di Claudio Magnabosco
Aosta, 22.9.2006
E' inevitabile che affidando ad un Costituzionalista italiano,
il prof. Onida, il compito di pensare ad un rifacimento dello
Statuto di Autonomia, non può nascere che un nuovo Statuto
strettamente connesso ai mutamenti che egli stesso prefigura per
lo Stato, e rigidamente limitato dai vincoli che il dettato
Costituzionale italiano pone o potrà porre in futuro. Il
prof. Onida, infatti, pensa - ad esempio - di adattare
l'organizzazione finanziaria del nuovo Statuto ad un "federalismo
fiscale" che è ancora da costruire, ma proprio in questa
sottolineatura mostra di non ispirare l'intero testo dello
Statuto ai principi del federalismo, in base ai quali,
semplicemente, basterebbe descrivere che alla Valle d'Aosta
spettano tutte le competenze che essa è in grado di
gestire e che solo tra le altre sono indicabili quelle da
delegare allo Stato e/o quelle da delegare ad altra istituzione
superiore (l'Europa).
Al federalismo, invece, dovrebbe guardare una Valle d'Aosta che
non sia considerata riduttivamente una "Regione" (se pur con
forti motivazioni indentitarie) ma sia riconosciuta essere una
Nazione senza Stato, alla quale nessun potere può esser
sottratto e, anzi, per la quale debbano essere attribuite nella
creazione di un patto federativo con lo Stato, il massimo delle
competenze possibili, ivi compresa quella di potersi
rappresentare nelle assise internazionali e, in particolare, nel
Parlamento Europeo. Ad una Nazione spettano diritti che in nessun
modo questi possono apparire o essere rappresentati come dei
privilegi, mentre talune competenze potrebbero essere considerate
dei privilegi se a goderne fosse soltanto una Regione.
Noi non possiamo competere con le indiscutibili capacità
giuridiche del prof. Onida, ma certo possiamo esprimerci
politicamente e criticare la scelta di affidare il progetto del
futuro Statuto di Autonomia ad una figura esterna, quasi
mancassero in Valle d'Aosta le intelligenze capaci di ripensare
alla Autonomia e alla autodeterminazione e, addirittura, dopo
aver evitato di dare un qualche credito al Progetto di Statuto di
Autonomia sortito dalla Commissione Nicco. Non è chiaro,
infine, nel progetto Onida, cosa si intenda per "precisa
indicazione della specialità valdostana", che dovrà
essere espressa nello Statuto, considerando che quella storica,
geografica, linguistica e sociale già indicata nello
Statuto in vigore, si coniuga, ormai solidamente, con quella di
un territorio nel quale la cultura dell'accoglienza e
dell'integrazione, sono ispirazione prima di un criterio sociale
di inclusione e non di esclusione.
Nel rispetto delle identità di tutti, lo Statuto non
potrà perdere l'occasione storica per affermare che la
specificità valdostana è la ricchezza che tutti
dovranno difendere, nel rispetto reciproco, ma nella certezza che
qui e non altrove passa il futuro di chi ha scelto questa terra
e, di conseguenza, l'ama e la rispetta. Chiaro ed evidente,
quindi, dovrà essere nel testo Statutario, il riferimento
alla/alle identità linguistiche, formalizzando -
finalmente - l'unico concetto-verità che non si è
mai voluto formalizzare sino ad oggi e, cioè, che la
lingua del popolo valdostano è il francoprovenzale,
affermazione a partire dalla quale lo Statuto evidenzierà
la ricchezza del bilinguismo italiano-francese e quella del
plurilinguismo.
Questo non vuol dire che crediamo alla possibilità che il
francoprovenzale diventi lingua di comunicazione internazionale,
ma semplicemente che non possiamo aspettarci da nessuno il pieno
rispetto linguistico, anche se a livello europeo la tutela delle
lingue meno diffuse è indicata come precisa prerogativa
della democrazia continentale. Non è possibile, in
conclusione, pensare ad uno Statuto nuovo, avendo già
prefissato dei limiti a ciò che sarà possibile e a
ciò che non sarà possibile scrivervi, stanti i
parametri di riferimento di un dettato Costituzionale considerato
"superiore", quello italiano, proposto non come ricchezza, ma -
appunto - come limite o come contesto inevitabile.
