In: Home > Dossier > Promesse e tradimenti. Kurdistan terra divisa
Lingue: ITA
INDICE
> PARTE I
> PARTE II / CAP. 1
> CAP. 2
> CAP. 3
> CAP. 4
> CAP. 5
> CONCLUSIONE
> LE FOTO
> PDF [281 KB]
Mauro di Vieste
4.1. MUSTAFA KEMAL
La situazione dell'impero ottomano all'indomani dell'armistizio
di Mudros era di assoluta incertezza e dal punto di vista turco
esistevano i presupposti per una forte spinta nazionalistica,
tanto forte da mettere in discussione perfino le fondamenta di
istituzioni quali il Sultanato e il Gran Vizirato. Già
alla fine della guerra si erano formati dei focolai di
opposizione al governo di Costantinopoli in Anatolia e in Tracia,
ma fu la presenza del XV Corpo d'Armata a Erzurum e il IX Corpo a
Samsun, che permisero di organizzare una valida resistenza anche
dal punto di vista militare. Oltre a Mustafà Kemal, il cui
potere crebbe con l'evolversi della guerra in Anatolia, una delle
personalità che contribuì maggiormente
all'ideazione e all'organizzazione della resistenza fu il Gen.
Kazim Karabekir, comandante del XV Corpo.
Nel giugno 1919 i principali esponenti militari presenti in
Anatolia tennero una riunione segreta ad Amasya, dove venne fatto
il punto della situazione: ma il Sultano, avuto sentore dei
movimenti nazionalistici, destituì subito Mustafa Kemal da
Ispettore Generale della IX Armata (che diventò III
Armata). Kemal si dimise dall'incarico e si appoggiò alla
neonata "Associazione per la Difesa dei Diritti dell'Anatolia
Orientale", fondata ad Erzurum pochi mesi prima. Ad Erzurum in
luglio si tenne un primo congresso di delegati, durante il quale
Kemal venne eletto Presidente e si formularono una serie di
richieste che sarebbero state portate al tavolo delle trattative
di Parigi, note col nome di "Patto Nazionale"; in settembre si
tenne un nuovo congresso a Sivas al quale parteciparono delegati
di tutto l'Impero. Kemal venne rieletto Presidente del Congresso,
vennero ribaditi i punti di Erzurum e formata una nuova
"Associazione della Difesa dei Diritti di Anatolia e Rumelia": in
questo periodo il Congresso non mise mai in discussione il
Sultanato e le critiche erano rivolte essenzialmente alla
gestione politica ministeriale. La caduta del governo di Damad
Ferid il 2 ottobre, grazie anche alle pressioni del "Consiglio
Rappresentativo degli Ufficiali di Costantinopoli", il cui
Presidente era l'ufficiale curdo dell'esercito ottomano Ihsan
Nouri, migliorò temporaneamente i rapporti tra Kemal e il
governo ottomano guidato da Ali Riza: nello stesso mese di
ottobre ad Amasya ebbe luogo un incontro tra i rappresentanti del
governo e Kemal, e fu raggiunto un accordo di fondo che
portò in dicembre alle elezioni.
Il nuovo Parlamento, riunitosi il 12 gennaio a Costantinopoli,
votò il Patto Nazionale e questo valeva molto più
di un formale riconoscimento per Kemal: se da una parte
l'appoggio ai nazionalisti turchi divenne diffuso, dall'altra le
Forze Alleate inasprirono l'occupazione e il 18 marzo il
Parlamento fu costretto a sciogliersi (anche se lo scioglimento
ufficiale fu decretato dal Sultano l'11 aprile) a causa degli
arresti dei parlamentari sospettati di collaborare con i
nazionalisti.
Quella del 18 marzo 1920 fu l'ultima sessione del Parlamento
ottomano e ad Ankara, dove Kemal aveva fatto appello per
l'elezione di una Assemblea di emergenza, si tenne il 23 aprile
1920 la prima sessione della "Grande Assemblea Nazionale",
composta da 190 membri eletti principalmente in Anatolia e un
centinaio di parlamentari del disciolto Parlamento di
Costantinopoli: Kemal venne eletto Presidente dell'Assemblea e
d'ufficio anche del Consiglio di Stato.
L'Assemblea aveva funzioni sia legislative sia esecutive e
avrebbe regolamentato le funzioni costituzionali del
Sultano-Califfo: la prima decisione dell'Assemblea fu di
dichiarare invalido qualunque accordo firmato dal governo di
Costantinopoli, un decreto estremamente importante visto che due
mesi dopo il ricostituito governo Damad firmerà il
Trattato di Sèvres.
Il conflitto di poteri che si creò fra Ankara e
Costantinopoli portò ad una vera guerra civile combattuta
su più fronti: il Sultano fece emanare un "fatwa" che
obbligava tutti i musulmani ad uccidere i ribelli nazionalisti,
Damad denunciò pubblicamente i falsi rappresentanti della
Nazione, vennero finanziati gruppi che combattevano i
nazionalisti turchi. A tale scopo il Sultano aveva decretato la
formazione di una forza armata speciale per fronteggiare
l'emergenza e una Corte Marziale condannò a morte gli
esponenti nazionalisti, ma l'obiettivo principale era eliminare
fisicamente Mustafa Kemal. Dall'altra parte Kemal adottò
provvedimenti simili e così fece emanare un "fatwa" dalle
autorità religiose locali, che annullava il primo
poichè decretato sotto occupazione straniera, fece
dichiarare Damad Ferid traditore della patria in base ad una
legge che puniva i crimini contro la Nazione e all'uopo
creò i Tribunali dell'Indipendenza che rimasero operativi
anche durante le rivolte curde negli anni successivi. Il colpo
finale alla credibilità del governo di Costantinopoli
venne dato dalla firma del Trattato di Sèvres: il 17
ottobre Damad Ferid, in seguito a forti pressioni sia interne sia
esterne, si dimise per far posto a Tewfik Pasha, e Kemal
poté concentrare gli sforzi sia sul fronte armeno sia su
quello greco, che rappresentava il pericolo maggiore (i Francesi
erano stati già battuti nella primavera e respinti oltre
Aleppo).
In ottobre iniziò l'avanzata dell'Armata turca sotto il
comando di Kazim Karabekir, che alla fine dello stesso mese
occupò Kars, e procedette oltre il confine stabilito al
Congresso di Berlino del 1878. Gli Armeni, pressati anche da nord
dalle truppe sovietiche, dovettero firmare un armistizio (Gumru,
2 dicembre 1920), con il quale cedevano ai Turchi i distretti di
Kars e Ardahan; di un trattato di pace non ce ne fu
bisogno poiché nel marzo 1921, tra il governo sovietico ed
Ankara, venne firmato il trattato di Mosca, primo atto
diplomatico del governo nazionalista turco.
