In occasione del 50. anniversario della
morte di Stalin, l'Associazione per i popoli minacciati
(APM) ha voluto ricordare i crimini commessi dal suo
regime: se non affrontiamo il passato, non dobbiamo
meravigliarci che i crimini commessi in Cecenia da Stalin
vengano oggi ripetuti dai politici russi. E nessuno deve
meravigliarsi se i politici europei non solo accettano ma
addirittura favoriscono il genocidio in Cecenia.
Il 23 febbraio 1944 il dittatore sovietico Stalin fece
deportare l'intera popolazione cecena in Asia Centrale.
Circa un terzo della popolazione di questo piccolo popolo
del Caucaso morì. Dal 1994 al 1996, durante il
governo di Boris Jelzin, i Ceceni uccisi furono 80.000.
Dall'inizio della campagna di annientamento condotta da
Vladimir Putin sono morti almeno altri 80.000 Ceceni.
Stalin è entrato nella storia dell'umanità
come uno dei più grandi massacratori del XX secolo:
secondo il libro nero del comunismo, durante il suo regime
sono morte almeno 20 milioni di persone. Tra il 1943 ed il
1944 sono stati deportati in Siberia e in Asia Centrale,
oltre ai Ceceni, gli appartenenti a numerose
comunità etniche e religiose, tra cui Ingusci,
Caraciai, Balcari, Meschketi, Calmucchi, Tartari di Crimea,
Tedeschi del Volga e Greci del Mar Nero. Nella maggior
parte dei casi sono state raggiunte le condizioni per poter
parlare di genocidio.