Nessuna separatezza va alimentata, ma neppure nessuna
appartenenza obbligatoria o frenante, altrimenti alcun patto
sarà possibile, ma si addiverrà soltanto ad un
altro Statuto octroyé. Nel patto tra uno Stato ed una
Nazione senza Stato, i contenuti Costituzionali delle parti si
armonizzano in rapporto paritario, non possono essere il limite
al quale uno dei due contraenti deve, per forza adattarsi. Onida
disegna uno stretto legame tra la Valle d'Aosta e l'Italia, non
prefigura la possibilità che un dispositivo europeo
consenta la creazione di una Regione europea vera e propria,
quella dei popoli attorno al Monte Bianco, che non debba dividere
le modalità di amministrazione del proprio territorio a
seconda dello Stato di appartenenza, interrompendo in questo modo
lo sviluppo economico a due velocità e la difesa
dell'identità a due motori, prodotta fin da quando gli
artifici stato-nazionali hanno diviso i popoli.
La Regione non doveva, quindi, nel modo più assoluto,
affidare al prof. Onida il compito di descrivere il nuovo Statuto
di Autonomia; doveva, al più, avvalersi della sua
straordinaria competenza per tradurre le proprie aspettative e le
proprie rivendicazioni in modo giuridicamente armonico. Un
consulente, però, non diventa il protagonista celebrato
dei lavori che esegue. Non è ovviamente questa, una
responsabilità del prof. Onida che è figura di
prestigio indiscutibile. Ed è nostro compito arduo ed
improprio contrapporci a lui come siamo costretti a fare.
E' evidente, quindi, che in ordine alla riscrittura dello Statuto di Autonomia della Valle d'Aosta è indispensabile chiarire alcuni elementi imprescindibili.
Lo Statuto proposto dal prof. Onida piace, sicuramente, ai
progressisti italiani ed ai regionalisti che guardano al
decentramento come ad uno strumento di crescita e di miglior
gestione del potere centrale. Tutta una serie di riferimenti
della proposta Onida, infatti, sono Stato-centrici e troppi
ragionamenti, troppe ipotesi, sono proposti od esclusi proprio
preoccupazione principale è la Costituzione, la
sovranità dello Stato, l'interesse superiore dello Stato,
ecc. ecc.
Il problema è che, invece, bisogna mettere in gioco e in
discussione la legittimità stessa della sovranità
dello Stato sul territorio della Valle d'Aosta, non per giungere
alla creazione di antistoriche forme di Stato Valdostano, ma per
sancire nuovi percorsi di indipendenza, potendo creare un
rapporto paritario con lo Stato e sottoscrivendo un patto che non
può essere un patto di sudditanza.
Scrivevo, in passato, che l'indipendenza della Valle d'Aosta
passa attraverso la sua capacità di pensare in modo
indipendente dalle mode, dalle regole, dai limiti, dalle logiche
che le sono esterni. Ora è evidente che formulate le
nostre aspettative, dovremo mediare con lo Stato, per raggiungere
un testo che assomigli, almeno assomigli, ad un patto. Ma mediare
già la nostra rivendicazione iniziale e sottoporla quasi
ad una lettura preventiva di una figura istituzionale che un
giorno potrebbe decidere se con le nostre richieste stiamo oppure
no dentro ai parametri che lo Stato ha fissato, mi sembra
svendere l'intelligenza e con essa la nostra indipendenza.
Il problema di fondo, posto dal lavoro del prof. Onida è
che egli ha in mente una armonizzazione delle autonomie e delle
specialità nel quadro istituzionale italiano e questa
è, semplicemente, l'inversione della nostra logica. Noi
non affermiamo in nessun modo che tutte le autonomie e tutte le
autonomie speciali, dovranno essere uguali fra loro, ma
affermiamo che tutto l'impianto "regionale" italiano,
dovrà essere opportunamente ridisegnato secondo un
criterio che definiamo identitario e secondo una unica
ispirazione che è il federalismo. In questo modo poniamo
in essere una dinamica rivendicativa concreta, l'unica in grado
di rendere possibile la costruzione dell'Europa dei Popoli o
quanto meno, l'unica che si pone l'obiettivo di provarci.
Claudio Magnabosco, Movimento delle Nazioni senza Stato