Il Trattato di Mosca era soprattutto un atto di riconoscimento
internazionale per il governo di Ankara, oltre al fatto che alla
Turchia venivano formalmente ceduti i distretti di Kars e
Ardahan, e quei confini rimarranno invariati in futuro: inoltre
l'U.R.S.S. concedeva degli aiuti economici ai kemalisti che
saranno fondamentali per la lunga guerra contro i greci; infine
le due parti si impegnavano a non appoggiare gruppi o bande
armate sul territorio dell'altro, clausola chiaramente diretta
contro Curdi e Armeni e che si rivelerà decisiva per la
soppressione turca della rivolta curda dell'Ararat nel
1930.
L'effetto di lungo termine del trattato di Mosca era la
preoccupazione che il governo kemalista cadesse sotto il
controllo sovietico: questo timore provocò il primo passo
della Francia, che in seguito alla sconfitta della primavera del
1920, aveva abbandonato la Cilicia; nell'ottobre 1921 il governo
francese firmò un trattato di amicizia con Kemal (accordo
Franklin-Bouillon) che prevedeva una rettifica dei confini
turco-siriani in favore della Turchia e la definitiva evacuazione
della Cilicia da parte francese.
Il problema più grosso per Kemal rimaneva quello greco: la
prima grande offensiva venne condotta durante l'estate 1920
quando l'Armata greca avanzò oltre Bursa sul fronte
anatolico ed arrivò alle porte di Costantinopoli in
Tracia. In ottobre i greci avanzarono ancora, ma l'invio di nuove
forze dopo l'armistizio di Gumru permise ad Ismet Pasha,
comandante delle forze turche, di fermare i greci nel gennaio
1921 sul fiume Inonu, che da allora diventò il suo
cognome: nuovi scontri si verificarono in aprile sempre
sull'Inonu e le posizioni rimasero praticamente inalterate.
L'estate del 1921 fu di grande importanza per il governo greco,
che dopo la caduta di Venizelos alle elezioni del novembre 1920,
veniva guidato da re Costantino e dai monarchici: ora però
i Turchi venivano riforniti dai sovietici ed avevano migliorato
le relazioni con la Francia, oltre ad avere l'appoggio italiano;
il confronto tra Grecia e Turchia si prospettava duro.
L'offensiva greca iniziò a metà luglio e dopo
alterne vicende che videro il fiume Sakarya centro degli scontri
per due mesi, l'esercito turco, guidato personalmente da Kemal,
riuscì a respingere i greci lungo il fronte ad ovest del
Sakarya: nonostante tutto era una grande vittoria per Kemal che
ora si presentava alle Potenze europee anche come capo di una
forza militare in grado di controllare il proprio territorio,
screditando così i greci che a Sèvres avevano
garantito il dominio sull'Anatolia con il proprio esercito. Le
due parti si preparavano ora al confronto finale; mentre i greci
non erano più in grado di sostenere un confronto armato,
sia per problemi politici interni sia per motivi di ordine
finanziario, i Turchi vivevano un momento relativamente felice
dato l'appoggio militare della popolazione anatolica, compresa
quella curda e il vitale appoggio dell'Unione Sovietica. Durante
l'estate del 1922 si svolse la cosiddetta "grande offensiva"
turca: lentamente l'esercito riconquistò tutte le
posizioni in Anatolia e il 9 settembre espugnò Izmir,
l'ultima roccaforte greca. La questione della Tracia venne invece
discussa durante le trattative per l'armistizio di Mudania, l'11
ottobre 1922: i greci sarebbero retrocessi oltre il fiume
Maritza, Costantinopoli riconsegnata ai Turchi e il trattato di
pace sarebbe stato discusso in una nuova conferenza a
Losanna.
Il primo novembre 1922 la Grande Assemblea Nazionale abolì
il Sultanato con un decreto, lasciando in vita solo l'istituzione
religiosa del Califfato. Pochi giorni dopo il governo Tewfik si
dimise risolvendo così l'impasse creatosi con la presenza
di due governi e due parlamenti: il Parlamento di Costantinopoli,
senza il governo corrispondente e l'appoggio del Califfo le cui
funzioni erano state limitate alla sola sfera religiosa,
cessò di esistere. Il 16 novembre il Sultano Mehemet VI
Vahideddin lasciò Costantinopoli e Abdulmecit II venne
nominato Califfo.
4.2. IL TRATTATO DI LOSANNA
Ai lavori della Conferenza di Losanna, cominciati nel novembre
1922, avrebbero dovuto partecipare ambedue i governi esistenti
fino a pochi giorni prima a Costantinopoli; ma l'abolizione del
Sultanato aveva di fatto risolto il problema: una decisione non
certo indolore giacché in tutta la società islamica
la figura del Sultano era indissolubilmente legata a quella del
Califfo.
" ... Alcune teste potrebbero rotolare durante il processo (di
abolizione del Sultanato)" affermò Kemal il 1°
novembre 1922 durante la seduta della Grande Assemblea Nazionale
che il giorno stesso decretò l'abolizione del Sultanato e
la regolamentazione del Califfato: e subito dopo la affermazione
di Kemal, uno dei principali oppositori "teologici" asserì
con fierezza: " ... Chiedo umilmente perdono, ma noi guardavamo
la questione da un altro punto di vista. Siamo stati illuminati
dalla sua spiegazione".
Ismet Inonu venne nominato delegato della Turchia alla Conferenza
e per evitare possibili concessioni agli Alleati gli fu
affiancato Riza Nur. Durante lo svolgimento della Conferenza i
Turchi conquistarono le ultime posizioni della Tracia orientale e
in aprile ripresero i lavori, che erano stati sospesi per due
mesi, per la stesura del trattato che venne firmato il 24 luglio
1923. Col Trattato di Losanna veniva definitivamente superato
quello di Sèvres e la Turchia imponeva le sue
rivendicazioni che grosso modo coincidevano con il "Patto
Nazionale". La Turchia riguadagnava la Tracia orientale fino al
fiume Maritza compresa la ferrovia che correva lungo la riva
occidentale del fiume, ma non avrebbe avuto diritto alle
riparazioni di guerra greche; alla Grecia veniva riconferito il
possesso delle isole egee, tranne Imbros e Tenedos che venivano
smilitarizzate e tornavano alla Turchia; i confini con la Siria
venivano riconfermati secondo l'accordo Franklin-Bouillon
dell'ottobre 1921; le Capitolazioni vennero abolite e la
questione della sovranità su Mosul rinviata ad una
trattativa diretta tra le parti interessate; gli Stretti
rimanevano internazionalizzati con le due rive smilitarizzate,
anche se veniva concessa la presenza di 12.000 militari turchi
nella sola Costantinopoli.
