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IMMIGRATI, QUESTIONI IDENTITARIE E DIRITTI FONDAMENTALI

Un progetto per integrare gli stranieri non nella fittizia identità nazionale italiana, ma nella realtà identitaria, negata dagli Stati, delle Nazioni senza Stato

di Claudio Magnabosco

Aosta, 2.9.2006

INDICE
IMMIGRATI, QUESTIONI IDENTITARIE E DIRITTI FONDAMENTALI | Immigrati assassini, violentatori e incivili... sì, ma non più degli italiani | Primo bilancio della Campagna contro la tratta degli esseri umani, promossa dal Progetto la ragazza di Benin City | Testo dell'appello contro la tratta firmato da Isoke Aikpitanyi | Migranti perché? | Lettera aperta di Isoke alle ragazze nigeriane che devono uscire della tratta

IMMIGRATI, QUESTIONI IDENTITARIE E DIRITTI FONDAMENTALI
Un progetto per integrare gli stranieri non nella fittizia identità nazionale italiana, ma nella realtà identitaria, negata dagli Stati, delle Nazioni senza Stato [ su ]

A fronte della consistenza del fenomeno migratorio che interessa l'Europa intera e, in particolare, l'Italia, stiamo assistendo ad una battaglia politica e culturale di retroguardia che giudico assai pericolosa. Non sono affatto d'accordo con quanti insistono nel proporre l'integrazione degli stranieri nella realtà culturale italiana, poiché questo prelude al fatto che esisterebbe una unità nazionale italiana che, invece, non riconosco esista davvero.

L'Italia è stata ed è uno Stato plurinazionale, al cui interno la convivenza tra popoli di storia-lingua e cultura diverse è stata possibile costruendo complessi meccanismi giuridici ed amministrativi: l'Europa che ha colonizzato il mondo e, in particolar modo, ha sfruttato l'Africa alimentando lo schiavismo, è la stessa che al proprio interno ha imposto egemonie che si sono legittimate sulla base di un principio nazionale, imperniato sulla negazione del fatto che molti popoli provvisti, loro sì, di reale identità nazionale, potessero farla valere.

In Europa oltre 60 milioni di cittadini parlano una lingua che non è la lingua di Stato e non è neppure una delle lingue ufficiali dell'Unione Europea. A questi popoli non sono riconosciuti tutti i diritti che spettano ad ogni popolo e se questi non si accontentano di un accomodamento istituzionale (l'autonomia, il regionalismo che sempre beneficiano un potere centrale), sono criminalizzati. Per troppi anni la lotta armata degli irlandesi, dei baschi e dei corsi, per non dire delle rivendicazioni dei sardi e dei tirolesi, ecc. ecc. ha preso legittimazione da una situazione oggettiva di negazione dei diritti e della libertà. L'identità di queste Nazioni senza Stato è stata messa in grave pericolo da molteplici scelte politiche, economiche, sociali e giuridiche che hanno determinato vere e proprie snazionalizzazioni, anche attraverso la creazione di una migrazione interna agli Stati ed all'Europa, dove la ricerca di lavoro e di benessere ha determinato non pochi sconvolgimenti sociali.

Un esempio piccolo, piccolo, ma significativo: in Valle d'Aosta su circa 100 mila abitanti, dalla nascita dello Stato italiano alla fine del fascismo, circa 60 mila valdostani sono stati costretti ad emigrare e circa 60 mila immigrati sono giunti a sostituirli, sfuggendo la povertà che li attanagliava in Veneto e, in anni più recenti, in Calabria. Ciascuno adatti questa lettura alla propria realtà, poi confrontiamo i dati e vedremo quale spaventosa realtà è stata la snazionalizzazione. L'identità valdostana è stata messa fortemente in crisi dai fenomeni migratori che si rendevano inconsciamente complici di un'oppressione culturale: gli immigrati che non erano mai stati italiani e che non parlavano neppure italiano, ma le loro lingue originali, sono stati usati contro i valdostani.

