglio di Stato
a causa di una mozione presentata nel marzo 1920 alla Camera dei
Deputati. Così la spaccatura del movimento curdo si fece
netta e gli indipendentisti con a capo Emin Ali Bedir Khan
crearono la "Lega Sociale Curda", mentre gli autonomisti di Abdul
Qadyr crearono la "Lega dei Curdi e del Kurdistan": il tratto
comune era che tutti quanti i leader cercarono un protettore,
Francia o Inghilterra, e tutti quanti si proposero come capi del
futuro Stato, garantendo alla Potenza protettrice fedeltà
e grossi guadagni.
Ma solo la politica del "fatto compiuto" avrebbe spinto una
qualche potenza a schierarsi dalla parte dei Curdi. Fu questa la
politica che portò Mustafa Kemal a mutare a proprio favore
non solo la situazione "di fatto" ma anche quella "di diritto"
con la stipulazione del Trattato di Losanna soli tre anni dopo
"l'irrealizzabile" Trattato di Sèvres.