Rispetto al Trattato di Sèvres, utilizzato anche da Kemal
come base per una eventuale concessione di autonomia ai Curdi,
nell'attuale trattato mancava ogni riferimento al Kurdistan;
anche se era assicurata la protezione delle minoranze, i Turchi
non consideravano i Curdi una minoranza, poiché erano
musulmani, e sotto tale categoria facevano rientrare solo i Greci
e gli Armeni. Il Trattato di Losanna sancì la divisione
del Kurdistan in cinque parti attribuite ad altrettanti Stati
nazionali: quella che doveva essere una questione da risolvere
tra i Curdi e il Sultano (e in un secondo tempo con lo Shah),
divenne una questione internazionalmente intricata poiché
gli interessi per la "spina dorsale" del Medioriente erano
altissimi e gli attori tanti, troppi per poter pensare ad una
soluzione armata o diplomatica.
I Curdi pagarono con il sangue gli interessi petroliferi inglesi,
la stabilità politica persiana, la penetrazione russa
verso il Mediterraneo e il Golfo Persico, la necessità di
rinnovamento secondo modelli occidentali della Repubblica turca,
ancora gli interessi petroliferi iracheni sempre più
distinti da quelli inglesi e ultimi, ma non meno importanti, gli
interessi strategici della Siria: il sacrificio era ormai
compiuto.
4.3. I CURDI E LE POTENZE
La prima guerra mondiale con i relativi trattati di pace aveva
fatto sorgere in Medioriente delle nuove frontiere; il crocevia
di queste nuove frontiere "si divideva" (espressione, forse un
po' letteraria, che richiama il tema della divisione contrapposto
all'unione perseguita dai Curdi) proprio in Kurdistan.
L'effetto di questi cambiamenti pesò irrimediabilmente
sulla questione curda: al tribalismo, che era stato il carattere
predominante per le rivolte dell'ultimo secolo, si aggiunse il
regionalismo, fattore nuovo e disintegrante; il tribalismo poteva
tollerare l'integrazione momentanea di tribù diverse, ma
il regionalismo era soggetto agli interessi dei nuovi stati, ora
più che mai in grado di appoggiare l'una o l'altra
tribù curda. Di conseguenza quelli che erano i fattori
nazionali dei quattro stati direttamente interessati dal
"problema" curdo, Turchia, Persia, Iraq e Siria, divennero
inevitabilmente fattori internazionali in seguito ai contrapposti
interessi che le Potenze dell'epoca avevano nell'area
mediorientale: è così che entrano in gioco la Gran
Bretagna, l'U.R.S.S., la Francia, gli Stati Uniti e in modo
marginale anche l'Italia. La presenza più pregnante era
quella inglese: l'alto interesse strategico della Mesopotamia per
il controllo della via delle Indie e quindi della Persia
consigliava inizialmente un protettorato classico sull'intera
regione che si affacciava sul Golfo Persico. Da una parte
l'invasione sovietica del Gilan persiano nel maggio 1920,
dall'altra la grande rivolta araba durante l'estate dello stesso
anno, convinsero gli Inglesi a fare della Persia uno stato
indipendente, comunque controllato economicamente, e a creare in
Iraq uno stato arabo al quale annettere il vilayet di Mosul
garantendo così la continuità tra l'India e il
Mediterraneo (oltre ai ricchi giacimenti di petrolio!).
Nel febbraio 1921, in seguito al colpo di stato che portò
alla guida della Persia il giovane Seyyid Zia ed Din, venne
firmato un trattato tra il nuovo governo persiano e l'Unione
Sovietica: i sovietici, in cambio del ritiro delle truppe,
ottenevano la possibilità di intervenire militarmente nel
caso la Persia fosse stata attaccata da una potenza
straniera.
Il nuovo equilibrio che si era stabilito tra Gran Bretagna e
Unione Sovietica in Medioriente subito dopo il trattato di
Sèvres, sconvolse i piani inglesi per la creazione di un
Kurdistan indipendente, almeno nei confini quali erano stati
fissati nel trattato: per gli Inglesi risultava ora più
semplice annettere Mosul ad uno stato che dovevano creare sia per
le promesse fatte agli Arabi durante la guerra (accordi
Huseyn-MacMahon) sia per la violenta rivolta dell'estate 1920,
che aveva fatto centinaia di morti.
Nel marzo 1921, alla seconda conferenza del Cairo, gli Inglesi
decisero di dare la corona dell'Iraq a Faysal, che i Francesi
avevano cacciato dalla Siria, e di spostare suo fratello Abdullah
sul trono della Transgiordania che sarà creata l'anno
dopo. Durante l'estate del 1921 si tenne il referendum tra la
popolazione "irachena"; i risultati ufficiali diedero il 96% dei
consensi a favore di Faysal, nonostante avessero votato contro
gli arabi sciiti, si fosse astenuta tutta la popolazione di
Souleimanya e la maggior parte dei Curdi si fosse, almeno di
fatto, schierata contro il governo arabo in generale. Il
referendum, per come fu fatto (alzata di mano, votanti con
deleghe multiple, distinzioni in base al censo ed altro), era
solo il tentativo di dare un volto di legalità al governo
sunnita e a Faysal, il quale venne proclamato re dell'Iraq il 23
agosto 1921. La politica inglese nei confronti dell'Iraq era
ormai chiara e nell'ottobre 1922 venne firmato il primo trattato
anglo-iracheno, ultimo atto dell'Alto Commissario Percy Cox, che
subito dopo lascerà il posto a Henry Dobbs. La versione
finale del trattato sarà ripresentata nel marzo 1924 e
solo il 10 giugno dello stesso anno sarà approvato dal
Parlamento in modo rocambolesco (poco prima della mezzanotte del
giorno in cui scadeva l'ultimatum inglese), segno evidente della
forte opposizione che esisteva in Iraq sia al governo arabo sia
al mandato inglese. La ratifica finale del trattato arrivò
in novembre per la Gran Bretagna e in dicembre per l'Iraq: il
trattato aveva la durata di quattro anni e per l'Iraq
risultò una sorta di vittoria. Nel 1926, in seguito alle
valutazioni di una commissione d'inchiesta, Mosul venne annessa
all'Iraq, soprattutto per motivi "economici" con la
raccomandazione da parte della S.d.N. che i diritti dei Curdi
fossero rispettati e la Gran Bretagna conservasse il mandato
sull'Iraq per almeno 25 anni.