Da molti anni il problema della preservazione dell'identità di una Nazione senza Stato all'interno dello Stato di appartenenza, è oggetto di discussioni e di lotte; e da molti anni questa stessa identità è messa in discussione dal fenomeno europeo, quasi che la preservazione di un'identità storica definita "minoritaria" per intendere "marginale", significasse andare contro l'Europa. Oggi i flussi migratori che provengono dai paesi sottosviluppati, ripropongono il problema e lo aggravano: oggi le istituzioni italiane si preoccupano di render partecipi gli immigrati della cultura e della lingua italiane. Bell'affare: e i sardi, e i friulani, e i sudtirolesi, e i ladini, e gli sloveni, e i valdostani e gli occitani, ecc. ecc. ? Trovo quasi parodossale che tutto ciò sia affrontato con dinamiche che passano oltre l'evidenza di un fatto: l'identità delle Nazioni senza Stato in Italia è reale e forte e l'integrazione degli immigrati se avverrà solo sul piano della loro adesione all'identità nazionale italiana, li renderà stranieri a realtà che essi stessi contribuiranno a mettere in crisi identitaria.

Sempre per parlare di un caso concreto, in Valle d'Aosta gli stranieri saranno ben presto il 5% e pochissimi di loro si sono accorti di essere in Valle d'Aosta, una terra dove pur vivono e lavorano e che per loro è soltanto un pezzo di Italia dove vigono la cultura e la lingua dello Stato italiano. Non è questione di poco conto. Me ne faccio carico fin da quando in Sardegna, insieme a Ferruccio Clavora, sloveno-friulano, la proposi alla discussione europea della Conferenza delle Nazioni senza Stato.

E' una questione di attualità, poiché significa che queste Nazioni senza Stato, quando hanno almeno una qualche forma di autonomia istituzionale riconosciuta, non dovrebbero in alcun modo delegare allo Stato le questioni della integrazione degli stranieri, ma farsene direttamente carico. In tal modo potrebbero dimostrare che la solidarietà sussiste anche quando si mettono dei paletti a difesa di un proprio specifico identitario; in tal modo potrebbero dimostrare che la difesa dei diritti umani fondamentali è garantita in modo migliore se a livello locale non si devono applicare pedestremente e rigidamente interventi centralizzati; in tal modo si potrebbe evidenziare che cosa significhi integrare gli immigrati in una cultura di accoglienza.

Come si può integrare qualcuno in una identità che non è una ma molteplice e chi può accogliere uno straniero in una realtà che non è neppure la propria? O vogliamo forse far sì che l'identità italiana finisca per esistere solo perché è l'unica facies unitaria di uno Stato che, in realtà, non è solo diviso in due da poli politici, ma è ancora arbitrariamente unito in base ad una lingua e ad una cultura che non sono la cultura e la lingua di tutti? Discussi questi temi molto delicati già nell'84 con Felix Guattari che, con molta preveggenza, propose alle Nazioni senza Stato una alleanza con i migranti, poiché per scardinare le ingiustizie che sono all'origine dei fenomeni migratori, è necessario mutare e scardinare i rapporti di forza interni agli Stati ed all'Europa.

Credo che le Nazioni senza Stato in Italia ed in Europa, non dovrebbero restare colpevolmente zitte a fronte del problema migratorio: dobbiamo avere un nostro progetto di integrazione: "essere valdostani non è una questione di razza" scriveva il leader valdostano Bruno Salvadori, già negli anni 70... quindi l'integrazione è possibile, la convivenza è possibile, ma i valori in campo devono essere quelli reali, non fittizi ed immaginari.

Immigrati assassini, violentatori e incivili... sì, ma non più degli italiani.
Lettera aperta ai giornalisti e ai giornali: non alimentate l'allarmismo. Sbatti il mostro straniero in prima pagina [ su ]

E' la moda di questa estate, volta forse ad alimentare le politiche di chiusura verso gli stranieri, forse a mettere in crisi - se possibile - le scelte di un governo che si mostra più aperto ed attento del precedente: gli stranieri (extracomunitari) continuano ad arrivare e sui giornali continuiamo a leggere quanti guasti causano alla nostra vita libera e civile. Apparenza, pura apparenza. Non ho visto le prime pagine dei giornali, i titoli delle tv e delle radio, impegnate a denunciare i barbari assassini di giovani clandestine che solo nelle ultime settimane sono stati quattro: assassinate in Italia, a coltellate o strangolate, per lo più da italiani fuori di testa. Solo le nigeriane morte in circa tre anni sono duecento: una ecatombe... eppure su questo c'è il silenzio, sul resto c'è una finta attenzione. Se ad esser violentata e massacrata di botte è una straniera senza documenti, la cronaca sorvola perché la cosa non fa notizia, di quelle giovani non si conosce neppure il nome vero. Meglio allora sottolineare che i maschi musulmani uccidono perfino le loro figlie, dimenticando che un numero esorbitante di figli e di genitori italiani sono assassinati ogni anno proprio dai loro stessi parenti italiani.

