Lettera al Corriere dell'Alto Adige
Bolzano, 27 marzo 2008
Le Dolomiti, quelle vere e quelle plagiate, fanno discutere.
Non sorprende che i responsabili dell'operazione delle "dolomiti
cinesi" difendano il loro progetto e in questa difesa ribadiscano
il loro esiguo profilo culturale e l'irrispettosità che li
hanno indotti all'operazione. Michael Seeber taccia di ignoranza
il presidente del Consiglio provinciale Riccardo Dello Sbarba,
che è una persona di cultura. È invece l'ignorante
è proprio lui, il signor Michael Seeber, che non è
una persona di cultura, ma una persona della moneta, sicuramente
bravo nel suo settore, ma di una insensibilità spaventosa
per quello che riguarda la cultura.
Iniziamo con la terminologia: "Dolomiti" non è un termine,
come dice Seeber, ma un nome. Un nome appartiene a qualcuno - a
persone, a una terra, a miti e leggende. Dare il nome delle
"Dolomiti" ad un parco di divertimento in Cina dunque non
significa usare un termine, ma usurpare un nome. Ovviamente
Seeber, che dà dell'ignorante a Dello Sbarba, ignora
completamente il significato preciso delle parole. Ma facciamo un
esempio che forse anche Leitner riesce a comprendere: se una
macchina si chiama "Mercedes", non puoi andare in Cina e
costruire una macchina che chiami "Mercedes".
Dello Sbarba ha completamente ragione: Seeber e compagnia sono
andati in Cina a vendere le Dolomiti (non il Sudtirolo, ma le
Dolomiti). Hanno usurpato un nome non per fare un servizio alle
Dolomiti (giustificazione farisaica) ma esclusivamente per il
proprio vantaggio economico. È un comportamento meschino,
che abusa del nome di una bellissima parte delle Alpi e scavalca
le popolazioni di questo territorio e la sua varietà
culturale. Sarebbe il diritto di queste popolazioni non vedersi
sottratto il nome della propria terra. Ma un pensiero del genere,
un atteggiamento di rispetto per la cultura, Seeber & Co. non lo
conoscono (ma ha il coraggio di tacciare altri di "ignoranza").
Quando l'avidità è troppo grande per la
sensibilità culturale non c'é spazio.
Che la politica altoatesina dia il suo sostegno a tale progetto
è un'altra testimonianza di una bassissima
sensibilità culturale. Cosa direbbero Durnwalder, Widmann,
Berger se un ditta romana andasse in Cina a mettere in piedi un
progetto nominato "Alto Adige" con la benedizione del governo? La
classe politica altoatesina fa come se le Dolomiti fossero una
loro proprietà, come se fosse il loro diritto disporre
delle Dolomiti. Le Dolomiti inoltre non si trovano solo su
terriotrio sudtirolese, ma anche su territorio trentino,
bellunese, friulano, austriaco (Lienzer Dolomiten) ... un
territorio di grande ricchezza linguistica e culturale. Seeber ha
usurpato un nome, lo ripetiamo, scavalcando le popolazioni e la
loro cultura. La benedizione politica per questa operazione
equivale ad una dichiarazione che sulle Dolomiti intere comandano
alcuni politici dell'Alto Adige/Südtirol. C'è dunque
anche la solita "ethnische Überheblichkeit",
quell'atteggiamento fin troppo "noi siamo i migliori". E invece,
siamo proprio miseri, anche per il mancato coraggio civile di
criticare queste scelte politiche e questo abuso del nome delle
nostre montagne. Cosa significhi "Dolomiti" in cinese non importa
proprio niente. Seeber e i suoi compagni di lucro hanno venduto
con le Dolomiti una terra cui loro non appartengono; con il nome
di una terra commettono un plagio, una falsificazione, una copia
di pessimo gusto. L'invenzione da loro stessi così
elogiata è un'americanata, segno di un livello culturale
penoso.
Ma c'è un'altro aspetto, forse il più preoccupante,
ma comunque parte della logica imprenditoriale secondo la quale
il profitto giustifica tutto. Seeber sembra molto fiero degli
"onori" che ha avuto dalle autorità cinesi. Queste
autorità sono funzionari di una dittatura ferrea, e
nonostante si denomini ufficialmente "comunista" è un
capitalismo feroce che non conosce né diritti umani
né "realtà locali" (termine così
frequentemente usato nella nostra provincia), un sistema
totalitario che va distruggendo quel poco che ha lasciato della
tradizione unica e milleraria del Tibet, che va assimilando tutte
le minoranze con violenza e brutalità, che condanna a
morte chi si oppone al regime e alla sua denazionalizzazione.
Seeber si legga i rapporti sui diritti umani e sui diritti delle
minoranze in Cina. Quel che fa la Cina con il Tibet è
molto peggio di quello che ha fatto il fascismo con il Sudtirolo.
Seeber sarebbe fiero anche dei tributi di gerarchi fascisti?
Ovviamente, per l'economia l'etica non esiste. È nel segno
di questa mancanza di umanità che Seeber vende il nome
delle nostre montagne collaborando con un regime che non conosce
umanità.
Questioni sempre attuali
Questa lettera è stata spedita da Mateo
Taibon, collaboratore dell'APM, alla redazione del
Corriere dell'Alto Adige il 3 dicembre 2007,
dopo l'apertura solenne in Cina di una zona sciistica che nel
nome porta le Dolomiti: "Dolomiti-Saibei". Alla cerimonia
d'inaugurazione c'erano, oltre all'imprenditore Michael Seeber
della ditta Leitner (che con le Dolomiti, quelle vere, ha fatto
il suo patrimonio), anche politici sudtirolesi, tra questi il
presidente della provincia Luis Durnwalder.
La lettera all'inserto altoatesino del Corriere della sera
è stata pubblicata soltanto in parte; sono stati tagliati
passi importanti e di condanna categorica dell'operato di Seeber
(e invece l'insulto di Seeber che tacciava di "ignoranza" il
presidente del Consiglio provinciale, Riccardo dello Sbarba, era
stato pubblicato). Inoltre il giornale ha pubblicato - senza
preavviso - una nota alla lettera che difende l'operato di
Seeber. Ora, mesi più tardi, diventa palese che la critica
era più che giustificata.
Gli ultimi sviluppi di questa storia (20
maggio 2008)
Pochi giorni fa la Leitner ha comunicato di aver rinunciato al
nome "Dolomiti". Siamo ben lontani dal complimentarci con Seeber:
il nome non andava mai usurpato; inoltre le accuse di Seeber a
chi ha criticato la sua scelta non sono dimenticate. Seeber
farebbe bene a scusarsi e ammettere l'errore.
Nel comunicare la scelta di cancellare il nome infatti Seeber non
ha manifestato rammarico per la sua scelta sbagliata, ma per la
mancata risposta di operatori turistici del Sudtirolo, cui aveva
scritto. Dunque Seeber continua sulla sua strada: ha una visione
puramente mercantile del mondo - il lato culturale non lo conosce
e non lo rispetta. E continua un'altra via errata: considera
patrono delle Dolomiti soltanto la provincia di Bolzano e il suo
turismo.