Un nuovo elemento si aggiunse all'indecisione della politica
inglese nei confronti dei Curdi quando il governo kemalista,
riconosciuto prima dai sovietici e poi dai Francesi,
cominciò a sfruttare il malcontento curdo in Iraq. Dopo la
conclusione del Trattato di Sèvres, non essendo state
ancora regolamentate le frontiere con l'Iraq, il governo
kemalista nominò un governatore turco a Rawanduz nel marzo
1922, in questo appoggiato dalla Francia che era stata esclusa da
Mosul. Il governo di Parigi avrebbe visto più volentieri
Mosul in mani turche piuttosto che inglesi, dati i buoni rapporti
con il governo di Ankara e la posizione strategica della Siria
per lo sfruttamento del petrolio di Mosul. Inoltre l'India Office
temeva che la nuova Turchia cadesse sotto l'influenza sovietica,
prova ne era il trattato di amicizia russo-turco del marzo 1921
con il quale sembrava che la sola Unione Sovietica avesse fatto
delle concessioni cedendo Kars e Ardahan: invece per Kemal
l'amicizia di Mosca era solo uno strumento per avere armi e
denaro in un momento in cui nessun altro lo appoggiava; non a
caso, prima venne vietata la propaganda comunista nel 1922, e
poi, nel 1925, fu definitivamente messo fuori legge il partito
comunista, che aveva mostrato troppo interesse per la situazione
curda nel paese.
Il vilayet di Mosul, secondo gli accordi Sykes-Picot, sarebbe
dovuto essere francese, ma in seguito all'occupazione inglese
(decisa in seguito alla scoperta di riserve petrolifere),
Clemenceau rinunciò a Mosul in cambio della Cilicia e
soprattutto di un appoggio inglese per le rivendicazioni in
Europa. A San Remo, nel 1920, resasi conto dell'iniquità
dello scambio, la Francia riuscì ad ottenere le azioni
tedesche dell'inglese Turkish Petroleum( la quota era del 25% e
il maggior azionista era Lord Curzon), che da sola avrebbe avuto
i diritti di sfruttamento in Mesopotamia. In questo gioco di
interessi si inserirono gli Stati Uniti, che pretesero la loro
parte e finirono per ottenere il 20% delle azioni della
Società.
L'accordo finale fu firmato nel maggio 1923 fra Gran Bretagna,
Francia e Stati Uniti, per la divisione delle azioni della
Turkish Petroleum, che in seguito venne ribattezzata "Iraq
Petroleum Co.": il 23,75% andava alla Anglo-Saxon Petroleum Co.
(Shell); il 23,75% alla D'Arcy Exploration Co. (Anglo-Persian);
il 23,75% al governo francese; il 23,75% all'americana Near East
Corporation; infine il 5% ad un privato, Gulbenkian, per la
mediazione con il governo ottomano. La questione delle frontiere
tra l'Iraq e la Turchia, in pratica la questione di Mosul, venne
definitivamente risolta nel luglio 1926 con un accordo tripartito
anglo-turco-iracheno, con il quale veniva creata una commissione
di frontiera permanente, e le parti si dichiaravano disposte ad
accettare le decisioni della S.d.N., per quanto riguardava i
confini definitivi. Come si può vedere, il motivo del
disinteresse internazionale per la situazione curda era dovuto
principalmente ad interessi petroliferi: man mano che la
situazione politica in Medio Oriente si stabilizzò, agli
interessi petroliferi si aggiunse il problema della sicurezza
delle frontiere per Siria, Turchia, Iraq, Persia ed U.R.S.S.: gli
accordi che intercorreranno tra questi Stati saranno sempre
fatali alle insurrezioni curde, non solo degli anni venti, ma di
tutta la storia curda fino alle più recenti vicende
dell'area del Golfo.
4.4. IL MOVIMENTO CURDO IN ANATOLIA
Nel primo dopoguerra l'Anatolia divenne contemporaneamente il
centro del nazionalismo curdo e turco: per quanto i due movimenti
convivessero per ottenere la liberazione dal giogo ottomano, non
poche furono le insurrezioni curde. La maggior parte di queste
rivolte erano localizzate, spesso provocate dalle frequenti
esazioni del governo kemalista per continuare la guerra di
liberazione nazionale e poco si sa sulla loro effettiva
portata.
Una delle poche insurrezioni ben documentate di questo periodo fu
quella guidata da Prizade Bekir nella regione di Mardin. La
rivolta, scoppiata all'inizio del 1921 in un momento delicato per
i nazionalisti turchi, costrinse Kemal alle trattative: in giugno
Prizade Bekir incontrò i delegati turchi e chiese
principalmente la formazione immediata di un Kurdistan autonomo,
senza però ottenere alcun risultato.
Durante lo stesso periodo la Gran Bretagna sembrava voler
adottare una politica favorevole ai Curdi dell'Anatolia e
favorire la creazione di una regione "cuscinetto" tra l'Anatolia
turca e il vilayet di Mosul, che ormai si poteva considerare
parte integrante dello stato iracheno grazie alla presenza
militare inglese e alla rinuncia francese.
Percy Cox, Alto Commissario inglese a Bagdad, aveva preso
contatti con Khalil Bedir Khan, rappresentante della "Lega
Sociale Curda" di Costantinopoli, che si batteva per una piena
indipendenza del Kurdistan. Khalil Bedir Khan rivelò a
Percy Cox che una rivolta era stata organizzata in tutta
l'Anatolia orientale e che il piano aveva già il sostegno
economico greco; quello che mancava erano armi e soprattutto
munizioni.
Ancora una volta gli accordi internazionali pesarono sulle
decisioni inglesi: il riconoscimento sovietico e francese del
governo kemalista consigliarono a Churchill, capo del
Dipartimento Mediorientale del Colonial Office, di bloccare
"tutti i tentativi per incoraggiare i Curdi in questo
momento".
Il sopravvenuto cambiamento della posizione internazionale del
governo kemalista durante l'autunno 1921 permise alle truppe
turche, comandate da Djevad Pasha, di sedare la rivolta. Nel 1922
venne fondato ad Erzurum il "Comitato per l'Indipendenza Curda",
sul modello di quello fondato al Cairo da Sureya Bedir Khan: vi
partecipavano diverse personalità politiche e militari tra
cui Yusuf Zia, Halit Bey e Ihsan Nouri Pasha; inoltre il Comitato
aveva diversi collegamenti nelle principali città curde
dell'Anatolia.
L'inasprimento della politica kemalista verso il problema curdo,
dopo la soluzione di quello greco, favorì l'associazione
al Comitato di personalità religiose di spicco quali
Sheikh Said di Piran, Sheikh Sherif di Palu e Sheikh Abdullah di
Melkan. Ormai il terreno era pronto per la rottura totale tra il
movimento curdo e Kemal; il 3 marzo 1924 venne definitivamente
abolito il Califfato, l'unica istituzione che legava Curdi e
Turchi; un altro decreto vietò tutte le scuole, le
associazioni e le pubblicazioni curde, come anche le
confraternite religiose e le scuole coraniche, che più in
generale riguardavano il mondo islamico senza alcuna distinzione
etnica. Tanti degli ufficiali curdi e non, che fino ad allora
avevano servito fedelmente nell'esercito ottomano prima e
repubblicano dopo, scelsero definitivamente la strada
dell'opposizione armata e tra questi troveremo Ihsan Nouri,
leader della rivolta dell'Ararat.