I giornalisti devono assumere la responsabilità di non alimentare una falsa lettura dell'emergenza legata al fenomeno migratorio, perché l'emergenza c'è ed è chiara, ma i balordi non hanno un solo colore di pelle. Certo la nostra sta diventando sempre più una società violenta, non perché ci sono gli stranieri extracomunitari, ma perché il loro arrivo ci spaventa anche quando dovrebbe, invece, alimentare la nostra voglia di giustizia e di solidarietà vere e reali. Se circa nove milioni di maschi italiani vanno a cercare sesso da prostitute straniere e per lo più vittime del traffico e della schiavitù, quale reale e positiva solidarietà possiamo aspettarci? E come mai nessuno risponde al quesito che una giovane di colore pose in tv, quando affermò: "ci mandate via o ci considerate male con la stessa facilità con la quale ci affidate le vostre madri ed i vostri padri affinché siano accuditi da noi, visto che voi non avete tempo e voglia..."?

Siamo di fronte ad una battaglia culturale epocale ed io pretendo che le Nazioni senza Stato, possano e sappiano elaborare idee ed interventi concreti, dimostrando di esser sì senza Stato, ma non per questo di esser dipendenti perfino da una concezione centralista della solidarietà e dell'intervento sociale. Chiedo alle Nazioni senza Stato di leggere i fenomeni ed i problemi con gli occhi di chi ha patito la marginalità e la negazione dei propri diritti; con il ricordo di chi ha lasciato la propria terra perché lo Stato o si faceva dittatura o non era capace di dare pane al proprio popolo; con la dignità di chi ha propri valori identitari e linguistici da trasmettere per una serena e sana convivenza, affinché gli stranieri non siano i nemici, ma i fratelli.

Basta ipocrisia, quindi, basta petizioni per Saphiya e Amina, che rischiano la lapidazione, perché - finita l'emergenza internazionale - le lapidazioni continuano e noi lapidiamo moralmente ogni giorno gli stranieri in Italia. Basta usare gli stranieri per alimentare false guerre di religioni dietro alle quali c'è sempre e soltanto l'interesse dei potenti a sfruttare questa o quella risorsa di cui sono detentori popoli il cui sviluppo socio-culturale è diverso dal nostro, al punto che noi li giudichiamo retrogradi come abbiamo fatto con i pellerossa o con i nativi delle Americhe, compiendo veri e propri genocidi per civilizzare i selvaggi. Ai giornalisti ed ai media chiediamo di non alimentare strumentalmente la paura o, se proprio la cronaca è questa, allora si renda giustizia a tutti, evidenziando che nella clandestinità ogni violenza è possibile, che nel disagio ogni follia è possibile, che nella sopravvivenza ogni aberrazione è possibile. Quanto più possibile, allora, eliminiamo la condizione di clandestinità e di incompleta integrazione. Il resto verrà da se...

Primo bilancio della Campagna contro la tratta degli esseri umani, promossa dal Progetto la ragazza di Benin City [ su ]

La nostra Campagna "Da donna a donna" e "Da uomo a uomo", promossa con l'intento di dimezzare il numero delle vittime della tratta ed il numero dei clienti, si è svolta tra i mesi di giugno e di agosto. Si è deciso di protrarne la scadenza a dicembre, poiché il suo svolgimento ha aperto opportunità ed occasioni di incontro che non potevano esaurirsi nell'arco del trimestre. Lo sviluppo ulteriore della Campagna, quindi, compendierà opportunamente le iniziative che realizzeremo nei prossimi mesi e, in particolare, il nostro secondo Congresso ed il Congresso delle donne nigeriane.

