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Serbia

Morto il Patriaca Pavle I, sostenitore di Karadzic e Mladic

Bolzano, Göttingen, 17 novembre 2009

Manifestazione di profughi bosniaci. Manifestazione di profughi bosniaci.

E' morto all'età di 95 anni il Patriarca della Chiesa serbo-ortodossa Pavle I. Ricordato come "uomo ecumenico" da Papa Benedetto XVI e "uomo di pace" dall'arcivescovo cattolico tedesco Robert Zollitsch, l'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) lamenta che Pavle I non potrà più rispondere alla giustizia terrena. All'epoca della guerra in Ex-Yugoslavia Pavle intratteneva rapporti amichevoli con i due principali criminali di guerra serbi Ratko Mladic e Radovan Karadzic, nello stesso periodo in cui questi avevano fatto deportare oltre 200.000 persone di fede musulmana e cattolica in campi di concentramento e 20.000 donne bosniache venivano sistematicamente stuprate dalle milizie serbe nei cosiddetti campi di stupro. Il Patriarca inoltre non ha mai levato la propria voce di protesta quando le truppe serbe ricevettero l'ordine di distruggere le case di culto delle altre religioni, tra cui edifici costruiti diversi secoli addietro. Complessivamente le milizie serbe distrussero 1.186 moschee e madrasse e 500 chiese e luoghi di aggregazione cattolici. In tutta la Bosnia occupata dalle truppe serbe si salvò un'unica moschea.

Pavle, che ha più volte dato la benedizione ai due criminali di guerra, ha poi contribuito ad annebbiare i crimini di genocidio serbi grazie a una generica e per la parte in causa non impegnativa dichiarazione di pace. Una foto dell'agenzia Reuters dell'epoca mostra appunto la benedizione di Pavle I ai leader serbi Radovan Karadzic (che oggi è agli arresti presso il Tribunale Internazionale dell'Aia) e Ratko Mladic (tuttora ricercato e protetto dalle autorità serbe).

L'APM lamenta in particolare le dichiarazioni dell'arcivescovo Zollitsch, che, essendo a sua volta sopravvissuto da bambino a un campo di concentramento in cui morirono migliaia di donne e bambini tedeschi del Danubio (Donauschwaben), avrebbe potuto mostrare maggiore rispetto per le vittime dei genocidi di Sarajevo e Srebrenica.