4.5. SHEIKH MAHMOUD BARZINDJA
Alla fine della prima guerra mondiale la Gran Bretagna aveva
occupato militarmente il vilayet di Mosul, ma non disponeva di
forze sufficienti per amministrarlo: fu così che venne
deciso dal Colonial Office di favorire un governo di notabili
locali coadiuvato da un consigliere inglese. La scelta cadde
subito su Sheikh Mahmoud Barzindja che già nel 1909 si era
ribellato alle forze ottomane ed era ancora uno dei notabili
curdi più in vista di Souleimanya; suo assistente venne
nominato il maggiore inglese Noel.
Il primo dicembre 1918 si era riunito il consiglio dei notabili
di Souleimanya, che accettò Sheikh Mahmoud come
governatore, ma l'esperimento durò poco: la tribù
Jaf venne posta sotto un altro governatore e il maggiore Noel fu
sostituito con Ely Bannister Soane, certamente la persona
sbagliata da affiancare a Mahmoud, vista la sua posizione
estremamente critica nei confronti sia dello Sheikh sia di suo
padre.
La crisi scoppiò in maggio, ma già alla fine di
giugno gli Inglesi avevano riconquistato le posizioni perdute e
catturato Sheikh Mahmoud, che fu imprigionato a Bagdad: la
situazione non tornò calma e le aree di confine rimasero
fuori dal controllo inglese. Gli eventi precipitarono alla fine
dell'estate 1922 a causa delle pressioni turche per Mosul: delle
truppe irregolari turche, partite da Rawanduz, riuscirono a
forzare il fronte inglese e il primo settembre occuparono
Souleimanya. Percy Cox, Alto Commissario inglese, con l'appoggio
di re Faysal, acconsentì alla liberazione e al ritorno di
Sheikh Mahmoud come governatore di Souleimanya, coadiuvato
nuovamente dal maggiore Noel. Il 10 ottobre 1922 Sheikh Mahmoud
annunciò la formazione di un gabinetto di otto ministri
curdi, di cui lui deteneva la Difesa e il fratello Sheikh Qadyr
era Primo Ministro: gli altri ministri erano Mohammed Ghaleb agli
Interni, Hamara Agha ai Lavori Pubblici, Ali Kaladari alla
Giustizia, Haji Moustafa alla Pubblica Istruzione, Seyid Ahmed
capo della polizia e un cristiano, Karim Alaka, alle
Finanze.
Un mese dopo Sheikh Mahmoud si sentiva abbastanza forte da
dichiararsi "re del Kurdistan", anche se il suo governo
amministrava il solo Kurdistan meridionale: iniziò subito
la pubblicazione de "Il Sole del Kurdistan", settimanale sia
politico che letterario. Immediatamente sorse la polemica con
Bagdad sulla posizione del governo curdo che gli arabi iracheni
consideravano un consiglio amministrativo provinciale, mentre
Mahmoud sottolineava l'assoluta parità di diritto dei due
governi. Oltre a non riconoscere il governo curdo come
indipendente, gli Inglesi non facevano rientrare il distretto di
Kirkuk sotto la sua amministrazione e su questo punto si
verificò una nuova rottura con Sheikh Mahmoud, che tra
l'altro era sospettato di collaborare con il colonnello Oz Demir,
comandante dell'armata turca a Rawanduz: ormai la politica
inglese era chiara, e non erano i principi wilsoniani che avevano
consigliato la formazione di un governo autonomo curdo a
Souleimanya, ma solamente l'impossibilità di tener fuori i
Turchi dal vilayet di Mosul senza l'impiego di forze armate di
cui gli Inglesi non disponevano a sufficienza. In principio gli
Inglesi favorirono il rafforzamento del governo curdo con una
dichiarazione del dicembre 1922 ("dichiarazione di Natale") che
ne riconosceva il diritto di negoziare direttamente con Bagdad la
forma e i limiti della propria sovranità; ma già in
gennaio Percy Cox aveva cambiato opinione, poiché una tale
politica poteva rivelarsi troppo pericolosa nel lungo periodo e
il 21 febbraio 1923 Sheikh Mahmoud ricevette un ultimatum a causa
delle voci su una insurrezione che si stava preparando a Kirkuk:
se non fosse andato a Bagdad con tutto il suo governo, sarebbe
stato destituito.
Nei giorni seguenti si svolsero le trattative tra C.J. Edmonds,
emissario inglese e Sheikh Mahmoud, il quale la notte del 3 marzo
lasciò Souleimanya per un rifugio più sicuro presso
Sardasht, accompagnato da alcune centinaia di partigiani.
Poiché la questione più importante rimaneva il
controllo di Mosul, gli Inglesi, costretti dalle circostanze a
rinforzare le posizioni militari in Iraq, dopo aver cacciato
Sheikh Mahmoud da Souleimanya, mandarono consistenti truppe
contro Oz Demir, che fu costretto a ritirarsi data la
superiorità numerica inglese: il 22 aprile venne occupata
Rawanduz e Seyid Taha, nipote di Sheikh Obeidullah, ne fu
nominato governatore.
Il 16 maggio venne ripresa anche Souleimanya e pochi giorni dopo
Sheikh Mahmoud fu costretto a cercare riparo in Persia, mentre il
suo posto venne preso da Edmonds. Nei giorni seguenti Henry
Dobbs, il nuovo Alto Commissario a Bagdad, si recò a
Souleimanya per verificare di persona fino a che punto i notabili
curdi avrebbero collaborato con il governo iracheno: nessuno era
disposto a tale collaborazione e l'unica soluzione era il diretto
controllo inglese che i Curdi avrebbero accettato come male
minore. Il ritiro di metà delle truppe inglesi
consentì a Sheikh Mahmoud di tornare con la propria armata
in luglio. Ora però il "re del Kurdistan" si trovava ad
amministrare un territorio dalla cui giurisdizione gli Inglesi
avevano staccato varie città, proprio per diminuire
l'influenza di Mahmoud che comunque continuò a perseguire
l'indipendenza piuttosto che l'inclusione nello stato iracheno,
anche dopo la firma del trattato di Losanna. Gli Inglesi
tentarono più volte di dissuadere Sheikh Mahmoud dai suoi
sogni indipendentisti bombardando la zona ed infine fu concordata
una tregua per le elezioni irachene. Il nuovo parlamento si
oppose con viva forza all'approvazione del trattato
anglo-iracheno che avrebbe avuto la durata di soli 4 anni: i 17
deputati curdi votarono tutti contro un trattato che nello
spirito avrebbe garantito la piena indipendenza all'Iraq. In
Kurdistan l'opposizione parlamentare si tramutò in
ribellione e questo certo danneggiava l'Iraq nei negoziati in
corso a Costantinopoli per fissare la frontiera con la
Turchia.