Oltre al Gruppo Abele, con il quale realizziamo la casa di Isoke, nostra micro-struttura di accoglienza ed inserimento sociale e lavorativo gestita da una donna nigeriana, Isoke Aikpitanyi, altre associazioni ci hanno affiancati anche se lamentiamo, per la verità, che l'associazionismo in questo periodo sia stato troppo assorbito da impegni operativi e dalle esigenze di rilancio, per poter sposare appieno una iniziativa come la nostra, "fuori dalle righe" in quanto promossa e portata avanti non da esperti e professionisti accreditati e legalizzati, ma da vittime ed ex vittime e da clienti ex clienti. Si è persa, così, almeno fino ad ora, la possibilità che queste stesse associazioni diventassero moltiplicatore dei nostri appelli ed antenna per nuovi agganci; la rete, cioè, funziona a senso unico: ci si può rivolgere ai suoi diversi soggetti, ma questi ancora ritengono che ragazze e uomini (vittime ex vittime, clienti ex clienti) possano essere soggetto attivo e non solo oggetto di interventi.

Nel corso della Campagna abbiamo svolto un numero considerevole di riunioni in diverse località italiane per avvicinare nuovi amici, presentare materiali, sostenere percorsi di uscita di ragazze dalla tratta che, per noi, significa dar risposta diretta o indirizzare alle strutture esistenti. Nei tre mesi di Campagna abbiamo distribuito un grande quantitativo di materiali, in particolare i nostri studi (disponibili on line in diversi siti e blog) fra i quali "Manuale per clienti" e "Lettera aperta alle ragazze nigeriane". Sono questi i materiali che hanno maggiormente attirato l'attenzione di persone, associazioni, organi di informazione. L'attenzione dei media ci ha confortato notevolmente, anche se ultimamente non abbiamo più gestito una vera e propria rassegna stampa, poiché tantissimi sono stati i riscontri. Ci basta ricordare che l'avvio della Campagna ha poggiato sul solido effetto di articoli come quelli che ci sono stati dedicati da Panorama e da Famiglia Cristiana, da L'Unità e da Liberazione, da La Stampa e La Sicilia.

Purtroppo negli ultimi tempi gli spazi mediatici che ci siamo conquistati sono stati legati ad eventi drammatici e delittuosi che hanno interessato giovani nigeriane uccise o vittime di gravissime violenze; in tutte queste occasioni, noi abbiamo evidenziato che i singoli episodi erano sì terribili, ma ben più terribile era il fatto che mentre si producevano in diverse località, ciascuno veniva illustrata in una sua presunta straordinarietà, mentre - in realtà - il genocidio delle nigeriane in Italia, continua da tempo ed il numero delle vittime è altissimo. Nel corso del trimestre, inoltre, abbiamo potuto osservare, con grande soddisfazione, che alcune delle nostre battaglie e rivendicazioni trovavano se non ascolto diretto, quanto meno spazio: ad esempio abbiamo sempre richiesto - a gran voce - l'introduzione della figura dello sponsor ed il nuovo Governo promette che lo introdurrà come figura che accompagni l'inserimento lavorativo di persone altrimenti condannate alla irregolarità; abbiamo denunciato le negatività dell'azione di una parte delle chiese "cristiane" africane i cui pastori sono complici delle maman e dei trafficanti; abbiamo rimproverato a Toni Blair che quote importanti di ragazze trafficate passano impunemente da Londra e nelle cronache recenti c'è la notizia di indagini svolte da Scotland Yard tra nigeriane portate a Torino, via Londra.

Questi ed altri fatti, come la nostra constatazione-denuncia che troppe ragazze sono utilizzate nello spaccio di droghe dai loro compagni africani "bruciati" perché ormai pregiudicati, ci confermano che sappiamo stare al centro del problema della tratta e ne leggiamo correttamente la realtà, anticipando talora la lettura sociologica di taluni aspetti. In questi tre mesi siamo stati per molti versi "operatori di strada" e ci siamo accorti di quanto difficile e poco efficace sia questo stesso "lavoro" svolto da persone che sono esterne al problema; queste, pur essendo in qualche modo formate a svolgerlo, troppo spesso non hanno la necessaria credibilità agli occhi delle ragazze: non sono sicuramente un prete, un poliziotto o un volontario che svolge interventi sporadici a poter stabilire con una ragazza quel rapporto continuativo necessario a poterne indurre e seguire, anche nei tempi lunghi, la crescita fino alla maturazione di una scelta reale di uscita: un amico ex cliente è più vicino alla realtà e alle difficoltà delle ragazze della quale si occupa, quindi è importante puntare sulla sua capacità di essere coerente e positivo... questa, almeno, la nostra visione.

Operano con noi, ormai, anche alcuni uomini che non sono mai stati "clienti" ed accettano, affinché il loro intervento sia efficace, di apparire tali e di esser qualificati come tali, quindi parliamo a ragion veduta. Nel corso di questi tre mesi, infine, si è evidenziato in modo chiaro che poiché ogni nostro intervento è basato sull'autofinanziamento, alle spese che ciascuno sostiene in loco per render concreto il proprio intervento a sostegno di una ragazza, si aggiungono quelle comuni e generali alle quali tutti devono partecipare, affinché non gravino su pochi: questo è uno dei problemi organizzativi emersi con tutta la sua complessità proprio nel corso di svolgimento della Campagna e che sarà discusso nel nostro secondo Congresso.

Particolarmente delicato è stato il percorso di avvicinamento di nuove ragazze attuato non più soltanto attraverso l'amico italiano che si muove in tal senso, ma attraverso il passa parola tra ragazze. Delicato perché la maggior parte delle ragazze non è solo diffidente, ma non è immediatamente disponibile a uscire e cerca occasioni per ottenere tutele e protezioni, vie di fuga sbagliate come l'acquisto di documenti che sono inevitabilmente falsi, un matrimonio di comodo per conseguire la regolarità, l'inserimento in una struttura che lasci loro ampia libertà permettendo sostanzialmente loro di continuare a prostituirsi mentre apparentemente seguono un percorso di uscita. Dalla Campagna è uscito, in particolare, il monitoraggio della situazione di 45 ragazze nigeriane alle quali sarà dedicato un libro di imminente pubblicazione.

Sempre nel periodo di svolgimento della campagna, abbiamo aderito all'Appello delle Associazioni aderenti al CNCA affinché il Governo rilanci l'azione antitratta, rifinanziando opportunamente i servizi ed il numero verde; abbiamo aderito, se pur impropriamente, anche all'appello di don Benzi che insiste per far apportare una legge che punisca i clienti, nell'intento di dissuaderli dal cercare prestazioni sessuali da ragazze vittime della tratta. Il nostro confronto con don Benzi è talora ravvicinato, talora contrapposto, poiché non ci interessa in alcun modo l'affermazione di un pensiero o di una logica di intervento contro la tratta, quanto la moltiplicazione delle risposte. E, sempre nel trimestre, alcuni matrimoni e, purtroppo, alcuni funerali ci hanno coinvolti emotivamente consolidando le nostre certezze e moltiplicando i nostri sforzi.

Alcuni ricercatori si sono positivamente avvicinati alla nostra esperienza e nel quadro di una ricerca nazionale, la nostra voce è stata correttamente ascoltata da Lorenza Maluccelli che sull'esperienza dei "clienti" sta completando un focus di ricerca.

Testo dell'appello contro la tratta firmato da Isoke Aikpitanyi
Da donna a donna: dimezzare il numero delle vittime della tratta [ su ]

Lettera aperta delle vittime della tratta alle donne italiane

Noi giovani donne africane, clandestine in Italia, vittime della tratta, costrette a prostituirci, ti invitiamo a considerare che centinaia di ragazze sono morte attraversando il deserto per arrivare qui; circa 200 ragazze africane sono state assassinate in Italia negli ultimi anni; migliaia di ragazze sono state massacrate di botte e sono finite in ospedale in gravi condizioni; migliaia di altre, nella stessa situazione, non sono andate in Ospedale per paura di essere arrestate; centinaia di giovani sono ricoverate nelle strutture psichiatriche perché la devastazione non è solo fisica; centinaia di ragazze hanno abortito clandestinamente: Inoltre, migliaia di ragazze sono state rimpatriate brutalmente e sottoposte a vessazioni e violenze; decine di ragazze sono morte di fame nelle prigioni nigeriane, dove erano state rinchiuse dopo il rimpatrio, senza che nessun familiare pagasse il loro riscatto; centinaia di ragazze sono finite nelle prigioni italiane o nei CPT, altre prigioni, perché hanno violato l'obbligo di lasciare il paese.