Faysal decise così l'eliminazione definitiva di Sheikh
Mahmoud con la collaborazione della R.A.F., che tra il 27 e il 28
maggio distrusse buona parte di Souleimanya che venne
definitivamente occupata il 19 luglio 1924. Il destino di Sheikh
Mahmoud era segnato ed anche se continuò a combattere
ancora per alcuni giorni a Souleimanya e poi ancora fino alla
fine di novembre con azioni di guerriglia, dovette nuovamente
rifugiarsi in Persia. Per la Gran Bretagna gli interessi
petroliferi erano più importanti del Kurdistan unito e la
conseguenza di tali interessi fu la decisione della
Società delle Nazioni dopo un anno di assegnare
definitivamente Mosul all'Iraq. Dopo la soluzione della questione
petrolifera, il problema dell'autonomia curda in Iraq
ritornò esattamente al punto di prima e ancora una volta
furono gli interessi "superiori" inglesi, in questo caso la
progettata costruzione di una base aerea in Persia, a
sconsigliare eventuali intese politiche con Sheikh Mahmoud.
4.6. ISMAIL AGHA SIMKO
La situazione politica persiana dopo la prima guerra mondiale si
presentava estremamente fatiscente e la dinastia dei Qajar
(1794-1925) aveva ormai i mesi contati: il primo colpo di stato
del febbraio 1921 portò al potere Sayyid Zia ed Din con
Reza Khan che al momento occupava la posizione di comandante
della divisione dei cosacchi persiani; lo stesso Reza, dopo
alterne vicende politiche, nel 1925 sarà proclamato
Shah.
Questo periodo di vuoto politico favorì non poco
l'affermazione di tribù locali che, come gli arabi di
Mohammara o i bakhtiari, arrivarono a trattare direttamente con
gli Inglesi data la loro posizione strategica per lo sfruttamento
del petrolio persiano. In questo contesto, Ismail Agha detto
Simko, controllava militarmente quasi tutto il Kurdistan persiano
da Khoi a nord, lungo la sponda ovest del lago Urmia, fino a
Baneh a sud.
Simko era il capo riconosciuto degli Shikak: la potente
tribù curda, formata da 2000 famiglie, era divisa in due
gruppi, di cui uno viveva a nord del lago Urmia ed era sotto il
diretto controllo di Simko e l'altro più a sud dipendeva
da Amar Khan, un suo zio. L'odio di Simko per i Persiani era
profondo e legato al fatto che avevano assassinato il padre nel
1907 in sua presenza e che faranno lo stesso con alcuni suoi
fratelli e infine con lui nel 1930. La conquista del Kurdistan
persiano da parte di Simko cominciò nel 1918 quando,
contrariamente alla volontà inglese uccise il Mar Shimun
assiro; entro la fine dell'anno controllava già quasi
tutto il territorio e durante l'estate del 1919 occupò
Urmia (Rezayeh): la reazione persiana fu immediata, ma senza
successo poiché le forze curde riconquistarono lentamente
i territori inizialmente liberati.
Nell'autunno 1921 Simko riprese le armi attaccando con successo
Mahabad (Saouji Boulak) che fu saccheggiata dai suoi uomini.
Anche questa volta la reazione persiana non si fece attendere, ma
le forze governative furono battute ben tre volte prima della
fine di dicembre, lasciando così nelle mani dei ribelli
anche la città di Khoi. Il prestigio di Simko crebbe
notevolmente in questo periodo grazie anche alla collaborazione
di Seyyid Taha (lo stesso che diventerà governatore di
Rawanduz),influente anche nel Kurdistan iracheno.
Simko venne anche contattato tramite Moustafa Pasha con i Curdi
di Costantinopoli che cercarono il suo aiuto per la progettata
insurrezione in Anatolia; ma Simko intratteneva buoni rapporti
con i Turchi che gli fornivano armi e munizioni e sarebbe stato
disposto a favorire una politica anti-turca se gli Inglesi gli
avessero fornito il necessario equipaggiamento.
Gli sviluppi della situazione internazionale alla fine del 1921
danneggiarono Simko: egli non poté rivolgersi
all'U.R.S.S., poiché questa aveva normalizzato i rapporti
con la Persia dopo essersi ritirata dal Gilan; non poteva contare
sugli Inglesi i quali intrattenevano buoni rapporti con la Persia
e temevano che una politica a favore dei Curdi avrebbe aumentato
l'influenza sovietica nella regione; infine Simko perse anche
l'appoggio dei Turchi che nell'ottobre 1922 stipularono un
accordo di cooperazione con la Persia per la sicurezza delle
rispettive frontiere. All'inizio del 1922 Simko si trovò
senza assistenza straniera, ma fu ugualmente in grado di
respingere, in aprile, una prima spedizione persiana comandata
dal generale Sheibani.
Reza Khan dovette riorganizzare l'esercito e in luglio
riuscì a mettere insieme ottomila uomini sotto il comando
del generale Jahanbani, tra cui un battaglione di volontari
armeni. Lo scontro decisivo avvenne a Shakar Yazi il 25 luglio
1922, e nonostante Simko disponesse di forze sufficienti a
fronteggiare i Persiani, dovette soccombere alla maggior
preparazione del nemico: infine i Curdi furono costretti a
battersi con spade e pugnali per mancanza di munizioni.
Ritiratosi verso l'interno, in agosto Simko fu definitivamente
respinto oltre la frontiera turca: "la causa precipua della sua
disfatta deve ricercarsi nel fatto che egli era stato
completamente abbandonato dai Turchi". Dalla Turchia Simko
passò in Iraq a dare manforte a Sheikh Mahmoud, il quale
dopo aver riconquistato Souleimanya non se la sentì di
arrivare ad un confronto diretto con il governo iracheno e
soprattutto con gli Inglesi: ripartito da Souleimanya, negli anni
seguenti Simko sarà a capo di varie rivolte di
entità limitata, fino a quando Reza Shah lo farà
nominare governatore di Ouchnou, dove il 21 giugno 1930, dopo
pochi giorni dalla nomina, sarà assassinato da soldati
persiani.