Almeno mille sono attualmente le africane minorenni sfruttate sessualmente in Italia; migliaia di noi sono sfruttate dal racket, anche con la complicità delle famiglie; migliaia di persone nigeriane vivono regolarmente in Italia o in Nigeria, sfruttandoci; migliaia di persone lavorano in Italia, in strutture e servizi creati contro la tratta; migliaia di ragazze che credono in Dio e frequentano le chiese cristiane, sono - ingannate e sfruttate da predicatori più vicini alle nostre maman che alle nostre sofferenze; migliaia di ragazze africane, clandestine in Italia, sono rimaste nascoste o segregate anche quando in patria sono morti genitori e fratelli. Tuttavia, per tutti, noi siamo solo prostitute o ex prostitute, anche se prostitute non abbiamo scelto di esserlo, non vogliamo esserlo, non lo siamo o non vogliamo esserlo più e, spesso, siamo già libere, amiche, sorelle, fidanzate, mogli di uomini italiani o africani con i quali abbiamo anche dei figli.

Ti invitiamo anche a considerare che molte fra noi restano avventuriere e spudorate poiché sono in balia di un mondo clandestino nel quale la legge della sopravvivenza impone il malaffare; queste ragazze inseguono documenti falsi, promesse ingannevoli, relazioni bugiarde e - alla fin fine - si prestano e si adattano a qualsiasi attività illegale, ivi compreso lo spaccio di droga, in nome e per conto di amici/fidanzati, i primi ad approfittarsi di loro, pregiudicati, violenti e delinquenti ma, anche loro - prima di tutto - clandestini e sbandati. Quando la clandestinità porta a comportamenti di mera sopravvivenza, alla dipendenza dal voodoo si aggiunge quella da sogni e speranze per attuare i quali tutto sembra lecito alle ragazze senza una cultura della legalità, perché non c'è legalità nel loro stesso paese di origine. Diventa difficile in questo contesto assicurar loro conforto ed aiuto perché non vedono le vere ragioni della loro devastazione e non sono pronte ad inserirsi facilmente nei ritmi, nei tempi, nei modi di vivere di un paese dove - tuttavia- molto benessere e molta legalità sono pura apparenza.

Questa la verità contro la quale noi, ragazze nigeriane, consapevoli, vittime ed ex vittime della tratta, ci adoperiamo sostenendoci vicendevolmente. E tu, donna italiana, che fai? Da donna a donna. ti chiediamo di sostenere la nostra campagna contro la tratta: dimezzare il numero delle vittime della tratta è possibile, basta crederci, promuovere la cultura dell'accoglienza, favorire le regolarizzazioni, introdurre la figura dello sponsor, accompagnare l'uscita dalla clandestinità, dar voce diretta alle ragazze di Benin City.

Isoke Aikpitanyi

Migranti perché? [ su ]

Non mi sembra sciocco rispondere a questa domanda, mi sembra sciocco porsela. Tutta la storia dell'umanità è una storia di migrazioni e ogni migrazione ha sempre avuto una sola motivazione: cercare nuove aree dove poter vivere trovandovi le risorse necessarie. I nostri tempi affrontano quella che è considerata una emergenza soltanto perché sulla terra c'è ancora qualcuno che queste risorse le deve trovare e le cerca affannosamente: l'occidente si pubblicizza come la terra della ricchezza e delle libertà e non è quindi inspiegabile il fatto che molti, senza risorse e disperati, le vengano a cercare.

Possiamo aggiungere a questa semplice conclusione che sia loro, sia noi, sappiamo che la loro povertà è in buona parte determinata dal fatto che abbiamo contribuito ad impoverirli sfruttano le loro risorse e che la memoria del colonialismo ci evidenzia che questo fu secondo, per cinismo, solo allo schiavismo. Qualcuno parla di scontri di civiltà e di crociate religiose; qualcuno ha parlato di nazionalismo e di eccessi tribali ed etnici...la verità è che la ricerca di un posto dove vivere e prosperare ha trovato nelle questioni della civiltà, della religione, dell'etnia soltanto il modo per giustifica moralmente le sopraffazioni e il dominio. Senza approfondire i massimi sistemi, pare del tutto evidente ciò che Mario Deaglio scrive mercoledì 23 agosto su "La Stampa": "Per anni - scrive Deaglio - il problema dell'immigrazione è stato ricondotto all'esecrazione degli scafisti, alla deplorazione dei naufragi delle carrette del mare, alla discussione delle condizioni nei centri di accoglienza. Si è così creato una sorta di alibi morale per non affrontare il nocciolo della questione che sta nei divari di reddito e demografia tra l'Africa e l'Europa. Si sono trascurate le cause per concentrarsi sugli effetti.

Le cause sono presto dette. Ai tassi di crescita attuale, non bastano trecento anni perché il reddito medio per abitante dei paesi dell'Africa sub-sahariana raggiunga l'attuale reddito medio per abitante dell'Europa Occidentale. Il lettore provi a mettersi nei panni di un capofamiglia di uno di questi Paesi, per di più afflitti dall'AIDS, dalla carestia e, in molti casi, da guerre civili, e scoprirà che anche lui darebbe fondo ai suoi risparmi per riuscire ad infilare almeno uno dei suoi figli su una carretta del mare, o magari dentro a un container diretto a un porto europeo, nella speranza di procurargli un futuro migliore. Anche gli abitanti dell'Africa Settentrionale non possono non considerare che in Italia - per molti distante solo poche decine di chilometri di mare - la diffusione dei beni di consumo durevoli presenta valori da quattro a dieci volte superiore a quelli dei loro Paesi, in molti dei quali, poi, la libertà individuale è assai più limitata e le infrastrutture pubbliche come strade e scuole, ospedali ed elettricità, non reggono neppure lontanamente il confronto con quelle della sponda settentrionale del Mediterraneo...

L'estate del 2006 nel Mediterraneo ha già visto le code delle auto delel famiglie in vacanza sulle strade del benessere della riva settentrionale e le code delle auto delle famiglie in fuga sulle strade libanesi e israeliane; sulle coste meridionali italiane, i clandestini che sbarcano dai gommoni, vengono talora a contatto con i gommoni di chi è in vacanza...". Applichiamo queste stesse considerazioni alle ragazze africane che vengono in Europa e, in particolare, in Italia, dove saranno sfruttate sessualmente. Ad alcune di queste abbiamo chiesto se si rendono conto di quante muoiono per strada per arrivare chissà come in Italia, di quante sono massacrate di botte, di quante si ammalano nel corpo e nella mente per restare qui, in un paese che - per molti versi - le lapida come succerebbe loro se solo rimanessero al paese...hanno risposto in modo disarmante: ogni estate milioni di italiani partono per le vacanze e molti muoiono negli incidenti stradali...eppure mica smettete di andare in vacanza; tutti credono che il male e la sfortuna tocchi sempre e soltanto ad altri; e poi che cos'altro dovremmo stare ad aspettare nel nostro paese..?

I difficili passi dell'integrazione
Lettera aperta di Isoke alle ragazze nigeriane che devono uscire della tratta [ su ]

Cara amica nigeriana,
un amico o una amica ti aiuterà a leggere questa lettera che ti scrivo in italiano. Non ti scrivo in inglese, perché non è facile farlo nemmeno a me; non ti scrivo in bini perché quasi nessuna di noi sa scriverlo, e poi dobbiamo imparare tutte a vivere qui, a parlare, a leggere a scrivere in italiano. Io spero che tu voglia vivere davvero una vita nuova, avere i documenti, un lavoro, una casa, una famiglia, dei figli. Ma troppe ragazze nigeriane non capiscono che per cambiare la loro vita bisogna andare a scuola e cambiare anche la loro testa, perché in testa hanno tante cose sbagliate: una di queste sono i soldi e il business che sempre vogliono fare. Molte ragazze considerano l'uomo bianco che sta vicino a loro come il loro business, perché dà soldi e fa cose che sembrano utili per loro. Molte ragazze non vogliono cambiare un bel niente. Questo è sbagliato. Devi capirlo e non devi comportarti come queste ragazze.

I documenti veri, non quelli che si comperano o si ottengono con pasticci, gli affetti veri, non quelli che ci portano ad avere tre fidanzati al tempo stesso per avere soldi da tutti, il lavoro vero non quello in strada o in casa con uomini che pagano, un matrimonio, vero non quello con un uomo bianco qualunque che ci da la regolarizzazione ma che non amiamo e non rispettiamo... queste sono le cose importanti. Devi capirlo e cercare la verità. Noi ragazze nigeriane, inoltre, abbiamo l'abitudine di fare tanto gossip, parliamo male anche delle persone che ci fanno del bene. Io dico questo a tutte: smettetela di fare tante chiacchiere cattive contro le persone, non perdete il vostro tempo in questo, perché così non avrete mai nemmeno delle amiche e degli amici veri. Devi capirlo e cominciare a fare cose concrete, non chiacchiere.