La versione persiana dei fatti é leggermente diversa, ma
il senso rimane lo stesso: l'intervista che Feroughi Khan,
ministro degli esteri persiano, rilasciò pochi giorni dopo
l'"esecuzione" di Simko a Straneo, ufficiale italiano presso la
Legazione di Teheran, chiarisce un po' le cose. Alla domanda se
l'opinione pubblica persiana non fosse rimasta sfavorevolmente
impressionata dalla esecuzione sommaria di Simko subito dopo che
il governo persiano gli aveva accordato il magnanimo perdono,
Feroughi aveva risposto che sicuramente i nemici della Persia
avrebbero potuto sfruttare l'incidente di Simko, lanciando le
più nere e sanguinose calunnie, che però i fatti
erano assai diversi: "il padre di Ismail Agha era un noto
rivoluzionario curdo della bellicosa tribù Shikak,
acerrimo nemico del governo di Teheran. Ismail Agha stesso si era
fatto iniziatore nel 1921 di un movimento di ribellione contro il
governo centrale e molti ancora ricordavano la strage che egli
aveva fatto a Saouji Boulak di parecchi gendarmi persiani. Nel
1925 egli si era tenuto costantemente in contatto con il ben noto
capo curdo Sheikh Said, animatore della rivolta curda di
quell'anno e decapitato dal governo turco. Ismail era un uomo di
forte carattere, aitante nella persona e dotato di audacia
straordinaria, e malgrado fosse un brigante e nostro nemico era
da noi ritenuto di sentimenti leali e cavallereschi. Alcuni mesi
fa egli fece atto di sottomissione chiedendo l'alto perdono dello
Shah e la grazia di poter vivere indisturbato in territorio
persiano, e Sua Maestà Imperiale, come già fece
verso il noto capo beluci Doust Mohamed Khan, il quale anch'egli
si rivelò un traditore, gli accordò il proprio
perdono. Il generale Hassan Khan Moghadam, comandante in capo
delle truppe del nord-ovest, lo invitò allora a rendersi
al quartier generale persiano. Sennonché Simko,
probabilmente giudicando giunto il momento propizio per iniziare
una insurrezione curda anche in Persia, appena passata la
frontiera, si diede a raccogliere uomini e armi. Rintracciato e
soverchiato a Ouchnou egli fu ucciso dai nostri soldati insieme a
parecchi dei suoi partigiani".
4.7. SHEIKH SAID DI PIRAN
Il 3 marzo 1924 la Grande Assemblea Nazionale aveva abolito il
Califfato e la nuova Repubblica turca si era liberata da
qualunque vincolo di tipo religioso. Il provvedimento, altamente
inviso ai Curdi non fu ben accetto nemmeno ai collaboratori di
Kemal, tra cui Kazim Karabekir, Ali Fuad Cebsoi, Refet Bele e
Rauf Orbay, i quali dopo essere stati invitati alle dimissioni da
ogni carica statale, confluirono nel Partito Repubblicano
Progressista.
Il PRP, anche se contrario alla secolarizzazione dello stato
turco, aveva un programma fondamentalmente simile a quello
governativo e Kemal acconsentì per questo motivo a dare
più spazio all'opposizione dei Progressisti approvando le
dimissioni di Ismet Inonu, il 21 novembre 1924. Il nuovo Primo
Ministro Ali Fethi Okyar, che aveva ricoperto l'incarico
esattamente un anno prima per poi far posto a Inonu (30 novembre
1923-21 novembre 1924), durò in carica poco più di
tre mesi, travolto dagli avvenimenti in Anatolia che scossero le
fondamenta stesse della Repubblica turca.
A metà del febbraio 1925 cominciarono a trapelare le prime
voci sulla stampa turca di incidenti a Piran tra un distaccamento
di gendarmeria e Sheikh Said, ma già alla fine del mese la
stampa rivelò che tutta la regione fra l'Eufrate e il lago
di Van era nelle mani dei ribelli.
Il fatto nuovo di questa ribellione, di cui si conosceva ben
poco, fu che attirò immediatamente le simpatie dei gruppi
conservatori di Costantinopoli e di tutta la Turchia al punto che
venne considerata una minaccia alla stessa esistenza della
Repubblica. Kemal adottò drastiche misure per fronteggiare
l'emergenza: le opposizioni vennero messe a tacere, il governo di
Okyar si dimise il 3 marzo e lo stesso giorno Ismet Inonu venne
rinominato Primo Ministro e rimarrà in carica fino al 25
ottobre 1937. Il giorno dopo Inonu ottenne dal governo il
ristabilimento della Legge Marziale per un periodo di due anni
(alla scadenza, nel 1927, venne prorogata per altri due anni) con
l'istituzione dei Tribunali dell'Indipendenza che erano stati
utilizzati per la prima volta nel 1920 per fronteggiare il
governo di Costantinopoli e l'occupazione degli Alleati.
La rivolta di Sheikh Said, anche se improvvisa non era stata
improvvisata: i contatti tra le varie forze nazionaliste curde
erano cominciati alla fine del 1923 quando Yusuf Ziya, deputato
curdo di Bitlis e rappresentante del "Comitato per l'Indipendenza
Curda", aveva cercato nell'opposizione di governo un potenziale
alleato, in quanto i Curdi già appoggiavano i
Progressisti. Una prima rivolta spontanea scoppiò subito
dopo l'estate 1924; in quell'occasione Ihsan Nouri, comandante
curdo delle forze turche che erano state inviate al confine con
l'Iraq, tentò di dare man forte ai ribelli con l'ausilio
delle truppe che comandava, ma non riuscì a portare il
dovuto aiuto poiché il centro del sollevamento era a
Bitlis. Il governo turco, dopo aver domato la rivolta,
istruì il processo che condannò Yusuf Ziya e altri
dirigenti, mentre Ihsan Nouri riuscì a fuggire.
Nel novembre dello stesso anno Sheikh Said cominciò
personalmente una campagna di propaganda curda in tutta la
regione di Diarbekir, raccogliendo subito i consensi della
popolazione: i motivi del malcontento non erano rappresentati
solo dalla abolizione del califfato, ma c'erano anche i
provvedimenti anti-curdi del governo, la pessima situazione
economica in Anatolia e la mancata menzione del Kurdistan nel
trattato di Losanna.
Il 13 febbraio 1925 si verificò un incidente che
segnò prematuramente l'inizio della rivolta: un
distaccamento di gendarmeria turco aveva l'ordine di arrestare a
Piran alcuni collaboratori di Sheikh Said. Nonostante lo Sheikh
avesse avvisato i Turchi che si trattava di una mossa troppo
rischiosa e dalle conseguenze imprevedibili, questi tentarono
ugualmente di eseguire l'ordine con il risultato che la
popolazione si ribellò immediatamente, massacrando
l'intero distaccamento turco.
La rivolta pur non essendo pronta dal punto di vista militare,
disponeva di una forza di 10.000 uomini e 150 ufficiali. I cinque
battaglioni turchi della guarnigione di Diarbekir, inviati per
sedare la rivolta, vennero praticamente annientati: dopo pochi
giorni fu dichiarato lo stato di assedio a Diarbekir, Kharpout e
Urfa.
Il 26 febbraio Kharput venne conquistata dai Curdi e in breve la
rivolta si estese a nord fino nella regione del Dersim e a sud
fino alle porte di Diarbekir, che venne assediata il 4 marzo.
L'attacco a Diarbekir venne sferrato il 7 marzo, ma i ribelli
curdi non riuscirono ad espugnarla, consentendo così
l'invio dei rinforzi turchi. Fallito il tentativo di conquistare
Diarbekir, considerata la capitale del Kurdistan, in marzo la
rivolta si estese fino a Kigi a nord, Malazgirt a est, Mardin a
sud e Malatya a ovest.