Vi dico anche di comportarvi sempre bene, di non ingannare nessuno, di essere oneste, sincere, altrimenti non ha senso che poi andate in chiesa a pregare, perché Dio non insegna il male, l'inganno e la cattiveria, ma solo il bene. Allora non raccontate bugie anche a Dio e non credete troppo ai pastori che vi dicono che dovete pagare il debito e ancor meno a quelli che vogliono i vostri soldi per darvi il perdono. Non dovete pensare neanche per un momento a diventare anche voi delle maman, come tante hanno fatto: questa è una cosa contro Dio e contro la legge. E' una cosa soprattutto contro le altre ragazze africane, le nostre sorelle che vengono qui e non trovano quello che speravano, come è successo a tutte. Devi capirlo. A tutte io dico: volete restare in Italia? Allora non potere essere delle africane che continuano a ragionare come nel villaggio; se avrete dei figli, non dovranno essere esclusi dalla società italiana perché non sanno vivere come si vive in questo paese. Devi capirlo.

Io non voglio impegnarmi ad aiutare ragazze che vogliono continuare a lavorare in strada e continuano a far cose sbagliate. E non accetto che qualcuna parli male di me solo perché non do retta alle sue bugie e cerco di farle capire la verità. Posso capire e capisco le difficoltà di tutte e voglio bene a tutte le ragazze africane che arrivano qui e non sono felici. Tutte credono di essere più furbe delle altre e più furbe degli uomini bianchi e non vogliono ammettere di esser state fregate. Ma, io dico a tutte: se vi comportate male, fate del male a tutte, anche a quelle che si comportano bene, perché qui in Italia nessuno crede più a chi chiede aiuto, ma in realtà vuole solo soldi e vuole fregare gli altri.

In questi ultimi mesi molte ragazze africane del nostro Progetto hanno avuto i documenti regolari e molte si sono sposate...per davvero, per amore, perché vogliono una famiglia. Voi dovete decidere cosa volete: se volete il bene c'è chi vi è vicino, se volete il male la scelta è vostra, ma dovete prepararvi ad avere voi stesse il male. A chi vi è vicino chiedete: fammi andare a scuola, insegnami a lavorare. Non fatevi fregare ancora: anche il debito è una brutta storia, ma se volete davvero potete non pagarlo più, o pagare meno, o pagare un po' per volta. Smettetela di sognare che un giorno tornerete a casa come delle regine: le regine non esistono più e anche i vostri familiari devono capire quanto è duro vivere qui: per guadagnare soldi facili bisogna essere dei delinquenti, rubare, spacciare droga, prostituirsi, vendere e comperare altre sorelle: tutto ciò deve finire!

Isoke


Il libro 'AKARA-OGUN E LA RAGAZZA DI BENIN CITY', 2002Vedi anche di Claudio Magnabosco:
> Una lettura strumentale delle identità
> "Sono nessuno o sono una nazione", > su evolutionbook.com, versione .rtf zip 55KB
> Akara-Ogun e la ragazza di Benin City
> La ragazza di Benin City
> Decine di africane sono state assassinate in Italia. Le altre Amina: ogni giorno le africane sono "lapidate" in Italia
> Identità nazionale e minoranze nello Stato italiano
> Indipendentismo sostenibile, Nazione inclusiva, moltiplicatore. Tre teorie tra storia del federalismo e attualità del dibattito sul micronazionalismo
> Celtismo, New Age, Sindacalismo: Tre problematiche a confronto con l'idea di nazione e con il rischio di fascistizzazione delle nazionalità
> Nazioni senza Stato e diritti collettivi
> Per una storia della Valle d'Aosta dal 1945 al 2000
> Le chemin du S.A.V.T. 1952-2002
> Settembre 1945 - Settembre 2005 Per una storia dell'Union Valdotaine
> IMMIGRATI E NAZIONI SENZA STATO Il caso italiano - storia dei migranti, diriti, democrazia e voto - Negare il voto agli immigrati?
> Nuovi annessionismi. La farsa delle devolution e le sue conseguenze
> Valle d'Aosta: NOUS SAVIONS LE CHEMIN / Conoscevamo la strada

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