L'organizzazione della repressione della rivolta era cominciata
all'inizio di marzo: il governo turco, dopo aver votato la legge
marziale e i Tribunali dell'Indipendenza, aveva ottenuto
l'autorizzazione francese per trasportare le proprie truppe sulla
linea ferroviaria di Bagdad che passava lungo la frontiera
settentrionale della Siria. Per consentire lo svolgimento delle
operazioni l'Assemblea dovette votare un prestito di due milioni
di sterline, che sarà all'incirca il costo della
repressione.
Alla fine di marzo metà dell'esercito turco bloccò
tutte le vie d'uscita verso la Persia e l'Iraq, mentre l'altra
metà confluì a Mardin dopo essere stata trasportata
sulla ferrovia siriana. L'esercito turco, forte di oltre
cinquantamila uomini bene equipaggiati e coperti dall'aviazione,
in due settimane terminò il grosso delle operazioni e il
15 aprile Sheikh Said venne catturato con decine di
collaboratori: nel campo base dello Sheikh c'erano ancora sani e
salvi tutti i prigionieri dei cinque battaglioni di Diarbekir
battuti a febbraio. Da una intervista a Feroughi Khan, ministro
degli esteri persiano, si ricava che gli uomini impiegati dalla
Turchia furono in tutto settantamila e che le operazioni per
sopprimere definitivamente la rivolta durarono parecchi
mesi.
Il 15 aprile cominciarono le esecuzioni di massa che volevano
essere soprattutto "dimostrative": centinaia di civili vennero
fucilati perché sospettati di aver partecipato alla
rivolta e tantissimi notabili impiccati per dimostrare la
fermezza del governo nella repressione. Sheikh Abdul Qadyr era
stato impiccato il 18 aprile nonostante non esistessero le prove
della sua collaborazione alla rivolta; stessa sorte toccò
al dott. Fuad, al deputato di Bitlis, Yusuf Ziya, e ad Hassan
Hairi, deputato di Dersim.
Il processo istituito a carico di Sheikh Said e di una
cinquantina di suoi collaboratori si tenne davanti al Tribunale
dell'Indipendenza di Diarbekir dagli inizi alla fine di giugno:
lo Sheikh venne condannato a morte insieme a più di
quaranta accusati. Dopo aver pronunciato la sentenza il
Presidente del Tribunale si rivolse con queste parole ai
condannati: "Alcuni di voi si sono associati per interessi
personali mentre altri sono stati guidati da propaganda straniera
e ambizione politica. Vi siete tutti battuti per lo stesso
motivo, cioé la formazione di un Kurdistan indipendente.
Nel provocare la ribellione che avete meditato per anni, avete
lasciato la regione in fiamme. Grazie all'energica azione del
governo della repubblica, la vostra rivolta reazionaria é
stata immediatamente soppressa dall'esercito repubblicano e siete
stati tutti catturati e portati qui a render conto in presenza
della giustizia. Tutti devono sapere che il governo della giovane
repubblica non tollererà la sedizione, la reazione e
nessun tipo di attività criminale e con fermezza non
darà né spazio ne tempo a tali crimini. L'infelice
popolazione di queste regioni, che per anni é stata
schiacciata dalla tirannia di Sheikh, Agha e Bey e la cui vita e
le cui proprietà sono state sacrificate ai capricci di
queste persone, liberate infine dal vostro cattivo potere,
avanzeranno lungo la strada della prosperità e del
progresso della nostra repubblica, mentre voi pagherete con la
vita sul patibolo della giustizia per il sangue che avete versato
e le case che avete distrutto".
Sheikh Said fu impiccato insieme agli altri condannati all'alba
del 29 giugno 1925 (la stessa data in cui A. Ocalan sarà
condannato a morte 74 anni dopo) a Diarbekir: oltre alle pene
capitali il Tribunale ordinò che tutti i monasteri e
conventi dell'Anatolia orientale (Kurdistan) venissero chiusi.
Né la rivolta, né la repressione, terminarono con
l'esecuzione di Sheikh Said: le operazioni di guerriglia curde
continuarono ancora per mesi dalle postazioni di montagna,
inaccessibili all'esercito.
Alla fine del 1925 cominciarono ad arrivare decine di migliaia di
rifugiati in Iraq, di cui almeno diecimila erano cristiani dei
villaggi turchi di Goyanie e Shernak e almeno il doppio erano
Curdi; i profughi furono sistemati in tre diversi campi di
raccolta a Zakho, Dohok e Bersevi. Già in aprile l'Unione
degli Assiri di Parigi aveva inviato una nota di protesta al
Foreign Office di Londra per scongiurare il massacro in atto da
parte turca nei confronti dei Curdi, definiti "i nostri fratelli
del Kurdistan". L'esercito turco deportò senza distinzione
di sorta molti capi curdi nelle regioni più occidentali
dell'Anatolia per evitare il riformarsi di nuove sacche di
rivolta: la laicizzazione forzata, le deportazioni, la continua
presenza dell'esercito, portarono a nuove ribellioni, come quella
di Hajo Bey nella regione di Nisibin al confine con la Siria e i
Tribunali continuarono ad emettere sentenze di morte anche nel
1926. Le deportazioni non risparmiarono nemmeno i "collaboratori"
curdi del governo kemalista: uno di questi era proprio Hajo Bey,
che dopo aver attivamente partecipato all'ultima fase della
repressione della rivolta di Sheikh Said, si ribellò al
governo centrale poiché minacciato di deportazione, data
la sua posizione strategica al confine turco-siriano. Anche la
repressione della rivolta di Hajo fu agevolata dall'impiego della
ferrovia siriana per il trasporto delle truppe turche: fuggito in
Siria, dove fu accolto con grandi onorificenze, Hajo divenne un
attivo membro del Khoyboon, che dirigerà dall'esterno la
rivolta dell'Ararat.
Quello di Hajo non fu un caso isolato: un altro esempio fu
Ibrahim Agha conosciuto come Bro Heski Tello, che aveva
attivamente partecipato durante alla prima guerra mondiale al
fianco dell'esercito ottomano e ora, a capo delle tribù
Jelali ed Heydari, aveva impedito che i ribelli di Sheikh Said
sconfinassero in Persia: minacciato di deportazione, Bro Heski
Tello diventò un partigiano della rivolta dell'Ararat.
Molte delle tribù che a partire dal 1926 si ribellarono
allo stato turco erano state a suo tempo contrarie alla rivolta
di Sheikh Said, segno che non tutto il nazionalismo curdo era di
natura religiosa. Comunque é proprio nella repressione
della rivolta di Sheikh Said che vanno ricercate le radici della
rivolta dell'Ararat, le cui operazioni saranno dirette dal
comitato Khoyboon. Il terreno della più grossa rivolta
curda del decennio 1920-30 era ormai pronto.